Il mio addio
per te.
Il
dolore che ho provato nel dirti addio
tu non potrai mai immaginarlo, testolina buffa.
Non
ti sei mai accorta di me. Non almeno
nel modo in cui volevo io.
Ci
speravo, però,
mia dolce
principessa. Soprattutto le volte in cui i nostri sguardi si
incrociavano,
facendo arrossire le tue guance teneramente.
Credevo
che la lontananza da lui te lo
facesse dimenticare.
Ero
sicuro che, visto il suo modo egoista
di comportarsi, tu riuscissi a rimuoverlo dal cuore.
Forse
la tua testa qualche volta ha detto
sì
per non sopportare oltre quel dolore lancinante che silenziosamente
ti stava strappando l’anima.
Anche
se non lo dichiaravi mai apertamente,
notavo quel velo di tristezza che caratterizzava i tuoi occhi gioiosi e
vispi. Facevi
finta di star bene con noi, i tuoi amici.
Eppure
dentro di te c’era qualcosa che
piano piano ti stava logorando.
Era
la sua mancanza, Usagi.
Dio,
quanto l’ho odiato! Quante volte ho
pensato a come
spaccargli la faccia. A come
fargliela pagare appena fosse tornato.
Mi
chiedevo come si facesse ad abbandonare
una donna così
splendida, così
speciale, così
unica nella sua semplicità.
Eppure
non potevo sapere. Tu non potevi
sapere che lui in America non ci era mai arrivato.
Non
potevo immaginare che il tuo amato ragazzo
non avesse mai smesso di proteggerti nemmeno per un istante.
Quella
volta, da Galaxia, il mio cuore si
è fermato per un attimo quando ho visto le tue lacrime
bagnare il tuo viso per
lui.
Lui
aveva dato la vita per te. E tu,
disperata, ti stavi odiando per averlo condannato ingiustamente.
In
quel momento che credevo fosse il mio
ultimo, ho sperato che quel mare che scendeva dai tuoi occhi fosse per
me.
Buffo, vero?
Già,
come lo è d’altronde la mia vita. Sono
venuto sulla terra per cercare la mia regina e ho conosciuto te.
Quanti
pomeriggi abbiamo passato insieme!
Quante battaglie abbiamo combattuto unendo le nostre forze per
riportare la
pace nell’universo! Era inevitabile non innamorarsi di te.
Quella
volta, sul tetto della scuola ho
provato ad indossare i suoi panni. Ho voluto prendere in prestito
quella rosa
rossa, simbolo del vostro legame eterno.
Ho
cercato di difenderti, credendo di
potermi sostituire a lui.
Ma
i tuoi occhi che si erano specchiati
nei miei non potevano ingannarmi. Non potevano illudermi.
Forse
è proprio in quei secondi che il
mio sentimento per te si è rafforzato.
Forte
sì,
ma non
abbastanza da poter prendere il suo posto.
Mi
sono rassegnato quando ti ho visto
gettargli le braccia al collo. Lui era rinato grazie al tuo coraggio,
dolce
Usagi.
Lì
ho capito a quanto fosse
imminente la mia separazione da te.
In
quell’istante ho desiderato che il
vento portasse via il suono della mia voce.
È
stata in quella breve frazione di
tempo che ti ho davvero pronunciato addio.