Libri > Le Cronache di Narnia
Segui la storia  |       
Autore: _Fedra_    12/11/2011    2 recensioni
PER TUTTI COLORO CHE DESIDERANO UN FINALE DIVERSO PER LA SAGA. Sono passati cinque anni da quando Cate ha lasciato Narnia, rassegnandosi a una vita normale e abbastanza scontata. Ma la ragazza non sa che le porte di quel mondo parallelo stanno per riaprirsi di nuovo e che lei potrebbe essere l'unica in grado di salvare coloro che ama da un terribile destino. Una fiction che stravolge l'intera saga, ai confini della fantasia, fino all'ultimo, cruciale passaggio che porterà oltre ogni confine.
Genere: Fantasy | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Edmund Pevensie
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<  
- Questa storia fa parte della serie 'The passage'
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Per una lettura ottimale dell'ultimo capitolo, vi consiglio caldamente di mettere in sottofondo "Lost in paradise" degli Evanescence.

La rivincita di Susan

Al secondo squillo di tromba eravamo già di sotto, mentre l’intero castello tremava sotto il fragore di passi affrettati sulle scale e del sinistro tintinnio delle armi che venivano distribuite ai soldati. Edmund si precipitò nel corridoio come una tigre, chiamando al volo due ninfe affinché mi aiutassero a prepararmi, ma io mi ero già avventata sul mio baule, estraendo l’armatura  di Susan e sistemandomela addosso. La bellissima regina che avevo rimirato poco prima allo specchio era ora una guerriera. Mi sistemai alla meglio la casacca laddove, essendo appartenuta a Susan, era troppo lunga, ripiegandola alla meglio sugli arti, poi mi sistemai la spada al fianco e mi precipitai di sotto. Per poco non andai a sbattere contro Lucy.
“Scusami, piccola!” esclamai scansandola proprio all’ultimo secondo.
“Non fa niente!” biascicò lei. “Ma dov’è Edmund?”.
“E’ sceso di sotto. Credo sia andato alla ricerca di Peter”.
“Non trovo neanche Leo”.
Mi morsi il labbro. “Dobbiamo portarlo in un luogo sicuro” dissi con decisione.
“Me ne occuperò io” dichiarò Lucy. “Ci vediamo nella sala del trono. Corri, Cate!”.
“D’accordo”.
Senza stare a indugiare oltre, mi precipitai giù dalle scale, infilandomi negli interminabili corridoi marmorei e raggiungendo finalmente la sala dei Quattro Troni. Peter ed Edmund erano già arrivati e stavano confabulando animatamente fra di loro. Quasi non si accorsero del mio ingresso.
“Cate!” esclamò a un certo punto Edmund, notandomi in un angolo della sala intenta a parlare con il nostro generale.
Nel sentire la sua voce, mi voltai di scatto e corsi verso di lui. Avevo una voglia tremenda di saltargli al collo e stringerlo a me alla ricerca di un poco di conforto, ma mi trattenni con tutte le mie forze: un simile comportamento non si addiceva a una regina, tanto meno in un momento del genere. Mi ricomposi all’istante, chiedendogli subito spiegazioni. “Che facciamo?” esclamai.
“Tieni” fu la sola risposta.
Senza darmi neppure il tempo di ribattere, Edmund mi aveva messo fra le mani un piccolo arco ricurvo e una faretra carica di frecce dall’aria fin troppo familiare. Aggrottai le sopracciglia, profondamente contrariata. “Non posso” dissi con decisione, facendo per restituirgli le armi di sua sorella.
“Susan lo vorrebbe” mi esortò il Giusto.
“No!”.
Un tremendo boato scosse il pavimento della sala, vibrando cupo sulle intricate nervature che la sostenevano. Va bene, non era certo il caso di stare a fare gli schizzinosi.
“Sei un incosciente” lo minacciai fra i denti mentre indossavo la faretra e incoccavo l’arco.
In quel momento, un’esplosione di passi affrettati sul pavimento annunciò l’arrivo di Lucy. Un’espressione di puro terrore si delineava sugli enormi occhi blu spalancati e sul rossore delle guance. “Vogliono combattere” fu tutto quello che riuscì a dire ansimando.
“Chi?”.
“Quegli altri! Quelli che sono venuti con noi!”.
“Non ti capiamo”.
Non era vero, avevo capito perfettamente.
“Mio fratello non combatte!” esclamai infatti con decisione.
“No,” tuonò Peter “dobbiamo armarci tutti o verremmo sopraffatti”.
A quel punto, non so cosa mi trattenne dall’irresistibile tentazione di prenderlo a schiaffi. “Come puoi mandare al macello delle persone che non hanno mai preso in mano una spada? E’ solo un ragazzo!”.
Il Magnifico si schermì con un’alzata di spalle. “Anche noi siamo ragazzi e anche noi stiamo andando a combattere”.
Mi affondai le dita nelle guance, serrando gli occhi e gemendo per la rabbia. La follia, ecco che cosa ci stava attaccando. Altro che carlomeniani su navi fantasma e fine del mondo!
“Voi siete pazzi!” esclamai.
“Cate, Narnia cadrà da un momento all’altro, capisci?” replicò Peter indicando il cielo di fuoco che si estendeva alle nostre spalle. “E’ finita, non c’è più nulla da fare”.
Le sue parole risuonarono nella mia scatola cranica simili a una campana a morto. La disperazione mi fece crollare sulle ginocchia. “No!” gridai. “E allora perché combattere? Che senso ha tutto questo? Perché allora arrivare fin qui?”.
A ogni parola, la verità emergeva sempre più crudele e letale. Era stata tutta colpa mia. Io avevo causato tutto quel macello. Se non fosse stato per la mia stupidità, Lewis non ci avrebbe mai sfidati a quel gioco di morte e di inganno e la storia non sarebbe mai finita. O forse no, la realtà era un’altra?
“Vostre Maestà, ci attaccano!” esclamò un fauno facendo irruzione nella stanza proprio in quel momento.
“Basta piagnucolare!” ruggì Peter severo. Una fiamma selvaggia gli brillava nello sguardo color zaffiro, facendolo somigliare incredibilmente a quello di un grande felino pronto ad attaccare. “Coraggio, siamo re, siamo guerrieri! Dobbiamo difendere questo regno fino alla fine, come Aslan ci ha insegnato! Lo abbiamo fatto una volta e lo faremo ancora, in nome di Narnia! Un re non fugge, non abbandona il suo regno, il suo popolo! Avanti, ora!”.
Le sue parole pronunciate con la sua voce chiara e decisa, sotto quello sguardo fiammeggiante, parvero restituirci in una sola volta tutto il coraggio e la forza d’animo che la paura ci aveva momentaneamente sopito. Di colpo eravamo di nuovo lì, come la prima volta, schierati e pronti a combattere per quel mondo magico che ci aveva rapiti dalla monotonia del nostro quotidiano, trasportandoci in un universo che avevamo potuto chiamare casa. E che qualcuno, mosso da chissà quali propositi perversi, era deciso a distruggere.
“Peter ha ragione!” esclamai sguainando la spada. “Andiamo! PER NARNIA!”.
“PER NARNIA!” esclamarono gli altri all’unisono, poi, schierati come un piccolo esercito, ci precipitammo fuori, ponendoci sulle nostre postazioni sulla sommità dei bastioni a strapiombo sull’abisso, sospesi a metà strada fra un mare color sangue e un cielo di fuoco. Man mano che le navi nemiche si avvicinavano, comete fiammeggianti discendevano a tutta velocità dall’alto, striando il cielo di nubi incandescenti e schiantandosi al suolo fra fumo e detriti, divorando e polverizzando ogni cosa ostacolasse il loro cammino.
E’ la fine, pensai mentre lo stomaco mi si stringeva in una morsa dolorosa. Susan! Il mio pensiero si volse verso di lei, verso la mia sorella, la mia amica, uno dei maggiori punti di riferimento che avevo avuto dal mio ingresso in quella famiglia straordinaria. Mi chiesi dove fosse in quel momento, se per caso avesse bisogno di noi, lontana da tutto ciò che conosceva. Improvvisamente, la strana sensazione di coraggio e benessere che mi aveva invasa più di una volta tornò a farsi sentire all’apice della sua potenza, invitandomi con un fiotto di calore proveniente dalle profondità del mio torace a tendere l’arco verso l’orizzonte. In quel momento, diedero l’ordine di prepararsi ad aprire il fuoco. Ci fu il segnale, poi i nostri dardi si abbatterono sulle navi nemiche, mentre dal mare gigantesche palle di fuoco saettavano verso di noi, ancora più micidiali delle comete che cadevano dal cielo. In pochi istanti, ci ritrovammo completamente ricoperti di sangue e detriti. Non vedevo più nulla, né sapevo cosa stava accedendo attorno a me. I miei occhi bruciavano per la polvere, il mio corpo ardeva per le ferite che lo avevano lacerato. Improvvisamente, mi resi conto di essere stesa a terra e di avere gli occhi fissi sulla mano arrossata dal mio stesso sangue.
“CATE!”.
La voce veniva dall’alto, lontana, troppo lontana. Qualcuno mi chiamava dallo squarcio che si era creato quando il bastione era crollato, inghiottendoci completamente in una voragine da incubo. Attorno a me, non un rumore provocato da creatura vivente. Erano tutti morti.
“CATE!”.
“Ho fallito” mormorai mentre le forze mi abbandonavano.
Sentivo che tutto attorno a me ribolliva, soffiava, sprofondava, bruciava. Il nulla avanzava e non avremmo potuto fare niente all’infuori dello stare a guardare. Era finita, era tutto finito. “Hai vinto, Lewis” dissi chiudendo gli occhi, pronta ad abbracciare l’abisso.
Ma qualcosa mi trattenne. Una mano, una mano calda e tremante mi sorreggeva, tirandomi a sé con tutte le sue forze. Levai il capo e mi ritrovai a fissare due bellissimi occhi neri.
“Edmund” gemetti mentre le forze mi abbandonavano.
Il ragazzo mi strinse ancora più forte, trattenendomi dall’abisso che mi chiamava a pochi centimetri da noi, accoccolati sulla cima polverosa del bastione che si stava inesorabilmente sgretolando sotto i nostri piedi. Il ragazzo non parlava. Non ce n’era bisogno, per rendersi conto di come stavano le cose. Narnia stava svanendo a vista d’occhio e lo stesso sarebbe stato per noi.
“Dove sono gli altri?” chiesi frastornata.
Edmund scosse il capo. Mi si gelò il sangue nelle vene.
“No!” esclamai. “NO!”.
Levai lo sguardo, cercando il mare e il cielo di fuoco, ma non li trovai. Attorno a noi c’era la più totale oscurità. E il silenzio.
Hai perso, sciocca ragazzina, tuonò nella mia mente la voce di Lewis. Hai voluto giocare contro di me e io te l’ho permesso, anche se avresti dovuto sapere che avresti perduto. Come pensavi di metterti contro il creatore di questo mondo? Io l’ho generato e io ora lo distruggo e te insieme a lui!
Soffocai a fatica un singhiozzo. Aveva ragione. Ora avremmo dovuto pagare. Mi strinsi ancora di più a Edmund. Saremmo morti insieme. Uniti per l’eternità, come avevamo sempre desiderato nelle nostre folli fantasticherie. Bell’affare.
“Edmund,” dissi con gli occhi carichi di lacrime, pronta all’ultimo passo “ti amo”.
Lui mi strinse più forte a sé, come in un ultimo tentativo di proteggermi dall’abisso. “Scusami” fu tutto quello che riuscì a dire. “Non avrei mai voluto che finisse così”.
Chiusi gli occhi, attendendo il mio destino. Qualche tempo prima mi avevano detto che avrei potuto cambiare, che avrei potuto evitare una cosa del genere. Io volevo solo vivere la mia vita, nel mio mondo, ma insieme a delle persone che non gli appartenevano. Mi maledissi per la mia follia, per la mia incapacità di vedere la realtà per quella che era. Quello era il prezzo dei sogni, il più alto di tutti. Sentivo la voce trionfante di Lewis rimbombare nella mia testa, una voce severa, tronfia, vincitrice.
Sicuro di aver vinto, Lewis?
Il mio cuore ebbe un tuffo. Conoscevo quella voce. Susan.
Hai fatto un grosso errore, caro il nostro Maestro, continuò Susan imperterrita. Un errore imperdonabile. Mi hai lasciata fuori, è vero. Ma come pretendevi di non riuscire a controllarmi, trascurandomi in questo modo? Vecchio sciocco!
Udii chiaramente Lewis digrignare i denti per la rabbia. Ah, maledetta sgualdrina!, abbaiò con rabbia.
Mi hai dimenticata nel mondo degli umani e ora io posso trasformarmi da Personaggio ad Autore, così come la mia più cara amica è diventata da Autore a Personaggio. E adesso sarò io a mettere la parola fine!
Piccola vipera, lo sai che non puoi farlo, la sfidò il suo creatore.
A quelle parole, Susan si limitò a rispondere con la sua risata argentina. Non se non ho qualcuno che mi appoggia, giusto? E quel qualcuno è Cate. Cate, devi fare una scelta. So già che cosa deciderai. Narnia non esiste più, ma il tuo cuore? Dove vuoi che viva, che torni? E’ il tuo ultimo passaggio, Cate. Il nostro ultimo passaggio. Non sprecarlo.
Il cuore prese a correre più velocemente, richiamato energicamente alla vita. Guardai Edmund, i suoi occhi sempre più neri e stanchi, guardai il vuoto che ci eravamo lasciati dietro e il sangue sulle mie mani. Poi guardai la mia anima.
Per sempre” sussurrai dolcemente.
Poi tutto svanì nel nulla.
 
 
Susan mi pettinava i lunghi capelli castani canticchiando tra sé e sé un allegro motivetto, mentre io mi rimiravo con aria pensosa allo specchio nascosto nell’anta del mio armadio. Dalla stanza accanto provenivano le risate sommesse di Leo e Lucy.
“Ho quasi finito” disse a un certo punto la mia amica fermandomi due ciocche di capelli sulla nuca. “Sei bellissima”.
“Davvero?” chiesi io sollevando un sopracciglio.
“Ma sì, mattacchiona!” mi prese in giro lei allungandomi uno scappellotto giocoso sul collo. “Dai, che mio fratello ti aspetta!”.
A quelle ultime parole mi si contrasse lo stomaco. Era vero che ormai il fatto che io ed Edmund stessimo ufficialmente insieme da qualche settimana non era proprio una novità, eppure ogni volta che mi trovavo a prepararmi a uscire con lui era come se fosse la prima volta, con tutto il nervosismo e l’impacciata timidezza che ne conseguivano.
“Coraggio, Ed ha finito le lezioni venti minuti fa. Ormai dovrebbe quasi essere arrivato” mi incalzò Susan invitandomi a rialzarmi.
“Cavolo!” trasalii schizzando in piedi e afferrando al volo la borsa.
Mi voltai un’ultima volta verso di lei. Susan mi sorrise con i suoi meravigliosi occhi blu.
“Sue, non riuscirò mai a ringraziarti come si deve per tutto quello che hai fatto per me” dissi andandole incontro.
La ragazza scoppiò a ridere. “Ma figurati!” esclamò.
“Non dev’essere stata una scelta facile, però…”.
“Perché, ne avevo una? Restare nel nostro mondo significava morire comunque. Narnia doveva finire e noi con lei. Ma tu, con il tuo arrivo improvviso, hai cambiato le carte in tavola, ci hai aperto una nuova possibilità. Grazie a te, siamo riusciti a trovare il modo di uscire dalla nostra dimensione, di cambiare le regole del gioco come il nostro padre umano non avrebbe mai potuto fare. Un tempo eravamo sogno e tu ci hai permesso di diventare realtà. Ti sembra poco questo, Cate? No, sono io che ringrazio te per averci salvato la vita” disse Susan.
La forza delle sue parole mi rigò il volto di lacrime di commozione. Singhiozzando sommessamente, la strinsi forte fra le mie braccia. Lei era sempre stata mia sorella, lo avevo sempre saputo: senza volerlo, Lewis aveva generato una Cate di carta ante litteram, una versione di me stessa che aveva finito per ritrovarsi nel momento più inimmaginabile della propria storia, generando un legame così forte da avere persino il diritto di scegliere come sarebbe stata messa la parola fine. Per tutto il mio ultimo viaggio a Narnia, Susan era rimasta al mio fianco, parlando nei miei pensieri e consigliandomi fino all’ultimissimo istante, sfidando il suo stesso creatore, che l’aveva sempre così tanto disprezzata e sottovalutata, e riportandoci tutti a casa sani e salvi. Alla fine, la Dolce si era riscattata, rivelandosi la più forte e valorosa dei sovrani di Narnia. E se è vero che quando si è re o regine di Narnia lo si è per sempre, allora in quel momento, nella penombra dell’immenso appartamento di Largo Argentina, ero sicura di avere davanti la più grande sovrana che avesse mai abitato il pianeta Terra.
“Ora devi andare, piccola” mi disse Susan baciandomi sulla fronte.
“Sì, sì, hai ragione” dissi io scostandomi da lei. “Ci vediamo dopo, allora”.
“Ciao, Caterina” mi salutò lei.
“Ciao, Susan”.
Scesi di sotto a grandi passi, sentendomi leggera come una piuma. Prima di immergermi nuovamente nel caos selvaggio della metropoli, levai lo sguardo verso l’alto. Susan era affacciata alla finestra della mia camera, immersa nella contemplazione dei tetti di Roma persa nei suoi pensieri. Sorrisi tra me e me. Anche lei quella sera avrebbe visto qualcuno, qualcuno che mai avrebbe pensato di rincontrare un giorno. Chi l’avrebbe mai detto che Caspian sarebbe venuto con noi? Eppure, il giorno dopo il nostro ritorno nel ventunesimo secolo, eccolo lì, spaventato e smarrito in un vagone della metropolitana in piena ora di punta, sotto gli sguardi allibiti dei vari pendolari e il vuoto che si era creato attorno a me nel momento in cui gli ero corsa tempestivamente incontro prima che chiamassero la polizia. E così, Caspian e i Pevensie erano andati a vivere in un solaio a Trastevere, sotto le generose direttive di Massi e Giulia. Ora conducevano una vita normale, da studenti qualunque, dispersi nella confusione variopinta della città. Una vita che condividevamo tutti insieme, come avevamo sempre sognato. Roma era il nostro regno, la nostra casa, ciò che per anni era stato rappresentato da Narnia.
Il tram si fermò con un cigolio assordante davanti ai miei occhi, riversando sulla banchina la sua razione pomeridiana di pendolari di ritorno dal lavoro. In tutta quella massa senza volto, riuscii a distinguere immediatamente un gigantesco paio di occhi neri che mi stavano fissando sorridenti.
“Cate! Ohi, CATE!” mi chiamò Edmund sbracciandosi nella mia direzione.
“Ed!” gridai io correndogli incontro al culmine della gioia.
In un attimo fui fra le sue braccia. Il calore delle sue labbra mi tolse il respiro.
“Allora, com’è andata la giornata?” gli chiesi mentre lui mi cingeva le spalle con un braccio e ci incamminavamo insieme lungo il marciapiede affollato.
“Mmm, bene, fra professori che parlano troppo e amici attaccabrighe” rispose lui con una smorfia carica di ironia.
La cosa mi strappò una risata divertita. “Non dirmi che ti sei annoiato” buttai giù lì.
“Mah, certamente molto meno esaltante del guidare un esercito sul campo di battaglia. Non puoi capire quanto Bianchi sia rimasto ammirato dalle mie conoscenze tecniche a riguardo. Credo di potermi meritare un bel trenta e lode all’esame di Storia Medievale”.
“Il solito fortunato!” lo canzonai io.
“Comunque non posso negare che non è stata la parte più interessante della giornata” proseguì il ragazzo sfiorandomi i capelli con le labbra. “Allora, signorina, dove la porto stasera?”.
“Dove non esistono più regole fra sogno e realtà” risposi io ridendo.
“Allora non ci resta che partire”.
E così andammo per le nostre strade, insieme, io e lui. La città si tingeva degli ori del tramonto e delle luci della sera, vibrando di una vitalità elettrica che mostrava nel suo volto più segreto e affascinante, mentre le nostre vite scorrevano via trascinate dalla folla e dal traffico. Ci perdemmo fra i suoi colori, i suoi rumori, i suoi odori. Quello era il nostro regno e lo avremmo conservato per sempre. Alla fine, Aslan aveva mantenuto la sua promessa.
 
 

FINE
 



                                                                                                                                                                                                                                                                  
Carissimi lettori,
con sommo dolore vi informo che siamo giunti alla conclusione di questa fanfction.
Io per prima mi sento molto triste per essere giunta a termine di questo fantastico viaggio, ma posso consolarvi dicendo che in seguito potrebbero essercene altri. Dal mio canto, sto già pensando a un nuovo progetto; perciò non perdete d'occhio le ultime storie! Vi chiedo solo un poco di pazienza, perché sto finendo di scrivere il mio secondo romanzo e anche lì la cosa si sta facendo un tantino delicata. Se siete curiosi, per ingannare l'attesa potete leggere il primo volume seguendo il link sulla pagina autore.

Per il resto, non mi resta che passare ai ringraziamenti.
Innanzitutto, vorrei ringraziare tantissimo sawadee per avermi convinta a intraprendere questa incredibile avventura letteraria: se non fosse stato per i tuoi preziosi consigli quel giorno sul treno, questa fiction non sarebbe mai nata. Sei un mito!
Mille grazie anche ai miei recensori incalliti, specie quelle due pazze sclerate che, nonostante le varie difficoltà, hanno commentato capitolo per capitolo questa storia dall'inzio alla fine. Siete davvero le più appassionate lettrici che uno scrittore potrebbe desiderare!
Un particolare ringraziamento a tutti voi lettori che per un anno intero avete seguito questo racconto con passione ed entusiasmo. La mia più grande speranza è che vi abbia emozionato, lasciando nei vostri cuori il segno che ciascun Artista spera di regalare a coloro che raccolgono i sogni che lascia dietro di sè. Vi abbraccio tutti.
Un grazie infinito infine a tutte le persone che mi hanno accompagnata in quest'ultimo anno di lavoro, a chi se n'è andato, a chi è arrivato, a chi è ritornato.
Vi voglio tutto il bene di questo mondo!
A presto!
Vostra
Sunny Fortune


 

 
 
 
 
 
                                                                                                                                                                    
 
 
 
 
 
 
 
 
 

 

   
 
Leggi le 2 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<  
Torna indietro / Vai alla categoria: Libri > Le Cronache di Narnia / Vai alla pagina dell'autore: _Fedra_