Libri > Harry Potter
Segui la storia  |       
Autore: flors99    10/12/2011    4 recensioni
Cosa succederebbe se un segreto fosse riportato alla luce dopo tanti anni?
Un segreto che Narcissa Malfoy Black ha cercato a tutti i costi di nascondere.
Dal capitolo:
- Sei in ritardo. – disse Hermione; ma lo disse in modo dolce, senza rimprovero, come una madre a un figlio.
- Io non sono mai in ritardo. – disse Allyson con un sorriso furbo. – Sono gli altri a essere in anticipo.
“Io non sono mai in ritardo Mezzosangue, sono gli altri ad essere in anticipo.”
A Hermione per poco non cadde la piume di mano.
Aveva usato le stesse parole di Draco. Lo stesso ghigno, la stessa arroganza, addirittura lo stesso sguardo.
Possibile che fosse solo una coincidenza?
Un giuramento segreto.
Un legame proibito.
Un segreto mortale nascosto tra le parole non dette e i sospiri del silenzio.
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Nuovo personaggio, Un po' tutti | Coppie: Draco/Hermione, Harry/Ginny
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Da VII libro alternativo
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Non stava esattamente cercando qualcosa. Anzi, non sapeva neppure lei cosa stesse esattamente facendo. Non aveva idea di cosa le fosse venuto in mente quella mattina, quando aveva deciso di mettere piede nello studio di sua madre.
Allyson prese un profondo respiro, scrutando con attenzione ogni singolo angolo di quella stanza. Non era solita entrarvi molto spesso, né rimanervi a lungo: quel posto era troppo malinconico e nostalgico per potervi restare per più di qualche minuto.
Tutto in quello stanza le ricordava sua madre. Ogni libro, ogni mobile, qualunque oggetto portava l’impronta della sua mamma che se ne era andata tragicamente sei anni prima.
Suo padre non aveva avuto il coraggio di cambiare niente e lei neppure; persino mutare la disposizione dei mobili le sembrava, in qualche modo, un affronto a sua madre.
La luce filtrante dalla finestra illuminò la figura snella della ragazza, la quale sbuffando si spostò un ricciolo dietro l'orecchio, non gradendo per niente l'invadente luce del sole.
Si sciolse i lunghi capelli castani che scesero arricciolati fino alla schiena, leggermente più chiari sulle punte. I capelli scuri contrastavano con i suoi occhi.
 
Due lame affilate pronte ad uccidere.
 
Quegli occhi di un insolito color argento, che potevano essere ipnotici se fissati troppo a lungo.
La ragazza osservò gli innumerevoli volumi presenti nella libreria; raccolse con un dito il grosso strato di polvere di cui erano ricoperti, facendo una smorfia. Prima o poi avrebbe dovuto convincere suo padre ad aiutarla a svuotare la libreria e a ripurirla per bene.
Prese un libro a caso, distrattamente: erano quasi tutti di letteratura classica. Sua madre l’adorava e le aveva trasmesso questa passione. Ricordava che, da bambina, invece di leggerle una favola della buonanotte le leggeva quei grossi tomi, narrandole le imprese di Ettore e Achille. Ripensare a quei momenti felici con la sua mamma, rischiò di far vacillare il suo autocontrollo per un attimo. S’impose poi di frenare i suoi sentimenti, di rinchiuderli e incatenarli.
 
Indossare una maschera era più semplice.
 
Ad un certo punto l’attenzione della ragazza fu catturata da un libro particolare. Lo prese tra le mani soffiando via la polvere dalla copertina rosso fuoco. Aprendolo, un suono metallico risuonò per la stanza.
La ragazza si chinò, prendendo il piccolo oggetto caduto sul pavimento. Si rigirò la chiave tra le dita, chiedendosi a cosa servisse e perché non l’avesse mai trovata prima. Poi come un flash apparve nella sua mente.
 
La donna si tolse gli occhiali, prese i fogli e li richiuse accuratamente nel cassetto.
- Mamma, cosa c’è lì dentro? – chiese la figlia, trotterellando fino alla sua scrivania.
La madre la guardò, allarmata, poi recuperò l’autocontrollo.
- Niente d’importante. – sussurrò la donna. – Puoi andare a chiamare tuo padre, per favore? – le chiese, carezzevole.
- Ok!
La bambina sorrise, scomparendo oltre la porta, non senza prima aver visto sua mamma chiudere a chiave il cassetto. Si chiese nuovamente cosa ci fosse di tanto importante tra quei documenti, ma quando trovò il suo papà, dimenticò l’episodio e il fatto che sua madre non le avesse risposto.
 
La ragazza tornò con la mente alla realtà. La sua mano, quasi automaticamente, si mosse verso il cassetto che ricordava di aver visto anni prima e di cui aveva completamente dimenticato l’esistenza.
Percepì una strana sensazione che per un attimo le impedì di muoversi, poi scuotendo la testa e dandosi della sciocca aprì il cassetto incriminato.
Insomma, lei era Allyson Starr e niente o nessuno poteva intimidirla! Era sempre stata testarda, fin troppo probabilmente, e quando si prefiggeva un obiettivo doveva assolutamente arrivare fino in fondo.
Il cassetto era gremito di fogli. Sembravano privi di valore, ma due in particolare attirarono la sua attenzione.
Prese una busta con uno strano sigillo, rigirandosela tra le dita. Quando si decise ad aprirla si rese conto che le sue mani stavano tremando.
 
Scuola di magia e Stregoneria di Hogwarts
 
Allyson richiuse immediatamente la busta, lanciandola lontano come se fosse rimasta scottata.
 
Magia? Ma che diavolo?
 
Se c’era una cosa che detestava e che odiava con tutta se stessa era essere presa in giro.
Ma se la prima busta l’aveva sorpresa, o quantomeno attirato la sua attenzione, lo stupore che provò nel leggere il contenuto della cartelletta azzurra, la stravolse letteralmente.
Rilesse più e più volte il foglio, mentre le mani, prima attraversate da un leggero tremolio, adesso avevano preso a tremarle così forte che per poco non le cadde la cartelletta di mano.
Con gli occhi leggermente lucidi, afferrò tutto quello che aveva trovato e con i nervi a fior di pelle si precipitò dal padre.
 
Certificato di adozione
 

 

 
Harrison Starr aveva appena terminato il suo libro, quando vide sua figlia precipitarsi nella stanza come una furia e pararsi davanti a lui, minacciosa. Una cosa chiaramente interessante di sua figlia era la sua totale e inquietante impassibilità persino nei momenti di totale rabbia. Non urlava, non gesticolava e non diventava rossa. No, Allyson rimaneva a fissarti per un tempo tanto lungo da farti impazzire. E quando guardava una persona come in quel momento stava guardando lui, incuteva timore e terrore.
 
I suoi occhi erano più taglienti delle sue parole.
 
- Papà… potresti spiegarmi questo cosa significa? – sbottò Allyson, mentre Harrison prendeva i fogli che sua figlia gli porgeva, leggermente preoccupato per il suo tono di voce. 
Nel prendere quei documenti riconobbe quella familiare cartelletta azzurra. La ricordava alla perfezione. Per un attimo, per un solo, singolo attimo sperò di sbagliarsi.
Quella fu una di quelle poche volte in cui non avrebbe voluto avere ragione.
Sbiancò.

 


 
Le nuvole si diradarono, lasciando spazio al sole e ai suoi timidi raggi. Un uomo dalla lunghissima barba osservava il paesaggio dietro ad un vetro, con espressione assorta.
- Mi hai fatto chiamare? – una voce profonda dietro di lui lo riscosse.
- Sì, Piton. – rispose, prendendosi le mani dietro la schiena.
- Se non sbaglio voleva vedermi d’urgenza.
- Esattamente. – confermò l’uomo dalla lunga barba, girandosi finalmente a guardarlo.
- Sembra particolarmente felice. – osservò Piton.
- Lo sono.
Piton, infastidito dalle risposte enigmatiche dell’uomo, sbuffò.
- E posso sapere perché?
Silente abbozzò un leggero sorriso, aggiustandosi gli occhiali sul naso.
- Presto avremo una nuova alunna e, probabilmente, avrà bisogno del nostro aiuto. – spiegò, con voce calma.
Piton lo osservò attentamente, prendendosi qualche secondo prima di rispondergli.
- E per quanto riguarda Narcissa?
- Narcissa sa che un mago non può essere tenuto lontano da ciò che è e ciò a cui è destinato. Ho ritardato la sua iscrizione a Hogwarts come mi era stato pregato di fare, ma adesso è giunto il momento di farle conoscere il mondo di cui lei ha la fortuna di far parte. Narcissa capirà.


 

 
Allyson strinse i pugni, sforzandosi di non perdere la calma.
- Come hai potuto fare una cosa simile? – fissò il padre, con occhi velati di tristezza, feriti, delusi.
Ad Harrison si strinse il cuore. Sua figlia non mostrava mai ciò che provava. Mai. Ma in quel momento la tristezza e la delusione sgorgavano dai suoi occhi come un oceano.
- Come avete potuto non dirmi niente? – sbottò quasi senza fiato, il respiro bloccato in gola di fronte alla totale incapacità di reagire di suo padre.
Tante reazioni si era immaginata: aveva sperato che lui le scoppiasse a ridere in faccia, dicendole quanto tutto quello fosse assurdo; aveva sperato che lui smentisse ogni singola parola impressa su quei pezzi di carta, rassicurandole che nulla di quello che aveva appena letto fosse vero.  Ma quell’espressione colpevole, in quella, davvero non ci aveva sperato.
- Tesoro… – sussurrò Harrison, prendendole le mani tra le sue e facendola sedere accanto a lui. – Ascoltami, ti prego… Non è stato facile neanche per noi, volevamo dirtelo, ma… – le parole gli morirono in bocca.
- Ma?
- Volevamo aspettare il momento giusto. – soffiò Harrison, chiudendo gli occhi per un momento. – Volevamo aspettare che tu crescessi, ma poi quello che è successo a tua madre… – l’uomo s’interruppe, il ricordo della moglie a stringergli il cuore. Mai come in quel momento avrebbe voluto averla accanto. – La verità, tesoro, è che dopo la morte di tua madre volevo aspettare che tu fossi pronta. Avevi perso così tanto, non volevo sconvolgerti ancora di più. Ma ora capisco che ero io a non essere pronto e mai lo sarei stato probabilmente.
- Avresti dovuto dirmelo comunque. – mormorò Allyson, gli occhi leggermente lucidi per le parole del padre. – Avevo il diritto di sapere.
- Lo so e hai tutte le ragioni del mondo, ma per quello che vale… – Harrison le prese il viso tra le mani, accarezzandole le gote. – …tu sei mia figlia, Allyson. Sei diventata mia figlia quel giorno che ti hanno lasciato davanti casa nostra e non smetterai mai di esserlo. C’ero quando hai fatto i tuoi primi passi, quando ti sono spuntati i denti e quando hai detto le tue prime parole. Ho sorriso ogni giorno da quando sei entrata nella nostra vita e ho pianto la prima volta che mi hai chiamato papà. E non c’è legame di sangue sia più forte di tutto questo. Sei mia figlia, Allyson ed io sono tuo padre. – concluse sfregando i pollici contro le sue guance.
La ragazza sussultò incapace di rispondere. Strinse le labbra, cercando di trattenere quel groppo che le era risalito in gola, nell’udire quelle parole.
- Io non… – sussurrò, per poi bloccarsi, senza sapere cosa dire. La voce si affievolì e un pesante silenzio scese nella stanza.
Harrison sorrise amaramente.
 
Tesoro mi dispiace, non sai quando mi faccia star male vederti in questo stato. Ti prego, non guardarmi così, in questo modo mi uccidi. Ti voglio bene, bambina mia, te ne ho sempre voluto e sempre te ne vorrò.
 
Allyson si schiarì la voce, sentendosi estremamente piccola e vulnerabile. Suo padre era sempre stata l’unica persona in grado di farla sentire così; forse perché era la persona a cui teneva di più.
- Scusa se ti ho aggredito. – disse infine. – Anche io ti voglio bene. – borbottò poi velocemente. Non era solita esternare il suo affetto, meno che mai a parole, quindi distolse velocemente lo sguardo incapace di sostenere quello del padre.
Harrison abbozzò un sorriso appena più sincero. Era consapevole del fatto che la questione non fosse per niente risolta, che non sarebbe bastato un semplice ti voglio bene per sistemare le cose e per far sì che sua figlia tornasse ad essere serena, ma quello poteva considerarsi un buon inizio.
Allyson si schiarì la voce, allontanandosi da lui, l’aria improvvisamente fattasi irrespirabile. Prese quindi la seconda busta, quella con il sigillo.
- E questa? Cos’è?
L’uomo sbattè le palpebre.
- Questa… non è niente d’importante, probabilmente uno scherzo. – tentennò il padre.
- E allora perché l’avete conservata? Cosa significa questa scritta?
 
Scuola di magia e Stregoneria di Hogwarts.
 
- È arrivata circa cinque o forse sei anni fa. – mormorò. – All’inizio ho pensato fosse uno scherzo, credevo che qualche bambino l’avesse messa nella nostra buca delle lettere.
- E invece? – domandò Allyson, con una certa impazienza.
- E invece ogni giorno queste lettere continuavano ad arrivare. Non sapevo più cosa pensare, nella lettera diceva che eri stata ammessa ad una scuola per magia e io non avevo idea di cosa significasse… – le parole si affievolirono. – Ti prego, Allyson, non giudicarmi per quello che ho fatto. Tua madre se ne era appena andata e l’unica cosa di cui ero certo era che non potevo perderti. Ho preso le buste e le ho bruciate, una per una. – confessò.
Per un attimo Allyson avvertì uno strappo nel petto, avvertendo come la dolorosa sensazione che suo padre le avesse tolto qualcosa di vitale, indispensabile. Allo stesso tempo, capì alla perfezione il suo dolore. Ricordava che dopo la morte della madre, le era capitato di vedere suo padre piangere, in momenti in cui non credeva di essere visto, ed era stato straziante. Neanche lei sarebbe stata capace di lasciarlo in un momento simile.
- Non importa, papà. – lo rassicurò la ragazza, sfiorandogli il dorso della mano.
Harrison strinse le dita tra le sue, guardandosi per qualche secondo.
- Tranne una. – aggiunse poi la ragazza.
- Cosa?
- Hai detto di averle bruciate tutte. – spiegò la figlia, sventolando la busta. – Beh, tutte tranne questa.
Harrison osservò perplesso quel pezzo di carta, le labbra strette in una linea ermetica, non tanto sicuro se parlare oppure no.
- In realtà ero sicuro di non averne conservate neppure una. – confessò. – Ma dopo averne viste arrivare a decine per giorni e giorni non mi stupisco più di niente.
La ragazza sbatté le palpebre, confusa.
In quello stesso istante il pavimento prese a tremare violentemente, accompagnato da uno schioccante rumore, come se qualcuno stesse cercando di perforare il muro della loro casa. Non fecero nemmeno in tempo a rendersi conto di cosa stesse succedendo che la parete di fronte a loro crollò come se fosse carta pesta ed un uomo gigantesco, con tanto di barba folta e crespa, fece il suo ingresso nella stanza guardandosi intorno.
- Ops, scusate, sono un po’ maldestro. – mormorò, inciampando nei suoi stessi piedi.
- E lei chi è? – domandò Harrison, alzandosi in piedi di scatto e guardandolo allucinato. – Che cosa ci fa in casa mia?
- Mi chiamo Hagrid. – si presentò, schiarendosi la voce. Poi senza più rivolgere attenzione all’uomo, guardò la ragazza. – È ora di andare piccola. Sei già in ritardo di parecchi anni!

 
 
 
 


 
 

 

 
 
 
 
 
 
 
 
Angolo Autrice
Ciao a tutti! Sono così contenta, la mia storia ha raggiunto un numero di visite  inaspettato e desidero ringraziare tutti coloro che hanno messo la mia storia tra le seguite, le ricordate e (mi vengono le lacrime di gioia) le preferite :D
Ringrazio tantissimo SWAMPY per aver recensito lo scorso capitolo, mi ha rallegrato la giornata. Spero che anche questo capitolo vi sia piaciuto, forse può sembrare un po’ lento, ma mi serviva per inquadrare la situazione.
Grazie a tutti e al prossimo capitolo!
flors99

 
 
  
Leggi le 4 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Libri > Harry Potter / Vai alla pagina dell'autore: flors99