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Autore: Jaded_Mars    11/12/2011    2 recensioni
"Quel posto pareva si fosse trasformato in un piccolo paradiso tutto per loro ... non avrebbero mai voluto abbandonarlo."
Questo racconto è liberamente tratto da The Garden, canzone dei GN’R comparsa su Use Your Illusion, è la trasposizione di quello che mi sono immaginata che fosse IL GIARDINO seguendo il testo scritto dagli autori.
Protagonista é Eve (la scelta del nome é stato indotta dalla location) insieme a qualcuno dei Guns.
Genere: Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Axl Rose
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Innanzitutto volevo ringraziarvi, siete in tantissimi ad avere letto la prima parte! Ora sarei curiosa di sapere cosa  ne pensate della storia alla fine della lettura :)
Un bacio grosso,
Mars


***
Quando arrivarono a destinazione era oramai già pomeriggio tardo, il traffico non perdonava, ma poco importava perché tanto quel giardino restava aperto fino a sera, quindi c’era tutto il tempo per perdersi in quella meraviglia. Visto da fuori era praticamente una serra gigante, un’enorme cupola di vetro lo sovrastava, abbagliante sotto la luce del sole, come i vetri dei grandi grattacieli vicini. Il parcheggio era pieno, ma non si vedeva nessuno intorno, era un deserto di silenzio quasi surreale. I due ragazzi scesero dalla macchina e si avviarono all’ingresso dove il tizio della biglietteria in malo modo consegnò loro una mappa per orientarsi.

“E’ molto grande, state attenti a non perdervi sennò poi ci tocca chiamare la sicurezza per venirvi a ripescare!” disse in modo brusco. Sembrava quasi gli desse fastidio essere lì. Che ce lo mettevano a fare all’accoglienza uno così se poi finiva quasi a scoraggiare i visitatori?

“Scusi ma come fa a perdersi la gente lì dentro? Mica è infinito!” fece Eve sarcastica. Non riusciva a crederci, le sapeva tanto di idiozia. Era solo un giardino in fin dei conti, tutte queste storie per un po’ di alberi tropicali le sembrava fin troppo esagerato. Prese la mappa di mano ad Axl e si avviò via con lui, mentre venivano rincorsi dalla voce burbera della guardia “Se fossi in lei non la prenderei così sottogamba signorina!”.

Mentre aspettavano che le porte scorrevoli consentissero loro l’accesso, diedero insieme un’occhiata alla piantina. Effettivamente il posto sembrava abbastanza grande, sarebbe stata una lunga passeggiata. Le porte finalmente si aprirono slittando di lato e i due ragazzi furono inghiottiti da una cappa di aria umida e pesante che contrastava terribilmente con quella fredda dell’aria condizionata di poco prima. I vestiti divennero immediatamente dei macigni aderenti al corpo, la pelle appiccicaticcia e la prima tentazione di entrambi fu quella di togliersi qualcosa di dosso. Axl si legò la camicia intorno alla vita rimanendo con una t-shirt addosso, ma nonostante quello aveva ancora caldo per colpa dei jeans, ad Eve bastò togliersi il golfino per stare bene visto che aveva un paio di shorts e una camiciola  bianca di lino. Già dai primi passi si capiva che il posto era sul serio bellissimo come avevano detto tutti quelli che ci erano stati. Sembrava realmente di trovarsi lontani mille miglia, nella giungla tropicale, nel sud est asiatico oppure in Messico, circondati da piante alte e fitte intersecate tra loro, avvinghiate da liane lunghe e nodose e da bassi licheni. Mentre camminavano non potevano fare a meno di sbalordirsi per ogni cosa nuova che vedevano. Sembrava non esserci in giro un’anima, quasi che quel posto fosse stato riservato solo per loro due, e tutto sommato non dispiaceva così tanto né ad Axl né tantomeno ad Eve. Non le importava di trovare i loro amici, le stava benissimo così, loro due soli in quel giardino pieno di meraviglie. Ora che ci era dentro era contenta che Axl fosse venuta a prenderla e l’avesse portata fuori quasi contro la sua volontà, stare lì era forse anche meglio che oziare tutto il pomeriggio sul balcone di casa. Si aggirava curiosa intorno ad ogni bellissimo fiore che vedeva, pareva che fossero lì ciascuno per stuzzicarla con i loro colori accesi e i profumi invitanti. Non faceva in tempo a girarsi che si trovava davanti una bellissima bromeliacea rossa sgargiante o un fiore di vetro da contemplare. Mentre si era soffermata ad annusare uno splendido giglio dell’amazzonia, sentì Axl che la chiamava. Riusciva ancora a vederlo ma era piuttosto lontano, le faceva segno di raggiungerlo. Non aveva ben capito cosa le stesse dicendo, la voce si era persa nello spazio, forse che aveva trovato gli altri, forse. Non ne era sicura ma nemmeno si preoccupò di verificare, perché c’era qualcosa che aveva attirato completamente la sua attenzione. Proprio davanti a lei, in mezzo all’erba, c’era un meraviglioso grappolo di orchidee fucsia e bianche che sembravano sbucate dal nulla. Le fissò e per un attimo le sembrò quasi che la stessero richiamando. Diede uno sguardo fugace alla figura di Axl e valutò che se anche si fosse spostata di un paio di metri non sarebbe successo il finimondo, l’avrebbe raggiunto dopo avere visto le orchidee. Si avvicinò tanto da poterle toccare, erano lisce e lucide, golose come un grasso frutto maturo. E stranamente profumavano, non credeva che quei fiori avessero un profumo, era dolce e inebriante. Se le rimirò per bene prima di tornare dal suo ragazzo. Ripercorse gli stessi passi che aveva fatto all’andata, ma le sembrava tutto diverso, dov’era finita quella palma col tronco snello che aveva preso come riferimento? Si girò per guardarsi indietro e anche le orchidee fucsia di poco prima non c’erano più. Possibile? Ora era vicina a un palissandro altissimo, circondato di liane. Da dove era sbucato fuori? Eppure le sembrava di non avere assolutamente cambiato direzione, aveva rifatto semplicemente lo stesso percorso, ma a quanto pareva si era sbagliata. Piuttosto che stare ferma pensò di continuare sulla strada iniziata. Le vennero in mente le parole dell’uomo all’ingresso, ma  era troppo orgogliosa per ammettere di avere sbagliato, testardamente si ostinava a pensare che avrebbe ritrovato la strada giusta. Camminò un po’ circondata da quegli alberi altissimi, dai quali la luce del sole filtrava con fatica. La strada era costeggiata di fiori multi colorati e nonostante stesse cercando Axl, di tanto in tanto indugiava a guardarli, in fin dei conti oramai era lì e si voleva godere la gita, lo avrebbe trovato una volta uscita. Notò che qua e là sugli alberi c’erano anche pappagalli rossi, gialli e bianchi, e tucani dai grossi becchi, non mancava proprio niente in quel posto, nemmeno i camaleonti che si mimetizzavano con l’ambiente. Ne vide uno carinissimo che era diventato viola come i fiori di cacao vicino ai quali si trovava. Quei piccoli rettili l’avevano sempre incuriosita, così si avvicinò per osservarlo, memorizzando la pianta alle sue spalle onde evitare di perdersi di nuovo. Il camaleonte era piccolo, ed immobile, non si distingueva quasi se non prestando grande attenzione. Poi ci fu un leggero fruscio sinistro alle sue spalle e si girò di colpo. Non vide nessuno, probabilmente era stato un animale, ma notò che il suo riferimento era scomparso. Svanito nel nulla. Non era possibile, non si era spostata nemmeno dal sentiero questa volta, ed era tutto diverso, di nuovo. In quell’istante sentì una voce familiare nelle vicinanze, sì la riconosceva, era Slash! E se c’era lui sicuramente avrebbe trovato anche Axl. Si spostò nella direzione della voce, si avvicinò sempre di più fino a che non trovò il ragazzo. Ma con grande disappunto di Eve, era solo. O meglio, solo alle prese con almeno una decina di serpenti aggrovigliati intorno a lui. Slash la notò e la salutò contento:

“Hey Eve! Allora il tuo ragazzo ti ha convinta a venire eh … hai visto che bel posto?”

Eve lo stava guardando a bocca aperta, sbalordita, sapeva che lui amava i serpenti, ma da lì a farseli scorrere sul corpo ne passava. Eppure lui era tutto bello contento seduto con nonchalance in mezzo a quei lunghi rettili squamosi che gli si attorcigliavano intorno alle braccia e al torace come se fossero le mani di una bella ragazza.

“Ehm, sì. A proposito, hai visto Axl? Perché l’ho perso di vista, sai non so se sono io impazzita o che, ma mi sono girata per un attimo e quello dopo era tutto diverso intorno! Sul serio, piante diverse, sentiero diverso, tutto!”

Non sapeva se aveva fatto bene a dirglielo oppure no, a sentirla parlare probabilmente sembrava davvero che avesse avuto un’allucinazione, ma lei sapeva che non era così. Il riccio dal canto suo, alzò la testa dai suoi nuovi amici e la guardò divertito:

“Non ti preoccupare piccola, non stai andando fuori di testa, è che sei nel giardino. Qui le cose vanno così.”

Eve era sempre più stupita, che cavolo voleva dire che era nel giardino e quindi le cose andavano così? Mica erano nel magico mondo di Oz, era uno stupido parco! Anche se doveva ammettere che qualcosa di strano c’era, non era una tipa così sbadata da perdersi. Quel posto stava iniziando a darle sui nervi, troppo instabile quanto bello, voleva uscirne al più presto.

“Senti Slash, per caso sai da che parte è l’uscita?”

“Mmh ora che ci penso, no. Però puoi guardare meglio nel giardino, qui dentro sicuramente troverai la risposta … conosci Freddie?”

“E chi cacchio è Freddie?!” gli rispose Eve, mal celando il fatto che era piuttosto spazientita dal suo modo di parlare. Sembrava essersi trasformato in un santone, con quelle risposte pseudo filosofiche che le aveva appena snocciolato, ‘Dentro il giardino troverai la risposta … ma per favore!’.

“Lui!” e le indicò un’enorme iguana di due metri che la stava fissando con dei piccoli occhietti gelidi, stesa su un tronco proprio accanto a lei. Eve mandò un urlo, non si aspettava di trovare quella “cosa” orribile quasi attaccata al braccio. Si spostò immediatamente e d’istinto verso il ragazzo, ma poi vide quei serpenti lunghi e sinuosi che lo circondavano e si bloccò.

“Guarda che non ti fa niente, nessuno di loro ti fa niente, sono buoni, puoi stare tranquilla. Anzi vieni qui che ti presento Bob, è simpatico sai?” e allungò verso di lei un boa verde acido.

Eve trattenne un conato di vomito e rifiutò cortesemente l’offerta:

“Ehm … no guarda, sono sicura che è proprio uno simpatico, ma oggi purtroppo non sono in vena di fare nuove conoscenze.” Disse mentre cautamente si allontanava da lui e dai suoi cosiddetti amici “magari un’altra volta … senti Slash, torno a cercare Axl ok? È stato bello vederti, a presto!”. Appena si girò accelerò il passo per andare via il più rapidamente possibile da tutti quei rettili che la repellevano. Se fossero stati dentro una teca di vetro, avrebbe anche potuto pensare di soffermarsi con Slash e “conoscerli” ma così non se ne parlava proprio.
Si accorse però che stava procedendo completamente alla cieca. Dov’era adesso? Maledizione a lei e alla sua geniale idea di lasciare Axl! Non poteva stare con lui e basta? No, doveva andare a guardare la sua bella orchidea. Rallentò l’andatura cercando di capire un minimo quale fosse la cosa migliore da fare. Camminare dove c’era più luce, ecco la scelta giusta, andare dove la vegetazione era meno fitta. Non le piaceva trovarsi sola lì, e non voleva che dovessero intervenire quelli della sicurezza per ripescarla, sarebbe stata una bella figuraccia dopo quello che aveva detto prima di entrare ed essere umiliata da sconosciuti era l’ultima cosa che voleva. Stava cercando di guardarsi bene intorno, e a un certo punto uno spiraglio di luce più intenso la colpì. Si diresse quasi di corsa verso quello spazio aperto e con suo immenso stupore si trovò davanti una radura con una cascata. Avevano messo pure quella? Ma era pazzesco! Era anche estremamente bella, assomigliava vagamente a un posto dove le sembrava di essere già stata, sulle montagne vicino a Los Angeles, sì era piuttosto simile in effetti. Forse avevano preso spunto proprio da lì per poi adattarlo all’ambiente. Mentre era presa da queste inutili riflessioni, improvvisamente dal nulla una mano si posò sulla sua spalla, una presa delicata ma decisa che la fece sussultare e lanciare un grido di pura paura. Si girò di scatto pronta a prendere a calci e pugni qualunque pazzo furioso avesse avuto di fronte, quando poi si accorse che era una persona che conosceva bene. Più che bene, praticamente lo conosceva come le sue tasche. Alto e biondo, con due occhi verdi sorridenti e magnetici, Duff stava davanti a lei bello come sempre. In quel momento aveva un non so che di fascino gitano, pensò Eve, forse per via di quella camicia damascata e il gilet che indossava, che lo facevano sembrare come ai primi tempi in cui lo aveva conosciuto, quando lui e i ragazzi ancora si vestivano a metà tra lo stile glam e quello romantico.

“Eve, ti ho spaventato, non volevo.” Le disse lui gentilmente, scusandosi. La guardava con l’affetto e la complicità con cui si guarda una persona che si conosce da anni e con la quale c’era stata più di una semplice amicizia. La sua presenza aveva fatto cambiare immediatamente umore ad Eve, non sentiva più l’impulso di fuggire via, quasi si trovava a suo agio in quel posto, con lui vicino. Istintivamente lo abbracciò, sollevata. Si rilassò, come sempre quando lui era nei paraggi, aveva quel potere speciale grazie al quale riusciva a farla calmare e sentire bene come nessun altro. E in quel momento non poteva desiderare di avere vicino nessuno se non quel ribelle biondo.

“Credo di essermi persa sai.” gli disse lei ancora tra le sue braccia, non voleva staccarsi per paura di perdere la sicurezza che aveva appena recuperato.

“Non preoccuparti, adesso sono qui, cerchiamo la via d’uscita insieme d’accordo?”

Eve annuì con la testa, in silenzio, come una bambina. Un leggero profumo di vaniglia solleticò le sue narici, ma questa volta non proveniva da una begonia o un’orchidea, era il profumo di Duff, quel profumo che le piaceva tanto e la faceva sentire a casa. Si guardò un attimo intorno, di nuovo, e capì perché quel posto le sembrava familiare, ora che lui era lì aveva capito. Quella radura, quella vera, era il posto dove aveva perso la sua verginità proprio con lui qualche anno addietro, in una splendida notte d’estate, con la luna piena e le stelle nel cielo limpido. Le pareva così strano essere lì con lui, in quel luogo ameno, quasi si era ricreata la complicità che avevano avuto quella notte. Lo guardò  negli occhi, in quei begli occhi che non sapevano mentire, per lo meno non a lei, e intuì che anche lui stava pensando esattamente lo stesso. Non è che Eve non volesse bene ad Axl, ora stava con lui, qualche volta certo era difficile averci a che fare, coi suoi sbalzi di umore repentini che la costringevano sempre a stare all’erta. Ma quando era normale, sapeva essere una persona favolosa, non le faceva mancare niente e l’aveva sempre trattata come la sua regina. Ma non era Duff. Duff era speciale, era stato il suo primo amore, e purtroppo, o per fortuna, non l’aveva mai completamente superato. Ad essere proprio onesti, nemmeno lui ci era riuscito, così avevano tacitamente accordato che sarebbero andati avanti con le loro vite, senza interferire l’uno negli affari dell’altra. Si erano creati da soli e dal nulla una linea di separazione che non volevano oltrepassare. Un comportamento piuttosto stupido, tutto sommato. Si amavano, si volevano e non stavano insieme. Perché? Perché non volevano ferire i loro nuovi compagni, così continuavano ad ingannare se stessi pur di non affrontarsi. Due pavidi? Forse. Ma più il tempo passava, meno riuscivano ad essere reciprocamente indifferenti, come era successo solo un mese prima, quando erano finiti di nuovo insieme dopo tanto tempo. Dopo quella notte qualcosa era cambiato tra loro, si erano sempre più riavvicinati, magari avrebbero addirittura potuto tornare insieme. Eve non ci volle pensare, non voleva illudersi. E poi c’era Axl. Non avrebbe saputo come dirglielo, e sicuramente non l’avrebbe presa positivamente. Aveva un po’ paura ad immaginare le conseguenze di quella confessione, sarebbe stata una cosa distruttiva, in tutti i sensi. Ma quei pensieri volarono via quando il biondo le prese il viso tra le mani e la baciò. Solo lui la sapeva baciare così, in quel modo appassionato e delicato allo stesso tempo. Poi la prese per mano e iniziarono a camminare assieme costeggiando il piccolo laghetto in cui si riversava la cascata, bordato di pietre muschiate. Sugli alberi dei candidi uccelli del paradiso dalla coda lunga cinguettavano riempiendo l’aria della loro armonia. Per la prima volta Eve vide un colibrì, le volò vicino, piccolo e agile, diretto verso qualche nuovo fiorellino prelibato. Erano persi in un labirinto di giganti alberi di ebano le cui radici enormi e imponenti consentivano loro di passarci sotto come dei turisti sotto gli archi di trionfo. Praticamente stavano vagando senza meta, però non se ne preoccupavano, entrambi avevano un sorriso stampato in faccia, come se avessero bevuto una pozione d’amore, anche se loro erano già innamorati da parecchio tempo. Mentre avanzavano parlavano, come riuscivano a fare per ore intere, senza interruzione, la loro intesa era sorprendente, praticamente erano nati per stare insieme. Intanto quel posto pareva essersi magicamente trasformato in un piccolo paradiso tutto per loro, era così lontano dal mondo e stavano così bene lì in quell’angolino di felicità che non avrebbero mai voluto abbandonarlo. Mano nella mano avanzavano in mezzo a quella meraviglia di luogo fino a che una serie di scricchiolii sinistri interruppe la loro conversazione. Quando si fermarono, anche quelli cessarono. Era piuttosto sospetto, sembrava che qualcuno li stesse seguendo già da un po’. I due ragazzi si guardarono con fare interrogativo, stavano pensando entrambi alla stessa cosa, poi ripresero a camminare, e con loro ricominciarono i fruscii, questa volta più pesanti, come se si trattasse di passi attutiti dal suolo umido.
Eve bloccò Duff e si levò in punta di piedi per bisbigliargli all’orecchio:

“Qualcuno ci sta venendo dietro e non credo che sia ben intenzionato, sennò si manifesterebbe. Che facciamo?”

Stava pensando che se fosse stato uno dei loro amici sicuramente li avrebbe chiamati oppure non avrebbe fatto così tante reticenze, fermandosi ad ogni loro sosta. Decisamente non si preannunciava nulla di buono.

“Senti Eve, tu resta qui ok? Io vado a vedere un attimo indietro se riesco a capire di chi si tratta.”

“NO!” si lasciò sfuggire la ragazza prima di accorgersi di averlo detto a voce così alta che l’avrebbero potuta sentire. “No” ripeté sussurrando “non dobbiamo separarci, te l’ho detto che qui i posti si trasformano in un secondo, dobbiamo stare insieme.”

“Eve, non devi preoccuparti, ti ho trovato poco fa e non era cambiato proprio niente mentre visitavo il giardino, vedrai che se mi aspetti qui ti ritrovo, stanne sicura.”  E si avviò da solo fuori dal sentiero che stavano percorrendo. Eve iniziò a rincorrerlo immediatamente, ma come girò dietro un albero inseguendolo, la figura alta del biondo era completamente scomparsa. In meno di un minuto era rimasta di nuovo sola. A quel punto decise di tornare dove lui l’aveva lasciata, si sedette per terra ad aspettarlo, in fin dei conti non aveva molta scelta, se aveva detto che tornava, sarebbe tornato, come aveva sempre fatto. Magari era vero che quegli scherzi del giardino capitavano solo a lei. Sparito Duff sembrava fossero svaniti anche i rumori che li seguivano e questo era molto misterioso. Eve sperò sinceramente che non succedesse nulla di brutto a Duff in sua assenza. Mentre pensava al ragazzo, come per magia il suono di passi veloci iniziò a sentirsi sempre più chiaro ed Eve scattò in piedi felice, era sicura al cento per cento che si trattasse del biondo così iniziò a chiamarlo mentre gli correva incontro. In men che non si dica sbatté violentemente contro un ostacolo e cadde a terra picchiando la schiena. L’impatto fu così forte e inaspettato che le mancò il respiro, sembrava che fosse andata a sbattere contro il marmo.

“Eve … Eve!”

La ragazza aprì i suoi occhi azzurri ancora dolorante.

“Perché stavi chiamando Duff?”

Il suo ostacolo era in piedi, dritto davanti a lei.

“Ero … ero con lui prima, l’ho incontrato e stavamo cercando di uscire da qui. Speravo di trovarti…”

Era turbata alla vista di Axl, sembrava che ci fosse qualcosa di strano in lui, molto strano. Era tutto il pomeriggio che non era lo stesso di sempre, ma adesso era ancora più inquietante del solito. La cosa peggiore era che non capiva cosa gli stesse succedendo. Il rosso l’aiutò a rialzasi, ma quando la prese per mano Eve sentì un brivido percorrerle la schiena. Era come se quel contatto fosse stato pregno di negatività. Le note sinistre di Venus In Furs le saettarono in testa e questo la mise ancora più in soggezione.

“Dimmi e quando speravi di trovarmi, prima o dopo averlo baciato?!”

Axl iniziò ad accarezzarle le spalle dolcemente, con una tranquillità innaturale e feroce. Eve rimase senza parole, continuò a guardarlo attonita ed immobile, inconsciamente consapevole di quello che sarebbe avvenuto a breve.

“Anzi aspetta, magari dopo essertelo scopato eh? Finisce sempre così, te lo scopi e poi torni da me, come se non fosse successo nulla, come se io fossi il coglione di turno da fare fesso! Ma guarda che ti sbagli carina, nessuno mi prende in giro …”  mentre diceva quelle parole afferrò le braccia della ragazza con una presa ferrea,  come una tenaglia, affondando le unghie nella sua pelle diafana.

“Axl, per favore, mi stai facendo male.” Eve spaventata tentò di protestare, ma non servì a nulla. Il bel viso di Axl era trasfigurato dalla rabbia, completamente irriconoscibile. 

“Cosa pensavi di fare eh? Di fregarmi?” le urlò contro scuotendola con violenza. “Credevi che non lo sarei venuto a sapere, che te la spassavi con quel biondo del cazzo mentre stavi con me?”

Le prese il viso con una mano stritolandolo come se volesse romperlo “Sei solo una stronza come le altre …”. Eve stordita si sentiva come un fuscello d’erba in balia di un tornado, senza forze per reagire a quella furia che si era scatenata nel ragazzo.

Poi improvvisamente Axl la lasciò andare, sembrava essersi calmato, di punto in bianco la rabbia violenta era scomparsa. Le accarezzò i capelli, il gesto più dolce del mondo, come se lei fosse una bambola di porcellana, “ … ma tu sei mia, hai capito? Mia. E di nessun altro.” Quelle parole dette con gelida serenità la spaventarono ancora di più dei maltrattamenti che aveva appena subito. Era chiaro che il rosso aveva perso il controllo, definitivamente, traspariva dai suoi occhi di ghiaccio che la guardavano come se volessero sbranarla all’istante e dal suo sorriso sottile come un rasoio. Il ragazzo si avvicinò ed Eve si sentì rimpicciolire di fronte a lui. La baciò con forza, come per esercitare un diritto di possesso su di lei, per dimostrare che era davvero sua. In meno di una frazione di secondo l’istinto di sopravvivenza soppiantò la paura nella ragazza che morse il labbro di Axl e, approfittando del suo stordimento, lo spinse a terra con tutta la forza che aveva. Iniziò a correre a perdifiato, veloce come non aveva mai fatto. Grosse lacrime di dolore e di paura le scorrevano sul viso annebbiandole la vista ma se ne curava doveva andare lontano, il più possibile. Sentì la voce irata di Axl che la richiamava gridando. Eve commise l’errore di guardarsi alle spalle per vedere dove si trovasse il ragazzo, con suo orrore era più vicino di quello che avesse pensato e con uno slancio le afferrò la maglietta e le fu addosso. Caddero a terra entrambi e la ragazza si trovò con il rosso sopra a cavalcioni che la bloccava. Eve vide che nei pantaloni aveva la mappa che gli avevano consegnato all’ingresso ‘Se solo riuscissi a prenderla poi riuscirei a uscire.’ pensò. Si dimenò sotto il peso del ragazzo cercando di liberarsi e più ci provava più lui tentava di placarla, finché lei non riuscì a raccogliere una manciata di terra e gettargliela negli occhi. Il ragazzo lanciò un urlo bestiale ed Eve gli strappò la cartina di dosso e ricominciò a correre. Questa volta non doveva farsi prendere o sarebbe stata la fine. Proseguì ma non vedeva più dove si stava dirigendo complici anche i rami delle piante che la schiaffeggiavano in volto e sul corpo come delle fruste. Era doloroso, tutto quello che stava vivendo era la manifestazione di una delle sue più grandi fobie, la rabbia di Axl, quella furia cieca e irrazionale che non avrebbe mai voluto vedere si era appena lanciata contro di lei. Era stata una stupida, infantile utopia quella di pensare che avrebbe potuto accettare la sua relazione con Duff. Sentì una fitta alle reni, proprio dove aveva ricevuto il colpo quando era caduta a terra poco prima. Controvoglia dovette fermarsi, ma approfittò del momento per guardare la cartina. La aprì speranzosa di trovare aiuto, una via di fuga ma quando l’ebbe davanti agli occhi la disperazione si impossessò di lei. Sembrava impossibile ma era completamente bianca, bianca! Non c’era segnato niente. Vuota.

“Bambiiina … se ti perdi, nessuno ti può mostrare la via d’uscita. Solo gli stupidi pensano di uscire integri da qui e di sfuggire alla danza del giardino. Torna qui da me, avanti… vieni da me bambina ….”

Eve si sentì gelare dentro, la voce di Axl era oltremodo cattiva, quasi malefica e quella cantilena che stava ripetendo senza interruzione era inquietante. Si sentiva come dentro il peggiore dei film dell’orrore, di quelli che guardava in TV e davanti ai quali rideva per la stupidità dei protagonisti.
Si gettò fulminea tra le grandi radici contorte di un albero di ebano, rannicchiandosi il più possibile per non essere vista. Stava tremando fuori controllo e sperava con tutto il cuore di potere avere qualche minuto per riprendere fiato. Pregò che qualcuno si accorgesse della sua scomparsa, non le importava più di fare la figura della stupida, voleva solo che qualcuno venisse a prenderla per farla uscire da quel giardino e tornare nell’aria aperta. Non voleva tornarci mai più, anzi voleva proprio cancellarlo dai suoi ricordi insieme a tutto quello che vi era accaduto. Chiuse gli occhi, cercando di controllare il suo respiro, auto-convincendosi che tutto sarebbe andato per il meglio. Così, nel buio, riusciva a sentire meglio. Silenzio, sembrava che non ci fosse nulla di sospetto, solo il cinguettio lieve di qualche uccellino e il tamburellare impazzito del suo cuore. Restò vigile in quella posizione senza muovere un solo muscolo per un po’, forse era seriamente riuscita a seminare Axl.

Poi i petali freschi e setosi di un piccolo fiore le sfiorarono leggermente la guancia, profumava di dolce. Eve aprì gli occhi lentamente, per paura di trovarsi davanti chissà quale orribile sorpresa e con immenso stupore e infinito sollievo si accorse di essere ancora sul suo balconcino di casa, sdraiata sulla sedia con vista sull’oceano. Il sole oramai stava tramontando e il bicchiere di margarita sul tavolino era completamente vuoto. Accovacciato di fianco a lei c’era Duff, vestito di nero come suo solito, che la osservava con dolcezza.

“Buongiorno stella.”

La ragazza ancora intontita e turbata dal sonno agitato si stiracchiò e gli fece un sorriso salutandolo con un timido e sonnolento ciao. Duff, senza spostarsi, le mise in grembo quel fiorellino fucsia e le passò una mano tra i lunghi capelli biondi per poi ripercorrere con l’indice i lineamenti del suo viso. In quel momento Eve capì che era stato tutto un incubo in cui eventi recenti della sua vita si erano mescolati ed erano stati trasfigurati dalla sua psiche insieme a certe paure che erano sempre rimaste inconsce. Ma certo, era passato il tempo in cui lei e Duff dovevano fingere di non volersi, passato il periodo in cui lei non sapeva come comportarsi con Axl per paura della sua reazione e per timore di ferirlo. Quei giorni erano solo un vecchio ricordo e Axl, a differenza del suo sogno, non aveva mai provato a torcerle un solo capello o a ripiegare la sua rabbia in modo violento su di lei, anzi era stato molto comprensivo, quasi sapeva che lei non era innamorata di lui e che prima o poi quella separazione sarebbe arrivata. Alla fine le aveva augurato ogni bene ed erano rimasti buoni amici. Era ancora estremamente gentile ed affettuoso con lei. Mentre pensava a tutte quelle cose il biondo si era fermato a contemplarla. Le  prese una mano e intrecciò le sue dita a quelle di lei e per poi dirle con un infantile entusiasmo:

“Non sai cosa ti sei persa, quel giardino era un posto fantastico, quasi magico. Incredibile! Non riusciresti mai ad immaginarti una cosa simile.”

Eve guardò il fiore che le aveva portato Duff, identico a uno dei tanti che aveva sognato, e le scappò una risata divertita, “Oh no, certo che no, sono sicura che nemmeno in sogno ci  riuscirei!”.

   
 
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