Detto questo... dove eravamo rimasti? Ah già, a Rob che odia Kristen u.u Bahahaha che poi, cioè... Rob che odia Kristen... pfft. Non ci credo nemmeno se lo vedo u.u Certo, lei lo ha tradito ma... C'è sempre un ma. O almeno c'è sempre con noi! Hahaha
Okay, la smetto di blaterale e vi lascio al chappy che è bello lungo, ma immaginiamo che non vi dispiaccia lol! *-*
Ah, mi scuso per eventuali errori di battitura. Ho riletto un paio di volte ma magari qualcuno ci scappa sempre :S Hehe.
Buona lettura e grazie ancora *-*
Ci sentiamo in fondo e poi tra cinque giorni,
Cloe&Fio
PS: As usual ;) > suggerimento musicale
- POV Robert
- Non avevo chiuso
occhio e i postumi della notte insonne si facevano sentire ad ogni
persona
contro cui andavo a sbattere per sbaglio. Avevo chiesto scusa almeno
cinque o
sei volte da quando avevo messo piede in aeroporto e il bagaglio che
avevo
portato on me da New York era piccolo ma abbastanza ingombrante nelle
mie mani
al momento. Ero arrabbiato col mondo, furioso con Kristen, nervoso
all’idea di
dover rivedere Haley con una nuova consapevolezza. Terrorizzato al
pensiero di
doverle dire che ero suo padre e che non era dipeso da me non averlo
saputo
prima. Non sapevo quali erano le intenzioni di Kristen a riguardo. La
sera
prima non ne avevamo parlato e immaginai che lo avremmo fatto appena
atterrati,
con calma. Avevo il coltello dalla parte del manico. Avrei potuto
guardare mia
figlia negli occhi e dirle che sua madre le aveva mentito per tutto
quel tempo,
che l’aveva ingannata, che era colpa sua se io non avevo
saputo di lei fino ad
allora. Ma quando le scorsi da lontano e vidi il modo in cui Haley le
sorrideva, capii che non potevo farle questo. Kristen era tutto per lei
mentre
io ero appena un potenziale collega. Un completo sconosciuto.
Probabilmente non
mi avrebbe nemmeno creduto quando le avremmo detto che ero suo padre. E
d’altronde come poteva? Aveva sempre conosciuto un padre che
non aveva mai
avuto nemmeno il tempo di alzare la cornetta e farle un colpo di
telefono.
- Di nuovo sentii
montare la rabbia verso Kristen. Scoprire che avevo una figlia non era
stato
tanto destabilizzante quanto guardare negli occhi la donna che avevo
amato oltre
ogni limite e realizzare che aveva avuto il coraggio di non dirmi nulla
per
tutto quel tempo.
- E non lo avrebbe
fatto
se non l’avessi scoperto da solo. Come aveva potuto farmi una
cosa del genere?
Non avevo ancora una risposta a quella domanda se non le sue stupide
scuse
ingiustificate perché niente, niente al mondo, avrebbe mai
potuto giustificare
una cosa simile e glielo avrei fatto pesare.
- Kristen
alzò il viso e
incontrò il mio. Abbozzò un mezzo sorriso a cui
non riuscii a rispondere. E
dire che un tempo anche quella piccola curva sul suo viso mi faceva
tremare.
Haley si voltò e alzò le sopracciglia stupida
quando mi vide avvicinarmi a loro.
- “Hey!
E tu che ci fai
qui?” disse sorridendo mentre io salutavo, abbastanza freddo.
Non riuscivo
proprio a farne a meno.
- Ovviamente
Kristen non
le aveva nemmeno detto che sarei andato con loro; di certo non aveva
trovato
nessuna scusa decente per spiegare una cosa simile.
- “Robert
viene con noi,
tesoro.”
- “Davvero?
E perché?”
- Ecco, e
perché?
- Guardai Kristen
boccheggiando in cerca di una risposta o comunque in cerca di un aiuto.
Dopotutto non conoscevo Haley per niente e non potevo sapere come
prenderla. Non
sapevo nulla di lei.
- “Ehm…”
mi chinai alla
sua altezza.
- “Sei
il mio papà,
vero?”
- Sia io che
Kristen ci
immobilizzammo e la osservammo per qualche secondo prima di poter dire
qualcosa.
- “Cosa…?”
mormorai io
infine.
- “Lo so
che lo sei. Non
sono mica nata ieri.”
- “Da…
davvero?”
- “Già,
davvero. E non
sono stupida. Tu sei l’unico ragazzo che la mamma ha avuto
prima che nascessi e
il tuo secondo nome è Thomas e mamma mi ha detto che il mio
papà si chiama
così.”
- “Ma…
dove…come…?”
- “Un
giorno di questi
ti trovi senza Internet, sei avvertita” mugugnò
Kristen tra i denti ma Haley si
limitò a scrollare le spalle. “E comunque la mamma
ha una vostra foto nel
comodino e l’ho beccata un sacco di volte a
guardarla.”
- Lanciai
un’occhiata a
Kristen che scostò subito lo sguardo e chinò il
viso, imbarazzata.
- “Quindi
tu sai tutto…”
dissi tornando a concentrarmi su Haley.
- “Bè,
non tutto. Certe
cose non le trovo scritte sui siti…”
- “E non
sei arrabbiata
con me?” mi sentii in dovere di chiederle. Dovevo sapere
quale era l’opinione
che aveva di suo padre.
- “Devo
essere
arrabbiata con te?”
- “Haley.
Ci sono un
sacco di cose che non sai…” intervenne Kristen e
in quel momento mi chiesi cosa
avesse in mente. Quale assurda scusa voleva darle ora? Avrebbe
semplicemente
detto la verità? Avrebbe davvero detto a sua figlia che
aveva tradito suo padre
anni prima e nell’incertezza di chi fosse figlia aveva
preferito non dire nulla
né a me né a lei?
- Osservai Kristen
con
aria di sfida, trepidante per il continuo ma Haley la precedette.
- “Non
fa niente. Non
voglio saperle.”
- Kristen
strabuzzò gli
occhi. “No?”
- “No.
Non mi importa
quale casino avete combinato. Tanto scommetto che non capirei lo
stesso.”
- Certo, non aveva
tutti
i torti. Era così dannatamente intelligente da far paura.
- “Quindi…
quindi ti fa
piacere se vengo con voi e passiamo un po’ di tempo
insieme?”
- Lei
aspettò qualche
secondo e mi sorrise. Allungò le manine e le posò
sul mio volto esplorandolo
bene. “Mi piaci, Rob” disse infine. “Mi
fa piacere che sei il mio papà.”
- Sorrise ancora
e,
prendendomi totalmente alla sprovvista, mi gettò le braccia
al collo e mi
abbracciò. Io restai pietrificato per qualche secondo ma
quando strinsi il suo
esile corpicino e lo sentii davvero tra le mie braccia mi alzai
stringendola a
me e affondando il viso nel suo piccolo collo profumato. E, per quanto
assurdo
potesse suonare, mi sentii davvero a casa perché lei era una
parte di me e la
riconobbi subito, di nuovo, così come avevo sentito qualcosa
di indescrivibile
il giorno primo.
- Lei era mia, lo
era da
sempre.
- Guardai Kristen
che
aveva una mano davanti la bocca, commossa. Per un secondo pensai di
sorriderle,
di carezzarle una mano, di stringerla a me. Ma grazie a Dio rinsavii
prima di
poterlo fare davvero perché, nonostante per Haley fosse
tutto passato, per me
non lo era e non l’avrei mai perdonata per avermi tolto tanto
della sua vita.
- “Kristen,
non se ne
parla.”
- “Robert,
giuro che mi
incazzo.”
- “Incazzati
pure” dissi
infine mentre allontanavo i suoi soldi e davo i miei al tassista. Va
bene che
ce l’avevo a morte con lei ma non ero arrivato al punto da
far pagare a lei il
taxi. Per qualche motivo provavo ancora una strana mossa di gentilezza
nei suoi
confronti, la stessa che mi aveva fatto scostare, saliti
sull’aereo, così che
lei potesse sedersi vicino al finestrino perché ricordavo
bene che non amava
viaggiare seduta verso l’interno. Ciò che avrebbe
dovuto preoccuparmi non era
tanto il fatto che ricordassi tanti piccoli particolari di lei, ma che
vi fossi
ancora così attento.
- Mi aveva sorriso
probabilmente
ricordando, come me, l’infinità di viaggi in aereo
passati tra baci accennati e
mani intrecciate. O forse era un sorriso amaro al pensiero di quanto
questo
viaggio era stato diverso. Lei aveva guardato fuori tutto il tempo
mentre io
ascoltavo Haley che, seduta tra noi, mi raccontava della sua vita.
- Delle sue
passioni,
fondamentalmente il teatro e la recitazione, dei suoi amici, della
scuola,
delle lezioni di danza andate a male, dei suoi gusti preferiti. Di
tutto quello
che mi ero perso in sette anni, eppure non mi sembrava mai abbastanza.
Avevo costantemente
nuove domande ed erano state le sue risposte a colmare i silenzi tra me
e
Kristen. Dovevo immaginare che prima o poi Haley sarebbe stata zitta
per cinque
minuti di seguito e a quel punto io e Kristen avremmo dovuto parlare.
Di tante
cose. Di cosa sarebbe accaduto ora ma prima di tutto del riconoscimento
di
Haley. Camminammo per il vialetto di una modesta villa con tanto di
prato
inglese, una rete da pallavolo e mi sembrò di scorgere anche
un campo da tennis
nel retro del giardino. Haley afferrò le chiavi da Kristen e
cose verso la
porta.
- “Pipì,
pipì, pipì…”
continuava a dire saltellando sul posto e mi scappò un
sorriso. Non riusciva
più a tenerla e per quando entrammo io e Kristen lei era
già corsa dietro un
angolo.
- Posai le valigie
all’ingresso e mi sfregai le mani per scaldarle. Non
ricordavo quasi quanto
Vancouver fosse fredda d’inverno.
- “Scusa,
accendo subito
il riscaldamento” disse Kristen mentre io mi guardavo intorno.
- L’ingresso
non era
grandissimo ma era particolare. Alla destra c’era una rampa
di scale che
portava al piano superiore. Alla sinistra due porte che davano
rispettivamente
a un piccolo studio e al salone collegato poi con la sala da pranzo che
affacciava,
a sua volta, sull’ingresso attraverso un’altra
porta. Era tutto collegato.
- “Vivete
da sole?”
mormorai seguendo Kristen che era entrata in una porta sotto le scale
per
azionare il riscaldamento.
- “Sì.
Con chi dovrei
vivere?”
- Mi
guardò per un
secondo per poi iniziare a girare per la casa e tirare su ogni
tapparella
abbassata così da lasciar entrare la luce. La casa
acquistava decisamente
colore e mi resi conto che l’amavo. Era il genere di casa di
cui avevamo sempre
parlato nell’ipotesi di andare a vivere insieme in una fissa.
- Una casa, dei
figli.
- I nostri sogni
erano
realizzati, solo che lei li aveva realizzati da sola.
- “Non
è pericoloso? Stare
da sola qui…”
- “Il
quartiere è uno
dei più tranquilli.”
- “Sì
ma non hai paura?
Sei una donna, da sola…”
- “E
allora? Parli come
mia madre…”
- “Come
sta?”
- “Lei
bene. Io starei
meglio se la smettesse di cercarmi uomini. A parer suo ne ho
bisogno.” Non mi
guardava in viso.
- Continuò
la sua opera
e finii per seguirla in cucina mentre parlavamo. Per un secondo fui
tentato di
chiederle se avesse avuto altre storie e soprattutto che fine avesse
fatto
James ma mi limitai a chiedere qualcosa di più impersonale.
- “Non
è così?”
- “Non
ho bisogno di
nessuno. Sto bene da sola.”
- “Nessuno
sta bene da
solo, Kristen.”
- “Bè,
io sì” sbottò d’un
tratto nervosa. “Scusa…” aggiunse subito
dopo e capii che non era un argomento
che voleva toccare e, onestamente, nemmeno io.
- “Dobbiamo
parlare di
Haley” cambiai argomento mentre lei prendeva alcune cose dal
frigo e dai
mobili. Si bloccò e mi guardò.
- “Voglio
riconoscerla. E voglio aggiungere il
mio cognome al tuo.”
- Lei
annuì chinando lo
sguardo.
- “D’accordo…”
e mi
sembrò quasi di sentire l’incrinatura nella sua
voce. “Tutto quello che vuoi,
d’accordo. Solo… solo non portarmela via, ti
prego.”
- Prima che
potessi
realizzare che stava piangendo lei si portò il polso al viso
e si asciugò le
lacrime velocemente.
- Dio, non poteva
fare
così e soprattutto non poteva farmi stare male il vederla
così. Non dopo quello
che aveva fatto. Repressi l’istinto di andarle vicino e
fissai le mie mani per
distogliere lo sguardo da lei.
- “Ti ho
già detto che
non farò nulla del genere. Non potrei mai.”
- Sussurrò
un grazie incomprensibile e stavo
quasi per
alzarmi e avvicinarmi a lei, era più forte di me, quando
Haley, grazie a Dio,
irruppe in cucina saltellando.
- “Rob,
vieni! Ti faccio
vedere la casa sopra e la mia camera! Vuoi vederla?”
- “Certo
che voglio,
piccola!” risposi subito, sollevato come mai di tanto
entusiasmo da parte sua.
- “Sì,
sì, andate. Io…
io preparo qualcosa da mangiare…” la voce di
Kristen giunse quando noi eravamo
già in corridoio e poi su per le scale. Mentre il pian
terreno era in parquet,
quello superiore era in moquette. Proprio come aveva sempre voluto lei.
- ‘Il
piano della zona notte dovrà essere in moquette
così potrò
camminare scalza quanto voglio.’
- Altro sorriso
amaro e
raggiunsi quota ormai-non-li-conto-più.
- Haley mi prese
per
mano e mi trascinò nella sua camera dandomi appena il tempo
di scorgere il
letto matrimoniale in quella di Kristen e, dio, non potei fare a meno
di
chiedermi se qualche uomo vi avesse mai dormito con lei.
- Stupido, stupido
Rob. Smetti di pensare.
- La stanza di
Haley era
graziosa; giochi ovunque, un computer in un angolo, un letto a una
piazza e
mezzo e soprattutto non era tutta rosa come ci si poteva aspettare da
una
camera di una bambina di sette anni.
- Il muro sopra il
letto
era pieno di bacheche di sughero tappezzate con foto; sue e di Kristen
per lo
più, ma anche foto di lei con i suoi amici e…
tanta gente che non conoscevo. Riconobbi
i fratelli di Kristen, i suoi genitori ovviamente. C’era
persino Dakota in una
foto. Non potevo credere che la sola persona che più di
tutti avrebbe dovuto
essere su quelle bacheche, non c’era. Ed ecco di nuovo la
rabbia montare
soprattutto quando scorsi una nuova foto in un angolo. Erano in un
parco, almeno
così sembrava. Haley sulle spalle di un uomo che teneva per
mano Kristen. Lei aveva
il capo chino ma sorrideva mentre lui la guardava. Strinsi la mano in
un pugno.
- “Haley,
chi è qui?”
- Lei mi raggiunse
velocemente.
- “Oh,
quello è Stephan.
E’ stato insieme alla mamma per un po’. Peccato, mi
stava simpatico.”
- “Oh…
e sai perché si
sono lasciati?”
- “Mmm,
no. La mamma non
me l’ha detto ma penso che sia stata colpa sua.
Boh.”
- “Ah…”
mormorai cercando
di non rivelare quell’interesse che non avrebbe nemmeno
dovuto esistere. “E
questo chi è?” cambiai subito argomento indicando
una foto di lei che dava un
bacetto sulla guancia ad un bambino.
- “Oh,
lui è il mio
fidanzato!”
- Strabuzzai gli
occhi a
quelle parole e la osservai per capire se stesse scherzando o meno.
- “Non…
non sei troppo
piccola per avere un fidanzato?”
- “Assolutamente
no!” ribatté
lei quasi offesa per poi iniziare a trascinarmi fuori dalla stanza.
“Ora scusa
eh, ma mi devo cambiare.” Mi fece un occhiolino e chiuse la
porta lasciandomi
come un imbecille tra la sua stanza e quella di Kristen.
- Lanciai
un’occhiata
dentro e sentii la ragione lottare con l’istinto.
- Non entrare,
Rob. Non farlo. Non frugare tra le sue cose.
- Ma prima ancora
che
potessi convincermene ero dentro e sapevo di stare facendo qualcosa di
sbagliato ma in fondo dopo tutto quello di sbagliato che aveva fatto
lei,
quanto poteva davvero valere un’occhiata tra le sue cose?
- Mi guardai
attorno
senza sapere nemmeno quello che stavo facendo quando ricordai le parole
di
Haley.
- ‘E
comunque la mamma ha una vostra foto nel comodino e l’ho
beccata un sacco di volte a guardarla.’
- Non ci pensai
nemmeno
che avevo già aperto il cassetto del comodino. Non ricordavo
da quando ero
diventato così poco scrupoloso nel rovistare tra la roba
degli altri. Forse la
mia coscienza si sentiva pulita dalla consapevolezza che frugavo tra la
roba di
una persona che mi aveva fatto molto più male di quello che
le avrebbe fatto
sapere che avevo aperto il cassetto del suo comodino, sempre se lo
avesse
scoperto ovviamente. Cosa che non sarebbe accaduta.
- Mi ritrovai a
muovere
le mani tra la sua biancheria e non potei bloccare i ricordi. Quante
volte le
avevo tolto quegli indumenti di dosso, quante volte avevo deglutito
nell’attesa
di vederla nuda davanti ai miei occhi.
- Scavai ancora un
po’
fino a trovare una scatola. La presi in mano con delicatezza e
l’aprii. C’era
una nostra foto, una qualunque ma che ricordavo bene, scattata in una
fredda
sera di Portland di circa ben dodici anni prima. Noi sul letto, nella
sua
stanza d’albergo, la camera impostata
sull’autoscatto e ridevamo, senza nemmeno
guardare nell’obiettivo. Era la sera del suo compleanno. La
ricordavo bene.
Ricordavo il suo viso quando aveva aperto il mio regalo totalmente
inaspettato,
ricordavo il suo sorriso, le sue braccia attorno al mio collo, le mie
attorno
alla sua piccola vita, le sue labbra sulla mia guancia.
- Lei aveva
diciotto
anni, io ventidue e non stavamo nemmeno ancora insieme.
- Una semplice
foto di
due amici che stavano per mettersi in un grande casino e ne erano
consapevoli.
- Presi la foto
per
guardarla meglio ma notai presto che non era l’unica cosa che
era nella
scatola.
- Mi
scappò un mezzo
sospiro pieno di malinconia quando vidi il laccio di scarpa che ci
eravamo
scambiati per sopportare il mese di lontananza, lei a LA e io a NY. E
l’anello
di Chanel, e la fedina. E in quella scatola doveva esserci anche la
collanina
prima che lei la regalasse ad Haley.
- Perché
teneva ancora
quelle cose? Perché le custodiva così
gelosamente…?
- Sobbalzai sul
posto
quando il cellulare mi vibrò in tasca e sperai con tutto il
cuore che non fosse
Shelby. Mentirle la sera prima e quella mattina era stato abbastanza.
Avrei
preferito continuare a mantenere la media di una bugia al giorno anche
se, da
gran paraculo, preferivo parlare di omissione più che di
bugia vera e propria.
- Riposi
velocemente lo
scatolo al suo posto e fui felice di vedere che era Tom.
- Oddio, felice
relativamente. A lui dovevo qualche spiegazione anche perché
se avessi
continuato a tenermi tutto dentro sarei scoppiato.
- “Pronto?”
- “Rob!”
- “Tom…”
- “Ma
dove cazzo sei?”
- “Sono
a Vancouver.”
- “Sì,
me l’ha detto
Shelby. Volevo sapere che cazzo ci fai a
Vancouver…”
- “Sono
in camera di
Kristen…” dissi senza nemmeno pensare a quello che
poteva trasparire da
un’affermazione del genere.
- E
infatti…
- “COSA?
No, cazzo. No.
Come cazzo hai fatto, Rob? Lo sai che tra meno di venti giorni ti devi
sposare?! Che cazzo hai combinato!?”
- “Tom,
no. Non è come
sembra…”
- “Ci
sei cascato di
nuovo. Non posso crederci…”
- La sua voce
delusa,
senza motivo. “Tom, ti ho detto che non è come
sembra!”
- “E
allora come cazzo
è?!”
- “Lei
è mia…”
- “Chi
è tua?”
- “Haley?”
- “Chi
è Haley?”
- “La
figlia di
Kristen!” stavo per urlare ma ricordai di abbassare il tono.
“Lei… lei è mia…
E’ mia figlia.”
- Ci fu un attimo
di
silenzio e poi… “Mi prendi per il culo.”
- “No,
non ti prendo per
il culo.”
- “Rob,
che cazzo stai
dicendo? Che… Come…?”
- “L’ho
capito subito,
Tom. Appena l’ho vista ho sentito qualcosa e, dio, lei
è identica a me. Non
puoi capire.”
- “Co…
cosa? Ma… E lei
lo sa?”
- “Sì.
In realtà lo
sapeva già, in un certo senso. Sapessi
quant’è intelligente, Tom. E quanto è
bella e divertente e solare e…”
- “Frena,
frena. Non sto
capendo un cazzo. Parti dall’inizio e dammi il tempo di
sedermi.”
- Gli avrei detto
che
non avevo tempo se non avessi saputo che non l’avrebbe
accettata come risposta
perciò cercai di riassumere le ultime ventiquattro ore con
minori parole
possibile ma cercando di non omettere niente.
- “Wow.
Quindi… ora che
fai? Sei lì? Resti lì? Per quanto tempo? E, cosa
fondamentale, Shelby lo sa?”
- “No, e
non deve
saperlo.”
- “Rob!”
- “Tom,
ti prego.”
- “Che
le hai detto?”
- “Che
ero a Vancouver
per risolvere delle cose.”
- “Non
lo crederà per
molto.”
- “Ti
prego, ti prego.
Non posso affrontare tutto questo in una volta sola.”
- “Rob…”
- “Stasera.
Stasera o al
massimo domani glielo dico.”
- “Rob…”
sentii la sua
voce contrariata nello stesso istante in cui sentii la porta della
camera di
Haley aprirsi. E io ero ancora in quella di Kristen. Cazzo.
- Per fortuna la
piccola
si diresse in bagno e si chiuse lì, ma io dovevo comunque
uscire da quella
camera.
- “Tom,
devo andare.”
- “Rob,
non fare
cazzate. E…” indugiò un po’ e
capii perfettamente.
- “Te la
saluto” dissi per
lui chiudendo la telefonata e uscendo dalla stanza.
- “Non
posso credere che
tu non me l’abbia detto.”
- Quando scesi e
mi
diressi in cucina, mi resi conto che Kristen stava parlando con
qualcuno, al
telefono.
- Evitai di
entrare e,
ancora una volta, stavo per immischiarmi in fatti che non erano miei,
non
credevo almeno.
- “Non
mi importa che
non potevi immaginarlo. Hai idea di cosa abbia provato io trovandomelo
lì sotto
gli occhi? Avresti dovuto dirmelo…”
- Ancora prima che
pronunciasse il suo nome capii con chi stava parlando avendo avuto una
telefonata
più o meno simile la sera prima. E infatti non mi sbagliavo.
- “No,
Cath. Non lo
sapeva. Nessuno lo sapeva a parte me. E credimi, glielo avrei detto
prima o
poi. Lo avrei fatto davvero ma… non così.
Così è stato tutto sbagliato e ora
lui mi odia. Mi odia e…”
- Serrai la
mascella
mentre aspettavo che continuasse ma o aveva lasciato la parola a
Catherine o… o
stava piangendo. E, cazzo, il solo pensiero mi faceva stare male.
Perché aveva
ancora tutto quel potere su di me nonostante quello che aveva fatto?
- “E’
complicato,
Catherine. Non… niente è come sembra e
io… Io davvero non volevo. Davvero… non
volevo…”
- Iniziai a
fissare il
pavimento e non riuscii più a distogliere lo sguardo da una
macchia sul tappeto
sotto i miei piedi. Che macchia era? Come si era formata? Era caduto
del cibo?
Della tempera? Quando era successo? Chi era stato?
- Non sapevo nulla
di
tutto ciò. Solo che avrei dovuto saperlo. Noi dovevamo
vivere insieme,
continuare a recitare o fare musica o produrre film, realizzare i
nostri
progetti.
- E invece mi
trovavo in
una casa sconosciuta a fissare una macchia sconosciuta su un tappeto e
chiedermi come cazzo era successo.
- Avevo perso il
filo
della telefonata tra Cath e Kristen e tornai in me solo per sentirle
dire:
“Okay, senti. Posso dirglielo quando sarà sicuro
al cento per cento? Non vorrei
illuderla...”
- Se avevo capito
bene…
- “Sì.
Infatti.
D’accordo. Grazie Catherine. No, non preoccuparti.
Tranquilla. Okay… Ciao…”
- E fu quella la
battuta
del mio ingresso.
- “Chi
era?” chiesi come
se nulla fosse, come se avessi davvero un effettivo diritto di chiedere
con chi
parlava al telefono.
- Lei si
voltò subito
verso di me.
- “Catherine.
Pare che
Haley abbia avuto la parte…”
- “Davvero?
È
fantastico!”
- “Già…”
annuì lei poco
convinta. “Ma comunque deve sentire il resto della produzione
per cui vorrei
aspettare di essere sicuri prima di dirglielo…
Se… se per te va bene…”
- Stava chiedendo
la mia
opinione e non potei non apprezzarlo nonostante su questo avessi un
vero e
proprio diritto.
- “Certo,
va bene.”
- Annuì
ancora. Sembrava
che non riuscisse a fare altro e dato l’imbarazzo decisi di
alleggerire
l’atmosfera.
- “A
proposito, lo
sapevi che nostra figlia ha un
fidanzato?” ripresi sistemando la tavola e rendendomi conto
solo dopo un po’ di
aver usato le parole nostra e figlia nella stessa frase per la prima
volta, e suonavano dannatamente bene; come avevo sempre immaginato.
Finalmente
vidi l’ombra di un sorriso sul suo viso.
- “Certo”
disse infine.
“So tutto su di lei. Strano ma vero, si confida con
me.”
- “E tu
lo permetti?”
- “Hanno
sette anni,
Rob. Cosa vuoi che facciano?”
- “Io
guardavo sotto le
gonne delle bambine a sette anni.”
- “Questo
perché tu eri
un maniaco.”
- “E
cosa ti dice che
non lo sia anche questo qui?”
- Lei
alzò gli occhi al
cielo e percepì la leggerezza della conversazione.
“Dai, giocano solo e qualche
volta fanno insieme i compiti…”
- “Giocano
anche al
dottore e all’infermiera per caso? Perché a
passare dal gioco ai fatti non ci
vuole niente, eh!”
- Lei
scoppiò a ridere e
sentii nascere un sorriso automatico sul viso. Dio, da quanto tempo non
sentivo
la sua risata così vera, pura. La sua
risata. E non mi ero mai reso conto di quanto mi fosse davvero mancata
finché
non l’avevo sentita di nuovo.
- “Secondo
te perché
sono così permissiva? Almeno quando vorrà fare
sesso me lo dirà e non sarà
impreparata.”
- Persi
l’equilibrio e
la bottiglia d’acqua che stavo posando sul tavolo si
rovesciò bagnando tutta la
tovaglia.
- “Credo…
credo di dovermi
sedere…”
- D’accordo
che volevo
alleggerire l’aria ma così era troppo.
- “Non
hai idea di
quanto siano precoci i bambini di oggi…”
- “Allora
le metterò una
cintura di castità fino ai trent’anni.”
- “Lo
farebbe lo stesso.
Tanto vale che sia preparata…”
- Lei sorrise ma
in
realtà l’argomento mi preoccupava seriamente.
“Non permetterò che qualche
teppistello si porti via il fiore della mia bambina a quindici
anni…”
- “Ma a
diciotto sì, vero?”
- Non so se lo
disse con
senno o se fu solo un riferimento alla maggiore età, eppure
lei chinò il viso
subito dopo e colsi la frecciatina.
- Non ricordare,
Rob. Non ricordare o sei finito.
- Grazie a Dio per
una
volta il mio cervello collaborò con la mia forza di
volontà e riuscii a
rispondere senza perdermi negli anni ormai passati. “No,
nemmeno a diciotto
anni” conclusi, infine.
- “Senti,
che ne dici se
ne riparliamo tra qualche anno? Non credo sia il caso di preoccuparci
adesso.”
- “Tu
invece mi
preoccupi eccome.”
- “Di
che parlate?”
Haley, nel suo tornado di vivacità, era piombata in cucina
correndo e si era
arrampicata sulla lunga sedia accanto alla mia.
- “Del
tuo fidanzato e
di come non lo vedrai più” sentenziai e mi beccai
un’occhiata omicida.
- “Ma
davvero? E perché
mai?”
- “Perché
sei ancora
troppo piccola.”
- “Spiacente
ma non lo
lascio. Io e Michael ci amiamooooooo.”
- “Ecco.
Già il nome è
tutto un programma.”
- Kristen rise.
Anche
Haley si lasciò sfuggire un sorrisino, si mise un pezzo di
pane in bocca e
masticò voracemente.
- “Senti,
Rob. Mi piaci,
davvero. Ma se pensi di essere venuto qui a dettare regole, ti sbagli
di
grosso. Intesi?”
- La guardai
scioccato e
Kristen evitò il mio sguardo. Stavo per rispondere quando mi
resi conto di non
sapere davvero cosa rispondere. Quella bambina mi prendeva totalmente
in
contropiede. Il silenzio imbarazzante fu finalmente interrotto dal
telefono.
- Haley lo
afferrò prima
di Kristen che le ordinò di andare a lavare le mani e poi
venire a tavola.
- “Susyyyyyyyy!”
urlò
dopo aver sentito chi era dall’altra parte della cornetta.
“Tutto bene! È stato
troppo divertente e ti devo raccontare tutto però oggi non
posso venire! È
tornato il mio papà e voglio stare un po’ con
lui…”
- Quella frase mi
scaldò
il cuore ma si gelò all’istante quando
un’altra rimbombò dal corridoio. “No, te
l’avevo detto che era sempre esistito…”
- Dopo di che non
riuscii a sentire più nulla, se non tutta la mia fiducia e
l’autostima
calpestate dagli anni di lontananza e dalla paura di non riuscire a
conquistare
il suo amore e il suo cuore.
- “Credo
di non piacerle
particolarmente…” sussurrai più a me
stesso che a Kristen ma lei ovviamente
sentì e si voltò mentre metteva la pentola in
tavola.
- “Ma
che dici?”
- “Lei
non… Non penso
che mi accetti davvero.”
- “Rob,
l’hai sentita.
Ha detto che vuole passare del tempo con te…”
- “Ma
senti come mi
risponde?”
- “È
molto sveglia, lo
ammetto.”
- “Chissà
da chi ha
preso…” accennai un’occhiata ironica e
lei la colse al volo.
- “Non
vuol dire niente.
È una bambina dolcissima…”
- “Non
riesce nemmeno a
chiamarmi papà. Siamo stati divisi troppo tempo.”
Era stato più forte di me,
avevo dovuto aggiungerne una; una di quelle frasi cattive pensate
appositamente
per liberarsi dal senso di colpa e rigettarlo sul vero colpevole
perché,
dopotutto, io davvero non avevo colpe in tutto ciò se non
l’avere amato una
persona che si era rivelata diversa da quella che avevo sempre creduto.
- Sentii una mano
di
Kristen sfiorarmi la schiena, insicura.
- “Rob,
non so dirti
quanto mi dispiace.”
- “Risparmiati,
Kristen.”
- E la sua mano
abbandonò la mia schiena con molta più
velocità di quanta leggerezza aveva
usato nel posarla dolcemente.
- Non la guardai
in
faccia ma percepii il suo dolore anche a distanza. Dopo anni e anni ero
ancora
collegato a lei da un filo sottile che mi permetteva di capire
esattamente cosa
stesse provando in quel momento.
- Dolore, tanto
dolore.
Ma non poteva minimamente pensare di poterlo paragonare al mio. Non
poteva
permettersi.
- “Ti
chiamerà papà,
vedrai. Dalle tempo.”
- Furono le ultime
parole prima che Haley rientrasse in cucina e portasse un briciolo di
allegria
in tavola.
- Ancora una volta
la
conversazione tra me e Kristen era tornata a un livello primordiale e
non
conoscendo le loro abitudini pomeridiane sentii in dovere di spezzare
l’imbarazzo nato dopo aver lavato i piatti perché
ero sempre io a lavare i
piatti dopo che lei aveva cucinato. E gli anni l’avevano
trasformata in una
cuoca migliore di quella che ricordavo. Evitai di dirlo, tuttavia. I
complimenti non avrebbero semplificato niente.
- “Bene,
allora… C’è
qualche albergo qui? Il più vicino?” chiesi in
difficoltà passando ad Haley
l’ultimo piatto da asciugare.
- “Tu
resti qui, Rob.”
- “No,
davvero. Non
voglio approfittare.”
- “E’
il minimo” rispose
lei con tutti i sottintesi connessi alla situazione.
- “Sì,
dai Rob. Resta.
Ti preeeeego!”
- Haley mi aveva
afferrato la mano e saltellava sul posto pregando letteralmente. Come
se ce ne
fosse stato bisogno. In realtà speravo davvero che fosse lei
a chiedermelo.
- “Se me
lo chiedi tu,
allora resto!” confermai azzardando un abbraccio che lei
ricambiò senza la
minima titubanza.
- “Rob
resta, Rob resta,
Rob restaaaa.”
- Quanto avrei
voluto
sentirle dire la parola papà
invece
del mio nome che sembrava così freddo; ma immaginai che,
considerando la
situazione e gli eventi delle ultime ore, non potevo lamentarmi
dopotutto.
- Le urla di Haley
furono interrotte dal campanello.
- “Awwwww
deve essere
Miky!” esclamò entusiasta per volare alla porta
d’ingresso.
- “Viene
da solo?”
- “Abita
di fronte.”
- “Avevi
detto che era
un quartiere tranquillo.”
- Altro sorriso.
Altra pugnalata
al cuore.
- Dovevo
decisamente
smetterla o almeno prendere una decisione.
- O ce
l’avevo con lei o
non ce l’avevo. O la odiavo o no.
- Eppure non
potevo
scegliere ancora. Non potevo davvero odiarla perché era,
dopotutto, la madre di
mia figlia e farla crescere nell’odio non era nemmeno da
considerare… anche se
nemmeno il rancore era da meno. Eppure per il momento non potevo farci
niente.
Non potevo controllare l’enorme risentimento che sentivo nei
suoi confronti e
mi portava ad avere atteggiamenti diversi e attacchi lunatici
imprevisti.
- “Sii
gentile” sussurrò
quando Haley tornò in cucina accompagnata da una bambino dai
capelli scuri e
gli occhi più azzurri che avessi mai visto. Era una bel
bambino, in fondo.
- “Rob,
lui è Michael.
Michael, lui è il mio papà Rob.”
- “Piacere
di conoscerla,
signore.” Allungò la mano e, esterrefatto, mi
sforzai di rispondergli
trattandolo da vero uomo e presentandomi in modo altrettanto formale.
- “Bene,
fatte le
presentazioni puoi giurare solennemente di non dargli la caccia, di non
ucciderlo e di non venire sopra a controllare così possiamo
giocare in pace?”
- “Ma
non avete compiti
da fare?”
- “No,
la scuola finiva
oggi per le vacanze di Natale.”
- “Oh,
bè allora…”
- “Giura,
Rob!”
- “D’accordo,
lo giuro,
lo giuro” fui costretto a soccombere facendomi anche un croce
sul cuore.
- “E’
stato un vero
piacere conoscerla. Ciao Kristen.” E sparì.
- “Allora?
Non è uno
schianto?” aggiunse Haley facendomi un occhiolino per poi
raggiungerlo.
- Non potei
davvero
trattenere un sorriso stupito.
- “Ma in
che scuola la
mandi…?”
- “La
migliore” rispose,
ovvia, per poi prendere un paio di birre dal frigo e passarmene una.
- Avevamo appena
finito
di mangiare e non eravamo soliti bere ancora dopo pranzo ma sapevo che
era un
modo per allentare la tensione. Mi sentii quasi come a un primo
appuntamento.
Nervoso, impacciato, terrorizzato di poter dire qualcosa di sbagliato.
- “Ti va
di vedere delle
foto?”
- “Certo”
risposi senza
nemmeno pensarci e la seguii in salone.
- Mi accomodai sul
divano e lei mi raggiunse poco dopo con due album che aveva ripescato
da uno
scaffale pieno.
- Procedendo in
ordine
cronologico guardai ogni foto a partire da quelle in ospedale,
rivivendo la sua
vita attraverso una serie di istantanee e le parole di Kristen,
promettendo a
me stesso di non farle pesare la sua colpa, non quel pomeriggio almeno.
Non
aveva alcun senso; quel che era fatto, era fatto.
- Guardammo
qualcosa
come trecento o quattrocento foto. Forse anche di più. E
ridevo mentre le
guardavo e ascoltavo gli aneddoti che accompagnavano ogni foto.
- “Non
posso credere di
aver perso tanto…” commentai amaramente quando
girai un’altra pagina e trovai
una foto di Haley con la faccia completamente sporca di gelato al
cioccolato.
- E
c’erano tante
persone che non conoscevo in quelle foto. Tanta gente che era entrata
nella sua
vita mentre io non ne ero nemmeno a conoscenza. C’era di
nuovo quell’uomo,
Sthepan. Lo vedevo con lei in diverse foto e… Dovevo esserci
io in quelle foto,
cazzo.
- Evitai di
commentare
con Kristen per non perdere i miei buoni propositi.
- “Ci
sono anche molti
video. Domani possiamo vedere quelli.”
- “Perfetto”
acconsentii
nello stesso momento in cui una foto scappò
dall’album. L’afferrai al volo e
quando la voltai, c’eravamo noi tre. Io, Kris e Tom.
- Inseparabili,
completamente brilli e dannatamente felici.
- “Non…
non so come sia
finita lì…”
- Mi trovai a
sorridere
nonostante sentissi un gran peso sul cuore al pensiero di quello che
eravamo e
di quello che saremmo potuti essere. Se solo…
- “Lui…
lui come sta?”
- Mi ridestai dai
miei
pensieri e posai la foto dov’era.
- “Sta
bene. Ti saluta.”
- Le si
illuminarono gli
occhi. “Davvero?”
- “Sì
bè, era un po’
scioccato dalla notizia, ma…”
- “Gliel’hai
detto?”
- “Sì,
non ho potuto
evitarlo. Sai com’è fatto.”
- “Già.
Lo so.”
- E nonostante
lessi la
tristezza nei suoi occhi, di nuovo non potei evitare di farle pesare le
conseguenze che le sue scelte avevano portato. “E’
stato davvero male, sai
Kris? Tu eri la sua migliore amica…”
- Per un secondo
mi
sentii potente ma quando la vidi chinare il viso nel tentativo di
nascondere il
labbro tremante, e di nuovo quel polso che andava velocemente agli
occhi, mi
sentii una vera merda.
- Ero riuscito a
farla
piangere. Questo era il mio unico potere su di lei: riuscire a farla
piangere.
- Lei
respirò con
voracità e, da ottima attrice quale era sempre stata e
ancora era, slittò su
altro molto velocemente.
- “L’hai
detto ai tuoi?
Come l’hanno presa?”
- Scossi il capo.
“Penso
che a loro la mostrerò, prima o poi. Non ho idea di come
dirlo.”
- “Capisco.
Ma immagino
che tu l’abbia detto a…”
lasciò la frase a metà e indicò la
rivista di gossip
che avevo raccolto il pomeriggio prima e che, chissà come,
era sul tavolino
proprio di fronte a noi.
- “Shelby.”
- “Shelby”
confermò come
se avesse appena ricordato un nome che aveva sempre saputo ma le
sfuggiva al
momento per qualche motivo.
- “Non
sono riuscito a
dirlo nemmeno a lei.”
- “Ma
voglio sperare che
tu abbia intenzione di farlo…”
- “Io…
ehm… Ma sì, sì.”
- “Rob.”
- “Glielo
dirò,
Kristen.”
- “E
quando? Il giorno
delle nozze?”
- Notai una
piccola vena
acida nel suo tono ma gliela lasciai passare.
- “Ma
no. Domani glielo
dico, davvero.”
- “E
cosa le dirai? Cosa
sa ora?”
- “Che
sono a Vancouver
per risolvere una faccenda. Non sa che sono con te.”
- “Lei
sa di me?”
- “Ovviamente
sa di te,
Kristen. Chiunque sapeva di te. Chiunque mi vedesse sapeva che stavo
male per
te.”
- E nello stesso
istante
in cui l’ennesima cattiveria travestita da verità
mi usciva da bocca mi trovai
a pregare: ti prego, non piangere. Ti
prego.
- Ma quando alzai
lo
sguardo lei mi sorrideva. “Sono felice per te, Rob. Ti auguro
davvero tutto il
bene di questo mondo dopo il male che hai passato con me.”
- E prima che
potessi
fermarmi le parole uscirono, incontrollate. “Con te non ho passato il male. Con te l’ho
toccato, tu mi hai portato l’inferno
in terra. Ma il tempo passato con te non è mai
stato male.”
- Lo dissi senza
guardarla negli occhi perché sapevo che se
l’avessi fatto non avrei resistito
dall’impulso di toccarla. Infatti quando, nonostante ogni
logica, alzai il viso
e trovai i suoi occhi lucidi e umidi, la mia mano sfuggì al
controllo e
completamente attratta dal suo volto lo sfiorò appena prima
di ritirarsi scossa
dalla porta di casa che si chiudeva con forza.
- Haley apparve in
un
lampo incrociando le braccia sullo schienale del divano.
- “Miky
è andato.
Mangiamo?”
- Solo in quel
momento
ci rendemmo conto di quanto tardi fosse. Un intero pomeriggio persi in
ricordi
che io non avrei mai avuto se non attraverso parole e pezzi di carta.
Avrei
dovuto imparare ad accontentarmi e recuperare il tempo perduto.
- Fu probabilmente
quel
pensiero che mi spinse ad alzarmi velocemente, prendere Haley in
braccio e
farla volare sulle mie spalle. Perché era lì che
sarebbe dovuto sempre stare.
Non sulle spalle di uno Stephan qualsiasi, non sulle spalle di uno zio,
ma su
quelle di suo padre.
- Lanciò
un urlo quando
l’afferrai velocemente.
- “Andiamo
a fare le
pizzeeeee!”
- “Davvero
le sai
fareee?” urlò chinando il capo mentre io stesso mi
abbassavo per passare da una
porta all’altra.
- “Se le
so fare? Si dia
il caso che il tuo papà è il miglior pizzaiolo di
Londra!”
- “Bè,
notizia flash. Qui
siamo a Vancouver, non a Londra!”
- “E
allora diventerò
anche il miglior pizzaiolo di Vancouver!”
- Lei rideva e la
sua
risata era la mia soddisfazione maggiore.
- “Non
ci credo nemmeno
se lo vedo. La Loggetta fa le
migliori pizze di tutte Vancouver! Perciò devi per forza
portarmi a Londra così
lì potrai essere tu il migliore e mi farai le pizze
più buone! Mi porti a
Londra?”
- A quelle parole
fu
spontaneo per me tirarla giù con un movimento tanto veloce
da farla urlare di
paura ma anche di eccitazione. La fermai a una spanna dal pavimento.
- “Certo
che ti porto a
Londra, amore mio. Certo che ti porto!”
- E la strinsi a
me,
beandomi, finalmente, della sua presenza tra le mie braccia.
- Dopo cena e
svariati
complimenti per le mie pizze ben riuscite, proposi ad Haley di guardare
i
cartoni. Grazie a Dio avevo dei nipoti che mi informavano costantemente
sui
nuovi sviluppi delle serie televisive per cui ero anche abbastanza
informato.
- Dopo che Kristen
mi
ebbe mostrato la mia camera, una piccola stanza degli ospiti
leggermente più
distante dalla sua, io e Haley ci sistemammo sul divano con tanto di
pop-corn e
coperta. Stavo quasi aspettando che Kristen si unisse a noi quando
annunciò che
sarebbe andata a dormire perché troppo stanca.
- Immaginai che
volesse
lasciarmi un po’ di tempo solo con Haley e gliene fui grato,
almeno di quello.
- Intenzionato a
spegnere il cellulare per non essere distratto da niente e da nessuno,
risposi
a un messaggio di Tom.
- -Avete parlato?
- -Sì.
Tutto okay. Tranquillo.
- Certo, non si
poteva
proprio dire che le cose tra me e Kristen erano totalmente okay, ma
avevamo
fatto enormi passi avanti.
- Mandai anche un
messaggio a Shelby, ripromettendomi di dirle la verità
quanto prima. Infine
spensi il cellulare e potei concentrarmi totalmente su mia figlia.
- Guardammo le sue
serie
televisive preferite e rideva alle battute e alle parodie che facevo
dei
personaggi che odiava.
- Presto si
accoccolò
sul mio petto e strinse un braccio attorno alla mia vita.
- “Mi
sei mancato, papà,
sai? Mi sei mancato proprio tanto…”
- E con un ultimo
sbadiglio piombò nel sonno mentre io sentivo gli occhi quasi
inumidirsi. Le carezzai
i capelli e vi lasciai un bacio.
- “Anche
tu, amore mio.
Anche tu…”
- Aprii gli occhi
quando
il salone era già abbastanza illuminato dalla prima luce del
mattino, ma non
era stata quella ad avermi svegliato bensì le mani di
Kristen che tentavano di aggiustare
la coperta attorno a noi.
- “Scusa,
non volevo
svegliarti” sussurrò mortificata.
- “No…
no, tranquilla…”
dissi in un sussurro altrettanto basso ma decisamente più
impastato dal sonno.
- “Mi
dispiace… ci siamo
addormentati sul divano…” indicai Haley ancor
accoccolata su di me e per quanto
non volessi separarmene ci tenevo a mantenere fede alla tacita promessa
che le
avevo fatto.
- “Ma
figurati…” rispose
Kristen mentre io, con molta delicatezza, la scostavo da me e la
stendevo sul
divano per poi coprirla al meglio.
- Le baciai il
capo e
seguii Kristen in cucina dove potevamo parlare come persone normali.
- “Ma da
quanto tempo
sei sveglia?” le chiesi mentre mi passava una tazza di
caffè.
- “Da un
po’.”
- Afferrai il
caffè e mi
trovai a sorridere ripensando alla sera prima.
- “Perché
sorridi come
uno scemo?”
- Bevvi un goccio
di
quel caffè americano che avevo imparato a schifare
nuovamente. “Mi ha chiamato
papà ieri sera.”
- Non
sembrò molto
sorpresa ma era decisamente felice per me. “E’
fantastico, Rob. Te lo avevo
detto.” Sorrise sincera.
- “Già…
Senti, mi ha
parlato di non so che colazione voleva fare in
hotel…”
- “Sì,
ma poi siamo
scese presto e non c’è stato tempo.”
- “Infatti.
Pensavo di
poterle fare qualcosa del genere… Magari, magari con le sue
cose preferite.
Solo che… non… non so…”
- “Ti
aiuto io.”
- Non ci fu
bisogno di
dire altro e con un sorriso riconoscente da parte di entrambi ci
mettemmo
all’opera.
- Preparammo
qualsiasi
cosa piacesse ad Haley e imparai che le piaceva praticamente tutto
quello che
potesse essere cucinato per colazione. Uova, pancetta, frittelle,
cornetti,
succo, latte, cereali, burro e marmellata, fette biscottate…
- “Però,
come fa ad
essere così mingherlina?”
- “Quello
l’ha preso da
me!”
- “Già,
in effetti devo
dire che ricordo come se fosse ieri il modo in cui ti ingozzavi da
In&Out.
E non ingrassavi mai un chilo.”
- “Dote
naturale.”
- Sorrisi e
preparai il
vassoio senza dimenticare un fiore appena raccolto dal giardino.
- Dire che Haley
fu
felice della sorpresa sarebbe stato un eufemismo. Mi gettò
le braccia al collo
facendomi perdere l’equilibrio ed entrambi cademmo a terra
ridendo mentre
Kristen, poggiata allo stipite della porta, ci guardava sorridendo.
- “Oddio,
oddio. Mamma,
mammaaaaa! Facciamo l’albero di Nataleeeeee?”
saltò su, dopo colazione, come se
avesse appena avuto un’illuminazione.
- Era adorabile
con quel
pigiamino rosso a fiocchi di neve. I capelli biondi come i miei, gli
occhi
verdi come Kristen. Era così bella da non riuscire a
staccarle lo sguardo di
dosso.
- “Ehm,
certo. Bisogna
prendere l’albero in cantina però.”
- Mi offrii subito
volontario, ovviamente. Quale migliore occasione per legare se non
approfittare
dello spirito natalizio e addobbare l’albero insieme?
- Haley
saltò felice per
tutta la casa e cercò anche di aiutarmi a trascinare lo
scatolone su per le
scale ma riuscii a convincerla a lasciarmi fare da solo o si sarebbe
fatta
male.
- Era un albero
non
eccessivamente alto ma decisamente pieno. Impiegammo tutta la mattina
solo per
aprirlo e riempirlo di luci. Facemmo una pausa per pranzo e notai con
piacere
che Kristen aveva preparato la sua famosa tortilla soup. Una delle
prime
ricette che mi aveva fatto assaggiare.
- “Non
ti smentisci
mai…” fu il mio commento e per qualche motivo
quasi mi sentii in colpa.
- Non avevo ancora
detto
nulla a Shelby nonostante avessi avuto modo di parlare quella mattina;
volevo
vivere questa cosa da solo, senza dirlo a nessuno. E mi sentii un verme
nel
pensarlo ma niente riusciva a distogliermi dall’immagine di
me, Haley e Kristen
come una famiglia, come stavamo vivendo e come avremmo sempre dovuto
vivere.
- Mandai un altro
messaggio a Shelby.
- -Ti Amo. Non
dimenticarlo.
- Tanto per
sentirmi
meno in colpa e meno ipocrita.
- Ma poi
perché avrei
dovuto sentirmi ipocrita? Io l’amavo davvero.
- Me lo ripetei
tutto il
pomeriggio mentre addobbavamo l’albero e costringemmo Kristen
ad aiutarci e a
non rintanarsi in cucina come aveva fatto quella mattina.
- Non avrei mai
creduto
che addobbare un albero di Natale richiedesse tanto tempo.
- In
realtà ne
richiedeva tanto solo perché Haley sembrava
molto… esigente.
- “Infatti.
Sul Natale
sono esigente. Voglio tutto perfetto. Sposta quella palla,
papà. Non vedi che è
storta?”
- Quando sedemmo a
tavola per la cena mancava solo il pezzo finale.
- “Lo
mettiamo dopo con
la mamma, okay?” sussurrai ad Haley chinandomi alla sua
altezza e
abbracciandola da dietro.
- “Okay,
papi” concordò
con me per poi voltare il visino e darmi un veloce bacio sulla guancia.
- Ancora non
potevo
credere di avere avuto tanto da un giorno all’altro.
- Ormai anche il
pranzo
e la cena era diventato un momento familiare ed era passato un solo
giorno; e
io mi sentivo così bene che non potevo non pensare a come mi
sarei sentito dopo
una settimana o un mese o un anno. O una vita intera.
- Tornammo in
salone e
spegnemmo le luci per vedere l’albero illuminato.
- Era un vero
spettacolo.
- “Abbiamo
fatto un bel
lavoro” commentò Haley.
- “Già,
ma manca
qualcosa.”
- La presi in
braccio e
l’allungai in modo che potesse mettere l’enorme
stella in cima.
- “Che
cosa figa.
Abbiamo sempre dovuto usare una sedia prima” disse
carezzandomi il viso per poi
chinarlo nell’incavo del mio collo. “Ma ora ci sei
tu…”
- E non so per
quale
motivo lo feci, non so quale forza spinse i miei movimenti ma un mio
braccio
salì piano accanto a me fino a posarsi alla vita di Kristen
e avvicinarla a
noi.
- Sembrava
semplicemente
giusto così e potevo giurare di sentirla rabbrividire.
- “Mamma.
Papà. Vi
voglio bene…” sussurrò Haley con voce
decisamente assonnata.
- “Anche
noi…” dicemmo
io e Kristen all’unisono e sorridemmo insieme.
- “Anche
noi…” ripetei
io.
- “Guardate!
Nevica!”
esclamò lei d’un tratto destandosi completamente e
scivolando come un’anguilla
dalla mia presa per correre alla finestra.
- “Che
bello! Che bello!
Posso uscire? Posso? Vi preeego!”
- Guardai Kristen
lasciando che fosse lei a decidere. “Amore, ora fa troppo
freddo, è tardi. È
ora di andare a dormire…”
- “Ma io
non voglio
dormireeee” si lamentò lei trascinandosi di nuovo
verso di noi.
- Io la presi in
braccio
e lei si accoccolò di nuovo su di me. “Vedila
così. Prima vai a dormire, prima
si fa mattina e possiamo giocare con la neve. Ora andiamo a letto e ti
racconto
una storia così ti addormenti subito. Okay?”
- “Ooookay!”
- Kristen le diede
un
bacio e le augurò la buonanotte prima che io salissi per le
scale.
- Mi accertai che
si
lavasse i denti, la misi a letto e mi stesi accanto a lei per
raccontarle
quante storie volesse finché non fui sicuro che dormisse
tranquilla e
profondamente.
- Lasciai la
lucetta
accesa e andai in camera da Kristen per darle la buonanotte.
- Bussai piano
alla
porta. “Hey, che fai?” le chiesi notando che
osservava con uno strano sorriso
una maglia che aveva tra le mani.
- “Hey!
Niente… mettevo
a posto dei panni e ho trovato questa maglia pre-maman. Dio…
Ero enorme…”
- Mi avvicinai e
la
toccai, tanto per sentire una parvenza di consistenza di un altro
ricordo che
non potevo avere.
- “Hai…
hai foto di
quando eri incinta?”
- Una domanda
insolita
ma del tutto comprensibile dopotutto.
- Lei si
alzò ed uscì
dal suo bagno con una cornice in mano.
- “Perché
ce l’hai in
bagno?”
- “Perché
ero davvero
enorme…” rispose mostrandomi la foto senza
esitazioni.
- Era…
era bellissima.
Dicono che le donne incinte siano più solari e anche solo
attraverso una foto
riuscivo a percepirlo.
- Pensai che dal
vivo Kristen
dovesse risplendere di luce propria.
- Con le dita
toccai la
cornice e poi la foto, tutto il suo corpo fino a soffermarmi sul
pancione. Dio
solo sa quanto avrei voluto baciarlo e toccarlo e sentire i calci di
Haley e…
- “Parlami
un po’ della
tua vita, Kristen.” Mi costrinsi a pensare ad altro.
- “Cosa
vuoi sapere?”
- “Cos’hai
fatto tutti
questi anni?”
- “Ho
lavorato per lo
più. E ho cresciuto Haley, ovviamente.”
- “E
l’hai cresciuta
benissimo. E’ una bambina fantastica, Kris. Tu sei
fantastica. Una fantastica
madre.”
- “Ho le
mie pecche.”
- “Perché
hai lasciato
Los Angeles?”
- “I
ricordi” rispose
senza nemmeno pensarci. “I ricordi facevano male.”
- “E hai
pensato bene di
venire in un posto altrettanto pieno. A Vancouver
dove…”
- “…dove
è iniziato
tutto. Sì, lo so. Sono un po’ masochista
ma… Questo è l’unico posto in cui mi
sento protetta. Quei ricordi non mi fanno male. Nessuno è
mai riuscito a
capirlo.”
- “Io
sì. Lo capisco.”
- Sorrise ma non
riuscii
a ricambiare.
- “James.”
Dire il suo
nome mi dava la nausea e Kristen rabbrividì. “Che
fine ha fatto?”
- Sembrò
pensarci molto
prima di rispondere. Era incerta e si vedeva benissimo.
- “Oh…
Bè lui se l’è
squagliata quando gli ho detto che ero incinta.”
- “Che
bastardo.” Non
rispose. “E Stephan?”
- “Che
ne sai di lui?”
- “Haley.”
- Sorrise ironica.
“Stephan è stata l’unica storia. Era
più per far contenta mia madre in
realtà.”
- “E
perché è finita?”
- Alzò
il viso e scrutò
il mio. Scrollò le spalle. “Lui era perfetto
ma…”
- “Ma?”
- “Ma
non era te.
Nessuno è mai stato te.” E il silenzio
piombò tra noi. Forse avrei dovuto chiedere
di più, forse avrei dovuto chiedere cosa intendesse, forse
avrei davvero dovuto
chiederle perché mi avesse tradito, ma non lo feci.
- “Tu
piuttosto. Ti
sposi, wow! Parlami di lei! Non mi hai detto praticamente niente e lei
sa tutto
di me…”
- Sorrisi quasi
imbarazzato. “Shelby. Bè,
lei è stata la
mia salvezza. Bevevo tanto in quel periodo. Frequentavo ragazze
diverse, molte
ragazze. E poi, non lo so, è arrivata lei e mi ha ascoltato.
E non volle
entrare in casa. ‘Ci risentiamo
quando
sei sobrio’ disse. E io la richiamai. Il resto
è storia, ma senza di lei
non so che fine avrei fatto. Fa la costumista, sai? È molto
bella e piena di
vita. Anche se…”
- Non sapevo
perché mi
ero fermato ma l’avevo fatto.
- “Anche
se?”
- “Anche
se non è te.”
L’avevo detto. “Nessuna sarà mai
te.” E l’avevo ribadito.
- Restammo a
fissarci
negli occhi per un tempo così lungo che mi parve
interminabile e,
probabilmente, avremmo continuato a guardarci per molto tempo ancora se
il
pianto di Haley dall’altra stanza non ci avesse fatto
sussultare e correre da
lei.
- “Amore,
cos’è
successo?”
- Ci avvicinammo
entrambi al letto che la vedeva seduta e in lacrime.
- “Papaaaaà!
Papaaaaà!
Non te ne andare! Non te ne andareeeee” urlò e
appena mi vide si aggrappò a me
così forte da farmi quasi male.
- “Amore,
sono qui. Non
vado da nessuna parte.” La baciai ovunque stringendola a me.
- “E’
stato solo un
incubo, tesoro.”
- “Un
brutto, orrendo
incubo. Non vado da nessuna parte…”
- Ma lei
continuava a
piangere e calmarla fu difficile per diversi minuti.
- “Dormite
con me
stasera?” tirò su con il naso e… come
poterle dire di no?
- “Sì.
Certo. Dormiamo
qui” la rassicurai ottenendo completa approvazione da Kristen.
- Ci infilammo
sotto le
coperte insieme a lei che si strinse tra di noi.
- “Abbiamo
fatto davvero
un bel lavoro…” commentai mentre le carezzavo le
guance lisce e i lineamenti
perfetti.
- “Sì.
È perfetta.”
- E restammo
svegli a
guardarla e ad accarezzarla finché non fu di nuovo
addormentata, ma nessuno dei
due ebbe il coraggio di lasciarla di nuovo sola o forse mancava
semplicemente
la voglia di farlo.
- Ci addormentammo
così
e, quando mi svegliai, prima dell’alba, sapevo solo che Haley
era riuscita in
qualche modo a spostarsi al mio lato e io stavo stringendo Kristen. Una
mia
mano era dietro la sua schiena, il suo capo chino sul mio petto e non
mi ero
mai sentito così bene.
- Sorrisi e continuai a dormire.
- POV Kristen
- “Mi
raccontate un po’
di quando stavate insieme?”
- Dire che le cose
erano
migliorate col passare dei giorni sarebbe stato un eufemismo. Avere Rob
a casa,
vederlo accanto ad Haley che lo chiamava papà e ci teneva
per mano mentre
camminavamo e la facevamo saltare tra la neve era… era tutto
quello che avevo
sempre desiderato. Ero
quasi arrivata a
credere che Rob non mi odiasse. Soprattutto quando mi riservava quei
sorrisi
che sembravano dimenticare il resto e aprirsi solo nel vedere il mio
viso.
- Eppure non
potevano
significare nulla. Lui stava per sposarsi e io dovevo davvero iniziare
ad
abituarmi all’idea. Non l’aveva ancora detto a
Shelby nonostante io continuassi
a spingerlo a farlo. Ci mancava solo che, una volta scoperto, avesse
incolpato
me per averlo costretto a tacere anche se non avrebbe avuto molto senso.
- ‘Tanto
domani torniamo. Credo che la mostrerò direttamente
anche a lei.’ mi
aveva risposto quando gli avevo ribadito il concetto quel pomeriggio
prima di
uscire a fare due passi.
- ‘Mostrerai
anche me?’ Avrei voluto
chiedere ma avevo preferito evitare. Il solo
pensiero di dover tornare a Londra dopo anni e affrontare…
tutti, mi faceva
stare male ma me lo meritavo. Ai loro occhi me lo meritavo e non potevo
fare
nulla per cambiare le cose, non ora. Non più.
- “Sai,
è strano che tu
ce lo chieda. Stiamo passando proprio accanto a un posto dove abbiamo
passato
la maggior parte del tempo…” iniziò Rob
mentre camminavamo accanto a uno dei
set esterni di Twilight. Mi chiesi
cosa stesse provando lui in quel momento. Io ci passavo spesso e ormai
mi ero
abituata all’inevitabile ondata di ricordi, ma lui?
- “Ma la
storia la
sooooo. Tu che eri pazzo della mamma prima di conoscerla, hai fatto il
provino
per lei, lei ti ha scelto, e vi siete innamorati.”
- Lo faceva
sembrare
così semplice.
- “Voglio
sapere
qualcosa che non si legge da nessuna parte! Qualche dettaglio piccante
tipo, il
vostro primo bacio? O la vostra prima volta di qualche altra
cosa?”
- Sorrisi e chinai
il
viso al ricordo...
- “Rob,
che diavolo ci fai qui?” esclamai trovandomelo avvolto
su se stesso al freddo, fuori il mio trailer.
- “Non
trovo le chiavi. Fammi entrare, ti prego. Sto gelando.”
- Alzai gli occhi
al cielo e lo lasciai passare. “Sei un
idiota. Potevi prenderti una polmonite. Perché non sei
tornato dentro?” dissi
mentre gli sfilavo la maglia e gliene davo una mia, ma lui non la mise.
Portò
le sue mani alla mia vita e avvicinò i nostri corpi
d’un tratto bollenti.
- “Volevo
vederti. Dio, quanto ti voglio…” disse contro il
mio
collo. “Fai l’amore con me, Kristen. Non lo
saprà mai. Ti prego, non ce la
faccio più. Fallo con me la prima volta.”
- “Rob,
non… non possiamo…” mugolai mentre
lottavo tra cuore e
ragione.
- “Non
mi vuoi?” chiese prendendo il mio viso tra le mani e
incatenando il suo sguardo al mio; come se potesse esserci altra
risposta a
quella domanda se non: “Sì. Sì, ti
voglio.”
- E divenni creta
nella sue mani. Per la prima volta. La mia
prima volta.
- “So a
cosa stai
pensando?” sussurrò Rob al mio orecchio e io
sentii le guance andare in fiamme.
- “Non
so di cosa
parli…”
- “Sei
arrossita, Kristen.
So a cosa stavi pensando, perché ci pensavo anche
io.”
- Mi persi nei
suoi
occhi finché sentii Haley far scivolare la mano dalla mia
presa e farla entrare
in contatto con quella di Rob.
- Sorridemmo
entrambi,
consapevoli di quello che nostra figlia stava facendo e, nonostante
forse ci
saremmo fatti ancora del male, restammo mano nella mano e la seguimmo
camminando sulla neve.
- Dopotutto non
significava nulla, vero?
- Solo due vecchi
amici
che si tenevano per mano sulla neve.
- Non significava
nulla.
- “Non
credere che non
sappiamo quello che stai cercando di fare, signorina” dissi
ad Haley con tono
perentorio quando inserì il DVD di Twilight
per poi venire a posizionarsi tra di noi sul divano.
- “Iooo?
Che ho fatto
ora?”
- “Vuoi
dirmi che la
scelta del film è totalmente casuale?”
- “Mmm…
Mi appello al
quinto emendamento.”
- Rob
scoppiò a ridere.
“Ma sai cosa vuol dire almeno?”
- “Veramente
no. Ma in TV
lo dicono sempre quando non vogliono rispondere a qualcosa.”
Rise e noi con
lei. “E ora zitti, inizia.”
- Vedere il film
in
silenzio era impossibile con Haley che si divertiva a commentare ogni
minima
cosa ma aveva anche la capacità di restare in silenzio
durante le scene più
intense e, mio dio, rivedere quel film dopo anni ed anni ebbe un
effetto su di
me che non potevo credere possibile e che era stato il motivo per cui
non l’avevo
più rivisto dall’ultima volta in cui, per scherzo,
lo avevo visto insieme a
lui.
- “Bello
eh? Voglio
dire, tutta quella chimica e quell’attrazione… si
tagliava col coltello…” fu il
suo commento alla fine del libro al che io e Rob ci scambiammo uno
sguardo divertito
ma anche carico di intesa.
- “Bene,
io vado a
dormire. È tardi e domani andiamo a Londraaaa!
Awwwww.”
- “Nessuna
storia della
buonanotte stasera?” chiese Rob che già aveva
preso la mano con
quell’abitudine.
- “No,
stasera no. Notte
mami, notte papi.” Diede un bacio ad entrambi e
sparì su per le scale.
- “E’
tremenda…” commentò
Rob e io mi limitai ad annuire. Ero ancora troppo scossa dal film.
Possibile
che quei due ragazzi, quei due piccoli ragazzi che a malapena si
conoscevano
erano arrivati a tanto?
- “Hey,
che hai?” mi
chiese Rob, dolce. Dolce.
- Io scossi il
capo.
“Niente… il film mi ha messo malinconia”
confessai e, a quel punto, afferrai
l’occasione per tirare tutto fuori. “Io…
io non volevo, Rob. Mi dispiace
davvero. Non volevo che le cose andassero così…
è tutto sbagliato. Dovevano
andare diversamente. Dovevamo vivere insieme con la nostra bambina e..
e magari
sposarci e… e invece ho rovinato tutto. E ora tu mi odi
e…”
- Prima che
potessi
anche solo finire di parlare, sentii le sue braccia avvolgermi e il suo
viso
chino nel mio collo. Morii per un istante, ma in
quell’istante mi sentii in
paradiso.
- Si
staccò dopo molto
tempo, quando ormai le lacrime avevano avuto il sopravvento su di me e
le
sentivo addensarsi come crema prima di rigarmi le guance.
- Lui mi
carezzò gli
zigomi e ne asciugò una. “Io ti ho amato
più di chiunque altro potrò mai amare
in questa vita, e tu mi hai spezzato il cuore. Mi hai mentito, mi hai
tradito,
mi hai tenuta nascosta una figlia per sette anni.”
- Chinai il viso
ma lui
lo alzò un secondo dopo.
- “E
nonostante tutto…
non riesco ad odiarti. Ci ho provato. Vorrei tanto riuscire ad odiarti,
sarebbe
tutto più facile, ma non ci riesco. Dopo tutti questi anni
tu sei… sei ancora troppo
per me…”
- Le nostri fronti
a
contatto, il mio cuore che batteva più velocemente di quanto
avesse mai fatto
in vita sua, le sue parole che mi riscaldavano l’anima.
- E quando una
lacrima
si addensò all’angolo della mia bocca, lui si
avvicinò, molto lentamente, e la
raccolse con le labbra.
- Sentii il corpo
gelarsi
e riscaldarsi allo stesso tempo, la voglia di avvicinarlo ancora di
più, di
affondare le mani tra i suoi capelli, di incastrare i nostri corpi,
ancora e
ancora.
- Mossi le labbra
insieme alle sue e ci baciammo. Un bacio così semplice, pure
e carico che mi
sembrò di tornare al nostro primo bacio. Niente aveva
più senso, niente
importava più mentre le sue mani stringevano la mia vita, le
mie volavano al
suo viso e le nostre lingue si toccavano ancora, dopo tanto tempo.
- Dio, da quanto
non
baciavo un uomo così. Da quanto non baciavo lui
così…
- Non lo ricordavo
più e
non volli ricordare nulla per molto tempo. Volevo solo perdermi tra le
sue
labbra ma quando il suo corpo fece pressione sul mio per farmi stendere
sentii
quanto tutto fosse sbagliato. E non solo perché lui stava
per sposarsi ma
perché c’erano ancora tante cose che non sapeva e
io… io…
- “Io…
non… Non posso,
Rob. Non possiamo…”
- Mi staccai
aggrappandomi ad ogni forza di volontà rimastami e lo
scostai mentre mi alzavo
dal divano e mi dirigevo in cucina.
- Sperai davvero
che non
mi seguisse ma sentii i suoi passi dietro i miei prima di quanto mi
aspettassi.
- Non disse nulla.
Mi
afferrò il braccio costringendomi a voltarmi e
incollò di nuovo le sue labbra
alle mie.
- E fu impossibile
per
me rinunciare. Mi erano mancate così tanto che sentivo di
poter morire se le
avessi lasciate andare. Mi aggrappai a lui che mi alzò sul
ripiano della
cucina. Era tutto sbagliato eppure… perché
sembrava così giusto ai miei occhi
in quel momento? Tutto poteva sistemarsi e forse… forse un
giorno…
- “No…
no…” mugugnai
ancora quando lui scese a baciare il mio collo facendomi impazzire.
“Rob,
aspetta. Devo… devo dirti ancora delle cose…
Non…”
- “Me le
dirai dopo…” e
la sua voce rauca ed eccitata fu il colpo di grazia.
- Creta nelle sue
mani,
di nuovo.
- “Dio,
quanto mi sei
mancata…”
- “Dio,
anche tu…
troppo…”
- Mi lasciai
andare ai
suoi baci, alle sue carezze, alle sue labbra e alla sua lingua.
- “Andiamo
sopra…”
mormorò nella mia bocca.
- “Haley…”
riuscii a
mugugnare in risposta.
- “Il
divano…” ed io
annuii e mi aggrappai a lui aspettando che mi stringesse per portarmi
di là quando
il suono del campanello ci fece staccare improvvisamente.
- Ci guardammo negli
occhi consapevoli di avere appena fatto una grande cazzata e, con la
fronte una
contro l’altra, respirammo gli ultimi gemiti di entrambi
prima di tornare alla
realtà.
Vi ricordiamo ancora il nostro profilo
Facebook,
dove troverete un piccolo spoiler al giorno nell'attesa del prossimo
capitolo ;)
Che
altro dire...? Niente... secondo voi chi è al campanello?
Chi può mai essere a rovinare tutto così? u.u Io
punto tutto su Shelby o James u.u Ho questo presentimento u.u Ma
sarà perchè so cosa succede nel prossimo e voi
noooo lalalala Okay, ammetto di essere un pò infantile .___.
meglio che mi ritiro! hahahaha
Grazie
mille di tutto, ancora una volta!
Un
bacio enorme! ♥
Cloe&Fio