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Autore: Dea    07/08/2006    0 recensioni
allora...beh ci sono quattro ragazzi che vengono catapultati in un mondo per salvarlo...ehm...buona lettura, e commentate!ç_ç ^ç^
Genere: Avventura, Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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L’immensità dell’oceano…il dolce profumo dei fiori…l’infrangersi delle onde, il tempo che scorreva inesorabile, i monti che vegliavano sovrani del mondo, foreste di vita, alberi immensi… In mezzo a tutto questo, nella notte delle notti, nel giorno dei giorni, due coppie di ragazzi correvano, verso chissà quale meta. Noi non lo sappiamo: loro sì. Padroni di tutta quell’immensità, custodi del bene infinito.
Erano due ragazze e due ragazzi. La maggiore delle due ragazze era bellissima: un soffice manto di lunghissimi capelli biondi splendenti ricadeva fino alle caviglie, avviluppandosi in morbidi e rilucenti boccoli. Il corpo aggraziato e slanciato era ricoperto discretamente con un velo di seta sottile, d’oro lucente. Il viso era di pelle candida e fresca. Gli occhi, come due eterni smeraldi, riempivano il viso di dolcezza. Questa sovrumana creatura correva tenendo per mano un giovane uomo, anch’esso bello. Virile. Aveva delle larghe spalle. Il suo vestito era piuttosto umile, e le sue mani erano segnate dalla falce e dal lavoro interminabile nei campi. Aveva corti capelli scuri, dai riflessi ramati. Il viso era di carnagione abbronzata, resa vivida dagli occhi intelligenti, di un castano dorato e intenso. Poco più lontano da loro due, correvano due ragazzini un po’ più piccoli, presi per mano. Lei era in piena pubertà, molto vivace e carina. Aveva corti capelli castani che delimitavano i tratti graziosi del suo viso. I suoi occhi erano molto svegli ed intelligenti, scrutavano il mondo con curiosità. Era vestita umilmente, anche lei era una forte contadina, nonostante i suoi dodici anni. Se fosse stata viva, sarebbe diventata una bella ragazza…
Il ragazzino che stava con lei aveva i capelli lunghi fino alle spalle di un biondo molto simile a quello della ragazza più grande. Aveva anche gli stessi occhi verdi, ed era vestito nobilmente.
Il quartetto correva verso una luce abbagliante, a nord di quel mondo fantastico. Si fermarono proprio dove la luce terminava, inghiottita e rinchiusa da un’enorme pietra circolare. La pietra Dei Desideri. Era una pietra di rozza fattura, con quattro immagini scolpite: una tartaruga, una tigre, una fenice, un drago. Le quattro divinità della cultura cinese, dominatrici dell’equilibrio assoluto. La ragazza dai lunghi capelli posò con dolcezza la mano sull’immagine raffigurante la fenice, che s’illuminò debolmente. Il contadino fece altrettanto con l’immagine del drago. La ragazzina sfiorò l’effigie della tartaruga e il giovane nobile quella della tigre. Le luci generate dalle immagini si fusero in una sola. Immensa. Poi la luce svanì. “Ora siamo pronti a reincarnarci nei nuovi Prescelti, coloro che salveranno Rayav dalle potenze oscure, che stanno per rinascere…” La voce musicale della principessa dai lunghi capelli d’oro mise in allarme gli altri tre. “Loro non falliranno. Saranno più forti di noi. Stavolta il bene trionferà…” A parlare ora fu la giovane contadina. La luce crebbe, crebbe, crebbe…e la pietra la sprigionò.



La luce la svegliò all’improvviso. Era calda, accogliente, sognatrice ma abbagliante. Hitomi alzò il capo, gli occhi ancora chiusi. Sbadigliando sonoramente, li riaprì. Dove si trovava? Ah, sì… era in biblioteca! E come al solito si era addormentata mentre studiava…
“Ehi tu! Smetti di ronfare, mi irriti.” Una voce maschile la svegliò definitivamente. Hitomi si guardò intorno, non capendo affatto chi avesse parlato. All’improvviso si sentì tirare una delle sue lunghe ciocche bionde. “Ma chi diavolo…!!!” Esclamò con la voce ancora impastata dal sonno. Mollò un pugno alla figura dietro di lei che lasciò la presa. Si voltò e vide che un ragazzo della sua classe era piegato in due dal dolore. Hitomi si alzò dalla sedia, mise una mano sul fianco e con l’altra si portò i capelli biondi dietro le spalle, fissando con sguardo di rimprovero il ragazzo ai suoi piedi. “Be’, non vedi che sono sveglia?” Gli disse. Il ragazzo si alzò e le sorrise beffardo. “Ma che carinaaaaa la nostra stranieraaaa!!” Le disse, sghignazzando. “Ma che vuoi? E poi, guarda che io sono giapponese, proprio come te, a differenza che NON sono come te, babbeo!” replicò lei, acidamente. Il ragazzo fece una smorfia. “ Non crederti tanto solo perché sei carina, hai i capelli biondi e gli occhi verdi… Se tu non avessi la divisa della mia scuola e non fossi in biblioteca ti avrei preso per una battona… Sono venuto a svegliarti perché facevi casino e non potevo studiare!” Ribatté lui, scostante. “Che volgare.” Si limitò a costatare Hitomi. “Certo che anche tu con quella bella pelle abbronzata e quegli occhi, potresti essere scambiato per un accompagnatore gay, ma sei talmente idiota che non ti piglia nessuno!!!” Urlò stizzita Hitomi. “Tu…! Sfacciata mocciosa!” Il ragazzo divenne paonazzo. Si scrutarono con rabbia, per qualche istante.
“Signorina Hitomi Matsumi, signor Sakutaro Aruno! FUORI DI QUI!!!” La bibliotecaria pose fine all’ennesima lite tra i due e li buttò fuori, in punizione nel corridoio.
Hitomi sospirò. Tra poco avrebbe dovuto sostenere il difficile esame di terza media e perdeva tempo con questo scemo… non aveva mai avuto occasione di osservarlo, in classe, così lo scrutò con la coda dell’occhio. In effetti, era carino… la pelle abbronzata, il corpo atletico, gli occhi castani, i capelli scuri arruffati… Lui la colse in quell’attimo, e lei voltò bruscamente il viso. Lui le tirò i capelli nuovamente. “Che fissi, cretinetta?” la schernì, beffardamente. “Ahia!! Mi fai male, lasciami i capelli…”
“Sakutaro, ma la lasci in pace?” Hitomi aprì gli occhi lacrimanti e vide davanti a se una ragazzina di prima media. Era graziosa. Aveva un’aria studiosa: portava in mano dei libri e aveva degli occhiali da vista moderni ed impeccabili. Aveva i capelli corti, lisci, dal taglio molto carino. “Non dovresti studiare? Hai l’esame.” Disse, mettendosi a posto gli occhiali, che le scivolavano sul nasino all'insù. Sakutaro lasciò i capelli di Hitomi e si mise le mani sulle tasche dei pantaloni. “Non seccare, Aki.” Le rispose, senza nemmeno guardarla. “Beh, fai come vuoi. Ma lascia stare le ragazze.” Detto questo, la ragazzina di nome Aki si defilò con grazia. “Ma chi era quella…? Ti fai anche le ragazzine?” Hitomi lo scrutò dall’alto in basso.
“E zitta! E’ mia cugina. Viviamo insieme, i suoi genitori si occupano di me.”
“Aaah, capisco…Senza offesa, anzi, con offesa, ma sembra molto più matura di te.”
“Taci. Sei davvero seccante.” Sbottò Sakutaro. “Che carattere orrendo.” Sospirò Hitomi, in modo che anche lui la sentisse. “Se non ti dispiace, ma sono certa che non ti dispiacerà affatto, io me ne vado. Le lezioni di ripetizione mi attendono.” Detto questo, Hitomi entrò di soppiatto in biblioteca, prese i libri e fece per andarsene. Sakutaro le fece lo sgambetto e lei cadde sul pavimento, con libri e quaderni. Hitomi si alzò e gli mollò un ceffone così forte da girargli la faccia. “Stronzo!” urlò lei, e se ne andò davvero.

Hitomi aveva quindici anni. Frequentava la terza media, in una città poco conosciuta di un’isola calda del sud giapponese. Lei non abitava in quella città, ma in un villaggio accanto, così doveva viaggiare tutte le mattine per andare a scuola, poiché il suo paese era privo sia di scuola media inferiore, sia di scuola media superiore. Abitava in uno dei tre templi del villaggio con sua nonna, la sacerdotessa, e suo fratellino, che frequentava la prima media. I genitori di Hitomi abitavano a Tokyo per lavoro, e non potendo portare i bambini con loro, hanno preferito che abitassero a stretto contatto con riti e spiriti tipici della civiltà giapponese.
Quel giorno, mentre Hitomi era in biblioteca, leggendo un libro qualsiasi, le era venuta in mente quella leggenda. La leggenda dei Prescelti, la sua leggenda preferita. Aveva chiuso il libro, si era adagiata sulla comoda poltroncina della biblioteca scolastica, aveva circondato il capo con le braccia e si era lasciata cullare dal profondo silenzio quasi forzato e dal fruscio delle pagine sfogliate dei libri impolverati. E la voce della nonna si era insinuata nella sua fantasia, domandola…
“C’era una volta, tanto tempo fa, in un mondo chiamato Rayav, La Pietra Dei Desideri. Essa era l’origine della Speranza, l’emanazione del potere e del bene puro, ed era custodita da quattro Prescelti ognuno comandato da un animale sacro: Seiryu, il drago blu, Byakko, la tigre feroce, Gembu, la tartaruga pacata, Suzaku, la fenice rossa. Questi quattro ragazzi, Ayeka, Doris, Eve e Edward, domavano con il loro equilibrio la pace di tutto quel mondo, proteggendo La Pietra dal male. Accadde però, che il re del regno vicino, il regno dei demoni, si innamorò di Ayeka, futura erede al trono e membro dei Prescelti, e si dice che ambisse anche alla Pietra. Lei non lo poteva ricambiare, e lo rifiutò, scatenando l’ira del re malvagio. Il perfido re ordinò che fosse mandato l’esercito a Rayav. Seguì una dura lotta, che vide lo sfaldarsi del mondo di Rayav. Fortunatamente, Ayeka riuscì a salvarlo, poiché aveva azionato la Pietra, poco prima di morire, insieme a tutto il regno, demoni compresi, e ai suoi tre compagni. La luce che Ayeka aveva azionato era quella della Speranza, che aveva disintegrato sì villaggi e abitanti, ma aveva salvato il mondo e fatto in modo che se si fosse ripresentato un simile pericolo, le immortali anime dei quattro Prescelti si sarebbero reincarnate nella Terra, pronte, con il loro potere, ad abbattere il male…”
La nonna gliela raccontava sempre, a lei e a suo fratello. Amava particolarmente quella favola, e aveva trasmesso anche a lei quell’amore.
La corriera si fermò proprio sotto casa sua e Hitomi scese, poi salì la grande scalinata del tempio.
“Buonasera, Hitomi.” La salutò la nonna, mentre spazzava il terreno dalle foglie morte, sotto il caldo tramonto. “Com’è andata oggi?”
Hitomi ansimò, poi scrutò la nonna con i suoi occhi verdi, animati dall’odio per quella persona. “Quell’Aruno! Non lo sopporto più! E’ da tre anni scolastici che mi perseguita!!!.” Disse, per tutta risposta, entrando in casa, diretta in cucina. “Ah-ah! Una cotta, eh?” la nonna sorrise e i suoi occhi divennero sognanti, alludendo al suo primo amore. “Macché! E’ il più volgare e idiota ragazzo di tutto l’universo. Ah, cambiando discorso… Ho sognato la tua favola, nonna! Però era diversa. I quattro della leggenda stavano correndo, e ognuno toccava le immagini del proprio animale sacro, raffigurate nella Pietra! Poi c’era una strana luce e mi sono svegliata…” Hitomi raccontò con foga, addentando un panino che nel mentre aveva preso dal frigorifero. La nonna non commentò, e all’improvviso le cadde la scopa dalle mani. Poi fissò la nipote con sguardo grave. Meglio non svelare nulla. Capiranno da soli. Pensò l’anziana sacerdotessa, raccogliendo la scopa. “Hitomi… sei tornata!” Il fratellino corse incontro alla sorella, con un gran sorriso e in mano un quaderno e una penna. “Mm… e tutta questa gentilezza? Non è da te, Soshi…di solito sei gentile quando hai bisogno di qualche favore.” Hitomi si alzò da terra, dove poco prima era seduta, e si spazzò la gonna della divisa da eventuali foglie secche. “Sei una racchia, Hitomi. Volevo solo che tu mi aiutassi a tradurre l’inglese…” Soshi le fece una pernacchia. “Racchia! Racchia… Ahia!” Hitomi lo afferrò per il collo. “Racchia a chi?! Brutto bambino viziato, te la faccio vedere io, ti rado i tuoi capelli biondi a zero…”
“Lasciami, racchia!!”
“Ancora? Potevi dirlo subito che volevi morire!!”
“Nonna! Help me!”
“Lo vedi che l’inglese lo sai?”
“Insomma! Hitomi, Soshi, smettetela di litigare… santa pazienza…” La nonna scosse il capo ed entrò in casa per preparare la cena, preoccupata per il destino che attendeva i suoi nipoti.

  
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