Harry
aprì gli occhi.
Fuori
dalle finestre
il cielo era tinteggiato da un fioco chiarore lunare.
Si
tirò su fra le
lenzuola nel silenzio irreale della camera d’ospedale,
tastando alla cieca il
comodino alla ricerca degli occhiali. Inforcò le lenti con
una smorfia.
Aveva
sognato di
correre a bordo di una moto babbana sull’acqua di un fiume.
Il torrente
impetuoso l’aveva condotto inspiegabilmente sotto una
cascata, ma non i suoi
vestiti erano rimasti asciutti. Dall’altra parte, ad
attenderlo appollaiata fra
le rocce, c’era Bellatrix Lestrange. Era viva. Pazza come non
mai. E, senza
troppe pretese, aveva cercato di ucciderlo.
Harry
si era
risvegliato poco prima che una maledizione senza perdono lo centrasse
in mezzo
agli occhi. Ed i battiti accelerati del suo cuore ne furono una tetra
conferma.
Ho
sete. Una
sete dannata.
Rimirò
rassegnatamente il bicchiere vuoto ammonticchiato sul comodino.
Agguantò il
minuscolo interfono legato al letto e premette con veemenza il tasto di
accensione. << Infermiere.>>
mormorò. << Mi sentite? Avrei
bisogno di una bottiglia d’acqua, per favore.>>
Dall’altro
capo
provenne uno crepitio sordo. Ma nessuno rispose.
Deve
essersi addormentato.
Pensò Harry, desolato. Riprovò un’altra
volta a richiamare un infermiere, ma l’esitò fu
negativo. Ora che ci pensava,
nei corridoi fuori dalla sua stanza regnava uno strano silenzio, come
se
l’intero ospedale fosse stato evacuato.
Azionò
inutilmente
l’interruttore. Era saltata la corrente, e le uniche fonti di
luce erano delle
candele sospese a mezz’aria che emanavano un bagliore
azzurrino.
Che
cosa stava
succedendo?
Il
suo stomaco si
inondò di una sgradevole sensazione di panico. Lentamente, i
brividi gli si
diramarono lungo la spina dorsale. Aveva freddo. Il sistema di
riscaldamento
era spento, così come tutti i macchinari ai quali era
attaccato. Nessun
segnale, nessun segno di vita. Niente di niente. La paura venne
sostituita
dalla fredda razionalità. Un terremoto?
Un’inondazione?
Forse
stavano solo
mettendo in atto una prova di evacuazione. Entro breve le luci
avrebbero
illuminato ogni ambiente e il solito viavai di Medimaghi e Infermieri
avrebbe
invaso i corridoi. Harry passò l’ora seguente in
silenzio, nell’oscurità più
completa, senza udire altro al di fuori dei battiti accelerati del suo
cuore.
No, si stava sbagliando di grosso. Non c’era nessuna cazzo di
evacuazione.
<<
Harry Potter.>>
Una
voce cupa,
metallica, esplose nell’interfono accanto al letto. Harry
trasalì.
<<
Il mio nome non è tanto diverso dal tuo. Mi chiamo Flynn.
Harry Flynn. Sono un
Auror e il mio compito è quello di pattugliare
l’ospedale.
Harry Potter, se sei ancora lì,
dì qualcosa.>>
Harry
agguantò
l’oggettino, simile a una tonda ricetrasmittente. Le sue mani
tremarono.
Pervaso da dubbi, prima di parlare, si inumidì le labbra la
lingua. <<
Sono io.>> mormorò. << Cosa
diavolo sta succedendo qui?>>
<<
Grazie al cielo.>>
dall’altro capo
della chiamata si udì un sospiro profondo. Il suo tono era
serio e concitato,
come se fossero nel bel mezzo di una guerriglia sanguinosa.
<< Tua moglie mi ha ordinato di
scortarti fuori
da questo posto. E’ rimasta bloccata a Ovest, vicino alla
chiesa. I Dissennatori
hanno circondato il San Mungo.>>
<<
Dissennatori?>>
Harry
non si accorse
di aver urlato. Dissennatori. Sempre e
solo Dissennatori. Quei luridi, schifosi esseri incappucciati
avevano
distrutto la sua macchina, l’avevano spedito
all’ospedale con qualche osso
rotto e, non felici, erano tornati alla carica per dargli il colpo di
grazia.
Stavano forse agendo per conto di qualcuno?
<<
Io… non credo ci sia un modo giusto
per
dirlo.>> disse di rimando l’Auror.
<< E’ scoppiata una
Guerra, Potter. I Mangiamorte sono tornati.>>
Oh,
forte. Davvero.
Una Guerra?
Calma
e sangue freddo,
gli avrebbe detto Hermione. Il palazzo era
al buio, circondato da Dissennatori assetati di sangue? Calma
e sangue freddo. Si ripeté. D’altronde,
che motivo c’era per
preoccuparsi? C’era Flynn, da qualche parte: un solo Auror in
un covo di creature
oscure. L’avrebbe aiutato.
<<
Ho due aghi
nel braccio, Flynn.>> sbottò Harry
nell’interfono. << I Medimaghi
mi hanno attaccato a dei macchinari per monitorare la mia salute. Ho la
bacchetta, ma ho bisogno di aiuto per liberarmi da questi aggeggi. Dove
ti
trovi?>>
<<
In un gabbiotto nel Reparto Ustioni.>>
<<
Io non ho
idea di dove mi abbiano ricoverato.>>
Dall’altro
capo
provenne un sibilo. Poi l’eco di una fredda risata. Flynn
urlò. E fu l’urlo più
atroce e raccapricciante che Harry avesse mai udito: fu come se la vita
di un
uomo gli fosse stata strappata via, pezzo dopo pezzo, rimbombando
dolorosamente
nelle sue orecchie. La risata si fece più forte, e qualcuno
agguantò
l’interfono provocando sinistri stridii.
<<
Harry, caro ragazzo.>>
cantilenò
la vocina acuta di Bellatrix Lestrange. Flynn emise un altro urlo
agghiacciante. << So che sei lì, da qualche
parte… ma non
temere. Zia Bella sia arrivando a trovarti.>>
Rise, poi parve
agguantare qualcosa e sbatterlo con foga su una superficie dura. Si
udì l’eco
di ossa spezzate. << Giochiamo
a
nascondino, Potter?>>
Harry
avrebbe voluto
urlare, ma dalla sua bocca non fuoriuscì alcun suono.
Iniziò a dimenarsi nel
letto, strappandosi di dosso gli aghi che lo tenevano ancorato al
macchinario
ospedaliero. Gridò dal dolore e lottò contro il
forte giramento di testa mentre
s’alzò seduto sul materasso, raccogliendo alla
rinfusa tutto ciò che gli capitò
a tiro sul comodino. Infilò una felpa, poi
allungò una mano insanguinata e si
riappropriò della bacchetta.
<<
E’ inutile che cerchi di scappare,
Potter.>>
sibilò Bellatrix dall’interfono. << Qui
non c’è nessuno che potrà aiutarti.
Nessuno che sia abbastanza… vivo.>>
Harry
si precipitò
fuori nel corridoio buio. L’unica fonte di luce era una
plafoniera al neon che
penzolava dal soffitto. << Lumos.>>
Avanzò rapido alla ricerca di una via d’uscita. Il
pavimento era sgombro e
dalle camere non proveniva alcun rumore.
Harry
rabbrividì. La
sua bacchetta illuminò una pozza di sangue ai suoi piedi,
che proseguiva
zigzagando in una scia rossastra lungo il pavimento del corridoio, fino
a
svoltare nella camera numero 119. La porta era socchiusa e una mano
trapelava
dall’ingresso, inerme e insanguinata.
La
risata di
Bellatrix strepitò in ogni interfono del soffitto.
<<
Che effetto fa, Potter, sapere di essere
tremendamente solo?>>
Harry
la ignorò.
Oltrepassò il corridoio senza trovare il coraggio di
ispezionare le camere, ma
la puzza di morte regnava sovrana e le sue narici vennero nauseate dal
puzzo tremendo
di una carcassa di animale, barbaramente abbandonata nel pianerottolo.
Un gufo.
O quel che ne rimaneva.
<<
Il Signore Oscuro sarà vendicato.>>
Harry
smanacciò per
allontanare le mosche e proseguì di sotto, scalzo,
imboccando la rampa di scale
che conduceva al piano sottostante. Ma l’uscita gli fu
sbarrata da un cumulo di
barelle ammassate le une sulle altre sui portelloni antincendio, e
Harry fu costretto
a rimuoverle ricorrendo a un incantesimo di appello.
Irrequieto,
creò un
varco fra le barelle abbandonate e sgattaiolò
nell’atrio del secondo piano. Lì
giacevano altri corpi abbandonati a terra. Una barella rovesciata in un
angolo
precedeva il corpo di un Medimago disteso prono sul pavimento, il volto
insanguinato e le iridi terrorizzate perse nel vuoto.
La
situazione non
cambiava: l’impianto elettrico era saltato e
l’oscurità lambiva sovrana ogni
stanza, accompagnata dai tetri fiotti di luce lunare che trapelava dai
finestroni del corridoio.
Harry
si sentì in
trappola. Ma la sua testa saettò a Hermione. Non
pensò ad altro al di fuori di
lei, e si chiese se Bellatrix avesse cercato di farle del male.
<<
Nascondino… nascondino…
dove si trova Potterino?>>
Un
esplosione alle
sue spalle lo fece trasalire. Il quadro elettrico incastonato nella
parete
saltò per aria con uno schiocco di fucile e
l’ambiente venne illuminato a
giorno.
Harry
venne sbalzato
a terra. Avvertì un forte bruciore al viso.
<<
Morire per mano di una maledizione sarebbe
una fine troppo gloriosa, Potter. Io ti spegnerò lentamente.
Arriverai a
pregarmi di ucciderti.>>
Nel
corridoio umido,
illuminato fiocamente da un neon intermittente, comparve dal nulla
Bellatrix
Lestrange. E con lei, stretta fra i suoi artigli, c’era
Hermione.
<<
No!>>
urlò Harry, ed allungò una mano tremante nella
loro direzione.
Bellatrix
sogghignò,
premendo la punta della bacchetta sulla tempia di Hermione. I suoi
occhi
incavati e folli lo osservarono con enfasi vittoriosa. Poi, con un
gesto
teatrale, disse dolcemente: << Avada
Kedavra.>>
Un
lampo di luce
verde gli oscurò la visuale, ma Hermione non
urlò. Non accennò ad alcuna
reazione, limitandosi ad incassare il colpo il silenzio, quasi si fosse
offerta
volontaria in quel macabro gioco di morte. Harry si rimise in piedi
sulle gambe
tremanti e corse verso di lei, ma quando la luce si diradò
non vide altro che
un ammasso di vestiti sudici ammonticchiati a terra. E un ratto, poco
distante,
riverso al suolo privo di vita.
<<
Vieni
fuori!>> abbaiò Harry, che strinse con foga la
bacchetta. << Ne ho
abbastanza di questa messa in scena. Vieni fuori e facciamola
finita.>>
<<
Potterino Potterino… credi sia
così semplice?
Ho impiegato anni per architettare tutto
questo. Anni. Credi che i Dissennatori fossero lì per caso?>>
<<
Io… sono
l’unico rimasto?>> boccheggiò Harry.
Dagli
altoparlanti
del corridoio provenne una risata fredda e folle.
<<
Avevi forse
dei dubbi, Potter?>>
*°*°*°*°*
Cinquantacinque
Auror
addestrati del Quartier Generale comparvero l’uno affianco
all’altro con
repentini schiocchi di frusta sotto la pioggia cocente, seguiti a ruota
da
venti Indicibili del Settimo Livello e da Kingsley, che insistette per
fronteggiare
la minaccia in prima persona. Mai prima di quel momento un Ministro
della Magia
aveva osato disporsi nelle prime linee di guerra. E lui, con il viso
grave
piegato in una smorfia, accettò silenziosamente
l’incarico di Comandante della
truppa e passò in rassegna ognuno di loro, scrutandoli
attentamente negli
occhi.
A
chiudere la fila
c’era Hermione. Tesa, devastata, con i gradi di Comandante a
scintillarle sul
petto. Quando Kingsley le passò dinnanzi, lottò
con tutta sé stessa per
trattenere le lacrime. Il nervoso la pervase come un’ondata
in piena.
<<
Non c’è
tempo per i discorsi cavallereschi.>> disse Kingsley, che
additò la
vallata dalla quale si poteva intravedere il politecnico San Mungo
immerso nel
verde di un parco. << Sapete che cosa dovete fare.
Andiamo.>>
<<
Auror in
formazione!>> urlò Hermione, che
levò in alto l’avambraccio.
E
tutti i suoi
ragazzi, con un urlo unanime, la seguirono di corsa giù per
il sentiero
tortuoso nascosto fra gli arbusti, distanti dall’obbiettivo
non meno di un
miglio. Corsero silenziosi e agili nella notte, tenendosi a debita
distanza dai
Mangiamorte che pattugliavano gli ingressi e i muri di cinta che
separavano il
polo ospedalieri dal resto del villaggio magico di Sleepy Crown, alle
porte di
Londra, del tutto invisibile ai babbani.
I
primi a
fronteggiare lo scontro diretto furono Dwalish e Savage, che colsero
alle
spalle un Mangiamorte e lo schiantarono silenziosamente sul colpo. Il
suo corpo
si afflosciò a terra come un sacco privo di vita e i due
Auror fecero cenno
agli altri di dividersi. Hermione si unì a Dwalish, Smith,
Raynold e il giovane
Colin Canon, che tremava vistosamente come una foglia e faticava a
tenere la
bacchetta in mano.
<<
Stai
calmo.>> lo esortò lei, glaciale.
<<
Scusami.>> proferì in risposta Canon.
<< Io… non volevo. E’ solo
che… mio padre è un Medimago. E’ di
turno in ospedale. Credo l’abbiano presto
in ostaggio insieme agli altri.>>
Hermione
e gli altri
Auror rimasero in silenzio.
<<
Là dentro
c’è mio marito, come credi mi
senta?>> fece lei, infine, che gli posò una
mano sulla spalla. << Li troveremo.>>
Oltrepassarono
un viottolo,
al fianco al quale una cascata magica sfavillava rigogliosa in
un’aiuola
fiorita, e puntarono dritti verso le mura del San Mungo. Lì,
ad attenderlo,
c’era una formazione di dieci Mangiamorte di guardia e, non
appena li videro,
non esitarono ad aprire il fuoco con lampi di bagliore verde.
Incantesimi
saettarono dovunque, gli Auror si ripararono fra le case e sfruttarono
gli
spazi stretti del paese per aggirarli.
<<
Avada
Kedavra!>> urlò un Mangiamorte, che
direzionò la bacchetta verso Colin
Canon. Ma Hermione intervenne tempestivamente per evitare il peggio,
agguantò
il ragazzo e insieme rotolarono nel prato. Prima che il Mangiamorte
potesse
sopraggiungere per finirli, lei lo schiantò. La saetta
rossastra lo centrò nel
viso e ne seguì un rumore di ossa spezzate, poi il nemico
precipitò
all’indietro e s’accasciò al suolo.
<<
Andiamo
avanti!>> ululò Dwalish, che stava facendo
loro da scudo per reprimere
altri tre Mangiamorte staccati dal resto del gruppo. <<
Dobbiamo entrare
dentro!>>
Hermione
e Colin Canon
si fecero largo nella mischia di urla, corpi ammonticchiati a terra,
sangue e
maledizioni. Dwalish e Savage si unirono a loro e, in quattro,
riuscirono a
oltrepassare il primo muro di maghi oscuri. Schiantarono un Mangiamorte
che
piantonava il cancello e procedettero oltre, mentre ai piedi delle mura
la
guerriglia proseguì incessante.
<<
Aspettatemi!>> ululò Reynolds, che stava
fronteggiando due nemici. Riuscì
a schiantarle uno, e colpì il secondo con una poderosa
testata. << Siete troppo pochi,
maledizione.>>
S’affrettò
a
oltrepassare i cancelli del San Mungo e li raggiunse. Aveva il volto
coperto di
sangue e una profonda ferita alla tempia. << E’
un inferno.>>
<<
Hai visto
Kingsley?>> domandò Hermione, concitata.
<<
Sì, a dire
il vero. Ma non ho davvero idea di dove…>>
Luce
verde. Un calore
intenso seguito da un boato, come uno sparo.
La
maledizione
proveniente dall’alto s’abbatté
violentemente su Reynold, che fu sbalzato via
dalla scalinata di pietra e piroettò per qualche metro in
aria prima di infrangersi
a terra, il collo piegato in una posizione innaturale rispetto al resto
del
corpo, privo di vita.
Hermione
si portò
istintivamente le mani alla bocca in un urlo silenzioso.
<<
Andiamo!>> Dwalish la afferrò da dietro a la
costrinse a proseguire.
<< Comandante, non possiamo rimanere qui. Dannazione, ci
uccideranno!>>
Hermione
annuì sommessamente.
Sfondarono un portone secondario e s’inerpicarono per una
stretta scala a chiocciola
che li condusse in un atrio buio. Il freddo là dentro era
cocente, gli Auror attorno
a lei visibilmente scossi, e nessuno di loro parlò.
<<
Credi che là
dentro ci sia Harry, da qualche parte?>>
squittì timidamente Colin Canon.
Hermione
sospirò profondamente.
<< Per forza.>> disse. << E
noi lo troveremo.>>
*°*°*°*°*