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Autore: amaryllis_G    11/11/2011    1 recensioni
Molti pensano che non siamo soli nel nostro universo. Altri invece pensano che non ci sia un solo universo. Derek, un ragazzo di sedici anni, si troverà a cavallo fra due dimensioni, abbandonando la propria vita normale per ricominciare in un mondo diverso, dove l'acqua non obbedisce alla gravità, dove meduse grosse come orsi vanno a caccia di carne umana e dove baccanti in preda all'euforia si comportano come lupe affamate...
Genere: Avventura, Fantasy, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Salve!!! ringrazio tutti coloro che leggeranno questa storia, spero tanto che vi piaccia ;) in ogni caso, passiamo alle cose serie:
in questo capitolo arriverà un nuovo personaggio MOLTO importante, e cominciamo ad intravedere un pizzico di romanticismo! ebbene si, dovrò aggiornare gli avvertimenti u.u recensite!


Capitolo II

-Deus ex Machina-

 

La cella era lunga e stretta, illuminata da una enorme finestra dalle sbarre di piombo, che separava la stanza angusta dall'esterno. Affacciandosi, si poteva osservare la letale distanza tra la cella e il suolo, distanza così impressionante da scoraggiare qualunque evasore dal tentare la fuga. Dall'altro lato si trovava l'entrata, protetta da magie complesse e arcane e da una serie di guardie scelte.

La ragazza che sedeva nella cella aveva diciassette anni, capelli rossi, occhi verdi e rispondeva al nome di Florence. La suddetta ragazza, dalla pelle diafana e l'aria ingenua, era in realtà un esponente magico dal potenziale pericolosissimo. Paericle, capo delle guardie e signore della torre di alabastro, prigione dove si trovava la ragazza, si trovava a provvedere alla sua reclusione, costruendo la cella in cui era tenuta prigioniera.

L'intera stanza era il vanto di Paericle: le mura erano di pietra consacrata, che assorbiva il Mana, mentre le sbarre di piombo creavano una sorta di cortina magica che le impediva di attrarre energia dall'esterno. Florence era incatenata lì da giorni, incapace di difendersi, mentre le mura assorbivano instancabilmente tutta la sua energia. Non sapeva come era finita in quel posto: il solo tentativo di ricordare portava una forte emicrania e la comparsa di ricordi frammentari e sconnessi. Una festa, fiori scarlatti, calici alzati in un brindisi, danze e seduzioni, poi il buio totale.

La guardia aveva smesso di spiare attraverso una fessura sulla porta, e Florence capì che era il momento per agire. Durante i primi giorni di prigionia, quando aveva ancora abbastanza Mana da essere considerata pericolosa, le guardie spiavano dalla sua cella ogni quindici minuti. Man mano che il tempo passava, le guardie sospettavano che il suo Mana si fosse esaurito, e che non fosse più in grado di fuggire, e quindi diminuivano la frequenza dei controlli.. Era tuttavia riuscita a mantenere un pizzico di Mana, resistendo al potere occulto della pietra che la circondava. Quando fu sicura che la guardia fosse andata via, concentrò il Mana nel proprio braccio e diede uno strattone alla catena, che si spezzò con la facilità con cui si calpesta un fiore. Osservò momentaneamente la porta, per capire se il rumore delle catene aveva attirato l'attenzione. Una volta essersi resa conto di essere passata inosservata, si diresse alla gigantesca finestra, e incanalò nuovamente l'energia magica nelle sue mani. Afferrò una delle spesse sbarre di piombo e tirò con tutte le sue forze. La sbarra si staccò dalla finestra, portandosi dietro parte della roccia consacrata. Florence scaraventò la sbarra per terra e salì sulla finestra, aggrappandosi alla sbarra integra per mantenere l'equilibrio. Ora il suo Mana si era esaurito, e non sarebbe stata capace di ricavarne altro, senza percepire il fiore: il suo nome e il suo elemento, che si rifletteva nella vegetazione circostante. Ora che una delle due sbarre era stata rimossa, la cortina che confinava il suo potere si era aperta e, anche se in maniera limitata, poteva attrarre di nuovo del Mana. Allungò una mano e chiuse gli occhi, percependo il vento che soffiava, carico di odori provenienti dalla natura, che rinvigorivano e rafforzavano il suo esile corpo. Spalancò gli occhi, e le iridi smeraldine brillavano, mentre attingeva Mana dalla foresta nelle vicinanze.

Carica di energia, si preparava a fuggire, ma voltandosi notò che tre guardie avevano scoperto il suo tentativo di evadere. Sorrise, e protese la mano verso il terreno che la separava dai suoi avversari. Il pavimento si frantumò, mentre un mastodontico bocciolo cresceva nella cella, affondando le sue radici nelle mura della torre. Il bocciolo, giunto a piena maturazione, si schiuse, rivelando petali violacei che incorniciavano le fauci di una pianta carnivora. Lunghi pistilli scarlatti spuntarono dalla bocca del fiore, e si diressero verso le guardie, afferrandone due dalla vita e portandoli nelle fauci del fiore, che richiuse i petali per ingerirli.

Florence osservò soddisfatta la propria evocazione. Aprì il palmo della mano e lo rivolse verso l'alto. Una piccola fiamma smeraldina, grande quanto quella di una candela, apparve davanti a Florence, galleggiando a mezz'aria, per poi dirigersi verso la viola mammola con un invito da parte della ragazza. La fiammella viaggiò fino a raggiungere il fiore, ancora chiuso, per poi scomparire. La corolla brillò di un verde intenso, aumentando le proprie dimensioni ulteriormente e si schiuse nuovamente per mostrare una corolla dotata di due file di petali violacei. Sotto i petali spuntarono due steli sottili, simili a liane, con piccole foglie che crescevano sulle estremità. La guardia era fuggita, ed era tornata con numerosi rinforzi, tra cui Paericle stesso. Paericle era anziano, dai corti capelli bianchi e il volto severo e rugoso, che mostrava i segni di mille battaglie. Non era particolarmente in carne, ma dimostrava un fisico imponente. Distratto dal fiore, il signore della torre d'alabastro non aveva notato la scomparsa di Florence, che si era nascosta nella cella. Paericle sguainò la sua arma. Lo spesso spadone di ferro battuto brillò, illuminato da un raggio di luce proveniente dalla finestra. Nonostante la mole dell'arma, Paericle la maneggiava con facilità inverosimile.

-Dove, sei, “dea del fiore”? Rivelati e affronta il tuo nemico con coraggio!!- urlò, entusiasmato dalla dura battaglia che si aspettava di dover combattere.

La ragazza era nascosta sul soffitto della cella, aggrappata ad un rampicante che aveva evocato per l'occasione. In un lampo verde la sua arma comparve al suo fianco: un'ascia da esecuzione a manico lungo, affilata e letale, che aveva mietuto decine di vittime.

Florence lasciò la presa, mantenendo l'ascia alta e splendente durante la caduta, e non appena arrivò a terra, tagliò di netto la testa del signore della torre di alabastro.

-“Dea del fiore”, eh? Questo rende il mio attacco un vero e proprio “Deus ex Machina”, non trovi?- disse con disprezzo dopo aver eliminato il suo nemico.ò

Diede un calcio alla testa del suo avversario, che rotolò fino a raggiungere un angolo della camera. Le guardie, pronte a vendicare la morte del loro capo, si avventarono verso la ragazza, che corse con passo svelto, sorpassando il fiore, giungendo alla finestra e buttandosi.

Durante la caduta, l'intera torre sembrava una candida macchia sfocata, e Florence si concentrò per apparire in un posto diverso. Non aveva dubbi. Un sorriso felice e sollevato si allargò sul suo volto, mentre cominciava a brillare. La medesima luce della fiammella l'avvolgeva, trasformando anche lei in una macchia sfocata. Poi tutto cambiò. Florence scomparve in un bagliore accecante, per lasciare solo qualche foglia appassita trasportata dal vento, come traccia del suo passaggio.

La ragazza ricomparve in un luogo molto più remoto, materializzandosi in un turbine di foglie e fiori. Camminava decisa, anche se ancora a piedi nudi, percorrendo un ponte di pietra che si ergeva su di un enorme distesa d'acqua cristallina, sotto il pallido chiarore lunare.

Davanti a lei si ergeva il Castello della Nube Temporalesca, dimora di Felix, il mago scelto dal Mana dell'Acqua. Centinaia di minuscole guglie marmoree costituivano il castello, che si ergeva in mezzo ad una enorme nube carica di pioggia. Arrivata all'entrata dell'enorme abitazione, busso con vigore sul grande portone in legno scuro. Nel momento in cui la sua mano entrò in contatto con il castello, la distesa d'acqua che lo circondava si infranse.

Numerose meduse bluastre attraversarono la superficie dell'acqua, avvicinandosi alla ragazza per ispezionarla. Tra le meduse compariva anche Anthea, la memnozoa, che si avvicinò alla ragazza, assumendo poi il suo aspetto semi-umano, con i lunghi tentacoli posti all'attaccatura dei capelli, avvolta nei nastri color indaco della sua forma di Medusa, che formavano un abito elegante e regale, arricciato sulle estremità e mantenuto intorno al suo corpo da fasci lisci che le avvolgevano il busto.

Fece un breve inchino dinanzi alla ragazza e congedò le altre meduse, facendosi da parte per far entrare Florence nel castello.

Florence posò la mano sul legno della porta, e un torrente di ricordi affiorò nella sua mente, accompagnato da una piccola lacrima che percorse la sua guancia. Si lasciò andare, affondando nelle sue memorie...

 

-Flashback-

 

Un ragazzo e una ragazza erano sdraiati su di un prato dall'erba alta, racchiuso in un isolotto. La piccola macchia di terra era circondata da un grande e profondo stagno, dove comparivano numerose ninfee rosa e bianche. Sulle foglie si poggiavano numerose rane, mentre pesci di acqua dolce nuotavano veloci sotto di loro, sfiorando il letto sabbioso dello stagno.

I capelli neri del ragazzo si arruffavano, mossi dalla brezza che accarezzava lo stagno e l'isolotto, mentre i lunghi boccoli rosso fuoco della ragazza rimanevano immobili al loro posto, incorniciando gli occhi verdi, che si perdevano nelle iridi scure del suo compagno.

Entrambi indossavano abiti tipici della stagione estiva ed erano entrambi a piedi nudi, guardando il cielo. I due bambini non potevano avere più di dodici anni visto il loro aspetto, ma i loro occhi celavano una conoscenza che andava molto aldilà della loro età. Il ragazzo allungò una mano pallida, dalle dita lunghe e affusolate, e raccolse un fiore, la cui corolla era ancora chiusa in un bocciolo. Soffiò delicatamente con le labbra, mentre due ali cristalline da insetto comparirono alla base del fiore, che si alzò in volo, del tutto simile ad una libellula. Il fiore incantato si posò sul dito della ragazza, non appena lei alzò la mano minuta.

-Una libellula, sei proprio strano Fel- commentò la ragazza -io preferisco le farfalle...-

La ragazza lasciò volare via la libellula e protese la mano verso il terreno, dal quale sboccio un piccolo giglio delicato, dai petali rossi e il pistillo verde, colori che richiamavano il volto della bambina.

Raccolse il fiore, lo separò dallo stelo e i quattro petali cominciarono a muoversi intorno al lungo pistillo. Anche il giglio si alzò in volo, ora del tutto simile ad una farfalla, fino a posarsi su di un fiore nei pressi del lago, divenendo preda di una rana nei paraggi. La sua lingua scattò, lunga e viscosa, catturando il fiore-insetto e ingoiandolo, senza gradire il pasto.

La ragazza apparve quasi delusa, in quanto l'insetto del suo compagno era ancora integro.

-Non ti preoccupare, Flo- disse il ragazzo, rincuorandola -ci penso io...-

Ad un suo comando, la libellula-fiore tornò sul palmo della sua mano, che si richiuse distruggendo il fiore.

-Fel, perché l'hai fatto? Il tuo fiore era ancora integro...-

-Lo so, ma la tua farfalla era più bella, e non era giusto che sopravvivesse alla mia libellula- rispose.

-Fel, sei proprio un tipo strano- disse la bambina, sorridendo e appoggiando la testa sulla sua spalla.

 

Lo stagno venne avvolto dal buio, e un nuovo ricordo comparve davanti ai suoi occhi, un ricordo che non avrebbe voluto rivedere...

 

-Fel!!!Fel!!?!?!Aiuto...AIUTO!!!-

La ragazza dimostrava circa quattordici anni, ma i lunghi capelli rossi e gli occhi verdi non lasciavano dubbi sulla sua identità.

Lo stagno era stato rimpiazzato da una distesa di fiamme, mentre una casa si accingeva a crollare, distrutta dal fuoco.

Un ragazzo pallido dai capelli scuri e gli occhi altrettanto scuri correva nella casa, seguendo le invocazioni di aiuto, evitando le travi che cadevano dal soffitto.

Finalmente la vide: era lì, sotto un'impalcatura che stava per crollare e che l'avrebbe uccisa senza dubbio se non fosse intervenuto.

-Flo! Cosa aspetti!! Vieni qui, presto!!!- imprecò il ragazzo.

-Non posso!! Mamma e papà sono ancora lì dentro...-

Il soffitto crollò sulla ragazza, senza riuscire a toccarla: le singole travi galleggiavano a mezz'aria, avvolte da un'aura bluastra. Florence distolse lo sguardo dal soffitto per posarlo sul ragazzo che l'aveva salvata, le sue iridi azzurro ghiaccio e il braccio proteso verso le travi. La magia era opera sua, era lui ad averla salvata. Il soffitto sopra di lui stava per cedere, ma non poteva muoversi senza far cadere le travi sulla ragazza.

-Flo, scappa!!Non resisterò a lungo!-

-No, Fel!!!

-SCAPPA!!...-

Il soffitto sopra il giovane cedette, e una pioggia di tronchi fiammeggianti cadde sul ragazzo.

Florence urlò, e il suo corpo venne avvolto da una luce verde. La luce avvolse lei, il ragazzo, poi la casa, poi i dintorni, estendendosi come l'onda d'urto di un'esplosione.

Quando la luce scomparve, il terreno era devastato ma fertile, la casa era rasa al suolo ma le fiamme e le travi erano scomparse, solo qualche tizzone spento giaceva qua e là. Felix era per terra, la pancia rivolta verso il cielo, mentre sottili fili d'erba si levavano dal terreno come effetto collaterale della magia.

La ragazza osservava Felix immobile per terra, mentre lacrime irrefrenabili cominciavano a scenderle dal volto. Quando sentì un gemito e vide che il ragazzo cominciava ad alzarsi, corse verso di lui, stringendolo in un lungo e caloroso abbraccio, il viso rigato da lacrime ancora più abbondanti delle precedenti.

Era vivo, ed aveva soltanto lui.

 

Un momento triste, che però portò alla mente un momento molto meno remoto...

 

Un anno dopo l'incendio i due ragazzi erano ancora insieme. Nel tempo trascorso avevano appreso come controllare il potere donatogli dal Mana, fino a diventare due maghi esperti.

Dopo l'incendio, avevano utilizzato il loro potere per bonificare il terreno distrutto dal fuoco, trasformandolo in una radura verdeggiante, dove scorrevano ruscelli tranquilli costeggiati da papaveri, sopravvivendo grazie al loro potere.

Il paesaggio cambia ma i personaggi sono sempre gli stessi: Florence e Felix erano l'uno di fronte all'altro, un po' più maturi rispetto all'ultimo ricordo.

La ragazza gli si avvicinò, per sussurrare una frase all'orecchio del giovane dalla chioma scura.

Il ragazzo sgranò gli occhi ascoltando le parole della sua amica, osservandola poi allontanarsi di nuovo con un lieve rossore sul volto candido mentre distoglieva lo sguardo dall'amico, anch'egli imbarazzato dalla confessione. Il silenzio regnava sulla radura e un vento forte scuoteva la vegetazione. Un sole brillante e rosso si avvicinava all'orizzonte, pronto a tramontare, mentre i due si avvicinarono e le loro labbra si toccarono in quello che sarebbe stato un ricordo particolare per entrambi. Il contatto fu breve, e una volta che le loro labbra si furono separate, Felix aprì bocca per la prima volta.

-Non possiamo...è impossibile...accettandolo potremo compromettere...-

-Cosa? Non mi importa se il mondo crolla, finché tu sarai incolume dalla distruzione che lo avvolge.- replicò la ragazza.

-No, sai che siamo nel bel mezzo di un conflitto, e nessuno dei due potrebbe reggere la scomparsa dell'altro se andassimo avanti. Dobbiamo fermarci finché possiamo.- ammise mestamente.

La ragazza ebbe un tuffo al cuore.

-Sei sempre stato un tipo così strano da apparire irrazionale- disse Florence sorridendo leggermente, mentre una lacrima le rigava il volto -ma ciò che hai detto non è una delle tue solite stranezze. Purtroppo hai ragione. Devo dedurre che sia la tua risposta sia un “no”?-

Il ragazzo annuì tristemente, gli occhi profondi e tristi quanto un mare privo di vita e colore.

Numerose lacrime attraversarono il volto della ragazza, mentre si apprestava a fare un'ultima domanda.

-Significa che dobbiamo separarci per sempre?- chiese, temendo di conoscere già la risposta.

-No, affatto. La nostra alleanza passerà inosservata agli occhi degli altri visto che combattiamo un nemico comune, e in questo modo non solo potremo rivederci, ma ciascuno di noi potrà soccorrere l'altro in caso di bisogno, visto che ciascuno di noi desidera l'incolumità per colui che ama.- disse, gli occhi umidi: stava abbandonando l'unico amore della sua vita.

-È la scelta migliore.- rispose, mentre altre lacrime scendevano dai suoi occhi.

Si strinsero in un abbraccio, temendo nel loro cuore che fosse l'ultimo che si sarebbero potuti concedere.

 

-fine Flashback-

 

Il ricordo terminò con quell'abbraccio, e Florence guardò la medusa negli occhi color del mare.

-Così è questo il potere di una Memnozoa? Dicono che chi si avvicina a questa medusa vedrà affiorare i propri ricordi, mentre la medusa scava nella sua memoria. Quindi tu conosci tutto ciò che ho visto?- chiese, mentre un'altra lacrima affiorava dai suoi occhi.

-Si, e anche di più. Ma stai certa che non rivelerò mai e poi mai i tuoi segreti- disse con uno sguardo consolatorio. Allungò la mano bianca e accarezzò la guancia della ragazza. Il tocco era freddo, ma tutt'altro che sgradevole. Florence ricambiò lo sguardo, osservando la medusa nei grandi occhi celesti.

-I suoi sentimenti non sono spenti come credi. Non perdere mai la speranza, se noi vincessimo la guerra avresti più di un'opportunità per accontentare il tuo cuore. Ora devo andare.-

La medusa rivolse un sorriso alla ragazza, e in un fievole bagliore si trasformò in medusa, tornando nelle profondità dell'acqua.

Florence rifletté su quello che la medusa le aveva detto. Visto che Anthea era grande alleata di Felix era molto probabile che avesse letto anche la sua memoria, quindi quello che ha detto non doveva essere del tutto falso. Asciugò le sue lacrime con la mano e reagì.

Decise di entrare e ignorare i propri dubbi e i propri pensieri. Esercitando una leggera pressione contro il legno della porta si riusciva ad aprirla. Un vento gelido proveniente dallo spiraglio aperto da Florence la investì. Varcò la soglia non appena il vento fu cessato. Probabilmente è una maniera per capire chi si addentra all'interno del castello pensò la ragazza.

Una volta entrata però, provò una sensazione piuttosto irreale. Era come se venisse avvolta da un soffio di calore, che la pervase. Sembrava magia, ma non le sembrò normale. Dopotutto, una volta che il vento avesse avvertito Felix della presenza di un estraneo, a cosa servirebbe un'ulteriore esame? Ricordava benissimo il modo di pensare del ragazzo, ed era innaturale per lui porre protezioni inutili. Pensò rapidamente a cosa potesse essere. Non era a conoscenza di chi si trovava nel castello, eccetto per Anthea e Felix, quindi non poteva escludere la presenza di un mago che avesse un talento identificativo. Il buio l'avvolse quando la porta si chiuse dietro di lei. Percepiva la presenza di un mago che si avvicinava, il suo Mana era inesperto, e quindi non sarebbe stato un problema sconfiggerlo se l'avesse attaccata.

Il suo avversario arrivò di corsa, con una candela rossa in mano. Lo identificò come il proprietario del talento che l'aveva scoperta prima e osservò i suoi movimenti. Fece molta fatica a trovare una torcia, che accese con la candela, notando Florence una volta che la torcia avesse illuminato la stanza. Aveva addosso solo una T-Shirt e un paio di pantaloncini corti, ed era scalzo. Ricordò distrattamente di essere arrivata ad un orario piuttosto tardo, spiegandosi il perché di quell'abbigliamento. Il ragazzo la fissò, e concentrò il Mana nelle proprie mani. Voleva combattere a mani nude con una tecnica piuttosto elementare. Sorrise, evocò la sua fedele ascia a manico lungo e attese un attacco. Felix o non Felix, non si sarebbe fatta uccidere tanto facilmente. Il ragazzo le si avventò contro, e lei contrattaccò. Il giovane sferrò un pugno prevedibile, che lei schivò abilmente. Vibrò un colpo d'ascia in risposta, e il giovane si mosse in maniera innaturale: aveva schivato l'attacco, ma quello era un altro talento. Sgranò gli occhi: i maghi pluridotati erano incredibilmente rari, e lei aveva davanti ai suoi occhi uno di questi. Sfilò l'ascia dal terreno e utilizzò il bastone per far perdere l'equilibrio al suo avversario: ebbe successo, e una volta a terra vibrò un secondo colpo. Improvvisamente percepì il Mana di Felix, e fermò il suo attacco a pochi centimetri dalla sua fronte. Stava arrivando, non c'era più motivo di aggredire il suo avversario, sebbene non avesse mai avuto intenzione di ucciderlo.

Offrì la mano al ragazzo, con un sorriso benevolo sul volto e lo aiutò a rialzarsi, ritrovando dietro di sé l'unico ragazzo che rendeva il suo volto rosso quanto i suoi capelli.

  
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