Chapter
5 [Elena & Jeffrey]
Dedicata alla mia Kimyku, perchè Jeffo è suo di diritto e
perché muoio dalla voglia di riabbracciarla; ormai manca solo più un mese. Ti
voglio bene, Ku.
Keep moving forward.
I know now, just quite how
My life and love might still go on
In your heart, in your mind
I'll stay with you for all of time
Wherever
you will go. The calling
Elena scivolò fuori dal
letto ignorando il brivido di freddo improvviso. La radiosveglia sul comodino
lampeggiò le due, mentre i piedi della donna si infilavano
nelle ciabatte e il suo sguardo insonnolito si adagiava sulla figura sdraiata
di fianco a lei: Matt dormiva profondamente, il braccio destro a cingere il
cuscino e un’espressione serena a rilassare i lineamenti del suo viso. Elena si perdeva spesso a osservarlo mentre
dormiva; molte volte si trovava a dovergli sistemargli le lenzuola,a mettere al riparo
le gambe scoperte del marito sotto il piumino, come se avesse a che fare con
uno dei suoi figli.
Riusciva a farla ridere
anche mentre dormiva; era tornato il Matt di una volta;
il ragazzino biondo che amava sorridere e che non perdeva mai occasione di
tenderle la mano.
Accarezzò con lo
sguardo il marito prima di infilarsi la vestaglia e di raggiungere la porta; non
riuscì a comprendere il motivo di quel suo risveglio così improvviso in piena
notte, fino a quando non si trovò in cucina:i fiori
che lei e Jeremy avevano comprato il giorno precedente giacevano in bella vista
sul tavolo. Con lo scoccare della mezzanotte, era giunto il tredicesimo
anniversario della morte di Grayson e Miranda Gilbert.
Tredici anni erano
passati da quando aveva abbracciato per l’ultima volta i suoi genitori. Tredici
anni, dal giorno in cui aveva perso quella stabilità, quella sicurezza, che
avevano caratterizzato la sua vita prima di quell’incidente.
Tredici anni, dal momento
in cui il suo cammino e quello di Stefan si erano intrecciati per la prima
volta. Anche se allora, Elena ancora non ne era a conoscenza.
Quei pensieri erano più
che sufficienti per spingerla a svegliarsi nel cuore della notte. Sospirando,
Elena infilò la mano sotto la vestaglia, per tastare la superficie del ciondolo
che portava al collo.
C’era stato un periodo
della sua vita, subito dopo il college, in cui la donna aveva tentato di
privarsene, mettendo così da parte il passato. Per un mese o due aveva custodito
il ciondolo nel comodino. Tuttavia, più il tempo trascorreva ed Elena andava
avanti, più le sue mani cedevano . I polpastrelli
sfuggivano ogni volta al suo controllo, rifugiandosi in quel cassetto; correndo
a sfiorare la superficie della collana, come se con quel gesto avessero potuto
accedere alle sensazioni provate in passato.
Alla sicurezza che Elena
aveva provato un tempo, accarezzando quel ciondolo.
E a lui: a Stefan.
E a Damon.
Elena abbandonò la
cucina, le dita ancor intrecciate attorno al ciondolo. D’istinto salì le scale,
diretta verso la cameretta dei due bambini che dormivano al piano di sopra.
Le capitava spesso la
notte di intrufolarsi nella loro stanza, come a volersi assicurare che i suoi
figli stessero bene.
Che Jeffrey non si
fosse scoperto i piedini nel sonno - un’abitudine che doveva avere ereditato
dal padre; che Victoria non stesse tossendo un po’ troppo.
Non era, e non voleva
essere, una mamma troppo apprensiva agli occhi dei suoi figli. Se la cavava
egregiamente di giorno, lasciandoli scorrazzare liberamente per il giardino,
non dando troppo peso alle ginocchia sbucciate o ai litigi fra bambini che
potevano durare sì e no una manciata di minuti.
Eppure il bisogno di vegliare
sul sonno dei suoi figli si faceva sentire ogni volta che, per sbaglio, i suoi
occhi si aprivano troppo presto, quando ancora era buio.
Tentando di non fare
rumore, la donna socchiuse la porta della cameretta e osservò le due figure semi-nascoste
dalla penombra.
Vicki si era
addormentata abbracciata alla sua bambola, il pugnetto chiuso adagiato sul
cuscino; Elena si avvicinò al lettino della bimba, sorridendo intenerita. Mentre
dormiva, non vi era traccia nel suo visetto dell’aria vivace e del sorriso
pestifero che le accarezzavano i lineamenti da sveglia. Sedette accanto alla figlia
per un po’, accarezzandole i capelli, contemplando l’innocenza emanata dal suo
sguardo.
Quando finalmente si
convinse ad allontanarsi, lo fece solo per raggiungere il secondo letto, rivolgendo
uno sguardo terso d’affetto al bambino biondo che vi dormiva dentro, rannicchiato
su un fianco.
Elena sorrise
nell’individuare i piedini scoperti del piccolo Jeffrey e si affrettò a
sistemarlo meglio sotto le lenzuola, rimboccandogli poi le coperte.
“Mamy…”
Il sussurro insonnolito
del bambino la colse di sorpresa.
“Shhh
torna adormire, Jeffers.”
lo rassicurò,
accarezzandogli i capelli e prendendo posto sul letto accanto a lui.
Jeff si stropicciò gli
occhi con le manine, rivolgendo poi alla madre un’occhiata incuriosita.
“Tu non dormi, ?”
sussurrò, ben attento a
non svegliare la sorellina.
“Hai fatto un sogno
brutto?”
Elena scosse il capo,
continuando ad accarezzare i capelli di Jeffrey.
“La mamma era un po’
pensierosa, tutto qui.”
Mormorò sorridendogli
con dolcezza.
“A cosa pensi?”
Domandò a quel punto
Jeff, sgusciando fuori da sotto le coperte. Il bimbo gattonò fino a
raggiungerla e dopo avergli scoccato un’occhiata a metà fra il severo e il
divertito, la madre se lo sistemò sulle ginocchia.
“A tante cose.”
Rispose la donna,
avvolgendolo in un abbraccio; Jeff si lasciò stringere, mentre una delle due
manine tornava nuovamente a sfregarsi un occhietto.
“A tante persone che mi
mancano e che non ci sono più.”
“Non ci sono più,
perché sono in cielo?”
Chiese il bambino
appoggiando il capo al petto della madre; Elena prese a cullarlo con dolcezza.
“Alcune sì; alcune no.”
Spiegò con tatto, prima
di sfiorare il capo di Jeffrey con un bacio. Il bimbo annuì lentamente.
“Sei triste?”
Domandò poi sollevandosi
in ginocchio, gli occhi nocciola perfettamente incastonati a quelli identici
della madre. Elena sorrise, adagiando la propria fronte a quella del
figlioletto.
“Un po’. Ma passa presto.”
Lo tranquillizzò
tornando a cullarlo; Jeffrey annuì nuovamente, rannicchiandosi fra le braccia
della mamma. Dopo poco, tuttavia, la sua espressione si fece nuovamente
incuriosita.
“E come fa a passare?”
Chiese sollevando il
capo, per rivolgere alla donna uno sguardo interrogativo.
Elena sospirò.
Istintivamente, la sua mano destra si infilò sotto la
vestaglia a tastare la superficie del ciondolo che portava al collo.
“Andando avanti,
Jeffrey.”
Annunciò permettendo al
figlio di giocherellare con la sua collana.
“Bisogna sempre andare
avanti. Anche quando le persone che hai amato ti mancano e non sono più con te.”
Jeffrey smise di
giocare e si scostò dalla madre per guardarla nuovamente negli occhi.
“Ma
è triste!”
Commentò prima di
riprendere a strofinarsi gli occhi. Lo enfatizzò talmente tanto, che Elena non
riuscì a trattenere un sorriso.
“All’inizio sì.”
Ammise lasciando andare
il ciondolo per accarezzare il capo del bambino.
“All’inizio è
difficile. E viene voglia di restare fermi. Ma poi,
Jeff, arriva sempre il giorno in cui uno si accorge che alzarsi in piedi non è
poi così faticoso. E allora si riprende a camminare; piano piano all’inizio,
poi sempre più veloce. Camminando, passa tutto.”
“E non sei più triste?”
Domandò ancora Jeffrey,
non del tutto convinto. Elena annuì.
“E non sei più triste.”
Confermò stringendolo a
sé un po’ più forte.
“E se ti mancano
ancora?”
Elena aggrottò le
sopracciglia.
“Chi?”
“Quelli che stanno un
po’ in cielo e un po’ no.”
Spiegò con aria seria
il bambino tornando a giocherellare con il ciondolo della madre; Elena sorrise.
“Se ami tanto una
persona, Jeffrey…”
Incominciò stringendo a
sé la mano del bambino.
“Non potrai mai
perderla del tutto; perché ci sarà sempre un posto in cui potrai trovarla.”
Aggiunse posizionandosi
le dita del bimbo all’altezza del petto.
“Qui dentro.”
Jeffrey sgranò gli
occhi con aria stupita.
“Dentro la collana?”
Domandò stupito. Elena
sgranò gli occhi prima di scoppiare a ridere di gusto.
“Nel cuore, Jeffers.
Non nella collana!”
Lo prese in giro ancora
ridendo, stringendolo poi forte a sé.
“Ogni volta che batte
un po’ più forte mi ricorderò delle persone a cui
voglio bene.”
Aggiunse in sussurro
all’orecchio del suo primogenito, mentre Jeff si accoccolava a lei.
“E se …E se manchi tu a loro?”
Mormorò il bambino, intervallando
le parole con uno sbadiglio.
“Anche a loro gli batte
forte il cuore?”
Elena non rispose
subito; una sequenza di immagini ancora nitide si fece
strada dentro la sua testa, portando alla luce volti, sorrisi, episodi di un
passato che non era poi così lontano dal suo presente.
Non c’erano battiti nei
cuori di Stefan e Damon; ma in un modo o nell’altro, Elena sapeva che anche
loro avrebbero continuato a ricordarla.
“Proprio così.”
Mormorò prima di
sfiorare la fronte di Jeffrey con un bacio, preparandosi a metterlo a letto.
“Certe persone, però,
preferiscono dimenticare; è più facile così.”
Jeffrey annuì con aria
seria, sfregandosi per l’ennesima volta gli occhietti insonnoliti.
“Coraggio, a nanna.”
Annunciò Elena
adagiando il bambino sul materasso e rimboccandogli le coperte.
“Buonanotte, amore.”
Sussurrò baciando il
figlio un ultima volta.
“Mamy?”
Mormorò ancora il
bimbetto sollevandosi a sedere.
“Che cosa c’è,
Jeffers?”
“Io non ti dimentico. Promesso.”
Aggiunse con aria
seria, come a voler suggellare quelle sue parole.
Elena gli rivolse un
sorriso sorpreso.
“Ma lo sai che sei il
bambino più bello e dolce del mondo?”
Domandò con aria
divertita, avvicinandosi ancora una volta al figlioletto.
Jeffrey sorrise
timidamente, per poi nascondere imbarazzato il visetto sotto il lenzuolo.
“Oh sì che lo sei! Non fare il timido”.
Ripeté la donna
solleticandogli il pancino. Jeffrey ridacchiò, dimenandosi sotto le coperte.
“Mamy.”
Mormorò infine
spuntando fuori da sotto il lenzuolo.
“Resti un po’ con me,
prima che mi addormento?”
Domandò socchiudendo
gli occhi, arrendendosi finalmente alla stanchezza.
Elena sorrise.
Dall’altro capo della stanza, Vicki tossicchiò un paio di volte per poi
voltarsi dall’altra parte, ancora serenamente addormentata.
“Va bene.”
Acconsentì la donna prendendo
nuovamente posto accanto al figlio.
“Resto qui con te.”
Il bimbo si accoccolò
sul suo petto, lasciandosi cullare dai respiri regolari della madre. Elena
continuò a stringerlo a sé con tenerezza,la mano
intrecciata a quella del piccolo.
Erano i momenti come
quello, a farle venire voglia di sorridere, anche quando la malinconia prendeva
il sopravvento.
Era la sua famiglia a sottolineare
di fronte ai suoi occhi, quanta bellezza ci fosse nella sua vita.
Era la dolcezza di suo
figlio a renderla orgogliosa ogni istante, per aver deciso di andare avanti.
Nota dell’autrice.
Buondì!
Eh avevo bisogno di un
po’ di fluffosità in questo periodo, e il piccolo (in questo caso è davvero
molto piccolo nella shot XD) Jeffers mi ha
accontentato. Era da un po’ che pianificavo di scrivere anche qualcosa per
Elena, e anche se la scrittura di questo capitolo lascia un po’ a desiderare,
eccolo qui.
E così, hanno fatto
capolino tutti e cinque i genitori: Elena, Matt, Jeremy, Tyler, Bonnie.
Per quanto riguarda i
pargoli, mancano ancora Ricki e Caroline. Vedremo che cosa combinerò con il
prossimo capitolo! E se avete suggerimenti, proponete pure!
Adesso che la long
sulla Next Generation di TVD, History
Repeating, è finalmente online, credo che questa raccolta inizi ad
acquistare un maggiore significato: può
venire considerata a tutti gli effetti come un insieme di missing moment o come
un approfondimento circa ciò che ha popolato le vite dei nostri beniamini una
volta cresciuti (ovviamente facendo riferimento al mio ipotetico futureverse).
Che altro dire? Ho
inserito i banner ai primi due capitoli oltre che a questo, date un’occhiata.
Al solito, per foto,
video, informazioni e altro materiale su questa storia e i suoi personaggi,
andate QUI
alla mia pagina di autore. C’è anche un sondaggio per votare il vostro pargolo
preferito, QUI.
Credo di aver detto
tutto.
Un abbraccio grande
Laura
P.S. Dimentico sempre
qualcosa, che scema: il titolo è tratto dalla mi
citazione preferita in assoluto; ed è una frase di “Walt disney”.
Se avete mai visto il film “I Robinson, una famiglia
spaziale”, avrete familiarità con la frase “andare sempre avanti” (<3)