The name of the game
“ Bisogna chiamare le cose con il proprio nome.
La paura del nome non fa che aumentare la paura della cosa stessa”.
Albus Silente
“ Bisogna chiamare le cose con il proprio nome.
La paura del nome non fa che aumentare la paura della cosa stessa”.
Albus Silente
No, non é così che funziona.
E' quello che gli hanno detto tutti – perfino Mary Margaret, un pomeriggio in cui era più stanca del solito – ed Henry stava quasi per crederci. Non funziona come nelle favole, con i buoni e i cattivi.
Lui – Henry – doveva imparare a chiamare le cose con il loro nome.
Non “ fate” o “ principesse”, niente streghe. Niente metafore, benché avesse giusto una vaga idea di cosa fosse una metafora. Probabilmente loro avevano ragione: era inutile inventare altri nomi, nomi per cose e persone che c'erano già, che erano già qualcos'altro.
Henry non pensava di avere torto. Eppure non riusciva a dimostrare di avere ragione.
Sfogliava il libro e riconosceva uno per uno gli abitanti di Storybrooke – ma il fatto era, loro non si riconoscevano. A tenerli ancorati alla vecchia vita restavano solo i ricordi; ed i ricordi li avevano perduti, per sempre.
« Non serve inventare altri nomi, Henry. Se c'é qualcosa che ti spaventa, devi soltanto dirmi cos'é. »
Mary Margaret lo aveva guardato con occhi preoccupati.
« Ed io ti aiuterò, Henry. Sempre. »
Mentre corre sotto la pioggia, tenendo il libro al riparo tra le pieghe della giacca, Henry sa che lei é ancora a scuola. Lì deve essere. Quello é il posto giusto, perché lui deve parlarle – ed é il momento, il momento che le cose inizino ad andare nel modo giusto.
« Mary Margaret! »
Grida il suo nome per i corridoi vuoti.
Biancaneve!
Lei é in classe, seduta al solito tavolo con un libro ed una mela. Alza gli occhi quando lo sente entrare, sorpresa. Non protesta quando Henry sbatte il libro di favole davanti a lei, spalancando le pagine per mostrarle una figura.
« Avevi ragione, Mary Margaret! »
« Ragione su cosa? »
« Sui nomi! »
« Quali nomi, Henry...? »
« Voi non siete più voi, ma lei é ancora lei! La maledizione funziona così! »
« Henry, che diavolo...? »
« Regina. »
Mary Margaret non sa perché quel nome suoni tanto strano sulla bocca di Henry – forse perché, riflette, Regina é sua madre e non dovrebbe chiamarla per nome.
« Sai cosa significa, Mary Margaret? Regina, lei é regina! Te lo avevo detto. »
Stordita dall'eccitazione di Henry, Mary Margaret dimentica di domandarsi come faccia un bambino tanto piccolo a conoscere l'etimologia di un nome – i miracoli di Internet?
E sarà la suggestione, sarà che le favole sono sempre piaciute anche lei o fosse anche solo un semplice crampo alle dita, d'istinto la sua mano lascia cadere la mela.
E' quello che gli hanno detto tutti – perfino Mary Margaret, un pomeriggio in cui era più stanca del solito – ed Henry stava quasi per crederci. Non funziona come nelle favole, con i buoni e i cattivi.
Lui – Henry – doveva imparare a chiamare le cose con il loro nome.
Non “ fate” o “ principesse”, niente streghe. Niente metafore, benché avesse giusto una vaga idea di cosa fosse una metafora. Probabilmente loro avevano ragione: era inutile inventare altri nomi, nomi per cose e persone che c'erano già, che erano già qualcos'altro.
Henry non pensava di avere torto. Eppure non riusciva a dimostrare di avere ragione.
Sfogliava il libro e riconosceva uno per uno gli abitanti di Storybrooke – ma il fatto era, loro non si riconoscevano. A tenerli ancorati alla vecchia vita restavano solo i ricordi; ed i ricordi li avevano perduti, per sempre.
« Non serve inventare altri nomi, Henry. Se c'é qualcosa che ti spaventa, devi soltanto dirmi cos'é. »
Mary Margaret lo aveva guardato con occhi preoccupati.
« Ed io ti aiuterò, Henry. Sempre. »
Mentre corre sotto la pioggia, tenendo il libro al riparo tra le pieghe della giacca, Henry sa che lei é ancora a scuola. Lì deve essere. Quello é il posto giusto, perché lui deve parlarle – ed é il momento, il momento che le cose inizino ad andare nel modo giusto.
« Mary Margaret! »
Grida il suo nome per i corridoi vuoti.
Biancaneve!
Lei é in classe, seduta al solito tavolo con un libro ed una mela. Alza gli occhi quando lo sente entrare, sorpresa. Non protesta quando Henry sbatte il libro di favole davanti a lei, spalancando le pagine per mostrarle una figura.
« Avevi ragione, Mary Margaret! »
« Ragione su cosa? »
« Sui nomi! »
« Quali nomi, Henry...? »
« Voi non siete più voi, ma lei é ancora lei! La maledizione funziona così! »
« Henry, che diavolo...? »
« Regina. »
Mary Margaret non sa perché quel nome suoni tanto strano sulla bocca di Henry – forse perché, riflette, Regina é sua madre e non dovrebbe chiamarla per nome.
« Sai cosa significa, Mary Margaret? Regina, lei é regina! Te lo avevo detto. »
Stordita dall'eccitazione di Henry, Mary Margaret dimentica di domandarsi come faccia un bambino tanto piccolo a conoscere l'etimologia di un nome – i miracoli di Internet?
E sarà la suggestione, sarà che le favole sono sempre piaciute anche lei o fosse anche solo un semplice crampo alle dita, d'istinto la sua mano lascia cadere la mela.
Notes
Ovviamente nella frase di Henry il secondo “ regina” é volutamente minuscolo.
Credo che lo stratagemma nel nomi sia ancora più geniale in inglese perché le connessioni con la vecchia vita sono più sottili – in italiano é fin troppo facile Regina/regina.
Comunque la mia preferita rimane Cinderella --> Ashley *-*