NOTE: Questo
è un capitolo molto discorsivo
e (apparentemente) interlocutorio e di transizione. Scrivendolo mi
è venuta
un’idea per rendere la storia ancora più delirante
e slashosa –perché al peggio
non c’è mai fine, muahahahah. L’idea per
il tema del crossover me
l’ha suggerita Edian, che ringrazio sentitamente,
anche perché mi ha dato il suo benestare nonostante la
coppia da me scelta non
sia la sua preferita.
Ci tengo a
precisare, come al solito, che NON mi drogo. Giuro.
Buona
lettura e a dopo!
Il dipinto
in questione venne recapitato al castello (marcondirondirondello) un
pomeriggio
di agosto, dopo che un temporale estivo aveva spazzato via la calura
insopportabile che aveva oppresso Camelot fino a due giorni prima.
I Re stavano
sonnecchiando nel loro bel letto a baldacchino, distesi sul fianco
l’uno di
fronte all’altro, i pancioni che si sfioravano. Il braccio
destro di Arthur era
mollemente appoggiato sull’anca del marito e
quest’ultimo aveva intrecciato una
mano con quella libera del giovane Pendragon. Ai loro piedi, Aithusa
cercava di
imitarli -come tutti i cuccioli, benché piena di energia, si
stancava
facilmente- ma Nagini le si strusciava addosso, sibilando insinuante,
implorandola di giocare insieme a lei. La draghetta sbuffò,
del fumo nero
fuoriuscì dalle sue narici, e si coprì il muso
con un’ala. Il cobra reagì a
quel gesto di rifiuto dandole le spalle e frustando con stizza la coda
prima di
acciambellarsi a cerchio e di cedere al sonno a sua volta.
Due colpi alla
porta turbarono il momento di quiete appena creatosi. Merlin
strizzò gli occhi,
Arthur continuò a russare sonoramente, la bocca (poco
dignitosamente)
spalancata.
“Miei
Re, siete
svegli e presentabili?” domandò Gaius con una
punta di divertimento.
A quel punto
il mago alzò una palpebra, vagamente intontito.
Sentì una cosa umida e rasposa
leccargli il viso e gli ci volle qualche istante per rendersi conto che
si
trattava della lingua di Aithusa, che aveva preso l’abitudine
di svegliarlo in
quel modo. Allungando una mano per accarezzare la testolina bianca
della
creatura, cercò di fare mente locale.
“Gha-iussh?”
sbadigliò.
“Precisamente,
Altezza. Hanno consegnato un pacco per voi. Poiché
è stato spedito via DHL mi è
sembrato giusto sottoporlo immediatamente alla vostra cortese
attenzione”
spiegò il medico.
“Ah.
Entra
pure, io intanto sveglio l’Asino” e così
dicendo Merlin si tirò a sedere e
spinse delicatamente il fianco del consorte ronfante, mentre la
draghetta
tornava a dormire.
“Arthur”.
“Mmmh”
grugnì
l’altro.
“Arthur,
svegliati”.
“Mmmmmhhh!”
protestò tentando di seppellire il volto nel cuscino.
“Arthur,
se
non ti decidi ad alzarti entro cinque secondi giuro che do fuoco ai sex
toy”.
La minaccia
si fece strada con sorprendente rapidità nel cervello
annebbiato di Arthur, che
sbarrò gli occhi, si tirò su e si
posizionò a gambe incrociate in quattro
secondi netti.
“Bravo
ragazzo” lo elogiò il moro arruffandogli i capelli.
“Questo
ed
altro, per la salvaguardia dei sex toy” proferì
serissimo il giovane sovrano.
In quel
mentre si aprì la porta della loro camera, da cui fece
capolino la testa canuta
di Gaius. Lo seguirono a ruota Leon e Percival, che trasportavano un
pacco
rettangolare, di dimensioni considerevoli e che a giudicare dalla
tensione dei
muscoli dei due uomini non doveva pesare poco; sulla carta che lo
avvolgeva
spiccavano le scritte URGENTE e FRAGILE.
“Appoggiatelo
pure qui, ragazzi” ordinò Gaius, indicando la
parete più vicina.
“Volete
che
lo apriamo, Sire?” offrì Percival zelante.
“Grazie,
mio
buon amico. Ti aiuterei volentieri, ma mi hanno imposto di non fare
sforzi”
replicò Arthur rivolgendo un’occhiata contrariata
in direzione del cerusico e
di Merlin.
“Sono
nelle
tue stesse condizioni, amore” gli ricordò
pacatamente il marito.
“Scusami,
topolino.
So che non è colpa tua –o almeno, non
direttamente” ridacchiò piano posandogli
un bacio sulla fronte.
Mentre i due
colombi tubavano i cavalieri si dilettavano a spacchettare il
misterioso
presente, che si scoprì essere il già citato
quadro. La tela, racchiusa da una
splendida cornice lignea riccamente intagliata, raffigurava un
paesaggio
alquanto banale e spoglio: un vascello in mare aperto, con tanto di
cielo
azzurro e sole scintillante.
“Uhm,
carino. Chi è il mittente?” chiese Arthur
avvicinatosi al regalo, la bocca
distorta in una smorfia quasi annoiata.
“Non
si sa,
Sire. E’ anonimo” rispose Leon solerte.
“Anonimo?
E
allora come fate ad essere sicuri che sia indirizzato a noi?”
“Beh,
a chi
-se non voi Altezze Reali- potrebbero mai mandare un dipinto come
omaggio?”
argomentò Gaius.
“Giusta
osservazione”.
“Magari
sul
retro del quadro c’è scritto qualcosa”
ipotizzò opportunamente Merlin.
“Ah,
il
bello di avere un marito perspicace!” sospirò
compiaciuto e senza ombra di
derisione il re. “Da bravo, Percival, sfrutta la tua forza
poderosa e
verifica”.
Mr. Muscolo
Idraulico Gel (per gli amici Percival) eseguì, facendo bella
mostra dei suoi
bicipiti possenti e armoniosi. Sollevò la tela
all’altezza degli occhi e ne
controllò rapidamente il lato posteriore.
“C’è
un
messaggio, in effetti. Dice: Ad Arthur e
Merlin, congratulazioni per le vostre nozze. A presto, P&C”
lesse
compitamente l’uomo.
“P&C?”
ripeté Pendragon junior confuso.
“Li
conosci?” gli si rivolse il mago.
“Mai
sentiti
prima. Piuttosto, non è che sono amici tuoi?”
“Ne
dubito
fortemente. Nessuno dei miei amici, che io sappia, è
abbastanza facoltoso da
potersi permettere di donarci un’opera d’arte
così pregevole” e dicendo questo
egli si accostò ad Arthur, scrutando attentamente il
dipinto. “Osservalo bene.
Tralasciando lo scenario piuttosto insignificante, questo dipinto
è eseguito
con innegabile maestria. L’uso della luce è
eccellente, per non parlare del
gusto per i dettagli. I colori sono vividi e luminosi ed il mare, poi,
è
talmente ben realizzato da sembrare vero, tangibile. Vien quasi voglia
di
allungare la mano per toccarlo”.
“In
effetti,
ora che me lo fai notare è davvero bello. Si ha la
sensazione di vedere una
lieve brezza gonfiare le vele, nonché di sentire lo stormire
dei gabbiani”
mormorò rapito il biondo.
“Mi
hai
letto nel pensiero, Arthur: anch’io sento i
gabbiani!” concordò emozionato
Merlin.
“Che
capolavoro di realismo” borbottò il medico di
corte, altrettanto assorto nella
contemplazione della tela. “Li sento pure io”.
“Ehm,
è
normale che li senta anch’io?”
s’intromise con garbo Percival, ancora impegnato
a reggere la cornice tra le mani.
“E
anche io?”
aggiunse Leon, messosi al suo fianco per aiutarlo a reggere il peso del
quadro.
I sovrani e
Gaius si scambiarono un’occhiata sgomenta, poi tornarono a
puntare gli occhi
sulla tela.
“Curioso-”
osservò il cerusico.
“Mi
è
sembrato di vedere-” lo seguì a ruota Arthur.
“...Le
onde
del mare muoversi” concluse infine Merlin.
I tre si
guardarono di nuovo, decisamente più sgomenti di prima.
Non si erano
sbagliati. Ad una seconda e più minuziosa analisi,
constatarono l’evidente
realtà dei fatti: il vento increspava l’acqua, che
a sua volta rifletteva il
riverbero della luce solare. Videro distintamente una manciata di
gabbiani
volare in direzione dell’orizzonte.
“E’
senza
dubbio opera della magia” ci tenne a sottolineare
l’ovvio Gaius.
“C’è
un
particolare che mi lascia perplesso più degli altri,
però” meditò ad alta voce
l’Asino Reale.
“Il
vascello
non si muove” completò per lui il mago.
“Esatto,
pulcino
mio. Hai idea del perché?”
Merlin
scosse la testa, pensieroso.
Tuttavia, i
nostri eroi non dovettero attendere a lungo per ricevere una risposta
ai loro
dubbi. Pochi attimi dopo, infatti, scorsero due figure in miniatura
-uomini,
presumibilmente- sporgersi dal parapetto della nave e tuffarsi in mare.
“Che
diavolo…!” esclamò Gaius preso in
contropiede.
“Fantastico,
era il mio sogno assistere in diretta al suicidio dei personaggi
animati di un
quadro” ironizzò Emrys con malcelato cinismo.
“Ma
non ha
senso” balbettò l’anziano medico.
“Chetatevi
un momento” li zittì Arthur.
“Guardate” disse poi indicando la scena.
Con immensa
sorpresa dei tre astanti, le figurine riemersero a galla e si misero a
nuotare nella loro direzione.
“E’
come se
stessero venendo verso di noi” smozzicò allibito
Merlin.
“Ma
perché
dovrebbero?” Gaius starnazzava quanto una gallina in procinto
di deporre un
uovo.
“Non
ci resta
che aspettare, per scoprirlo” Arthur diede prova di un sangue
freddo
ammirevole.
“Vedete
di
non aspettare fino a domani mattina, però, ché la
mia forza erculea ha un
limite” li supplicò Percival, i muscoli delle
braccia che mostravano i primi
segni di cedimento.
“Ma
tesoruccio,
ti sto dando una mano io” gli sorrise Leon.
“Più
che darmi
una mano me la stai posando sul culo, ma apprezzo lo stesso il
pensiero”
obiettò quietamente l’altro.
“Hai
capito
il nostro Leon” sussurrò malizioso Arthur
all’orecchio del marito.
“D’altra
parte, nomen omen” sghignazzò il mago.
Nel
frattempo, i due uomini del dipinto avevano continuato imperterriti a
nuotare,
finché-
“Non
ci sono
più! Dove sono andati a cacciarsi?” si
agitò Gaius riconquistando così
l’attenzione dei sovrani.
“Ho
come un
presentimento” cominciò a dire il mago, ma si
interruppe di colpo.
Una mano
affusolata
e pallida, da aristocratico, fece infatti capolino dalla tela e
andò ad
artigliarsi sulla cornice, come se cercasse un appiglio per tirarsi su ed uscire dal quadro. Cosa
che, in effetti, si verificò. A quella mano seguì
la sua gemella, e ad esse i
rispettivi polsi, gli avambracci; e poi le spalle, una testa, il busto.
Un
uomo, in carne ed ossa e a grandezza naturale, scavalcò
agilmente la cornice e
con un saltello posò i piedi a terra.
Era fradicio
dalla testa di capelli scuri e lunghi fino al collo agli stivali di
cuoio. Gli
abiti che indossava, benché zuppi d’acqua e di
foggia estremamente sobria,
erano ricavati da stoffe pregiate e rivelavano impudicamente la
magrezza del
suo corpo. Arthur stabilì che doveva essere un paio di
centimetri più basso di lui
e all’incirca suo coetaneo. Lo sconosciuto rivolse loro un
sorriso caldo e
amichevole, da far tremare le ginocchia a parecchie dame.
“Voi
dovete
essere i sovrani di Camelot, è corretto? Arthur Pendragon e
Merlin Emrys?”
“Per
servirvi” confermò prontamente Merlin.
“E voi chi siete, messere?”
“Un
attimo
di pazienza ed il mio compagno ed io ci presenteremo con tutti i
crismi, Sire”
replicò garbatamente il giovane, tendendo una mano in
direzione della tela alle
sue spalle.
Come prima,
un’altra mano -più larga e mascolina-
sbucò dal dipinto, seguita subito dopo
dalla silhouette di un altrettanto giovane e avvenente individuo, che
accettò il
palmo offertogli dall’altro e balzò con cautela a
terra. Il nuovo arrivato era
biondo e dotato di occhi cerulei come Arthur, considerò
Merlin, aveva il volto
più largo e lineamenti dolci, meno virili, ma il fisico
altrettanto ben
piazzato. Era grondante acqua e indossava dei capi di abbigliamento
praticamente identici a quelli del suo accompagnatore; a differenza
dell’altro,
però, teneva in braccio un coniglio. Anche il giovane
Pendragon se ne accorse,
e faticò a non strabuzzare gli occhi. Il coniglio era
bianco, come nella
miglior tradizione, ma stava ritto sulle zampe posteriori ed era molto
più
grande del normale; indossava inoltre un paio di occhiali, dei calzoni
ed un
panciotto, da cui fuoriusciva un orologio da taschino dorato.
Percival,
intanto,
con un grugnito di sollievo lasciò scivolare dolcemente il
quadro a terra,
stiracchiando le braccia indolenzite. Leon si premurò di
massaggiargli le
spalle da bravo maritino.
“E’
tardi, è
tardi. La Lepre Marzolina ed il Cappellaio Matto mi aspettano per il
tè ed io
sono in ritardo!” esclamò piuttosto in ansia la
bizzarra creatura.
Il ragazzo
biondo lo posò sul pavimento di pietra, dandogli una pacca
sulle spalle.
“Ricorda:
uscito
dal castello (marcondirondirondello) percorri due miglia a est in
direzione del
Fantabosco e troverai la buca che conduce al Paese delle Meraviglie.
Segui le
mie indicazioni e non potrai sbagliare” lo istruì.
“Grazie,
grazie
davvero, mio buon giovine. Tante care cose a lei e al suo
sposo!” salutò il
Bianconiglio, saltellando fuori dalla stanza senza degnare di uno
sguardo il
resto dei presenti.
“Comincio
a dubitare seriamente della sanità
mentale dell’autrice” bofonchiò
contrariato Merlin.
“Pulcino
mio, lo sai che Genio è fatta così: prendere o
lasciare” provò a confortarlo
Arthur.
“Io
lascerei
volentieri, credimi” sibilò in risposta lui.
“Ah-ehm”
chiese parola il giovane dai capelli scuri. “E’
arrivato il momento delle
presentazioni, credo”.
“Oh,
ma
certo. Procedete pure” concesse il re con aria solenne.
“Altezze
Reali, il mio nome è Caspian X, sovrano di Telmar e vice re
di Narnia” esordì
con voce sicura il moro.
“Ed io
sono
Peter il Magnifico, uno dei quattro sovrani di Narnia, e vice regnante
di
Telmar” prese la mano destra di Caspian tra le sue, come a
voler marcare il
territorio.
“P&C?”
domandò Merlin.
“Precisamente”
gli sorrise Caspian. Arthur ringhiò in segno
d’avvertimento, la stretta di
Peter sulla sua mano aumentò. “E’ un
codice segreto elaborato da re Edmund” si
affrettò a precisare.
“Mio
fratello” specificò il compagno un poco rabbonito.
“Come
avrete
intuito, il dipinto che vi abbiamo mandato come regalo di nozze
è una
Passaporta, nonché l’unico modo per metterci in
contatto con voi” spiegò
Caspian. “Una curiosa malattia ci
affligge,
ed un simpatico bambino -Mordred, penso si chiami così- ci
ha consigliato di
contattarvi”.
Orbene (che
razza di espressione, bah)! Sorprese? Deluse? Annoiate? Non sapete
più dove
sbattere la testa?
Non so voi,
ma Caspian/Peter è una delle mie OTP. Li shippavo quando
ancora non sapevo dell’esistenza
dello slash. Chiaramente, però, il crossover è
appena all’inizio (ed altri se
ne aggiungeranno, non temete): perché mai i due simpatici
giovanotti han dovuto
scomodare Arthur e Merlin? Che c’entra Mordred? (Risposta:
è peggio del
prezzemolo.)
Le risposte
ai vostri lancinanti -seee, come no- dubbi alla prossima puntata! *si
Smaterializza in una voluta di fumo*