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Autore: paffywolf    19/12/2011    3 recensioni
Come sarebbe potuta finire la storia tra Rachel e Jesse? E cosa è successo a lui dopo la vittoria alle Regionali dello scorso anno?
Io l'ho immaginata così...
[La trama non tiene conto degli eventi successivi alla puntata 2x16]
[St. Berry pairing - cenni Sam/Quinn]
Genere: Introspettivo, Sentimentale, Song-fic | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Jessie St. James, Rachel Berry | Coppie: Jessie/Rachel
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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18. Hope
 

 
Ogni sera, prima di andare a dormire, cancellavo mestamente con una X un giorno sul calendario, contando quelli che mi separavano da Settembre.
Jesse, se possibile, fu ancora più dolce e premuroso in quel periodo. Sapeva quanto detestassi quella situazione e trascorreva ogni istante con me, per quanto gli fosse possibile. A volte andavo a trovarlo al negozio di musica e mi divertivo a vederlo girovagare tra gli scaffali, alla ricerca di CD di dubbio gusto per clienti decisamente alternativi.

Approfittando dei viaggi saltuari dei miei genitori, restava spesso a dormire da me, stretti tutta la notte in un abbraccio che non lasciava spazio alle parole. Anche perché di spazio sul mio letto, nato per una persona sola, ce ne era ben poco, quando dormivamo insieme.
La mattina si alzava sempre prima di me, correva in cucina e preparava la colazione per entrambi, poi si sedeva sul letto accanto a me e mi svegliava stuzzicandomi l'orecchio con la punta di un dito.

Svegliati dormigliona, è ora di alzarsi.” mi diceva, prima di iniziare a intonare dolci melodie.

 

Ancora oggi, a distanza di anni, ricordo ogni singolo dettaglio di quelle giornate insieme. Ricordo i pic-nic in campagna, circondati da nulla se non il silenzio e una tiepida brezza estiva. Ricordo il giorno in cui lavammo insieme la sua macchina, tirandoci addosso spugnoni intrisi di schiuma. Ricordo persino quando, nella foga di svestirmi, aveva tirato via un bottone dalla mia camicia preferita: per farsi perdonare mi trascinò al centro commerciale e non fu contento fino a quando entrambi non avemmo le braccia stracariche di pacchi e pacchettini. Mi viziò in ogni modo possibile: serenate improvvise, cenette romantiche e fiori, montagne di fiori che inondavano la mia stanza del loro dolce profumo.

Jesse andò via il 31 Agosto.

Nessuna parola può descrivere quello che sentii in quel momento. Ricordo soltanto il suo sorriso, visibile appena attraverso il velo di lacrime che mi offuscava la vista ma che coraggiosamente continuavo a trattenere. Soltanto due parole fuoriuscirono dalle mie labbra, appena prima che lui andasse via.
“Mi aspetterai?”

Ti aspetto da tutta una vita, Rachel. Come il sole aspetta tutta la notte di sorgere, così il mio cuore ti ha aspettato per tutto questo tempo. Non rinuncerei mai alla mia alba.”
Un ultimo bacio, poi più nulla.


Ancora oggi, ripensando ai mesi in cui eravamo rimasti lontani, provo una stretta al cuore. I litigi furono innumerevoli, così come innumerevoli furono le volte in cui Finn aveva tentato di riavvicinarsi a me. Ma il mio cuore era diventato come un terreno cosparso di sale: arido, impossibile da coltivare.

Stranamente, ricevetti un aiuto proprio dalla persona dalla quale me lo sarei aspettato meno: Noah Puckerman era ormai diventato una sorta di fratello maggiore per me. Ascoltava i miei sfoghi con incredibile pazienza e più di una volta aveva telefonato a Jesse riempiendolo di insulti.
“Ehi amico, guarda che se io sono qui è per evitare che la tua ragazza rimanga chiusa in casa tutto il giorno!” gli aveva spiegato, dopo una sfuriata di Jesse. Era geloso di Noah: delle attenzioni che lui aveva per me e del fatto che fossimo sempre insieme. Ma io non potevo farci nulla: egoisticamente, avevo bisogno del mio fratellone adottivo più di ogni altra cosa al mondo. E lui, per non so quale motivo, aveva a sua volta bisogno di me.

Il giorno di Hanukkah andammo al tempio insieme e invitammo la madre e la sorellina di Puck a cenare a casa nostra: recitammo la beracha tutti insieme e trascorremmo la serata giocando a carte. Ricordo ancora le guance rosse di mio padre, leggermente brillo, mentre inseguiva la sorellina di Noah per tutta la casa. E ricordo il sorriso che mi aveva lanciato sua madre mentre apparecchiavamo la tavola, convinta probabilmente che io e suo figlio stessimo insieme. Questa ambiguità serpeggiava nell'aria e più di una volta sia io che Noah avevamo dovuto chiarire ai nostri genitori che non stavamo insieme, che eravamo soltanto amici. O meglio, così definivamo quello strano gioco di sguardi, abbracci e sorrisi che facevano naturalmente parte del rapporto che avevamo creato. Non amavo nessuno al di fuori di Jesse... e Noah lo sapeva.

Anche Quinn e Sam avevano vissuto per un po' la stessa situazione, ma decisero di rompere pochi mesi dopo la partenza di lui per il South Carolina. Si erano lasciati senza rancori e senza drammi, ma più di una volta avevo visto Quinn piangere dietro le gradinate del campo da football. Sam era stato importante per lei esattamente come lo era stato Finn per me, ma era un veleno nel suo corpo che doveva estirpare il prima possibile, per far spazio a un nuovo amore.
Accadeva spesso che si unisse a me e a Noah durante i nostri pomeriggi di studi. Passavamo il tempo chiacchierando tranquillamente seduti nel salotto di casa mia, con i libri come unici compagni. A volte andavamo a casa di Quinn e sua madre ci faceva sempre trovare una teglia di biscotti al burro appena sfornati. Noah, da solo, ne divorava più della metà.
Io e Quinn ci limitavamo a guardarlo e ridacchiare tra di noi, ascoltando le sue lamentele su quanto quei biscotti fossero grassi, ma dannatamente buoni. Non eravamo quindi sorprese di ricevere gli SMS di Noah a tarda serata: “Sono in coma da cibo, maledetti burrobiscotti!” Eppure ogni volta ci ricascava.

 

Il Glee Club aveva passato senza alcun problema sia le Provinciali che le Regionali. L'arrivo di Jessica, una biondina tutto pepe, fu quello che serviva al nostro club. Aveva lingua tagliente, una voce poderosa e ambizione senza limiti.
Suo padre e sua madre erano morti in un incidente d'auto e lei si era trasferita in Ohio per vivere insieme alla nonna materna, una vecchina minuta ma arzilla come pochi. La vedevo ogni giorno venire a prendere la nipote a scuola in bicicletta e tornavano insieme, chiacchierando come due migliori amiche.
“E' l'unica persona che mi rimane a questo mondo, non ho nessuno oltre lei.” ci raccontò il giorno del provino per il Glee Club, durante il quale cantò una canzone degli Evanescence senza sbagliare una sola nota. Da quel giorno, Jessica entrò a far parte del nostro piccolo gruppo di disadattati. Ma quando il primo slushie all'arancia le arrivò in faccia non si scoraggiò, anzi corse a ringraziare il suo aggressore per essere stato così cortese nel scegliere il suo gusto preferito. Nemmeno due ore dopo, Azimio Adams dovette correre negli spogliatoi maschili, per cambiarsi d'abito e ritrovare la dignità perduta dopo essere diventato un arcobaleno ghiacciato. “Arancia, uva, limone, fragola, mirtillo e kiwi.” spiegò orgogliosa all'uscita di scuola a sua nonna, che ridacchiò divertita.

Le New Directions, quell'anno, garantirono al McKinley la sopravvivenza del Glee Club con la vittoria alle Nazionali. Ricordo ancora il boato del pubblico al termine della nostra esibizione nel teatro di Los Angeles. E ricordo il sorriso fiero di Jesse e del professor Schuester, seduti in platea l'uno accanto all'altro come era accaduto l'anno prima. Ma quella volta non ebbi alcun motivo per essere triste.

 

▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬


“Hope, lascia stare la mamma. Non vedi che sta scrivendo?” le prendo una mano, invitandola a venire insieme a me. Le sue labbra paffute si aprono in un sorriso smagliante mentre si alza in piedi, le piccole scarpine nere che ticchettano appena sul pavimento in piccoli passi incerti. Rachel ci lancia uno sguardo divertito, poi prende di nuovo la penna in mano e ricomincia a scrivere, riempiendo righe su righe con la sua grafia ordinata.

Amore, tra poco dobbiamo andare o rischiamo di arrivare tardi.” le dico, infilando il cappotto alla bambina. Hope allunga le braccia verso di me e strizza le manine per farsi prendere in braccio. Le mordicchio il collo scherzosamente e la lancio in aria, beandomi del suono delle sue risate.
Non avrei mai creduto di poter essere un buon genitore, ma con Hope tutto risulta naturale e semplice, proprio come dovrebbe essere. Ero terrorizzato all'idea di diventare padre, ma quando Rachel poggiò la mia mano sul suo ventre e sentii mia figlia tirare un leggero calcio non potei trattenere una lacrima di gioia. E' il mio piccolo miracolo personale e vederla crescere così sana e bella continua a riempire il mio cuore di felicità ogni giorno. E non mi importa di aver lasciato la mia carriera ad Hollywood per trasferirmi a New York con Rachel: la vita ha saputo darmi molto più di un manifesto pubblicitario con su scritto il mio nome.

“A che punto sei con la biografia?” le chiedo, allacciandomi la cintura di sicurezza.
“Direi ottimo, ho quasi concluso.” mi sussurra con un sorriso. “Però ieri sera ho scritto fino a tardi, ti dispiace guidare tu stanotte? Ci diamo il cambio domattina.”
“Certo tesoro, non ti preoccupare. Riposa pure tranquilla, ci sono io a badare a voi.” Le sussurro, dandole un leggero bacio sulla fronte.

La strada corre serena sotto le ruote della nostra auto e una flebile luce illumina l'abitacolo mentre proseguiamo lungo la strada. Guardo Rachel per un istante dormire accanto a me e le stringo la mano, mentre lei continua a riposare. Ripenso a tutto ciò che abbiamo vissuto con un sorriso: dopo tanto penare, dopo tanto soffrire siamo finalmente insieme.

Oggi torneremo a casa, in Ohio, per far finalmente conoscere Hope ai suoi nonni materni e a mio padre. Di mia madre non ho notizie da anni, dopo la sua partenza per l'Europa accompagnata da un affascinante giovanotto francese. Ma in fin dei conti, è meglio così. Ho come la sensazione che non avrebbe approvato le mie scelte di vita.
Rachel non ha rinunciato a nulla. Ha tirato fuori la grinta e poco a poco sta scalando quel monte impervio che sono i teatri di Broadway, decisa a raggiungerne la cima. Ogni volta che c'è un provino in vista prova e riprova mille canzoni diverse, invitandomi a dare il mio parere in quanto suo agente. Ma per me lei è sempre perfetta. Perfetta come il giorno in cui incrociai il suo sguardo in una libreria affollata. Perfetta come il giorno in cui l'ho sposata, splendida nel suo lucido vestito di raso. Perfetta come Hope, la nostra bambina nata in una fredda giornata d'inverno.

Il sole sta spuntando all'orizzonte e i suoi raggi illuminano il viso di Hope, serenamente addormentata in braccio a sua madre. Non so cosa ci riserverà il futuro, ma non mi importa. L'importante è essere insieme a lei, nel grande viaggio della mia vita.
 

▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬
 

So che diverse persone avevano perso le speranze che aggiornassi questa FF. So che in tanti volevano un finale per questa storia ma oggi sono riuscita a dare forma ad alcuni dei pensieri che mi hanno balenato in testa per questi lunghi mesi.
La mia vita è cambiata radicalmente grazie all'arrivo di una persona che ha fatto tornare il sorriso sul mio volto e la pace nel mio cuore. E anche se adesso siamo lontani, so che prima o poi potremo stare insieme. Questo capitolo in particolare, anche se non lo leggerà mai, è dedicato a lui. Perchè è stata il sole delle mie giornate più nere, l'alba dopo una notte senza luna nè stelle.
Questo, se ve lo state chiedendo, è il capitolo conclusivo della storia. Ma, dato che [SPOILER] ho saputo che Jesse dovrebbe tornare nella serie come responsabile dei Vocal Adrenaline [FINE SPOILER] è altamente probabile che possa venirmi qualche idea in proposito.
Intanto, per tutte voi fan della coppia più "drama" che ci sia, vi segnalo la meravigliosa "Inevitabile" di Giulia/groffgasm. La trovate QUI.
Non so quando tornerò, ma ogni tanto date un'occhiata nella sezione Glee. Prima o poi potrebbe comparire di nuovo il mio nome. :)
A presto e buon Natale a tutti voi!
Roberta

   
 
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