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Autore: Apple90    10/12/2011    4 recensioni
[Fan Fiction partecipante al concorso "A Caccia di Spaccio" - Missione Auror n.1 - del gruppo "Cercando chi dà la roba alla Rowling"]
Londra. Harry Potter è uno dei migliori Cercatori della Quidditch Premier League. Ha una moglie, una vita serena, un ricco contratto milionario. Molti amici. O presunti tali. La sua vita è fantastica. Niente e nessuno potrebbero mai fargli cambiare idea. Tranne i Dissennatori, che dopo anni di pace compaiono dal nulla per tendergli un agguato. L'inizio del buio.
Genere: Avventura, Azione, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Bellatrix Lestrange, Ron Weasley, Un po' tutti | Coppie: Harry/Hermione
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopo la II guerra magica/Pace
Capitoli:
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Anima Nera_prologo



 

Harry aprì gli occhi.

Fuori dalle finestre il cielo era tinteggiato da un fioco chiarore lunare.  

Si tirò su fra le lenzuola nel silenzio irreale della camera d’ospedale, tastando alla cieca il comodino alla ricerca degli occhiali. Inforcò le lenti con una smorfia.

Aveva sognato di correre a bordo di una moto babbana sull’acqua di un fiume. Il torrente impetuoso l’aveva condotto inspiegabilmente sotto una cascata, ma non i suoi vestiti erano rimasti asciutti. Dall’altra parte, ad attenderlo appollaiata fra le rocce, c’era Bellatrix Lestrange. Era viva. Pazza come non mai. E, senza troppe pretese, aveva cercato di ucciderlo.

Harry si era risvegliato poco prima che una maledizione senza perdono lo centrasse in mezzo agli occhi. Ed i battiti accelerati del suo cuore ne furono una tetra conferma.

Ho sete. Una sete dannata.

Rimirò rassegnatamente il bicchiere vuoto ammonticchiato sul comodino. Agguantò il minuscolo interfono legato al letto e premette con veemenza il tasto di accensione. << Infermiere.>> mormorò. << Mi sentite? Avrei bisogno di una bottiglia d’acqua, per favore.>>

Dall’altro capo provenne uno crepitio sordo. Ma nessuno rispose. 

Deve essersi addormentato. Pensò Harry, desolato. Riprovò un’altra volta a richiamare un infermiere, ma l’esitò fu negativo. Ora che ci pensava, nei corridoi fuori dalla sua stanza regnava uno strano silenzio, come se l’intero ospedale fosse stato evacuato.

Azionò inutilmente l’interruttore. Era saltata la corrente, e le uniche fonti di luce erano delle candele sospese a mezz’aria che emanavano un bagliore azzurrino.

Che cosa stava succedendo?

Il suo stomaco si inondò di una sgradevole sensazione di panico. Lentamente, i brividi gli si diramarono lungo la spina dorsale. Aveva freddo. Il sistema di riscaldamento era spento, così come tutti i macchinari ai quali era attaccato. Nessun segnale, nessun segno di vita. Niente di niente. La paura venne sostituita dalla fredda razionalità. Un terremoto? Un’inondazione?

Forse stavano solo mettendo in atto una prova di evacuazione. Entro breve le luci avrebbero illuminato ogni ambiente e il solito viavai di Medimaghi e Infermieri avrebbe invaso i corridoi. Harry passò l’ora seguente in silenzio, nell’oscurità più completa, senza udire altro al di fuori dei battiti accelerati del suo cuore. No, si stava sbagliando di grosso. Non c’era nessuna cazzo di evacuazione.

<< Harry Potter.>>

Una voce cupa, metallica, esplose nell’interfono accanto al letto. Harry trasalì.

<< Il mio nome non è tanto diverso dal tuo. Mi chiamo Flynn. Harry Flynn. Sono un Auror e il mio compito è quello di pattugliare l’ospedale. Harry Potter, se sei ancora lì, dì qualcosa.>>

Harry agguantò l’oggettino, simile a una tonda ricetrasmittente. Le sue mani tremarono. Pervaso da dubbi, prima di parlare, si inumidì le labbra la lingua. << Sono io.>> mormorò. << Cosa diavolo sta succedendo qui?>>

<< Grazie al cielo.>> dall’altro capo della chiamata si udì un sospiro profondo. Il suo tono era serio e concitato, come se fossero nel bel mezzo di una guerriglia sanguinosa. << Tua moglie mi ha ordinato di scortarti fuori da questo posto. E’ rimasta bloccata a Ovest, vicino alla chiesa. I Dissennatori hanno circondato il San Mungo.>>

<< Dissennatori?>>

Harry non si accorse di aver urlato. Dissennatori. Sempre e solo Dissennatori. Quei luridi, schifosi esseri incappucciati avevano distrutto la sua macchina, l’avevano spedito all’ospedale con qualche osso rotto e, non felici, erano tornati alla carica per dargli il colpo di grazia. Stavano forse agendo per conto di qualcuno?

<< Io… non credo ci sia un modo giusto per dirlo.>> disse di rimando l’Auror. << E’ scoppiata una Guerra, Potter. I Mangiamorte sono tornati.>>

Oh, forte. Davvero. Una Guerra?

Calma e sangue freddo, gli avrebbe detto Hermione. Il palazzo era al buio, circondato da Dissennatori assetati di sangue? Calma e sangue freddo. Si ripeté. D’altronde, che motivo c’era per preoccuparsi? C’era Flynn, da qualche parte: un solo Auror in un covo di creature oscure. L’avrebbe aiutato.

<< Ho due aghi nel braccio, Flynn.>> sbottò Harry nell’interfono. << I Medimaghi mi hanno attaccato a dei macchinari per monitorare la mia salute. Ho la bacchetta, ma ho bisogno di aiuto per liberarmi da questi aggeggi. Dove ti trovi?>>

<< In un gabbiotto nel Reparto Ustioni.>>

<< Io non ho idea di dove mi abbiano ricoverato.>>

Dall’altro capo provenne un sibilo. Poi l’eco di una fredda risata. Flynn urlò. E fu l’urlo più atroce e raccapricciante che Harry avesse mai udito: fu come se la vita di un uomo gli fosse stata strappata via, pezzo dopo pezzo, rimbombando dolorosamente nelle sue orecchie. La risata si fece più forte, e qualcuno agguantò l’interfono provocando sinistri stridii.

<< Harry, caro ragazzo.>> cantilenò la vocina acuta di Bellatrix Lestrange. Flynn emise un altro urlo agghiacciante. <<  So che sei lì, da qualche parte… ma non temere. Zia Bella sia arrivando a trovarti.>> Rise, poi parve agguantare qualcosa e sbatterlo con foga su una superficie dura. Si udì l’eco di ossa spezzate. << Giochiamo a nascondino, Potter?>>

Harry avrebbe voluto urlare, ma dalla sua bocca non fuoriuscì alcun suono. Iniziò a dimenarsi nel letto, strappandosi di dosso gli aghi che lo tenevano ancorato al macchinario ospedaliero. Gridò dal dolore e lottò contro il forte giramento di testa mentre s’alzò seduto sul materasso, raccogliendo alla rinfusa tutto ciò che gli capitò a tiro sul comodino. Infilò una felpa, poi allungò una mano insanguinata e si riappropriò della bacchetta.

<< E’ inutile che cerchi di scappare, Potter.>> sibilò Bellatrix dall’interfono. << Qui non c’è nessuno che potrà aiutarti. Nessuno che sia abbastanza… vivo.>>

Harry si precipitò fuori nel corridoio buio. L’unica fonte di luce era una plafoniera al neon che penzolava dal soffitto. << Lumos.>> Avanzò rapido alla ricerca di una via d’uscita. Il pavimento era sgombro e dalle camere non proveniva alcun rumore.

Harry rabbrividì. La sua bacchetta illuminò una pozza di sangue ai suoi piedi, che proseguiva zigzagando in una scia rossastra lungo il pavimento del corridoio, fino a svoltare nella camera numero 119. La porta era socchiusa e una mano trapelava dall’ingresso, inerme e insanguinata.

La risata di Bellatrix strepitò in ogni interfono del soffitto.

<< Che effetto fa, Potter, sapere di essere tremendamente solo?>>

Harry la ignorò. Oltrepassò il corridoio senza trovare il coraggio di ispezionare le camere, ma la puzza di morte regnava sovrana e le sue narici vennero nauseate dal puzzo tremendo di una carcassa di animale, barbaramente abbandonata nel pianerottolo. Un gufo. O quel che ne rimaneva.

<< Il Signore Oscuro sarà vendicato.>>

Harry smanacciò per allontanare le mosche e proseguì di sotto, scalzo, imboccando la rampa di scale che conduceva al piano sottostante. Ma l’uscita gli fu sbarrata da un cumulo di barelle ammassate le une sulle altre sui portelloni antincendio, e Harry fu costretto a rimuoverle ricorrendo a un incantesimo di appello.

Irrequieto, creò un varco fra le barelle abbandonate e sgattaiolò nell’atrio del secondo piano. Lì giacevano altri corpi abbandonati a terra. Una barella rovesciata in un angolo precedeva il corpo di un Medimago disteso prono sul pavimento, il volto insanguinato e le iridi terrorizzate perse nel vuoto.

La situazione non cambiava: l’impianto elettrico era saltato e l’oscurità lambiva sovrana ogni stanza, accompagnata dai tetri fiotti di luce lunare che trapelava dai finestroni del corridoio.

Harry si sentì in trappola. Ma la sua testa saettò a Hermione. Non pensò ad altro al di fuori di lei, e si chiese se Bellatrix avesse cercato di farle del male.

<< Nascondino… nascondino… dove si trova Potterino?>>

Un esplosione alle sue spalle lo fece trasalire. Il quadro elettrico incastonato nella parete saltò per aria con uno schiocco di fucile e l’ambiente venne illuminato a giorno.

Harry venne sbalzato a terra. Avvertì un forte bruciore al viso.

<< Morire per mano di una maledizione sarebbe una fine troppo gloriosa, Potter. Io ti spegnerò lentamente. Arriverai a pregarmi di ucciderti.>>

Nel corridoio umido, illuminato fiocamente da un neon intermittente, comparve dal nulla Bellatrix Lestrange. E con lei, stretta fra i suoi artigli, c’era Hermione.

<< No!>> urlò Harry, ed allungò una mano tremante nella loro direzione.

Bellatrix sogghignò, premendo la punta della bacchetta sulla tempia di Hermione. I suoi occhi incavati e folli lo osservarono con enfasi vittoriosa. Poi, con un gesto teatrale, disse dolcemente: << Avada Kedavra.>>

Un lampo di luce verde gli oscurò la visuale, ma Hermione non urlò. Non accennò ad alcuna reazione, limitandosi ad incassare il colpo il silenzio, quasi si fosse offerta volontaria in quel macabro gioco di morte. Harry si rimise in piedi sulle gambe tremanti e corse verso di lei, ma quando la luce si diradò non vide altro che un ammasso di vestiti sudici ammonticchiati a terra. E un ratto, poco distante, riverso al suolo privo di vita.

<< Vieni fuori!>> abbaiò Harry, che strinse con foga la bacchetta. << Ne ho abbastanza di questa messa in scena. Vieni fuori e facciamola finita.>>

<< Potterino Potterino… credi sia così semplice? Ho impiegato anni per architettare tutto questo. Anni. Credi che i Dissennatori fossero lì per caso?>>

<< Io… sono l’unico rimasto?>> boccheggiò Harry.

Dagli altoparlanti del corridoio provenne una risata fredda e folle.

<< Avevi forse dei dubbi, Potter?>>

 

*°*°*°*°*

 

Cinquantacinque Auror addestrati del Quartier Generale comparvero l’uno affianco all’altro con repentini schiocchi di frusta sotto la pioggia cocente, seguiti a ruota da venti Indicibili del Settimo Livello e da Kingsley, che insistette per fronteggiare la minaccia in prima persona. Mai prima di quel momento un Ministro della Magia aveva osato disporsi nelle prime linee di guerra. E lui, con il viso grave piegato in una smorfia, accettò silenziosamente l’incarico di Comandante della truppa e passò in rassegna ognuno di loro, scrutandoli attentamente negli occhi.

A chiudere la fila c’era Hermione. Tesa, devastata, con i gradi di Comandante a scintillarle sul petto. Quando Kingsley le passò dinnanzi, lottò con tutta sé stessa per trattenere le lacrime. Il nervoso la pervase come un’ondata in piena.

<< Non c’è tempo per i discorsi cavallereschi.>> disse Kingsley, che additò la vallata dalla quale si poteva intravedere il politecnico San Mungo immerso nel verde di un parco. << Sapete che cosa dovete fare. Andiamo.>>

<< Auror in formazione!>> urlò Hermione, che levò in alto l’avambraccio.

E tutti i suoi ragazzi, con un urlo unanime, la seguirono di corsa giù per il sentiero tortuoso nascosto fra gli arbusti, distanti dall’obbiettivo non meno di un miglio. Corsero silenziosi e agili nella notte, tenendosi a debita distanza dai Mangiamorte che pattugliavano gli ingressi e i muri di cinta che separavano il polo ospedalieri dal resto del villaggio magico di Sleepy Crown, alle porte di Londra, del tutto invisibile ai babbani.

I primi a fronteggiare lo scontro diretto furono Dwalish e Savage, che colsero alle spalle un Mangiamorte e lo schiantarono silenziosamente sul colpo. Il suo corpo si afflosciò a terra come un sacco privo di vita e i due Auror fecero cenno agli altri di dividersi. Hermione si unì a Dwalish, Smith, Raynold e il giovane Colin Canon, che tremava vistosamente come una foglia e faticava a tenere la bacchetta in mano.

<< Stai calmo.>> lo esortò lei, glaciale.

<< Scusami.>> proferì in risposta Canon. << Io… non volevo. E’ solo che… mio padre è un Medimago. E’ di turno in ospedale. Credo l’abbiano presto in ostaggio insieme agli altri.>>

Hermione e gli altri Auror rimasero in silenzio.

<< Là dentro c’è mio marito, come credi mi senta?>> fece lei, infine, che gli posò una mano sulla spalla. << Li troveremo.>>

Oltrepassarono un viottolo, al fianco al quale una cascata magica sfavillava rigogliosa in un’aiuola fiorita, e puntarono dritti verso le mura del San Mungo. Lì, ad attenderlo, c’era una formazione di dieci Mangiamorte di guardia e, non appena li videro, non esitarono ad aprire il fuoco con lampi di bagliore verde. Incantesimi saettarono dovunque, gli Auror si ripararono fra le case e sfruttarono gli spazi stretti del paese per aggirarli.

<< Avada Kedavra!>> urlò un Mangiamorte, che direzionò la bacchetta verso Colin Canon. Ma Hermione intervenne tempestivamente per evitare il peggio, agguantò il ragazzo e insieme rotolarono nel prato. Prima che il Mangiamorte potesse sopraggiungere per finirli, lei lo schiantò. La saetta rossastra lo centrò nel viso e ne seguì un rumore di ossa spezzate, poi il nemico precipitò all’indietro e s’accasciò al suolo.

<< Andiamo avanti!>> ululò Dwalish, che stava facendo loro da scudo per reprimere altri tre Mangiamorte staccati dal resto del gruppo. << Dobbiamo entrare dentro!>>

Hermione e Colin Canon si fecero largo nella mischia di urla, corpi ammonticchiati a terra, sangue e maledizioni. Dwalish e Savage si unirono a loro e, in quattro, riuscirono a oltrepassare il primo muro di maghi oscuri. Schiantarono un Mangiamorte che piantonava il cancello e procedettero oltre, mentre ai piedi delle mura la guerriglia proseguì incessante.

<< Aspettatemi!>> ululò Reynolds, che stava fronteggiando due nemici. Riuscì a schiantarle uno, e colpì il secondo con una poderosa testata. << Siete troppo pochi, maledizione.>>

S’affrettò a oltrepassare i cancelli del San Mungo e li raggiunse. Aveva il volto coperto di sangue e una profonda ferita alla tempia. << E’ un inferno.>>

<< Hai visto Kingsley?>> domandò Hermione, concitata.

<< Sì, a dire il vero. Ma non ho davvero idea di dove…>>

Luce verde. Un calore intenso seguito da un boato, come uno sparo.

La maledizione proveniente dall’alto s’abbatté violentemente su Reynold, che fu sbalzato via dalla scalinata di pietra e piroettò per qualche metro in aria prima di infrangersi a terra, il collo piegato in una posizione innaturale rispetto al resto del corpo, privo di vita.

Hermione si portò istintivamente le mani alla bocca in un urlo silenzioso.

<< Andiamo!>> Dwalish la afferrò da dietro a la costrinse a proseguire. << Comandante, non possiamo rimanere qui. Dannazione, ci uccideranno!>>

Hermione annuì sommessamente. Sfondarono un portone secondario e s’inerpicarono per una stretta scala a chiocciola che li condusse in un atrio buio. Il freddo là dentro era cocente, gli Auror attorno a lei visibilmente scossi, e nessuno di loro parlò.

<< Credi che là dentro ci sia Harry, da qualche parte?>> squittì timidamente Colin Canon.

Hermione sospirò profondamente. << Per forza.>> disse. << E noi lo troveremo.>>

 

*°*°*°*°*



   
 
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