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Autore: Maricuz_M    07/11/2011    17 recensioni
Ilaria, una semplice ragazza di diciassette anni che, come la maggior parte dei suoi coetanei, usa spesso i social network. Facebook per gli amici, Twitter per sfogarsi.
Negli ultimi giorni estivi “fa conoscenza” con Anonymous. Entrambi sono all’oscuro dell’identità dell’altro.
Il nuovo anno scolastico non si apre nel migliore dei modi per Ilaria, costretta ad avere a che fare con Gabriele, trasferitosi da poco nella sua stessa città.
*Dal capitolo 2:
Per un secondo, incrociando quello sguardo color ghiaccio e quel volto di rara bellezza, mi dimenticai dell’istinto omicida dentro di me.
Non poteva essere vero. Era troppo bello per essere vero. Non poteva esistere un essere mortale così divino. Chi era la madre? Chi il padre? Dovevo assolutamente stringere loro la mano, avevano fatto un lavoro eccellente.
Si schiarì la voce “Posso passare o vuoi contemplarmi per altri dieci minuti?”
Mi pentii di aver sfornato così tanti complimenti tutti in una volta.
Genere: Comico, Generale, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Capitolo 2


Era Domenica ed era l’ultimo giorno delle vacanze estive.
In quella settimana e mezzo non era successo niente di rilevante. Gli ultimi compiti, le ultime pagine da studiare, le chat centrate principalmente sul catastrofico rientro a scuola. Ah, e altre discussioni con Anonymous. Quel ragazzo iniziava a piacermi. No, non in quel senso. Mi piaceva come pensava e scriveva, ed era piacevole avere delle conversazioni, seppur brevi, con lui. Era stimolante.
Stavo parlando al telefono con Selene, quella pazza scatenata della mia amica, per organizzarci ed uscire un’ultima volta senza avere l’ansia di non aver finito di ripassare per il giorno dopo.
Allora, che si fa?
“Ah non lo so! Sei tu quella che organizza.”
Come al solito scarichi tutto a me. Brava, davvero!
“A che ora ci troviamo?” non considerai volutamente la sua scherzosa accusa e continuai la principale discussione.
Facciamo che passo io alle cinque, ok? Tanto se dobbiamo andare in centro devo comunque passare davanti casa tua.
“Unisci l’utile al dilettevole?”
Avrei preferito il detto due piccioni con una fava, ma mi accontento!
“Ottimo, oggi sono addirittura un piccione.”
E io sono una fava, pensa un po’.
Risi scuotendo la testa. Era incredibile. Aveva sempre –o comunque la maggior parte delle volte- la battuta pronta, ed io, puntualmente, ridevo come una scema. Non riuscivo a non farci caso per via dell’abitudine, preferivo esternare il mio divertimento.
“Ok, fava. Ci vediamo dopo.”
Certo, picciona. Ah ancora un’altra cosa!
“Dimmi.” Risposi tranquilla.
Puzzi.” E riattaccò.
 
Camminavamo da una decina di minuti per la strada principale. Era piena zeppa di negozi, ci si poteva trovare di tutto. Inoltre passava per la piazza, dove si trovavano bar, gelaterie, pizzerie e chi più ne ha più ne metta.
“Te l’ha detto, Dafne?” mi chiese, d’un tratto, Selene.
“Cosa?” domandai a mia volta, fissando la vetrina di una pasticceria. Iniziavo a sentire un po’ di fame.
“Del nuovo compagno di classe!” esclamò euforica.
Sospirai. Ancora con quel tipo? Ancora neanche sapevamo se avesse un nome, quel ragazzo, e già era diventato famoso.
“Sì, me l’ha detto. Che è quest’allegria?”
“Non lo so! Non c’è un motivo, forse perché i maschi in classe nostra sono pochi e così aumenta la fauna.”
“Eh certo.. Invece che cinque saranno sei. Sai che differenza.”
“Ma perché hai questo rifiuto per il genere maschile?” chiese perplessa.
“Perché sono tutti uguali. Tranne Andrea.”
“Vabè, che c’entra? Lui è un santo.” Risi. Toletti era sicuramente il ragazzo più coccolato e meglio considerato dalla parte femminile della classe –escludendo quelle galline di Cloe, Jessica e Claudia, che preferivano di gran lunga Gianmarco, il figo-.
“Comunque, non ho un rifiuto per il genere maschile, sono solo un po’ scettica inizialmente.”
“Scettica, logico. Piuttosto sei abbastanza irritabile e irritante, inizialmente.” Mi corresse.
Scossi le spalle facendo una smorfia. Sapevo che aveva ragione. Non conoscevo il perché di quel mio modo di fare. Forse era una specie di selezione. Chi mi si avvicinava, di solito, lo faceva per il mio aspetto fisico e per provarci con me. In questo modo, chi voleva una ragazza per una pomiciata, scappava, chi voleva me, rimaneva ed insisteva. Nessuno era mai rimasto.
“Forse si, forse no.. Gelato?”
“Cioccolato e fiordilatte.”
“Fragola e limone.”
“E sia.” Ci battemmo il cinque e ci dirigemmo verso la gelateria più vicina.
C’era una fila assurda. Sembrava che tutti avessero aspettato noi per andare a prendersi un cono o una coppetta. Solita sfiga. Mentre aspettavamo il nostro turno, riprendemmo a parlare.
“Dici che quest’anno Dafne confessa?” cominciai.
“Assolutamente sì! Però prima ha detto di voler mangiare un pezzo di pane con la marmellata di fichi.”
“Ma non odiava la marmellata di fichi?” chiesi confusa.
“Appunto. Non dirà mai niente a Gi-emme.” Rispose tranquillamente.
“Perché lo chiami sempre Gi-emme?”
“Gianmarco non mi soddisfa. Gi-emme è più innovativo.”
“Ok.” Dissi, ma poteva benissimo equivalere ad un “Chi ti capisce è bravo.”
Toccò finalmente a noi. Ci prendemmo i nostri agognati gelati ed iniziò la parte più difficile: uscire da quel covo di affamati. Iniziammo a scansare le persone a piccoli passi. Selene era davanti a me.
All’improvviso qualcuno mi arrivò addosso e percepii qualcosa di freddo sul petto, vicino al colletto della maglietta. Abbassai lo sguardo e trattenni il respiro. Una macchia rosa alla fragola, tanto visibile che a momenti parlava, si mostrava a me.
“Ops.” Sentì una voce maschile divertita proprio davanti a me. Sospirai cercando di mantenere la calma e di non urlare in faccia a chiunque sia stato l’artefice di tale disgrazia. Alzai lentamente la testa con un’espressione sul viso non proprio amichevole.
Spalancai gli occhi e deglutii.
Per un secondo, incrociando quello sguardo color ghiaccio e quel volto di rara bellezza, mi dimenticai dell’istinto omicida dentro di me.
Non poteva essere vero. Era troppo bello per essere vero. Non poteva esistere un essere mortale così divino. Chi era la madre? Chi il padre? Dovevo assolutamente stringere loro la mano, avevano fatto un lavoro eccellente.
Si schiarì la voce “Posso passare o vuoi contemplarmi per altri dieci minuti?”
Mi pentii di aver sfornato così tanti complimenti tutti in una volta.
“Come scusa?” domandai, tornando a fissarlo con odio.
“Ho detto..”
“Ho capito cosa hai detto.” Lo interruppi bruscamente.
“Allora che vuoi?”
Non poteva essere vero.
Sospirai chiudendo gli occhi, poi ripresi a guardarlo “Delle scuse. Mi sembra il minimo.” Dissi, indicandomi la maglietta con la mano non occupata dal mio povero gelato.
“Sei tu ad essermi venuta addosso.”
Non poteva essere vero.
“Certo, come no!” alzai di un tono la mia voce stringendo più forte il cono, ma trattenendomi per non spaccarlo. Era piuttosto fragile.
Lo vidi abbassare lo sguardo sulla macchia ed alzare una mano, avvicinandola a me. Rimasi impalata. Ok, non mi era del tutto indifferente, nonostante tutto. Appoggiò un dito sul gelato spalmato sul mio indumento, poi se lo avvicinò alle labbra e lo leccò.
Non poteva essere vero.
Arrossii per quel gesto –e perché mi aveva toccata vicino al seno-, spalancando maggiormente gli occhi, se possibile.
“Mh, buono! Grazie tigre, adesso so che gusto prendere.” Così dicendo, mi accarezzò lievemente il mento con un sorriso sghembo e compiaciuto stampato sulla faccia e mi superò, lasciandomi senza parole e immobile come una statua.
Mi aveva sporcato di gelato. Non mi aveva chiesto scusa e non se ne era minimamente preoccupato. Si era preso gioco di me. Aveva osato sfiorarmi. Mi aveva chiamata.. tigre?
Ringhiai, presa dall’ira.
Feci per girarmi e dirgliene quattro, ma Selene mi trascinò fuori prima del tempo.
“Io quello lo uccido.”
“Io gli farei altro, ma tralasciamo.”
“Stupido cafone bastardo.” Mormorai tra i denti.
“Ok..” sussurrò la mora –sì, perché era mora- “Ascolta, facciamo così, visto che hai la maglietta multicolore, andiamo a casa tua, ti cambi e vediamo se uscire di nuovo o stare a casa, va bene?”
L’unico modo per farmi sbollire: distrarmi dal problema principale.
Annuì fissando la gelateria come se volessi farla esplodere in quell’esatto momento –e così era, effettivamente-, poi seguii Selene respirando profondamente e mangiando quel che rimaneva del mio cono.
 
“Già di ritorno?” ci mancava solo mia madre che dalla cucina mi ricordava il motivo per cui avevamo fatto retromarcia ed eravamo tornate a casa.
“Sì. Già di ritorno.” Risposi acida.
“Selene, che è successo?” perché mia madre chiedeva cosa fosse successo alla mia amica? Non avevo le capacità mentali per rispondere, forse?
Va bene, lo ammetto, quando mi arrabbiavo ero un tantino intrattabile, ma era una questione di principio.
“Un figo le ha fatto sbrodolare addosso del gelato.” Di poche parole.
Mia madre fece capolino nella mia stanza –dove eravamo- per vedere le condizioni della maglietta, che avevo già tolto. Me la rubò di mano e corse chissà dove, lontano dalla nostra vista. Mi grattai la testa, poi lasciai perdere e cercai qualcos’altro da mettermi.
“E ti ha detto come si chiama?” urlò dall’altra stanza.
Selene ridacchiò, mentre io facevo una smorfia.
“Sinceramente, non mi interessa. Neanche per sbaglio.”
“Peccato!” ribatté la mia genitrice. Ma cos’era? Ce l’avevano tutti con me quel giorno? Sbuffai alzando gli occhi al cielo –o al soffitto, che dir si voglia-. Portavo a casa una maglia sporca di gelato e quella mi diceva che era un peccato non sapere un nome del figo che mi aveva offesa, umiliata e, usando la mia innata finezza, fatta incazzare.
“Non avrai mai un genero, Cristina!”
Per la cronaca, Cristina era il nome di mia madre, e quella traditrice che aveva parlato prendendomi per il culo era colei che si diceva una delle mie due migliori amiche.
“Mi sono già abituata all’idea!”
Eccone un’altra.
“Scusate, sono qui! E’ inutile che parlate di me, vi sento!”
“Eh, appunto!”
Scossi la testa arrendendomi. Qualsiasi cosa avessi fatto, avrei perso contro di loro.
 
Erano le dieci di sera. Selene era rimasta a cena e, per fortuna, l’argomento figo-spalma-gelati non era stato affrontato ancora una volta. Al solo pensiero mi venivano i nervi a fior di pelle. Era impossibile avere a che fare con persone del genere. Sicuramente, quel suo essere presuntuoso, era dovuto alla consapevolezza di essere bello. Credevo anche io che lo fosse, mica sono cieca. Era un tipo come Gianmarco –o Gi-emme-: sono bello e bravo solo io.
Ma anche no, razza di bifolco buzzurro.
Sospirai, per la centoottantanovesima volta in quella giornata, e mi sedetti alla scrivania, alla ricerca di un po’ di meritato relax.
Dovevo trovare un modo di sfogarmi. Quale se non Twitter?
Non ci pensai neanche troppo, aprii la pagina e cominciai a scrivere, per poi inviare il messaggio.
 

Alcune persone dovrebbero darsi una regolata.
 

Ed ero anche stata buona. Avrebbe dovuto ringraziarmi per non avergli lanciato maledizioni su maledizioni, omettendo le scuse per il gelato.
Qualche minuto dopo, controllai le menzioni. Anonymous aveva risposto proprio al mio ultimo tweet, dedicato a quell’essere su due zampe.
 

Non ne parliamo. Caratteracci a scatafascio.
 

Sorrisi. Anche lui doveva aver avuto qualche incidente di percorso. Magari una tipa come Cloe gli aveva rovesciato addosso una granita, giusto per rimanere in tema.
Guardai l’ora e decisi che sarebbe stato meglio preparare lo zaino –mettendoci esclusivamente l’astuccio e il diario, visto che era il primo giorno- e andare a dormire. Avevo passato delle ore troppo stressanti per il mio giovane corpo. No, in realtà avevo sonno.
Spensi il computer e mi alzai. Presi il mio zaino, rimasto in disuso per tre mesi, e ci infilai il minimo indispensabile. Mi cambiai, mi misi il pigiama, salutai i miei genitori e mi infilai sotto le coperte.
Non mi so spiegare il motivo, ma quella sera mi addormentai senza riuscire a farmi uscire dalla testa quei due occhi color ghiaccio.
 



Bella gente!
L'altra volta la mia suprema memoria mi ha fatto dimenticare di scrivere come è nata l'idea per il titolo e quindi anche la storia.
Non starò a dire tanti particolari, semplicemente ho avuto una conversazione inaspettata con una persona, e quando l'ho detto ad una mia amica di nome Francesca, ci ha riso su dicendo proprio le parole "Amore al primo tweet". E lì si è accesa la lampadina. 
Purtroppo per me la mia vicenda non si è svolta come la fan fiction, non è arrivato nessun bellissimo ragazzo dagli occhi di ghiaccio nella mia vita, ma era per spiegarvi come mi sono ritrovata questa vicenda per la testa.

Torniamo a noi/voi.
Vi ringrazio infinitamente. Un grazie a Francesca, che mi ha fatto immaginare tutto e che non appena ha letto il primo capitolo mi ha fatto i complimenti.
Un grazie alle persone che mi hanno dato fiducia, cioè:
- Chi ha recensito. Anche se vi ho già ringraziato, grazie ancora. E' sempre bello ricevere recensioni, significa che ciò che è scritto è degno di esser riconosciuto, che sia negativamente o positivamente (anche se è meglio positivamente.);
- Chi ha preferito. Grazie mille. E' un onore! °w°
- Chi ha seguito. Grazie anche a voi. Grazie. 
Spero di non deludervi. :') *si commuove per tutto questo, non aspettandoselo minimamente*
Grazie anche ad Ashini, che ha sempre una parola non-confortante per me, ma che ogni volta è pronta a leggere le mie vaccate e a recensirle come meglio sa fare.

Riguardo al capitolo (anche se sto scrivendo un poema, ma era necessario) spero che vi sia piaciuto! Ovviamente se avete domande (che non siano sui prossimi capitoli perchè non do spoiler xD) nel caso qualcosa non sia chiaro, fatemele tranquillamente! :D

Un bacione e a tra qualche giorno! (?)

Maricuz

   
 
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