Crossover
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Autore: katyjolinar    28/11/2011    0 recensioni
crossover molto particolare: Fringe e NCIS. Duante una visita alla città di New York succede qualcosa che costringerà la squadra di Leeroy Jethro Gibbs a collaborare con la squadra di Olivia Dunham. Attenzione possibili spoiler stagione 8 di NCIS e Stagioni 2 e 3 di Fringe!
Genere: Mistero, Romantico, Science-fiction | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Telefilm
Note: Cross-over | Avvertimenti: nessuno
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Stavano entrando nel laboratorio quando, improvvisamente, Henry scoppiò a piangere.

Peter si irrigidì. Forse lo aveva preso male? Stava scomodo? In fondo era solo un bambino, una minuscola creatura convalescente da una brutta malattia.

Un po’ impacciato cercò di prenderlo meglio. Walter lo guardò e sorrise.

“Non è semplice essere padre, figliolo.”

“Ora lo so, grazie.” rispose Peter, sarcastico “Piuttosto dammi una mano. Deve avere qualcosa che non va.”

Walter si avvicinò, toccò il pancino del piccolo e poi gli annusò la tutina. Peter fece un passo indietro.

“Papà! Che stai facendo?” gli chiese, sulla difensiva.

“Ti sto dando una mano, Peter. Mio nipote ha fame… e ha anche bisogno di essere cambiato.”

“Ah… beh…” balbettò il giovane, preso alla sprovvista “Io… beh… credo di aver bisogno di latte, pannolini e vestiti puliti, allora.”

Walter sorrise di nuovo, gongolante.

“Ho già preparato tutto. Ho un biberon pieno del latte di Gene pronto, preparato apposta per lui. E ho mandato Asterix a comprare tutto l’occorrente.”

Peter annuì e aspettò che Walter gli portasse lo zaino con le cose del bambino, poi si avvicinò a un tavolo pulito e, dopo aver steso un asciugamano, vi adagiò il piccolo, ancora urlante. Infine lo fissò, senza sapere da dove cominciare.

Gibbs lo fissò per qualche secondo e poi si avvicinò.

“Guarda e impara, pivello.” poi fece spostare Peter e si mise al lavoro su Henry, spiegando passo per passo al giovane cosa doveva fare.

Il bambino ora era pulito e profumato, ma ancora reclamava a gran voce la pappa. Peter sospirò e prese il biberon, poi tirò su il figlio.

Henry si attaccò subito, affamato com’era, e finì in fretta. Quando fu sazio fece un sorriso contento e guardò tutti quanti.

“Ha il sorriso della mia Livvy…” notò Lincoln. Olivia si rabbuiò e lo fulminò con lo sguardo.

Peter le prese la mano per tranquillizzarla e le baciò la tempia. Neanche lui aveva voglia di sentire parlare di quella donna, anche se era morta e non poteva più fare loro nulla ormai.

“Io dico che ha il sorriso di Olive, invece.” lo corresse Bishop, sorridendo alla compagna.

Finalmente entrarono nel laboratorio, dove stava lavorando Brandon Fayette, uno dei migliori tecnici dell’azienda. Appena lo vide, Abigail cominciò a tremare e si riparò dietro Gibbs. Lui le passò un braccio attorno alle spalle e cercò di farla tranquillizzare.

“Suppongo che dall’altra parte quell’uomo le abbia fatto qualcosa. Ma credo anche che da questa parte sia diverso, vero?” domandò, senza lasciarla andare.

Olivia annuì e le sorrise rassicurante.

Peter intanto aveva parlato col tecnico e con la Sharp. Si rivolse nuovamente agli altri.

“Abbiamo un problema. Per motivi di identificazione sarà molto difficile trovare dei nuovi documenti per voi, dato che avete le impronte digitali e altri parametri identici a quelli di persone che esistono anche da questa parte.” li informò, indicando anche Abby.

“In effetti si creerebbe confusione.” Osservò Gibbs.

“Questo non è un grosso problema.” li corresse la Sharp “Alla Massive Dynamics abbiamo delle tecnologie sperimentali in grado di poter modificare in modo permanente cose come impronte digitali e oculari.”

“Perfetto! Portate tutto qui!” esclamò Peter, entusiasta.

“E’ già tutto qui.” disse Brandon “Solo che… il bambino sta smontando uno degli apparecchi che servono allo scopo.” e indicò Henry, che aveva afferrato dal tavolo un oggetto, a portata della sua manina, e aveva cominciato a smontarlo, con aria concentrata.

Walter lo fissò eccitato.

“Devo fargli al più presto un test del QI!” esclamò.

“Tu non farai un bel niente a tuo nipote.” lo ammonì Peter, togliendo l’apparecchio dalle manine del piccolo e rimontandolo in un batter d’occhio.

Quando fu montato lo restituì al tecnico, che si rivolse ai due esuli, spiegando cosa dovevano fare.

“Brucerà un po’, ma passa subito.” concluse.

Abigail si fece subito avanti, ma guardava ancora Brandon impaurita. Gibbs non la lasciò andare e la aiutò nella procedura.

Appena terminò, fu il turno di Lincoln. Prima di cominciare lanciò un breve sguardo al piccolo Henry, che distribuiva sorrisi a tutti. L’uomo sapeva che da quel momento sarebbe cambiato tutto. Aveva ucciso la donna che amava per salvare delle vite innocenti, tra cui quel bambino che ora sorrideva a tutti in braccio al padre. Sarebbe stata dura convivere con il senso di colpa. Sperava di farcela, magari con l’aiuto di quelle persone che lo avevano accolto nel loro mondo.

“Ora dobbiamo creare dei documenti per loro. Conosco qualcuno che può aiutarci.” disse, prendendo il cellulare.

“Non c’è bisogno.” lo interruppe Tony “Abby è un’ottima falsaria.”

Peter fissò la dark, che sorrideva orgogliosa, poi le fece cenno di sedersi davanti al computer. Lei non se lo fece ripetere due volte e si sistemò sulla sedia, in attesa di istruzioni.

“Per prima cosa ci servono i documenti per Abby e Lincoln.” cominciò Bishop, togliendo il cellulare dalle mani del figlio, che aveva già cominciato a smontarlo.

“Magari teniamo i nomi e cambiamo solo i cognomi. Abby Sciuto potrebbe diventare Abby… Hayes. Che ne dite?” cominciò, parlando a macchinetta e scrivendo sul computer, contemporaneamente “Mentre Lincoln Lee diventa Lincoln… Shaw!”

“Perfetto!” si congratulò Peter “Ora mi serve un certificato di nascita.”

“Per Henry, giusto?”

Peter annuì e si rivolse a Lincoln.

“Quando è nato?” gli chiese.

“La notte di Natale. Sarà stato attorno a mezzanotte.”

“Fantastico! Un bambino fortunato!” esclamò Walter, ma Peter lo zittì con uno sguardo.

“Va bene. Sul certificato di nascita scrivi Robert Peter Henry Bishop Jr.” dettò il giovane alla donna.

“Che nome lungo!” esclamò Abby.

“Robert è il nome di mio nonno.” spiegò Peter “Walter una volta mi ha detto che ho i suoi stessi occhi.” Sorrise, poi tornò a concentrarsi sul certificato di nascita “Scrivi: padre, Peter Bishop sr., e madre…” si fermò e fissò Olivia, la quale fece un’espressione dispiaciuta. Peter capì, fece un respiro profondo e continuò a dettare “madre sconosciuta.”

Ci fu un momento di silenzio, interrotto solo dal lallare allegro di Henry, poi Abby mandò in stampa i documenti.

In un angolo del laboratorio, Tony e Ziva avevano ripreso il discorso che avevano interrotto nel corridoio. Gibbs li fissò e sorrise. Finalmente quei due si erano sbloccati. Certo era meglio fermarli, altrimenti sarebbero andati un po’ troppo oltre i limiti consentiti, quindi si avvicinò e tirò a Tony uno scappellotto.

I due si staccarono e si allontanarono di scatto.

“Capo… possiamo spiegare…” balbettò Tony.

“Non c’è nulla da spiegare. Solo certe cose fatele a casa vostra.” poi sorrise compiaciuto e diede una pacca sulla spalla a entrambi. Era la pacca di un padre orgoglioso, non di un capo.

Infine guardò gli altri e prese il telefono, poi uscì dal laboratorio per qualche minuto.

Quando tornò, si avvicinò a Lincoln e gli poggiò una mano sulla spalla.

“Ti ho appena rimediato un nuovo lavoro, agente Shaw.” lo informò.

Lincoln lo guardò confuso. “Che lavoro?” chiese.

“Benvenuto nell’NCIS, pivello.”

Lincoln lo fissò confuso. Non si aspettava una cosa del genere. Non sapeva neanche se sarebbe riuscito nel lavoro, dal momento che non conosceva questo mondo.

Guardò gli altri, poi balbettò qualcosa, ed infine ringraziò, contento.

“Devi solo venire a Washington per le formalità. Ma prima dobbiamo riposarci tutti, sono stati quattro giorni pieni… ah, Peter, preparati a non dormire la notte.” disse Gibbs, guardando il bambino, che fissava Olivia con aria incantata e cercava di attirare la sua attenzione.

“Tranquillo, ci sono abituato.” rispose il giovane, lanciando un’occhiata al padre.

Gibbs sorrise, poi richiamò la squadra e si congedò, dando loro appuntamento il giorno successivo all’NCIS.

Il mattino dopo, Peter, Olivia e Walter accompagnarono Lincoln a Washington, alla sede dell’NCIS.

Arrivati al palazzo dell’agenzia, Olivia fece strada. Conosceva bene quegli uffici, dato che ci aveva lavorato prima di passare all’FBI.

Durante il viaggio avevano già spiegato parte della storia del loro universo a Lincoln, ma quest’ultimo si guardava intorno con la stessa espressione meravigliata di Henry, che indicava o cercava di afferrare qualunque cosa gli andasse a genio, e Peter doveva stare molto attento che non si facesse male.

Walter mangiava liquirizie e faceva progetti per il futuro del nipote. Era più entusiasta lui che il giovane padre del bambino.

Peter aveva delle occhiaie da paura. Certo, come tutore di Walter aveva passato un sacco di notti insonni a causa delle sue stramberie, ma con suo figlio era diverso: non era riuscito ad addormentarsi prima delle quattro del mattino, e alle sei era suonata la sveglia e Olivia si era alzata per prepararsi, senza contare che Walter era in piedi dalle cinque per preparare la colazione per tutti.

Però, nonostante tutto, era felice. Certo, c’erano ancora un sacco di cose da aggiustare, soprattutto nel suo rapporto con Olivia, ma sapeva che sarebbe andato tutto a posto. Ora che era un genitore aveva un sacco di responsabilità in più, ma sapeva che ce l’avrebbe fatta, in un modo o nell’altro.

Arrivati al piano dell’ufficio di Gibbs, uscirono dall’ascensore e andarono verso le scrivanie della squadra.

Erano tutti seduti alle loro postazioni. Peter notò che Tony aveva ancora addosso i vestiti del giorno prima, e lui e Ziva si lanciavano fugaci sguardi d’intesa, che però non passavano inosservati agli occhi della squadra.

Gibbs li accolse e strinse la mano ai nuovi arrivati. Quando la strinse a Peter, Henry gli infilò la mano in tasca e prese il portafoglio, poi lo mostrò al padre, facendo un verso contento.

Peter sospirò e riconsegnò il portafoglio al legittimo proprietario.

“Non so proprio da chi abbia preso.” Si giustificò.

Gibbs sorrise e si avvicinò a Lincoln.

“Benvenuto nel tuo nuovo ufficio, pivello.” lo accolse, poi gli consegnò un distintivo.

Lincoln fissò il distintivo per qualche secondo. Era senza parole.

“Devo prestarti un po’ di film, pivello.” disse Tony, con un sorriso sornione dipinto in volto “Scommetto che ti piaceranno le nostre versioni dei film che hai visto nel tuo mondo.”

“Ehm… grazie.” ringraziò il nuovo arrivato, un po’ in imbarazzo.

Gibbs gli diede una pacca di benvenuto, poi guardò Olivia.

“Dal momento che abbiamo Lincoln in squadra, credo che collaboreremo spesso, in casi che interessano entrambe le agenzie. Che ne dici?”

“Mi sembra un’ottima idea!” esclamò la bionda.

Intanto Ziva si era alzata e aveva mostrato a Lincoln la sua scrivania.

L’uomo si sedette alla poltrona e fissò le penne, in evidente disagio.

“Qualcosa non va?” gli chiese l’israeliana.

“Noi… dalla nostra parte non usavamo le penne, si faceva tutto al computer.” Rispose, ad occhi bassi, imbarazzato per la sua mancanza.

“Non preoccuparti, hai tutto il tempo per abituarti. Saremo pazienti con te.” lo rassicurò, facendogli un sorriso.

Lui sorrise a sua volta, poi fissò i compagni di squadra. Nei giorni precedenti aveva potuto osservarli e capire com’erano. Non erano solo una squadra, erano una famiglia, e lui ne era appena entrato a far parte.

Tornò a guardare Peter e Olivia. Erano ancora mano nella mano, e Henry giocava con il pass della donna. Lei somigliava molto alla sua Olivia, quella che aveva dovuto uccidere poche ore prima; ma la somiglianza era solo fisica, caratterialmente erano molto diverse. Questa Olivia aveva molto più in comune con Peter che con lui.

Guardò il bambino, il piccolo Henry. No, ora si chiamava Robert Peter Henry Jr. Sorrideva continuamente, come la sua Olivia. Quella creatura era l’unica cosa che gli era rimasta del suo mondo. Finalmente prese una decisione.

“Bishop, se vi serve un baby sitter, mi offro volontario.”

Peter sorrise e guardò la compagna.

“Magari qualche volta… sì, si può fare.” rispose, sorridendo.

“Ah, quasi dimenticavo…” li interruppe Gibbs, poi tornò alla sua scrivania e prese qualcosa dal cassetto “Broyles, il vostro capo, ha chiesto al direttore Vance che io ti consegni questo, Peter.” E gli mise in mano una specie di portafogli.

Henry glielo tolse subito di mano e lo aprì. Appena Peter vide di cosa si trattava, spalancò gli occhi, sorpreso. Era un distintivo, ma non uno qualunque. Questo distintivo lo identificava come “Agente Speciale Operativo dell’FBI, assegnato alla Divisione Fringe.”

L’uomo era senza parole. Aveva fatto un sacco di lavori in vita sua, ma mai aveva pensato di entrare in pianta stabile in un’agenzia federale, come agente. Lui, che aveva evaso la legge fin da quando potesse ricordare, non si vedeva per niente come agente federale, per quanto si trattasse di una divisione molto particolare dell’Agenzia.

Guardò Olivia, che lo gratificò con uno dei suoi sorrisi.

“Benvenuto in squadra, Agente Bishop.”

   
 
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