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Autore: Lilith82    21/11/2011    14 recensioni
Questa storia è stata "necessaria" per me. Necessaria da scrivere. Necessaria da condividere. E' la prima fan fiction che abbia mai scritto in vita mia. L'ho cominciata quasi due anni fa. Rileggerla ora, mi fa un certo effetto, lo ammetto. Ma la amo come il primo giorno! Ed anche se, probabilmente, farò delle piccole modifiche, la lascerò intatta il più possibile. E' il mio seguito di Breaking Dawn, necessario, appunto, perché non sapevo rassegnarmi alla fine della saga. E' la storia di Renesmee, di Jacob, di Edward e di tutti gli altri.
Spero vi piaccia. Fatemi sapere.
dal primo capitolo:
"Poi riuscii a muovere le dita di una mano, non che lo avessi voluto, ma quel piccolo movimento mi permise di riprendere contatto coi miei confini fisici, sentii le gambe sfiorate da gambe infuocate, sentii il petto vicino ad un altro torace, grande e ardente, sentii le guance tenute in due grandi mani brucianti, sentii le mie labbra contro le sue grandi labbra scure, come ghiaccio avvolto dal fuoco e capii:
Jacob Black mi stava baciando!"
Genere: Fantasy, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Edward Cullen, Jacob Black, Renesmee Cullen, Un po' tutti | Coppie: Jacob/Renesmee
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Successivo alla saga
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Intact world'
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Buona Sera Bimbe Belle
il nuovo capitolo è fortissimamente glicemico
ma altrettanto necessario per dare modo alla nostra protagonista di fare un po' di chiarezza nella sua testa e nel suo cuore <3 !  Però, dato che stasera sono Buonisssima *_* e siccome voglio ringraziarvi per aver continuato sempre più numerose/i ad aggiungere la storia tra le vostre preferite/seguite/ricordare... <3 <3 <3 ... vi lascio un piccolo spoiler del capitolo 32 ;-)
graziegraziegrazie a chi ha commentato e grazieancordipiù a chi commenterà! XP
Lilla *_*

PS: al più presto risponderò a tutte le recensioni, perdono! :,(



CAPITOLO 31: NIDO


La bufera passò.
I singhiozzi si calmarono e  le lacrime si asciugarono.
Una musica, la melodia di un pianoforte, mi stava chiamando.
Non era la prima volta che io e mio padre comunicavamo attraverso gli strumenti musicali.
I nostri singolari discorsi pianoforte-basso erano ormai famosi tra i Cullen. E non solo.
E lui mi stava chiamando, quel motivetto allegro era un richiamo conosciuto, voleva dire “E'pronto in tavola” o “E'ora di andare a scuola”.
Ma d’un tratto mutò, come se avesse fatto semplicemente da ouverture ad un altro brano, un nuovo suono dolce e malinconico si dispiegò per la casa.
Mi vestii in fretta e lo raggiunsi in salotto, rapita, stregata da quella melodia.
Era carica di amore e di commozione, e nostalgia.
Come raccontasse di un momento felice ma in procinto di passare.
Come se nello stesso presente gioioso ci fossero già le avvisaglie della sua fine...
S’interruppe bruscamente, chinando il capo sul suo strumento, le mani affondarono sui tasti.
“Come fai?” sussurrò scuotendo il capo.
Io, troppo turbata da quel momento, respiravo appena.
“A leggermi dentro...” continuò “in questo modo?!”
E’ solo quello che mi ha ispirato la tua musica, pensai.
“Vieni qui” disse dolcemente indicandomi la metà dello sgabello accanto a lui.
Gli andai incontro e lo abbracciai forte.
“Ehi! Stai diventando così...”
Forte?
Inarcai un sopracciglio: era un po’ frequente come obiezione ormai!
“Non sarai tu che...”
“Invecchio?” disse mezzo divertito, mezzo rammaricato.
“Forse” sospirò “in qualche modo” il suo sguardo correva lontano.
“Era bellissima!” dissi osservando i tasti lucidi, ben curati.
“Ti piace?” gli si illuminò lo sguardo, il suo miglior sorriso lo attraversò da parte a parte.
Non quanto mi piace vederti felice, risposi a mente carezzandogli una guancia marmorea.
“Anch’io vorrei vederti felice” disse prendendomi il viso tra le dita.
Mi appoggiai ad una delle sue lunghe e perfette mani e respirai il suo odore.
Ora lo sono, gli dissi con gli occhi e con la mente.
Ma qualcosa, dal centro esatto del mio petto, strinse forte ed io non potei resisterle: mi tirava a sé e mi faceva accartocciare gemendo.
“Renesmee...”
“Scusa papà” dissi, il mio respiro spezzato.
Scusa anche per prima ma...
“Renesmee, lui tornerà, credimi!” mi pregò con tutta l’intensità di cui era capace.
Presi un respiro profondo che sembrò migliorare le cose.
“Perché è costretto” dissi amara... dal maledetto incantesimo!
“Perché non può farne a meno” mi contraddisse, la sua voce lenta e sicura.
“Appunto”
“Non è lo stesso”
Ne dubitavo.
Ma lui sembrava così...?
Sospirò.
 “E’ arrabbiato, ma tornerà!”
“Ma lui come ha...?”
“Ha sentito il suo odore, su di te”
AH... ora sì che mi sento un mostro!
Povero Jake: cosa ha fatto per meritarsi un castigo del genere?!

“Renesmee tu non sei...”
“Un castigo...?! Ah... no?! E tu?” Il modo in cui oggi ti ho...
“E’ stata colpa mia, il modo in cui ho reagito è stato imperdonabile!”
“Papà, tu non...”
“No, Renesmee, io sono tuo padre” disse deciso.
“E quello che fa di me un vero padre” continuò dolce “è il fatto che io ti sorregga quando tu ne hai bisogno, molto, molto più del mio, del nostro patrimonio genetico!”
“Lo so” dissi e la stessa immagine attraversò le nostre menti: un uomo, un vampiro, più radioso del sole, l’uomo che tutti noi avremmo dovuto chiamare padre.
“Carlisle” sussurrò.
Sorridemmo insieme.
“E che altro fanno i padri, dimmi?” domandai giocherellando con i tasti del piano.
“Lasciano che i loro uccellini volino via” disse in un soffio.
Cosa?
Lo guardai dubbiosa.
“Stanotte, mentre ti guardavo dormire...” cominciò.
Papà!
“Non sono più una bambina!” mi lamentai.
“Appunto”
Non capisco.
Sospirò nuovamente.
“Sai cosa ho visto, stanotte, mentre eri nel tuo letto addormentata?”
“No”
Sorrise e mi guardò dolce e mesto insieme.
“Ho visto un uccellino pronto a lasciare il nido” disse in un espiro.
“Il mio uccellino...” continuò seguendo con una mano le onde dei miei riccioli.
“Scusa...” cercai di trattenermi ma era troppo difficile: mi aveva fatto proprio ridere!
“Ah... molto carina! Davvero!” non aveva parole per l’offesa che gli stavo arrecando.
“Scusa papà! E’ che era così...”
“Melodrammatico?” propose inarcando un sopracciglio.
“Sì, un po’” confermai sorridendogli.
Sospirò ed io lo riabbracciai ancora più forte, riempiendogli di baci la faccia e le mani.
“Sciocco, sciocco vampiro, io non vado da nessuna parte!”
“Tu devi, Renesmee! Tu devi... andare incontro al tuo destino” disse accorato.
Ah... papà! Ma qual’è il mio destino?! gli chiesi mentalmente.
“Non lo so” sorrise.
“Ma se tu potessi... voglio dire”
“Che vuoi dire, Renesmee?”
Tu... preferiresti Nahuel? riuscii infine a chiedergli mentalmente.
Lo lasciai basito per quasi un secondo, poi chiese: “Perché pensi una cosa del genere?”
“Non so... lui, pensavo che lui ti piacesse di più perché è meno... impulsivo di...”
Scosse la testa.
“Insomma pensavo lo sentissi più simile a te” conclusi.
“A me?” domandò “Al me noioso ed impassibile che è morto il giorno in cui ho conosciuto tua madre? O al me assolutamente fuori controllo degli ultimi mesi?” continuò con enfasi.
Sorrisi.
“Beh... a me Edward Cullen fuori di testa non dispiace del tutto!” dissi.
“Ne sono felice, signorina, perché se continuerai ad essere... imprudente come ieri sera, io...” disse  minaccioso.
Non ti preoccupare papà, non credo che te ne darò più motivo...
“Vedremo”
“Ma, allora, perché ieri non lo hai...” fermato? “Pensavo lo avessi fatto per dargli una possibilità”
“Volevo che TU avessi una possibilità, Renesmee!” disse sicuro e dolce.
Ma io non li merito, papà! Non merito due destini! Non ne merito neppure uno, qualunque esso sia!
“Forse lo devi solo... vedere” propose lui.
Una famiglia di veggenti, eh!
Rise un po’, poi disse piano: “Comunque... non mi sono mai sentito così in sintonia con Jacob Balck come oggi”
Cosa? Questa, poi, me la devi spiegare!
“Ora lui sa cosa si prova a sentirsi totalmente sbagliato per la donna che ama” disse tutto d’un fiato.
Ma Jacob non è...
“Jacob è un licantropo, la sua natura e la tua saranno sempre...”
“No, papà, NO!” mi ritrovai in piedi. “Lui non è...”
“Renesmee... oggi Jacob ha dovuto fare uno sforzo incredibile per non essere...”
“Jacob non è pericoloso per me!” protestai.
“E tu?” accennò mio padre.
Tremai.
“Io posso...” di nuovo il crampo di dolore dilaniava il mio petto.
“Certo che puoi, tesoro... se è quello che vuoi, voi potrete...” Edward mi stava soccorrendo.
Ma non succederà, papà, LUI SE N’E’ ANDATO!
Ora bruciavo, tutto bruciava dentro di me!
“Tornerà, tesoro! Te lo prometto!” disse avvolgendomi tra le sue braccia e mettendomi a sedere sulle sue gambe “E, se è quello che vorrai, starete insieme”
Anche questa è una promessa?
“Certo che lo è, Renesmee. E’ una promessa dell’amore! Perché l’amore può tutto!”
“Grazie” dissi senza fiato.
Grazie a lui avevo ripreso a respirare, grazie a lui, anche se non volevo ammetterlo avevo ripreso a sperare.
Grazie a lui avevo ancora un futuro.
“Di nulla, principessa” disse col suo sorriso sghembo d’ordinanza.
“Papà non ho più...”

“Sette anni?” mi provocò.
Hai vinto, pensai scuotendo il capo.
“Sai, credo di aver capito”
“Cosa?” chiese.
“Come mai sono così... lenta nelle faccende di... diciamo... ragazzi”
“Lenta??!!”
“Sì... cioè” meglio che ti faccia vedere!
Gli mostrai il suo volto, il mio primo ricordo del suo viso, estasiato nell’osservarmi, la sua espressione strabiliata ed esitante ai miei primi progressi, le sue osservazioni minuziose della mia crescita. Era sempre lui, ogni giorno, in ogni occasione, lui aveva saputo essere lì, lui aveva saputo essere il mio punto di riferimento, la mia stella polare. Fisso e splendente. Immancabile.
“Non capisco” disse riprendendo a respirare con gli occhi ancora persi in quella visione.
“Beh...” provai a dire “sai, quella storia che il padre è la prima figura maschile eccetera...”
Esitava perplesso.
“Beh... come potevo pensare a un paragone a...” feci per indicarlo ma non reagiva.
“A te, papà!” chiarii avvicinandomi alla sua faccia.
“Oh... mi sento...” era sbalordito “ quantomeno lusingato!”
Gli carezzai la guancia e lui mi strinse a sé.
Restammo così per un po’.
“Allora, mi fai sentire come finisce...?” dissi rimettendomi a sedere sullo sgabello.
“Cosa?”
“Il pezzo nuovo”
“Certo”

Riprese a suonare ed assieme a quelle del pianoforte vibrarono anche le corde dei nostri cuori.
La musica ci trasportò tra la gioia e la tristezza, fino ad un finale dolce e solo un po’... amaro, ma di un’amarezza... commovente!
“Proprio così” disse portando i suoi occhi a specchiarsi in quelli della sua compagna, comparsa senza che me ne accorgessi accanto al pianoforte.
“E’ bellissima” disse lei carezzandogli il mento.
“Come voi” aggiunse accennando a me ed Edward.
“Come noi” la corresse lui e l’abbracciò.
Poi entrambi abbracciarono me.
Restammo così, per un lungo momento: tre anime in una.
“Mi dispiace, mamma” dissi io sciogliendomi “mi dispiace, per prima...”
“Non devi, piccola! Io... ti capisco”
“Ma...”
“Ma ne parliamo un altra volta” disse lei rassicurante.
Non potei non notare che mio padre aveva avuto un leggero fremito.
“AH...” ricordai un pensiero appena accennato.
“Ecco... grazie a tutti e due dell’esempio!” dissi sicura.
“Quale?” provarono a dire in coro.
Preferii mostrare, piuttosto che spiegare.
Permisi loro di vedersi dalla mia prospettiva.
Di vedere il loro amore, la loro complicità, la loro passione.
Sussultarono più volte.
“Davvero un bell’esempio!” commentai carezzando entrambi quegli splendidi e freddi visi.
“Anche se irraggiungibile” aggiunsi abbassando le mani.
“No, tesoro! Questo non devi dirlo mai!” mia madre si era ripresa le mie dita, decisa.
“Tu DEVI trovare qualcosa di... di più grande di ciò che riesci a immaginare!” la sua espressione indescrivibile.
“Se tu pensi che esista qualcosa di più, tu lo devi trovare!” disse ancora, concludendo la frase nello sguardo di quello che lei aveva trovato.
“Mamma, ma io...”
“Io comincerei dai sogni” disse mio padre posando una mano sulle nostre.
Entrambe lo fissammo interrogative.
“Capirete” ci assicurò.
“Ora” proseguì sereno “la nonna ha cucinato per te, Renesmee. Andiamo?”

“Ma tu... come?” chiese la mamma.
“Sento Alice” disse papà picchiettandosi la testa e sbuffando appena.
Sorrisi.
“Andiamo”
“Andiamo”


 

*SPOILER CAPITOLO 32: VISIONE
Mentre Nahuel faceva per uscire e Edward già provava a distrarmi, tutto precipitò.
O meglio... il vaso cinese precipitò, ma con lui stava andando in frantumi tutto il nostro mondo!
La tranquillità della vita familiare, gli studi, gli impegni, gli affetti, i progetti, persino i miei drammi d’adolescente “complicata” si ritrovarono sul pavimento lucido, in pezzi.
Il vaso cinese, d’inestimabile valore commerciale, zia Alice lo stava spostando da qualche minuto, senza riuscire a decidersi sulla sua nuova collocazione. 
Si scontrò col pavimento proprio mentre stava per posizionarlo su una mensola.
Il fatto è che un vampiro NON fa cadere MAI niente.
Ed inoltre un vampiro NON sviene, seguendo i frammenti di ciò che NON gli dovrebbe esser sfuggito di mano.
Eppure era successo proprio così!

  
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