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Autore: Piccola Stella Senza Cielo    15/07/2006    3 recensioni
Questa è la prima volta che pubblico, quindi credo sia normale se trovate errori di ortografia e via dicendo. E poi non sono solita correggere le mie fic, se scrivo è di getto, e mi piace mantenere la genuinità del primo contatto della penna sul foglio vergine.
Genere: Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Stanotte ho fatto un sogno. Eravamo tutti su una spiaggia, e il sole, prossimo a coricarsi, tingeva il cielo d’un arancio intenso, che diventava sempre più chiaro man mano che si avvicinava alla linea dell’orizzonte. Non mancava nessuno: c’era Viviana con Elios, poi Fulvio, Roberto, Gerardo, Lidia, anche Luka forse, Francesco, e altri. Elios accarezzava con le dita le corde di una chitarra, e Viviana lo accompagnava con la voce, intonando una vecchia canzone dei Camel. Fulvio si lanciava la sabbia con Roberto, che finalmente aveva sul viso un sorriso aperto e sincero, mentre Luka stava con Francesco; per scherzare indossava il pareo di Lidia e gli occhiali da sole di Serena, e faceva una grottesca parodia di donna, camminando con movenze femminili e una sigaretta tra le dita. Gerardo finalmente guardava Lidia con gli occhi sereni di una volta, quegli occhi affascinati e sognanti con cui parlava di lei. Lidia riusciva a sostenere quegli sguardi che qualsiasi ragazza avrebbe desiderato per sé, ma che a volte fanno così paura, e riusciva a chiarire tutti i suoi pensieri, ad eliminare le tenebre che erano discese nella sua anima, e ad essere finalmente pura, libera da qualsiasi turbamento.
Io, seduta sulla sabbia fine e chiarissima di quella spiaggia, con le ginocchia abbracciate, fissavo il mare. Quel mare semplice ed infinito, quel mare che increspandosi al tramonto aveva ispirato le opere di tanti poeti, e che riflettendo il cielo era divenuto anch’esso d’un colore caldo, mentre l’acqua che baciava la spiaggia era fresca e pulita, pura come una fonte di montagna. Una leggera brezza ci spettinava un po’ i capelli, e ogni tanto il mio sguardo cadeva sui miei compagni, finalmente spensierati e uniti come una volta. Il sole pian piano diveniva sempre meno visibile, ora era solo un disco d’oro che s’intravedeva in lontananza, e che sembrava scendesse nelle più oscure profondità della terra, inghiottito dal buio. Io chiusi gli occhi, per lasciare che l’ultimo spiraglio di luce entrasse in me, prima che svanisse come la più effimera delle visioni.
Quando li riaprii era ormai sera, e il cielo era divenuto azzurro scuro, anche se le stelle non erano venute ancora a decorare quel manto oscuro e misterioso. L’aria era più fredda, il vento più pungente, ma c’era qualcosa, quella sera, qualcosa di strano. Non si riesce a spiegare.
Poi di colpo tutto sparì, il sogno scomparve. Mi guardai attorno, stordita, e realizzai che era stato tutto un sogno. E capii che forse un sogno è solo uno specchio, in cui l’anima riflette i più riposti e tormentati desideri. Io ho guardato in quello specchio a lungo, cercando di cavarne i desideri più riposti della mia anima. Ma era già mattina.
  
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