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Autore: Horrorealumna    06/12/2011    1 recensioni
L’incubo sarebbe finalmente finito.
Insieme alla mia vita e alla sua.
L’incubo sarebbe finalmente finito.
Con la nostra morte.
Dopotutto non c’è niente da temere.
Perché temere la morte quando si ha già paura del buio?
Genere: Horror, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Alessa Gillespie, Dahlia Gillespie
Note: Raccolta | Avvertimenti: nessuno
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- Questa storia fa parte della serie 'Fear of ...'
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PROLOGO – “GIOCARE COL FUOCO”
 

- Salve principessa Scarlett. Come sta bene con quel vestitino rosso! Le dona molto. E … smack! Un bacino. Che ne dite di andare a cena in un posto romantico? Vi piacerà e le assicuro che stasera sarete l’orsacchiotta più bella e fortunata di Silent Hill. Accetta, amor mio.
 
Aggiustai le sedie attorno al tavolino e misi a sedere i due miei orsetti di peluche. Com’erano carini insieme: tra un po’ il principe chiederà a Scarlett di sposarlo, chissà se lei accetterà. Posai un fazzolettino ricamato e una margherita ormai appassita al centro del tavolino e poi mi guardai attorno, nella mia stanzetta buia; dovevo trovare qualcos’altro per rendere la serata della mia Scarlett indimenticabile. Mi alzai e guardai sul mio bianco lettino, le coperte sbrindellate. Niente. La scrivania è piena solo di miei disegni e di farfalle che devo aggiungere alla mia collezione. Ma sullo scaffale qualcosa attira la mia attenzione: una candela, piccola e color del latte. Sì, sarebbe perfetta per la serata dei miei orsacchiotti.
Mammina aveva lasciato una scatola di fiammiferi qui, ne ero sicura. Eccoli infatti.
Feci un po’ di fatica ad accenderne uno: ne sprecai almeno cinque. La stanza puzzava di fumo!
 
Ma alla fine: ecco il fuoco. Non sapevo come tenerlo in mano; lo punto verso il pavimento tenendolo fermo tra il pollice e l’indice ma il fuoco consumava velocemente il fiammifero e in pochi secondi la punta della fiamma raggiunse il mio pollice. Urlai. Faceva malissimo!!!
Soffiai. Il fuoco si spense e io mi precipitai in bagno per bagnare il dito. Corsi come non mai e, sotto un getto d’acqua gelata, misi il pollice e tirai un sospiro di sollievo. Quando però iniziai a non sentirne più la sensibilità, tolsi il dito dal lavandino e l’osservai: la punta dell’unghia era consumata e il polpastrello aveva un’inquietante sfumatura marrone.
Non riuscì a trattenere le lacrime da piccola bambina di cinque anni che non ero altro!
Chiamai mamma che arrivò e, esaminato il tutto, mi rifilò quattro ceffoni in piena faccia. Mi sgridò e continuò a picchiare: faceva sempre così quando facevo qualcosa che non le piaceva.
Diceva che ero forse la peggiore figlia che potesse mai capitarle e che ero buona a nulla.
Mi spinse dentro la mia cameretta e mi chiuse a chiave dentro.
 
Mamma …
Perché mi odi così tanto? Tanto lo so che domattina aprirai quella porta e abbracciandomi mi sussurrerai “scusa” promettendo che non lo farai più … e poi?!
Sei la mia mamma, sono nata dal tuo amore e da quello di papà.
Te lo ricordi?
 
   
 
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