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Autore: xhellsangel    11/12/2011    2 recensioni
Dicono che gli opposti si attraggono, pensavo fosse una grande cazzata.
Marta. Sedicenne -quasi diciassettenne- con una vita normale, da quest'ultima non pretende niente. Sa che non può avere tutto, ma ciò che può avere, lo pretende. Non è mai stata innamorata, è in uno stato di credo/non credo in questo sentimento.
Mattia. Diciassettenne irritante come pochi, attraente come nessuno. Non cerca niente di serio nella vita, si diverte a cambiare le ragazze come un paio di mutande, poiché è estremamente consapevole delle sue doti. Vuole divertirsi, solo divertimento.
Cosa potrebbe succedere se le loro vite si incrociassero?
Disastro.
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Capitolo 3:
la sigaretta

 


 

Avevo una marea di difetti, ma quello che proprio dovevo eliminare urgentemente, proprio per questione di vita o di morte, era il farmi convincere troppo facilmente dalla mia migliore amica.
Si, era riuscita ad incastrarmi di nuovo e a costringermi ad accompagnarla in palestra, nonostante fosse uno degli ultimi luoghi in cui avrei voluto mettere piede.
Le palestre non erano affatto per me, e aveva la sicurezza che se tutti fossero stati come me, gli allenatori sarebbero tranquillamente potuti morire di fame, in quanto io ero la modalità a risparmio energetico.
- E così hai detto al figone uno dei tuoi segreti? - borbottò Giorgia.
Detto così sembrava qualcosa di serio, e servì solo a peggiorare il mio già evidente mal'umore.
Incrociai le braccia al petto, arrabbiata con me stessa, con lui e con il mondo; ormai mister soloiosonofigo aveva capito quale fosse il mio punto dobole: sfidarmi, ed era sicuro che gli avessi rivelato -incosciamente- qualunque cosa lui mi avesse posto sottoforma di sfida.
E certo, poiché stupida qual'ero, per cercar di difendere il mio orgoglio, mi cacciavo in situazioni ancora più contromettenti; ah, si, riuscivo pure a fare figure di merda, tipo rischiare di strozzarmi con un bicchiere d'acqua davanti ai suoi occhi.
- E' un coglione, ma io sono due punti peggio di lui.- sospirai.
Riusciva a farmi perdere il controllo, mi urtava anche solo respirando.
Odiavo il suo modo di pormi tutto come una sfida, riuscendo sempre a farmi sbottare ed infuriare; magari sarei potuta tornare ad una settimana prima, quando l'avevo incrociato nelle scale e, invece di chiedergli scusa, sbatterlo con la faccia al portone o -come avevo tentato il giorno prima- mettergli uno sgambetto mentre camminava nel corridoio della nostra scuola. 
 
 
Flashback.
- Ehi Mat - lo chiamò Facini, Marco Facini, lo sopportavo da troppi anni per riuscir a digerire ancora il suo comportamento infantile.
Vidi Morici girarsi di scatto e fulminarlo con lo sguardo. 
- Che cazzo ti gridi? Merda, sto ancora scazzato per essermi svegliato cinque minuti fa.- sbottò, ovviamente, la finezza in quel ragazzo mancava del tutto.
Lo sopportavo da quasi dieci giorni ed iniziavo già ad averne abbondantemente di lui e i suoi modi di fare, della sua arroganza, del suo sentirsi superiore a tutti, di lui che credeva di essere l'unico ragazzo scopabile sopravvissuto sulla faccia della terra.
Un'idea mi balenò alla testa, non molto crudele, o almeno non oltre i limiti di quanto lui meritasse, sempre se esistessero dei limiti. 
Era a pochi passi da me.
- Ehi Morici.- borbottai; odiavo salutarlo, poiché lui non si degnava di farlo mai.
Lo vidi alzare lo sguardo da terra e disegnarsi un'aria scocciata in faccia, insopportabilmente insopportabile. 
Allungai leggermente il piede in avanti, accidentalmente, davanti ai suoi di piedi.
- Oh merda! - lo sentii esclamare sbarrando gli occhi, fissando davanti a lui.
Mi sporsi leggermente con la testa, guardando verso dove guardava Morici.
Niente di insolito, Facini con Raimondo Angelotti, quest'ultimo era lo sfigato di turno, talvolta mi faceva pena star a guardare come si divertivano a sue spese; più a destra c'erano delle ochette che si specchiavano e qualche professore che entrava ed usciva dalla sala insegnanti.
- Che cazzo è successo? - chiesi stranita.
Lo vidi alzare la mano, e darmi un ceffone non troppo forte sulla fronte.
Sua mano+mia fronte = la sua fine. La matematica era uno dei miei nemici peggiori, ma Morici mi aveva insegnato che c'era una prima volta per tutto.
- Tira via la zampa, Cuneo.- ghignò odioso; ritrassi istintivamente il piede, ma solo per tirarglielo dove il sole non batteva, magari per renderlo sterile.
- Fottiti - sbottai mentre sul suo volto si disegnava un ghigno strapieno di strafottenza ed arroganza; avere un rapporto civile con quella sottospecie di essere umano era impossibile.
Anche se, forse, avevo iniziato io. 
- Ci pensano già le altre a farlo, non preoccuparti. Ciao Cuneo, stammi bene.- 
Lo odiavo. Lo odiavo. Lo odiavo. Lo odiavo. Lo odiavo. Lo odiavo. Lo odiavo.
Certo, perché a mister soloiosonofigo le ragazze cadevano come pioggia, in quantità indecifrabili, peccato che io non fossi tutte, peccato che non avrei avuto un rapporto civile con lui neanche se fossimo rimasti gli ultimi due essere viventi sulla faccia della terra.
- Tirati su i pantaloni, Morici, non tutti ci teniamo a guardare il tuo fondoschiena, sai? - operazione salva-la-tua-dignità in corso.
- Parla per te.- urlò schioccando la lingua contro al palato, girandosi un'ultima volta. 
Guardò alle mie spalle e strizzò l'occhio destro a qualcuno, e proprio perché dicono che la curiosità è donna, mi girai per verificare a quale oca l'avesse fatto.
Ma certo, la Cabassi. Sara Cabassi. La solita troia che la dava a tutti. 
Starnazzava con le altre ochette, dandosi a gomitate e ghignando mentre fissavano lo stronzo. 
Cosa si poteva trovar di bello in un ragazzo così irritante?
Un ragazzo che nonostante fosse due metri più avanti, aveva lasciato dietro di se una scia di profumo fin troppo buona per poterlo ammettere?
- Quante cazzo di volte ancora ti devo ripetere che sto nomignolo te lo devi ficcare su per il culo? - fu la frase che rivolse a Facini.
Scossi la testa ormai rassegnata, quel ragazzo era un caso perso e mio malgrado, dovevo sopportarlo ancora, ancora e ancora.
 
 
- Scommetti che uno di questi giorni vi saltate addosso? - fu la voce di Gio a riportarmi coi piedi per terra, nella cruda e vile realtà che mi costringeva ad averlo come compagno di banco.
- Si, per scannarci.- ironizzai.
Lei davvero credeva che tra me e Morici potesse esserci qualcosa in più di un odio reciproco.
Oppure potevo fare come in uno di quei film in cui la ragazza sposa il tizio che odia poi, durante la prima notte di nozze, prova a soffocarlo.
No, mi avrebbe rovinato la vita peggio di com'era adesso, bisognava cercare un piano B.
- Vabbé, sarà il tempo a parlare.- sbuffò.
- Qui dentro inizia a mancarmi l'aria, vado a fare un giro fuori.- sbottai avviandomi verso l'uscita; avevo sempre odiato i posti chiusi, soprattutto quelli affollati, per non parlare delle palestre e quei strani odori che emanavano determinate persone.
Uscii all'aria aperta e, appena fui fuori, ispirai una boccata d'aria per riempirmi i polmoni. 
Amavo prendere grandi boccate d'aria dopo che mi ero sentita oppressa, era come rinascere dopo essere stati soppressi. 
Mi sentivo piena ed appagati, che strana tipa che ero.
Un po' di passi avanti a me c'era un ragazzo girato di profilo, stava fumando. 
Quelle labbra che si chiudeva attorno alla sigaretta.
Quelle stesse labbra che si aprivano in un ghigno strafottente.
Il naso perfetto. 
I jeans a basa vita.
Il fisico slanciato.
Morici.
Quel tizio era una persecuzione in piena regola, me lo ritrovavo ovunque io mi girassi.
A scuola, nelle scale, in palestra, per strada, speravo solo di non ritrovarmelo nel letto.
Feci una smorfia di disgusto riflettendo sull'ultima mia frase.
Pancia in dentro, petto in fuori. 
Non stavo andando a combattere una guerra, non mi stavo armando per onorare la mia patria, ma stavo per affrontare il mio nemico.
Quando fui a quattro o cinque passi da lui, tossicchiai tanto per farlo sentire in colpa, tattica che funzionava sempre con i fumatori, ma ovviamente con lui fu inutile in quanto mi sarei anche potuta accasciare ai suoi piedi, ma dubitavo che avesse mosso un dito per aiutarmi.
Si girò quel poco che bastava per incrociare i miei occhi e mi esaminò, dal primo capello, all'ultimo laccio delle scarpe, e mi sentii proprio come se fosse in atto una radiografia. 
Poi tornò a guardare da un altro lato.
- Potresti salutare, non mordo, sai? - sbottai infastidita.
Andava bene il concetto 'ognuno per la propria strada, non parlarmi, non guardarmi, non toccarmi', ma infine eravamo vicini di banco, vicini di casa, compagni di sventura, ragazzi legati da odio reciproco. 
Sapevo essere davvero sentimentalista quando volevo.
- Si, ciao Cuneo - sbottò senza degnarmi di mezzo sguardo, continuando a fumare la sigaretta quasi giunta alla fine.
Gliela sfilai dalle dita, con un gesto unico e la portai alle mie di labbra.
Feci un tiro, lasciai che il fumo penetrasse nel mio corpo, poi fui scossa da una strana sensazione: il battito cardiaco mi accelerò per una frazione di istanti, per poi decelerare.
La sigaretta che ora era a contatto con le mie labbra, era stata sulle sue labbra, tra le sue labbra; non sapevo se provare disgusto, se dovermi disinfettare la bocca, o altro. 
- Ti hanno mai detto che scassi i coglioni di brutto? - sbuffò girandosi verso di me.
Feci spallucce, per poi fare un altro tiro e gettare nell'angolo della strada la sigaretta.
Non mi piaceva fumare, avevo ancora vividi dentro di me i ricordi della prima volta che lo avevo fatto; ero stata male un giorno intero, quella sensazione di avere all'interno del proprio corpo un qualcosa di non tuo, qualcosa di inaccettabile tal volta, qualcosa che si fondeva con la propria anima, impadronendosi di uno spazio tutto suo, imponendoti la propria presenza: inaccettabile. 
- Probabile, ma non sei da meno, tu.- sospirai in tono rassegnato, con un piccolo sorriso nascosto tra le labbra.
Era una giornata molto fredda per essere solo fine settembre e i suoi occhi -solitamente screziati dall'azzurro- erano completamente verdi, senza alcuna sfumatura.
Aveva un'espressione più scocciata del solito, più strafottente rispetto ai suoi canoni giornalieri,  e meno arrogante come se fosse mentalmente stanco per sfogare il suo stupendo carattere, cosa davvero strana.
- Mi stai per caso seguendo? Ti trovo dove cazzo mi giro, giro - sbottò sbuffando.
Io seguire lui? Ma per favore. 
La mente di quel ragazzo escogitava davvero pensieri fantasiosi, usare la fantasia andava bene, ma non bisognava abusarne, come sembrava aver appena fatto Morici.
Gli scoppiai a ridere in faccia, letteralmente, lasciandogli intendere che avesse appena detto la cazzata dell'anno: non ero io l'ultima arrivata, quindi toccava a lui evitarmi. 
- Dimmi che stai scherzando! - risposi inarcando il sopracciglio destro.
Arricciò leggermente l'angolo della bocca, con una smorfia del tipo 'saresti capace di tutto'.
Ma fui distratta quando sentii il rumore di una vibrazione, ma non poteva essere il mio cellulare dal momento che lo tenevo in modalità normale.
Vidi la mano di Morici scorrere nella tasca anteriore dei jeans e sfilarne un iPhone 4, strabuzzai gli occhi alla vista di quel cellulare; avevo cercato di convincere mio padre a regalarmene uno, c'avevo provato per interi mesi, ma come risposta ricevevo sempre una misera frase come:"tesoro hai avuto il tuo black barry pochi mesi fa."
- Pronto? - la sua voce scocciata fu accompagnata da uno sbuffo.
Lo vidi assottigliare gli occhi, fino a ridurli a due fessure.
- Si, si. Ok, ora arrivo. Ciao.- chiuse la conversazione dopo pchi secondi.
Ed infilò di nuovo il cellulare dove lo aveva estratto poco prima. 
- Dove vai, Morici? C'è davvero qualche essere umano capace di sopportarti? - ironizzai cercando di irritarlo, almeno un tantino.
Lo vidi esaminarmi con uno di quei sguardi scocciati, quasi non avesse neanche voglia di rispondermi a tono, ma nella sua presenza ravvicinata, fu inevitabile dover ammirare i suoi occhi: erano di un colore talmente vivido che sembravano potessero penetrarmi l'anima, fino a leggere anche l'ultimo dei miei segreti. 
Ingoiai un magone di saliva, per cercar di distrarmi, mi serviva assolutamente un diversivo per non fissarlo con una faccia da pesce lesso.
- Tu che dici? - davvero si aspettava una risposta positiva? 
- Io dico di no - risposta che in tal caso non arrivò, non sarebbe mai arrivata. 
Scrollò le spalle con disinvoltura, tanto per far capire che non gliene importava un cazzo.
- Questo lo dici tu, ed è qui il problema, tu credi di conoscere tutto e tutti e poter giudicare senza sapere niente.- mormorò.
Osservazione troppo saggia per essere attribuita a Morici, per poter esser uscita dalla sua bocca, ma, tuttavia, improvvisamente mi vergognai come una ladra di quel mio comportamento, non pensavo che sarebbe mai potuto arrivare quel momento, ma.. aveva ragione.
Mi limitai a sospirare, sconfitta, mordendomi la lingua pur di non rispondere.
- E comunque, si, mi sopportano benissimo, soprattutto le ragazze. E devo dire che non scazzano gridando come fai tu, quasi spaccandomi i timpani, anzi, urlano in un modo che, dio mio, le ascolterei per ore.- ghignò, tornando allo stesso livello di coglionaggine.
Lo.Odiavo.
Io.Odiavo.Morici.
Certo, perché Mattia Morici cambiava le ragazze come un paio di mutande, perché su di lui non avevano niente da ridire, perché lui era mister soloiosonofigo. 
Per quanto mi costasse ammetterlo, anche le voci di corridoio erano molto intense e popolavano i bagni femminili: 'Mattia, dio mio, quel ragazzo mi farà morire un giorno all'altro. Mi eccita anche solo guardarlo, e poi cazzo se è dotato.'
Dotato di poco cervello, assolutamente si.
- Vaffanculo.- sbottai quando era troppo lontano, oramai.
Ovviamente non aveva salutato prima di girare le spalle ed andarsene, perché doveva rendermi certa del mio odio verso di lui, il quale ribolliva incandescente dentro di me. 
Ed era tanto distante da non sentire il mio insulto, un isulto che meritava pienamente poiché sgorgava dal mio cuore, un insulto che sentivo fin dentro l'anima. 
Ma, tuttavia, era troppo vicino poiché io potessi smettere di sprizzare odio da tutti i pori. 
Era odio, si. 
   
 
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