Serie TV > The Mentalist
Segui la storia  |       
Autore: abigail05    13/12/2011    1 recensioni
- Tu devi essere Allison, vero? - la ragazza annuì debolmente con il capo, ma non parlò,  tornò invece a fissare quello sconfinato vuoto in cui sembrava volersi rifugiare...
Genere: Drammatico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<  
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Version:1.0 StartHTML:0000000202 EndHTML:0000023104 StartFragment:0000002448 EndFragment:0000023068 SourceURL:file://localhost/Users/mac/Desktop/Angy/scritti/IL%20FILO%20ROSSO%20DEL%20DESTINO.doc

Allison, come aveva previsto Patrick, non si era allontanata dalla centrale, al contrario, era seduta su una panchina alla destra dell’entrata, nascosta da due cespugli di ortensie, le gambe strette al petto e il viso nascosto tra le ginocchia. Emetteva flebili singhiozzi, come cercasse di non farsi udire da nessuno. Patrick uscì dalla centrale e scese i tre scalini annessi al viale principale; udì un gemito e superò il cespuglio, per scoprire Allison sulla panchina. Si sentì in colpa di averle detto quelle cose e vederla piangere nella stessa posizione in cui l’aveva trovata nella casa dei James, lo riempì di rammarico. Si accomodò affianco e lei ed accavallò le gambe.
- Mi dispiace - sussurrò con la sua voce calda ed affabile. Allison alzò il capo con un rapido scatto, come se si fosse spaventata. Evidentemente non si era davvero accorta della presenza di Patrick, poiché il suo sguardo si rivelò del tutto sorpreso. Si asciugò le lacrime e si mise a sedere composta, palesemente impacciata ed imbarazzata.
- Mi… Mi scusi. Non avrei dovuto reagire a quel modo - biascicò soffocando le parole negli ultimi singhiozzi che la percuotevano. Patrick rimase chiaramente colpito dalla sua affermazione e restò con la bocca aperta a fissare la giovane ragazza. Perché mai doveva scusarsi con lui? Dopotutto l’aveva trattata ingiustamente. L’uomo sembrò molto confuso, non si sarebbe mai aspettato tale reazione. - Mi sono comportata così per il semplice fatto che tutto ciò che ha detto è vero - aggiunse Allison, i cui occhi già iniziavano a riempirsi di lucide stille.
- Non volevo farti del male. Ho davvero esagerato - Allison lo guardò perplessa - Generalmente capisco immediatamente il carattere, i gusti e le abitudini di una persona solamente osservando con attenzione i suoi movimenti o le sue espressioni. Volevo accertarmi che le ipotesi che avevo formulato su di te fossero correte, ma ho lasciato andare troppo la corda. Mi dispiace - lo sguardo attonito di Allison si ammorbidì in un sorriso, il quale, tuttavia, celava una traccia di triste amarezza.
- Non c’è molto da capire in me - disse cercando di rendere la sua frase una battuta ironica.
- No invece - la risposta di Patrick fece sussultare Allison - Tu sei la prima persona, in tutta la mia lunga carriera, che ha reagito diversamente da come avevo previsto. Ho capito immediatamente che sei una ragazza tranquilla ed educata, perciò ti ho detto quelle cose, ma giuro che non avrei mai potuto prevedere la tua reale reazione - Allison rimase interdetta e interpretò l’affermazione di Patrick quasi come un rimprovero, per tale ragione chinò il capo ed abbassò lo sguardo pentita         - Non era un rimprovero, tranquilla - chiarì immediatamente Patrick e scoppiò a ridere, contagiando un debole sorriso anche alla ragazza, le cui guance si imporporarono - E sei anche la prima persona che mi chiede scusa dopo essere stata trattata ingiustamente da me - Allison lo fissò intensamente, scrutando con maggiore attenzione i suoi contorni, così affascinanti e dolci. Si sentì subito al sicuro al suo fianco e non riusciva a spiegarsi la strana sensazione che stava provando: era come se con lui potesse sfogarsi e potesse trovare conforto, come se condividessero un destino simile.
- Avevo finalmente trovato una famiglia, una vera famiglia - mormorò indirizzando nuovamente lo sguardo sui lacci delle sue scarpe. Patrick sentì una presa stringergli il cuore in una morsa, provava una pena sconfinata di fronte ad Allison, vissuta per quindici anni in un orfanotrofio, senza genitori, senza una madre e un padre che la cullassero prima di addormentarsi o che le raccontassero le favole la sera o la aiutassero a fare i compiti. In fondo i loro destini non erano poi così diversi, anche lei come lui aveva perso la famiglia.
- Sono sicuro che troverai un’altra bellissima famiglia in cui stare - cercò di consolarla Patrick, ma notò che i suoi sforzi furono completamente vani, Allison, infatti, scoppiò di nuovo a piangere e si portò le mani sugli occhi, tentando disperatamente di frenare le lacrime che sgorgavano incessantemente sulla sua pelle, provocandone un fastidioso pizzico.
- Non voglio tornare in orfanotrofio - la morsa di pietà strinse ancora di più il cuore di Patrick, su cui era posato lo sguardo supplichevole e tristemente determinato di Allison - Non voglio - ripeté con voce sommessa. Questa volta l’uomo non trovò le parole per rispondere. Appoggiò gentilmente la mano sulla spalla della ragazza, stringendola con delicatezza, ma infondendole ugualmente un po’ di vigore. Entrambi ne avevano bisogno.
- La ringrazio - sussurrò Allison timidamente, percependo in quel tocco un appoggio solido e il calore di un affetto che non aveva mai provato.
- Ti prego, non c’è bisogno di essere formali. Dammi pure del tu - disse Patrick sorridendo. Un riso sincero e tenero si dipinse sul viso della ragazza e Patrick percepì un velo di lacrime pizzicargli gli occhi per la commozione di fronte a quel volto puro e coraggioso.
- Grazie - rispose allora Allison e sorridendo rivelò la fila ordinata di denti eburnei, che le donavano un tocco di spensierata fanciullezza. Patrick assunse improvvisamente un’espressione meditabonda e concentrata, che si mutò quasi subito in un sorriso.
- Mi è venuta un’idea -
 
- Avete notato come si comporta in modo strano Jane? - commentò Rigsby, mentre giocherellava con il filo del telefono.
- Lui si comporta sempre in modo strano - ribatté Cho senza nemmeno voltare lo sguardo dal monitor del computer al collega.
- Rigsby ha ragione - s’intromise Van Pelt - Allison sembra avere una particolare influenza su di lui-
- Forse gli ricorda la sua famiglia e basta - chiarì Lisbon raggiungendo le scrivanie straripanti di fogli e documenti.
- Oh oh oh - esclamò Cho avvicinandosi con evidente sorpresa allo schermo del monitor e portandosi una mano sotto il mento, stuzzicando la curiosità dei suoi colleghi, i quali gli si fecero appresso.
- Che cosa hai scoperto? - domandò Lisbon, ma trovò la risposta sul computer, la cui scheda internet rivelava informazioni sconcertanti. Si sollevò un verso di stupore misto a pietà e Van Pelt si portò una mano al cuore.
- Povera ragazza. Povera Allison - mormorò la donna e fu chiaro che anche gli altri condividevano i suoi pensieri. Proprio in quel momento irruppero Patrick ed Allison e un silenzio imbarazzante calò tra i sei.
- Ragazzi, ho una notizia da darvi - annunciò Patrick con voce squillante. Acquistò la sua consueta espressione serafica ed allegra, tipica di quando stava per combinare qualche piano ingegnoso e avventato al contempo - Allison resterà con noi fino alla fine delle indagini -
- Cosa? - a dispetto di quello che si aspettava Patrick la domanda non gli fu posta da Lisbon, bensì da Allison stessa, la quale si era voltata verso di lui.
- E’ una buona idea, non vi pare? - Allison rimase interdetta, così come i colleghi di Patrick, i quali avevano sul volto un’espressione sorpresa mista ad interesse. La giovane non voleva affatto essere d’intralcio nelle indagini, ma la tentazione di accettare era troppo forte e l’idea di tornare in orfanotrofio la spaventava troppo. Era disorientata, tuttavia il tocco delle mani calde di Patrick sulle sue spalle la tranquillizzava. Si voltò e lo fissò smarrita, come per cercare una soluzione nei suoi occhi.
- Non posso. Sarei d’imbroglio - mormorò timidamente ed in risposta ottenne un suo sorriso.
- Non scherziamo! Non sei mica un catafalco! - ironizzò per alleviare la tensione che si stava lentamente avvertendo fra di loro.
- Patrick ha avuto un’ottima idea secondo me - lo appoggiò Van Peltt guardando Allison teneramente e guadagnandosi, a sua volta, uno sguardo compiaciuto e grato di Patrick.
La giovane sentì lacrime di commozione pizzicarle gli occhi, ciononostante qualcosa la fermava, forse la nota di disappunto comparsa sul volto di Lisbon, la quale sembrava stesse macchinando contorte meditazioni nella sua mente.
- No, davvero io… - Allison volse il capo verso il muro di fronte a loro e per un attimo le parve di non essere più in grado di respirare. Era come se le avessero sfoderato un violento pugno nello stomaco, un pugno che le aveva smorzato il fiato e le aveva rotto la voce in gola; iniziarono a tremarle le ginocchia e un forte capogiro la travolse come un’inarrestabile valanga, trascinandola in un oblio di cupi ricordi, mentre nella sua mente riecheggiava la voce di un uomo che la chiamava per nome. Le gambe in breve cedettero, non riuscendo a sostenere il peso del suo corpo, ed Allison si lasciò scivolare a rilento sul pavimento, raggomitolandosi contro la porta da cui erano entrati poco prima.
- Allison - la voce di Patrick la riportò alla realtà, ma la sua mente ancora navigava in quei lontani ricordi. La figura dell’uomo si chinò di fronte a lei, tuttavia Allison non ne colse che contorni sfuocati, poiché le sue pupille erano impresse unicamente su quella fotografia, che pareva fissarla maliziosamente. Patrick seguì lo sguardo della ragazza e rivelò lo scatto seminascosto del marchio di John il Rosso, che avevano appeso i suoi colleghi tra le altre innumerevoli foto. Per averla notata in mezzo a quella confusione doveva avere una forte influenza su Allison, rifletté Patrick.
- Togliete quella foto - ordinò indicandola con il dito. Il respiro di Allison si faceva sempre più affannato e la giovane percepì un minaccioso formicolio alle mani, le quali cominciò a sfregarsi nella vana speranza di scacciarlo. Patrick la arrestò afferrandogliele ambedue, per evitare di far accrescere l’ansia della ragazza, che l’avrebbe addirittura portata allo svenimento.
- Per l’amor del cielo, togliete quella foto! - esclamò aumentando il tono di voce. Cho scattò verso il muro e la strappò con irruenza, rivolgendo poi uno sguardo preoccupato ai suoi colleghi: nessuno, tranne Patrick, era riuscito a spiegarsi l’improvvisa reazione di Allison.
- Allison guardami. Guardami - Patrick le afferrò delicatamente il volto tra le mani, costringendola a posare gli occhi sul suo volto - E’ tutto passato, ok? E’ tutto passato - seguì un momento di silenzio, rotto solamente dagli ultimi sussulti della ragazza, il cui respiro cominciava a farsi più rilassato, mentre il formicolio alle mani stava gradualmente svanendo.
- Era lui… Era… - biascicò parole sconnesse, cercando, tra una pausa e l’altra, di trangugiare la poca saliva che riusciva a secernere. Patrick le fece gentilmente segno di non parlare e di tranquillizzarsi.
- Calmati, non c’è più ormai - le prese una mano e gliela poggiò dolcemente sul diaframma, allo stesso modo fece lui con la propria - Fai un bel respiro profondo, come faccio io. Guarda - e si mise ad inspirare ed espirare appieno. Allison tentò di imitarlo, ma aveva il fiato ancora troppo tremolante ed il corpo percosso da brividi.
- Tranquilla. Inspira ed espira. Così, brava - Patrick sorrise e la scrutò con sguardo clinico - Va meglio adesso? - Allison annuì debolmente e lo fissò con gratitudine.
- Stai bene Allison? - le domandò Rigsby premurosamente, senza riuscire a tacere il suo sgomento. La ragazza si rese conto di essere quasi svenuta davanti a tutti loro ed il solo pensiero la riempiva di vergogna, il suo volto, infatti, si imporporò rapidamente e vampate di calore la investirono come schioccanti schiaffi. Patrick colse il suo imbarazzo e le sorrise teneramente.
- Non devi essere imbarazzata - le disse nella speranza di rincuorarla. Allison accennò un sorriso, ma l’immagine della foto ancora non abbandonava la sua mente, come se l’avesse avvolta  in un fitto intrico di rami spinosi, impedendole di respirare.
- Non è la prima volta che vedi il marchio di John il Rosso, vero? - mormorò l’uomo facendosi serio ed inarcando il sopracciglio, la tipica espressione che assumeva quando indagava sul conto delle persone.
- Sì - sussurrò la ragazza con voce sommessa e cercando disperatamente di cacciare indietro le lacrime.
- Nemmeno quando hai trovato i cadaveri dei tuoi tutori - per la seconda volta Allison confermò la frase di Patrick.
- Allora è vero - affermò Lisbon rammentando quanto appena visto sui dati del computer e si affiancò alla giovane, la quale nascose la mano dentro la manica della felpa e cominciò a sfregarla sul ginocchio.
- Hai paura di ricordare? - le domandò Patrick intuendo il suo timore.
- A volte riportare in vita il passato può aiutare a superarlo - la incoraggiò Van Peltt rivolgendole un riso affettuoso, che infuse un po’ di calore nel suo animo. Allison strinse i pugni ed inspirò profondamente, come se si stesse preparando per restare in apnea immergendosi in una massa di ricordi.
- La sera in cui i miei genitori sono morti io ero stata invitata alla festa di compleanno di un mio vicino, almeno, così è quanto mi è stato raccontato. I miei ricordi sono molto offuscati, tuttavia uno in particolare mi perseguita da quella notte. E’ stata la madre del mio vicino a trovare i cadaveri di mio padre e mia madre. La festa era ormai finita da un’ora e i miei genitori ancora non erano venuti a prendermi, inoltre non rispondevano né al cellulare, né al telefono di casa, così andò di persona a casa mia ed una volta entrata vide il marchio di John il Rosso. Quando la polizia era accorsa sul luogo del crimine mi era stato detto di non avvicinarmi e che sarebbe andato tutto bene. Continuavano a ripetermelo, ma io volevo sapere cos’era successo, volevo vedere. Così mi intrufolai in casa ed entrai nella loro camera da letto. Quella fu la prima volta in cui vidi il marchio, quel sorriso di scherno disegnato col sangue. Un poliziotto, accortosi della mia presenza, cominciò a chiamarmi per nome e mi trascinò via. Il seguito già lo conoscete - un tetro silenzio calò nell’ufficio. Nessuno ebbe il coraggio di parlare, non solo per la pena che provavano nei confronti di quella sfortunata ragazza, ma anche perché il medesimo destino lo condivideva Patrick.
- Non hai parenti qui che ti possano ospitare? - chiese Cho.
- No. I miei genitori sono di origine australiana, ma hanno lasciato il loro paese e le loro famiglie appena sposati -
- E quindi… - Lisbon non ebbe il tempo di terminare la frase che Patrick la interruppe, senza porsi troppi scrupoli.
- Sei stanca, vero? Ti andrebbe di riposarti sul divano? Dormire ti farebbe bene - disse l’uomo fissando Allison con infinita dolcezza. La ragazza annuì, poiché desiderava potersi distendersi e navigare liberamente nei suoi sogni, perciò si alzò in piedi barcollando e si lasciò accompagnare fino al divano dove Patrick era solito sdraiarsi e oziare.
- Tu non badare a noi, dormi serena. D’accordo? - lo sguardo ed il sorriso di Patrick sembrarono cancellare tutte le ombre del passato che si protendevano verso di lei e colse un’affinità tra i loro destini. Sicuramente è solo una mia impressione, pensò distendendosi sui cuscini e godendo del morbido abbraccio di quel divano. - Ecco la coperta - così dicendo le porse una trapunta colorata, dall’aspetto soffice e caldo. Allison se la portò fino al collo e rivolse un ultimo sguardo a Patrick.
- Grazie infinite - sussurrò prima di poggiare la guancia sul cuscino ed abbassare lentamente le palpebre, che caddero come due velari sui suoi occhi, per poi accompagnarla in un sonno profondo. Patrick rimase per un secondo in ascolto del suo respiro sereno e fievole, un suono che gli trasmetteva un’inaspettata pace e tranquillità.
- Povera ragazza - mormorò Van Peltt fissandola con rammarico.
- Lisbon, ti prego, falla restare con noi - la supplicò Patrick posando i suoi enigmatici occhi azzurri sulla donna, impettita nell’ordinaria posizione autoritaria ed intransigente.
- Mi dispiace, non possiamo - troncò così le aspettative dell’uomo e si diresse a passo spedito verso il suo ufficio, senza permettere ad alcuno di esprimere un proprio commento. Patrick ovviamente non si arrese al primo tentativo, perciò seguì la donna altrettanto lestamente e s’introdusse nella stanza.
- Non possiamo farla tornare in orfanotrofio - obiettò poggiando le palme aperte sulla scrivania e fissando Lisbon con sguardo austero.
- Purtroppo in orfanotrofio dovrà tornarci ugualmente, almeno fino a quando qualche famiglia non deciderà di adottarla -
- Ma… -
- Jane, non mi va di illuderla. Stare qui e poi tornare in orfanotrofio la farebbe soffrire ancora di più-
- Ti sbagli - Lisbon sbottò contrariata e scrutò l’espressione di Patrick - L’orfanotrofio appartiene al suo triste passato, tornarci è per lei come tornare al passato. Noi possiamo darle l’opportunità di fuggire, anche solo per pochi giorni, dai suoi ricordi, uno sbocco d’aria le farà bene, credimi. Inoltre… - Patrick s’interruppe e Lisbon rivelò una traccia di titubanza nel suo volto.
- Inoltre? - lo incalzò con evidente curiosità.
- Inoltre vorrei passare del tempo con lei -
- Come scusa? -
- Non pretendo che tu capisca, ma lo stesso destino ci accomuna. Anche a lei è stata strappata la famiglia. Quella ragazza ha solo bisogno d’affetto. Il suo carattere è forte, ma è pur sempre fragile - Lisbon non poté controbattere. Sapeva perfettamente cosa significasse non avere più i genitori e poteva capire i sentimenti di Patrick.
- D’accordo, ma cosa dico ai servizi sociali? -
- Inventati una scusa, tu sei brava a farlo - Patrick sorrise euforico e non riuscì a trattenere quel tocco di ironia e burla.
- Ti ringrazio per il complimento - rispose Teresa portandosi le mani sui fianchi e ridendo a sua volta.
- Non ti sarai offesa? - Patrick si mise a ridere ed uscì dall’ufficio, mentre Lisbon sbuffava divertita. Non ebbe nemmeno il tempo di sollevarsi dalla sedia che sulla soglia sbucò nuovamente l’uomo      - Grazie davvero, Lisbon -
 

TO BE CONTINUED...
  
Leggi le 1 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<  
Torna indietro / Vai alla categoria: Serie TV > The Mentalist / Vai alla pagina dell'autore: abigail05