Videogiochi > Assassin's Creed
Segui la storia  |       
Autore: angyles    04/12/2011    0 recensioni
"Nulla è reale, tutto è lecito."
La storia narra di un giovane ragazzo, Dihis, che conoscerà l'amore durante una delle sue missioni da Assassino, e sarà pronto a offrire la sua stessa vita per una ragazza, in giro per il mondo, alla ricerca di tutto ciò che, in fondo, gli è mancato per davvero fin'ora.
Genere: Azione | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Altaïr Ibn-La Ahad , Altro personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<  
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
La città Fragrante.
1256 - Damasco.
Damasco stava, in quegli anni, vivendo uno dei periodi di maggior fortuna in tutta la sua storia: Le crociate, anche se avevano danneggiato molto gravemente tutto l'Oriente, avevano reso famose le lame damaschinate assieme alle loro armature e i famosi tessuti lì prodotti. Questo, però, non proteggeva la città Fragrante dalla minaccia che i Mongoli rappresentavano, iniziando a pressare in modo non indifferente. Il giovane Dihis dalla pelle bronzea, però, quel giorno non si trovava lì certamente per quello.
Erano passate non più di due settimane da quando era tornato a Masyaf, portando con se la vita del giovane templare Marco, ed era già di nuovo in missione. Meglio così, evitava di perdersi nell'ozio e nella noia. A sedici anni il Credo aveva già inghiottito la sua vita, e non viveva per altro, come molti altri assassini dell'antichità. Col tempo, infatti, tutto inizia a sgretolarsi e corrompersi, e Al Mualim ne era stato il primo esempio. Nonostante questo, non siamo qui a parlare di storie del secolo scorso, ma dobbiamo volgere il nostro sguardo al futuro. Il giovane assassino nel suo vestito candido camminava fra i tetti sabbiosi di Damasco, sotto il Sole cocente dell'Oriente, mentre il suo ordine gli rimbombava in testa. Vedeva, quasi, le labbra del Mentore ripetergli di nuovo di recarsi a Damasco e cercare l'harem che un templare amante dell'Egitto e vari costumi orientali aveva costruito, all'insaputa di chiunque oltre che dei suoi templari, e fermare i delitti e i rapimenti che commetteva per riempirlo. Era disgustato da tutto ciò. Per quale motivo? L'amore pareva non esistere più, ormai tutto era portato ai desideri della carne. Eppure, cosa dava a lui il diritto di parlare, giovane col cuore inaridito, che non aveva mai provato nulla che fosse situato oltre le porte del semplice affetto? Niente, per questo s'autosorrise e emerse dai suoi pensieri. Ora, tutto quel che aveva da fare era andare dal Rafiq e compiere il suo dovere. Era quasi un privilegiato, nell'Ordine: Non aveva avuto un'infanzia difficile, non era obbligato a stare lì e amava la sua causa. Eppure, aveva pochi amici, ed era lontano da casa, dalla Madre, spesso si sentiva solo, molto solo, tutto ciò che aveva era rintanarsi nella sua causa, la causa degli Assassini. Piombò con la leggerezza di una piuma a terra, in un piccolo giardinetto interno, pregno dell'odore acre di incensi di ogni tipo. Il Rafiq di Damasco, Fahd, era un uomo ormai sulla sessantina, brizzolato e dal fisico affaticato, perlopiù uno studioso. Gli assassinii compiuti nella sua vita erano ben pochi, e potevano essere contati sulle dita di una mano. Una mano con tutte le cinque dita, non una mano adibita alla lama celata, e quindi con l'anulare reciso, ovviamente. Le rughe s'erano impadronite della sua pelle da una decina di anni, non di più, e non era del tutto pieno di acciacchi. In ogni caso, aveva sempre preferito lo studio e l'esser consigliere piuttosto che l'azione vera e propria, e per quello era un Rafiq.
- Salve Rafiq, come state? Mi manda il Mentore per eliminare il templare degli harem. -
- Ohh... - sorrise Fahd - Bene bene Dihis... Da quanto non venivi qui... Tutto bene grazie e tu? Tua madre invece? -
- Stiamo entrambi bene, grazie - asserì - Il mio bersaglio, dunque? Dove posso trovarlo, chi è? -
- Non saprei bene, sinceramente, dove puoi trovarlo. Il suo nome è Francè, non so dirti altro, ma so dove è situato il suo harem. Si trova a nord, a ridosso delle mura, dopo il mercato, vicinò al tempio. -
Sorrise porgendogli dunque la piuma candida e augurandogli buona fortuna. Si congedò, il giovane, con un sorriso. Solitamente, prima di partire per l'eliminazione gli assassini erano soliti fermarsi e fumare hashish nei giardini dei Rafiq, ma lui non lo aveva mai fatto, quasi fosse uno strappo alla regola ma, sinceramente, non ne aveva voglia, il fumo lo aveva sempre infastidito. Con le mani sui roventi mattoni, protette dai guanti in cuoio senza dita, risalì arrampicandosi sul tetto, e si guardò intorno. Vedeva la massa muoversi fra tendoni verso est, il mercato e quindi le mura Nord dovevano essere di là. Iniziò quindi a correre, giocando con il vento, saltando di tetto in tetto col sorriso sugli occhi. Tutto quello, l'essere tutt'uno sia col Cielo che con la Terra lo faceva sentire veramente libero. Lo sguardò era sempre fisso verso le viottole strabordanti gente della città, finchè non venne interrotto da un urlo indistinto. Alzò lo sguardo, era un arciere che gli intimava di scendere dal tetto davanti. Non arrestò la sua corsa, seppur titubante. Proseguì, saltando sul tetto davanti e con forza, mentre l'arciere aveva capito ch'era meglio preparare una freccia, lo spintonò. Non restò nemmeno a guardare l'uomo cadere ma i mancati urli del popolo gli fecerò capire che doveva essersi appeso da qualche parte: Meglio così per lui. Correndo, prese male le distanze. Quel tetto davanti era troppo lontano, non ci sarebbe potuto atterrare. A mezz'aria, resosi conto, allungò una mano cercando di aggrapparsi, ma scivolò sulla leggera sabbia che lo ricopriva, e ruzzolò giù. Non era molto alto, sperava di cavarsela con al massimo un braccio rotto e non compromettere la missione più di tanto. Fortunatamente, o quasi, un tendone attutì la sua caduta, spezzandosi però e facendolo cadere su qualche cassa di legno ripiena di frutta. Intonò un gemito di dolore assieme a uno mezzo spaventato mezzo irato del mercante possessore di quella bancarella. Vistolo, rotolò subito via e scappò fra la folla, sentendo ancora in lontananza le imprecazioni dell'uomo. Un sospirò di sollievo, seduto in un vicolo, contro il muro. Se non altro era stato fortunato, escluso il fatto che odorava di mele più che un albero. Guardò fuori dal vicolo, dove la gente defluiva in una delle vie principali, piena di bancarelle. Ebbene, a quanto pare era arrivato al mercato. Sorrise, alzandosi ed immergendosi nella folla, nascondendosi come ogni assassino. Che doveva fare ora? Semplice, cercare l'harem. Come fare, però? L'idea che gli ronzava di più in testa era cercare delle guardie templari e seguirle, e effettivamente decise di fare così. Alla prima panchina in pietra dalla temperatura quasi lavica si sedette, fra una giovane signora con cibarie in mano e un anziano barbuto che si rigirava fra le mani un bastone in legno, e iniziò a guardarsi intorno, cercando le grige armature e i bianchi tessuti a croci rosse fra la folla. Passarono cinque, dieci, venti minuti prima che potesse trovarne due che passarono, chiaccherando tranquillamente del più e del meno. Gettando l'occhio su di loro s'alzò, e iniziò a seguirli per il mercato, finchè non girarono in una vietta. Non poteva seguirli lì, se si fossero voltati l'avrebbero subito notato. Allora optò per quelle strade che erano visibili solo a loro Assassini. S'arrampicò su quel muro giallognolo, e li seguì dall'alto, tendendo l'orecchio ai loro discorsi. Le due guardie barbute, ridendo fragorosamente, si fermarono davanti a una porta, salutandosi con una spallata. Ambiguo modo, non c'è che dire. Lui si inchinava... Un modo da bruti il loro non c'è che dire.
- Allora questa sera, al calar delle tenebre, andremo a prendere quella figlia del mercante per Francè. Ci incontriamo davanti al tempio, tieniti pronto. - aprì la porta - E porta le armi, non si sa mai. -
Eureka, era quello il posto! Uno sparì dietro la porta, con un rumore di chiave nella toppa, l'altro, fuori, si guardò intorno per un po' e poi si dileguò nuovamente nel mercato. L'unico problema, quindi, era entrare. Non sarebbe stato bello sfondare la porta, anche perchè gli assassini dovevano essere discreti e agire nell'ombra. Allora, serviva un altro modo. Saltò sul tetto di fronte, ovvero quello dell'harem e vi girò sopra, accarezzando la cupola che tanto contraddistingueva quegli edifici orientali, pensando al perchè e al per come entrare. Sentiva provenire, da quella cupola, urli di ragazze, divertiti, e nient'altro. Non dovevano esserci molte guardie a controllarlo, e il che era strano, ma probabilmente meglio così.
- Entrerò da una finestra... Mi sembra il metodo migliore, sì! -
Se solo fosse stato un Assassino migliore, più attento e meno goffo, si sarebbe accorto del gigantesco giardino aperto che si trovava alle sue spalle, e avrebbe anche capito che molti dei rumori provenivano da lì. Eppure, tutto convinto, partì per buttarcisi dentro, convinto che fosse solo un vicolo, da cui poi entrare in una finestra. Solo a mezz'aria s'accorse della scemenza che aveva fatto, e imprecò dentro di se. Un grosso tonfo, accompagnato da urla stupite delle giovani signorine, allietò la sua caduta su quella rena e poca erbetta artificiale, fra quelle piante rampanti e i tavoli imbanditi di bianco. Con un'occhiata veloce attorno, fra quei cremisi, ocra e blu accesi dei vestiti e degli ornamenti delle fanciulle, s'accertò che non ci fossero guardie, rincuorandosi. Dopodichè s'alzo, fra i volti metà stupiti e metà spaventati delle ragazze.
- Emh... Tranquille, state tranquille, sono qui per liberarvi!
Sussurrò, impacciato, cercando di calmarle. Un tentativo goffo, anche perchè se delle guardie l'avessero sentito, sarebbe finita male.
  
Leggi le 0 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<  
Torna indietro / Vai alla categoria: Videogiochi > Assassin's Creed / Vai alla pagina dell'autore: angyles