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Autore: lostinthefreedom    13/11/2011    3 recensioni
Usami è una persona che non si scompone minimamente neanche dopo aver ricevuto una notizia tragica, ma sarà lo stesso anche dopo aver "scoperto" che il suo amato Misaki lo tradisce? Lo scoprirete in questa mia nuova ff a capitoli, mi raccomando aspetto numerose le vostre recensioni. Buona lettura!!!
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Akihiko Usami, Misaki Takahashi
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Il mattino seguente Misaki fece fatica ad alzarsi per colpa dei numerosi lividi ormai tendenti al viola ma comunque dolorosi, arrivato allo specchio del bagno ebbe un barlume di lucidità e si accorse di aver dormito tutto il tempo solo con i boxer e immediatamente sbarrò gli occhi e si guardò intorno.
«Ok, il letto è vuoto, ma se Usagi-san mi avesse visto ieri notte in questo stato? Di sicuro avrà pensato chissà cosa e si sarà preoccupato tantissimo! Ora mi vesto, scendo e vado a tastare un po’ il territorio per vedere in che stato umoristico si trova Usami» si disse Misaki mentre si infilava i pantaloni tra un lamento soffocato e l’altro. Appena ebbe finito di lavarsi denti e faccia, uscì lentamente dalla porta della sua camera e guardò al piano di sotto: Usami non c’era. Misaki fece un sospiro e si disse:
«Aveva detto che aveva una riunione, giusto? Bhè, forse è dovuto rimanere lì per la notte e tornerà in giornata…» non fece nemmeno in tempo a finire il suo pensiero cospiratore che una voce fredda come il ghiaccio gli passò di fianco facendolo quasi sobbalzare:
«Buongiorno» disse Usami senza nemmeno voltarsi verso il povero ragazzino che in quel momento stava per avere un infarto per lo spavento.
«B-buongiorno» rispose balbettando Misaki appoggiandosi al corrimano delle scale.
«Sei agitato, che c’è, mi nascondi qualcosa?» chiese Akihiko accorgendosi che il ragazzo stava sudando freddo.
«O mio Dio, sa già tutto» si disse Misaki mentre osservava lo sguardo indagatore che gli stava riservando lo scrittore ormai arrivato quasi a metà della scala.
«N-no! Ma cosa dici?! È solo che mi hai spaventato» rispose di getto Misaki correndo giù dalle scale per non far notare ulteriormente ad Usagi la sua agitazione.
«C-cosa vorresti p-per colazione?» chiese il ragazzo che ormai era arrivato al piano cottura della cucina a vista, iniziando a maneggiare un pentolino e un cartone di latte con estrema goffaggine.
«Cavolo! Mi tremano la voce e le mani! È ovvio che se ne sia accorto! Devo inventarmi qualcosa… oppure posso semplicemente dirgli la verità, sì, è la cosa migliore da fare, gli dirò la verità così non si dovrà preoccupare ulteriormente» pensò Misaki poggiando le mani al tavolo e facendo un respiro profondo.
«Prendo solo un caffè» disse ad un certo punto Akihiko alzando lo sguardo dal suo ultimo libro che stava ancora revisionando.
«C-come?» chiese Misaki, che si era perso tra i suoi pensieri e non si ricordava nemmeno di aver fatto una domanda.
«Prendo solo un caffè, nient’altro, devo andare ad un’altra riunione» ribadì Usami abbassando gli occhiali sulla punta del naso.
«Ah… c-certo, arriva subito!» allora il ragazzo prende la caffettiera e con un movimento veloce la svita, così veloce da farsela scivolare di mano e farla cadere per terra, così si chinò e si maledisse per il suo essere emotivo ed esagitato, per non dire imbranato, per qualunque cosa riguardi Usami. Dopo cinque minuti il caffè fu pronto e Misaki lo portò a Usagi, ma aveva paura di farlo cadere, così invece di una tazzina, lo mise in una tazza enorme.
«Non hai ancora lavato i piatti?» chiese Akihiko osservando la tazza con uno sguardo alquanto stranito.
«H-ho sbagliato, h-ho messo il caffè nella prima cosa che mi è capitata, scusa» disse Misaki abbassando lo sguardo.
«Non ti preoccupare, non fa niente» e sempre osservando quei fogli, si portò la tazza alla bocca e diede un sorso. Era il momento, doveva dirglielo, perché dopo Usami sarebbe andato alla riunione e avrebbe perso un altro giorno per parlare con lui. Allora si sedette e prese un respiro profondo.
«U-sagi-san…» iniziò, a quelle parole Usami staccò lo sguardo dal suo libro e lo posò sul ragazzino che stava per iniziare di nuovo a sudare.
«Sì? Dimmi» la sua voce era così fredda, aveva un qualcosa di distaccato rispetto a quella che usava con Misaki e lui ne fu ancora più spiazzato.
«V-volevo parlarti di una cosa, i-insomma, forse è meglio se tu non mi accompagni più a scuola…» disse, ma poi si morse la lingua e pensò:
«Ma cosa sto dicendo?! Non è quello che intendevo!» allora si riprese prima che Usami potesse ribattere e aggiunse:
«Cioè, riguardo a ieri…»
«Allora si trova a scuola» lo interruppe Akihiko, che ormai si era messo a braccia conserte e con le gambe accavallate.
«Chi?» chiese il ragazzino che stava iniziando ad andare in ipervantilazione.
«La persona con cui hai avuto a che fare ieri»
«Allora sa davvero tutto» si disse Misaki sgranando gli occhi alla risposta dello scrittore.
«S-sì, si trova a scuola e sarebbe meglio che io e te non ci facciamo più vedere lì insieme»
«Certo, non voglio assolutamente ostacolarti» rispose Akihiko alzandosi e prendendo la giacca dall’appendiabiti e infilando un braccio per volta. Misaki si sentì sollevato, Usami non sembrava preoccupato, anzi, sembrava troppo gelido quella mattina, ma il ragazzino non volle farci caso, così fece un sorriso e disse:
«Sapevo che avresti capito, grazie Usagi-san»
«Voglio solo che tu sia felice… allora, quando hai intenzione di fare le valigie?» rispose Usami controllando l’orologio.
«L-le valigie?» chiese Misaki sgranando gli occhi.
«Va bene che mi hanno pestato, ma mi sembra un po’ esagerato andare via di casa per dei bulli» pensò il ragazzo mentre attendeva spiegazioni dall’uomo con lo sguardo tanto sensuale quanto distaccato, ma lui guardò un’ultima volta l’orologio e disse:
«Ora devo andare, ne riparliamo stasera, sempre che tu non abbia impegni» detto questo si voltò, aprì la porta e la richiuse dietro di sé senza nemmeno aspettare la risposta di Misaki, che per tutti quei mezzi termini come:
“fare le valigie” oppure “avere già impegni”, stava iniziando a sclerare come non mai. Allora si sdraiò sul divano e si disse:
«Che strano comportamento quello di Usagi-san stamattina, a quasi evitato sempre il mio sguardo e sono più che certo che abbia fatto attenzione per non toccare alcuna parte del mio corpo, come quando gli ho dato la tazza, l’ha presa senza nemmeno sfiorarmi e per finire non mi ha neppure stropicciato i capelli quando se né andato… che sia arrabbiato perché non gli ho riferito prima quanto è successo ieri? Ma come potevo farlo prima se mi sono addormentato prima ancora che lui tornasse dalla riunione?!» adesso stava davvero sclerando, così si mise le mani nei capelli e iniziò a scompigliarseli tutti mentre urlava:
«AAAAAHHHH!! Non ci capisco niente! Perché Usami è così difficile da leggere, mentre io sono un libro aperto anche senza volerlo?!» in pratica continuò la sua sfuriata per un’altra mezz’oretta e solo quando si fu calmato pensò di occupare il tempo con un’uscita in centro o da qualunque altra parte, così ritornò in camera sua, si infilò le scarpe, prese il la giacca e uscì di casa.
Il cielo era sereno, con qualche nuvoletta candida qua e là, ma l’aria era abbastanza fredda, allora Misaki si tirò su il colletto della giacca e continuò a camminare senza una meta precisa, finché non passò di fronte al “Dolce petalo”, il negozio di fiori in cui lavorava Misaki tre volte a settimana più due sabati al mese alternati con un ragazzo di nome Nowaki, con cui aveva fatto amicizia e si ricordò che quel giorno sarebbe toccato a lui lo straordinario, così entrò in negozio e salutò il ragazzo seduto dietro il bancone ricoperto da una miriade di fiori multicolori.
«Ciao Nowaki» disse Misaki cercando di sembrare tranquillo anziché una persona che aveva appena urlato e sclerato per tutto il suo appartamento perché il suo amante gli aveva detto di fare le valigie e nemmeno lo voleva toccare.
«Ciao Misaki, oggi non tocca a me lo straordinario?» chiese il ragazzo girando intorno al bancone per poi ritrovarsi di fronte al piccolo Misaki.
«Oh… si, ero solo passato a salutarti, dato che i nostri turni non si incrociano mai ed era da un po’ che non ci si vedeva» rispose il ragazzino.
«Ah, grazie. Io tra un’ora stacco, se ti va possiamo andarci a prendere un caffè o una cioccolata e parliamo un po’» disse Nowaki guardando l’orologio e poi posando di nuovo lo sguardo su Misaki.
«Certo, allora passo di nuovo alle 11:30. Ci vediamo dopo, ciao»
«D’accordo, a dopo Misaki» detto questo, Misaki uscì dal negozio e pensò:
«Per fortuna Nowaki mi ha chiesto di uscire, altrimenti non avrei proprio saputo cosa fare fino a stasera, adesso penso che arriverò fino al parco e poi tornerò indietro, così sarà già passata un’ora» Allora iniziò a incamminarsi verso il grande parco che si trovava poco lontano dal centro della città, arrivato lì, si accorse che ci aveva messo meno di quanto avesse immaginato, così si sedette su una panchina di pietra e cercò di rilassarsi completamente prendendo numerosi respiri profondi e chiudendo gli occhi, ma un pensiero fulmineo e tagliente gli passò per la testa facendogli sbarrare gli occhi:
«E se Usagi-san volesse sbarazzarsi di me? Ecco perché mi ha detto quando avevo intenzione di fare le valigie, non ha detto “facciamo”, ha parlato al singolare! Sono sicuro che è per il fatto di ieri sera, perché mi sono addormentato e non ho avuto il coraggio di farmi avanti, però arrivare a dirmi esplicitamente di andarmene di casa e il non volermi nemmeno sfiorare mi sembra una cosa un po’ assurda anche per quel maniaco pervertito da strapazzo!» Misaki avrebbe voluto fare un’ulteriore sfuriata, ma fortunatamente si accorse di essere in luogo pubblico pieno di bambini e ragazzini e preferì non traumatizzarli a vita con il suo pietoso spettacolo, allora rimase seduto a picchiettare il piede sul terreno e a pensare ad un modo per riparare le cose.
«Potrei ancora rimediare dicendo quello che avrei dovuto dirgli ieri… ma ogni volta che cerco di dire qualcosa, esce sempre qualcos’altro dalla mia bocca, e se invece volessi fare qualcosa, finisco sempre con l’essere imbranato, casinista e a volte anche balbuziente per l’agitazione!» Misaki si portò le mani alla testa per la disperazione, poi guardò l’orologio: erano le 11:15.
«Sarà meglio andare da Nowaki, così mi svuoto la testa almeno per un paio di ore» allora si rimise in cammino in direzione del “Dolce petalo”. Il ragazzo arrivò giusto quando Nowaki stava per tirar giù la saracinesca del negozio e Misaki non poté fare a meno di notare la facilità con la quale lo fece grazie alla sua altezza, mentre quando toccava a lui, doveva quasi saltare per arrivarci.
«Ah, Misaki, puntualissimo! Bene, dove andiamo?» chiese Nowaki voltandosi verso il ragazzino.
«Non saprei… dove vuoi tu» rispose Misaki alzando lo sguardo per poter vedere in faccia l’altissimo ragazzo.
«Mmmm… va bene alla tavola calda qui all’alngolo? È davvero buona» consigliò Nowaki indicando la direzione che avrebbero dovuto imboccare.
«Certo, andiamo» detto questo entrambi si incamminarono verso la tavola calda.
  

  
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