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Autore: Dony_chan    23/12/2011    7 recensioni
La storia è ambientata dieci anni dopo rispetto agli avvenimenti attuali.I vari prototipi dell'APTX4869 non hanno avuto riscontri positivi, anzi: gli anticopri di Shinichi Kudo sono addirittura diventati immuni al farmaco sperimentale. Cosa ne sarà dei nostri protagonisti?
Buona lettura!
Genere: Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Ran Mori, Shinichi Kudo/Conan Edogawa, Un po' tutti
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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What If..?
2.

 


Nervosa, mi mordo il labbro mentre scorro il lungo elenco dei risultati. Sto sudando sette camicie anche se qui al campus il climatizzatore è a palla.
Una mano afferra la mia e la stringe, per darmi sicurezza.
“Sarai passata, vedrai” mi mormora, mentre le ragazze davanti a me cominciano a diradarsi, chi contente per l’esito chi rabbuiate.
Finalmente riesco ad arrivare verso la metà dell’elenco e quando leggo ‘Mouri Ran’ il mio cuore fa una capriola all’indietro. Faccio scorrere l’indice verso destra, per vedere il giudizio.
La mano che serra la mia preme un po’ di più.
 
Lui sa già...
 
Con un occhio chiuso leggo le parole più belle di questa giornata: ‘Esame superato. Voto: 28’.
Spalanco tutti e due gli occhi ed esulto con un sonoro “Sì!”, mentre comincio ad avvertire gli spintoni dei ragazzi dietro di me, che attendono ancora di sapere il loro risultato.
La stessa mano di prima mi afferra per il braccio e mi sposta velocemente prima che possa essere pestata dai miei ex compagni di corso.
Che bello usare la parola ‘ex’... vuol significare che sono fuori, che ho finito, che posso...
“Laurearmi!” esclamo fuori di me.
Stringo forte le mani del mio fratellino, sorridente e felice. Lui mi sorride di rimando, facendo intrecciare le nostre mani senza farmene accorgere subito.
“Bè, quasi dottoressa... direi che ora si deve festeggiare!”
 
 
Sorseggio timidamente lo spumante appena stappato, isolandomi sul divano della nuova casa di mamma, nel nuovo quartiere residenziale di Beika, a pochi passi dall’agenzia.
Appena i miei genitori hanno appreso la notizia della mia imminente laurea, hanno chiamato una cinquantina tra amici e parenti per festeggiarmi.
E di tutta questa gente, ne conosco a mala pena una decina.
Vicino alla zona drink vedo Sonoko intrattenersi come una donna di mondo con mia madre e Makoto, che sembra altrettanto fuori posto come me; poco più in là papà sta offrendo da bere all’ispettore Megure e al detective Takagi, gli unici amici poliziotti di mio padre che conosco da anni e che avevano la serata libera, visto che tutto è stato organizzato in poche ore da mia madre.
“Ran?” sento che mi chiama una voce femminile.
Mi volto e trovo dietro di me gli amici del mio fratellino – Ayumi, Genta, Mitsuiko e Ai – con il professor Agasa.
Sono tutti vestiti eleganti, in primis il dottor Agasa, stretto in uno smoking un po’ troppo piccolo, ma molto vintage. Mitsuiko e Genta, e mi fa un po’ impressione vederli agghindati così, indossano pantaloni neri e camicia, naturalmente con cravatta annessa. Sono sempre stata abituata a vederli in tuta o jeans, che mi sembrano molto più grandi della loro età.
Ayumi, stretta in un bellissimo vestito a palloncino color miele, tiene tra le braccia un enorme mazzo di fresie avvolte nel raso.
La giovane mi porge i fiori con un sorriso, dicendo che sono per me. Mi alzo e mi allungo per afferrarli. Sono bellissimi.
“Non dovevate disturbarvi” dico, apprezzando il loro gesto.
Genta, che ormai nel suo aspetto non ha più nulla di bambino - in primis la barbetta -, si batte orgoglioso il petto e mi dice: “I fiori li ho scelti io, modestamente. Il mio gusto è davvero impeccabile”.
“Già” annuisce Mitsuiko, ironico. “Se non fosse venuta Haibara con te, sicuramente non sarebbe cambiato niente, vero?”.
Il ragazzo arrossisce, risentito, e comincia a battibeccare con l’amico  e a tirarlo per la cravatta, provocando le nostre risa. Solo Ai rimane impassibile e mi fissa con uno sguardo all’apparenza indifferente.
Questa ragazzina mi ha sempre messo in soggezione, soprattutto da quando è cresciuta. Sembra quasi... una donna vissuta, nonostante abbia solo sedici anni.
Incrocio il suo sguardo, abbozzando un sorriso che non contraccambia.
“Congratulazioni” mi dice soltanto, fissando un punto alle mie spalle. “Finalmente ce l’hai fatta. Hai superato”.
Le sue parole mi suonano doppie, con un significato nascosto che non riesco a decifrare. La guardo perplessa, per poi aggrottare la fronte.
 
Ma cosa?
 
I suoi profondi e freddi occhi chiari mi trapassano l’anima, mentre tutto attorno a me sembra come immobilizzarsi. Scorgo un lieve senso di colpa, ma dura tutto un solo, breve, attimo.
Rinvengo scuotendo leggermente la testa, mentre la guardo voltarsi e allontanarsi dal divano.
Allungo una mano, e sto per chiamarla, proprio mentre sento mio padre gridare poco dietro di me. Mi volto curiosa e lo vedo a pochi passi più in là, che tiene per l’orecchio un Conan seccato e assordato.
“Te lo devo ricordare io che sei ancora minorenne? Niente alcolici!” conclude rabbioso mio padre e lo spinge in avanti, nonostante l’ispettore Megure gli suggerisca di stare calmo.
Trattengo un sorrisetto, mentre il mio fratellino viene verso di me massaggiandosi il lobo. Si lascia cadere sul divanetto e fissa torvo mio padre.
Sicuramente la cosa che lo infastidisce di più è l’essere trattato ancora come un poppante nonostante sia un adolescente.
“Anche tu, però... davanti alla polizia” scherzo, lasciandomi sfuggire una risatina. Mi siedo accanto a lui, chiudendo in un angolo della mia mente il turbamento seguito dallo sguardo di Ai.
Conan guarda torvo anche me e si sistema nella sua posa classica: gamba accavallata e braccia a gruccietta aperte sul poggia schiena.
“È zona off-limits, per me” ammette, col senno di poi.
Mi guardo attorno per vedere se qualcuno ci sta guardando, e quando vedo che c’è via libera, allungo il mio bicchiere di spumante a Conan, che lo afferra e lo finisce in un sorso.
“Ti stai divertendo?” mi chiede all’improvviso.
Mi stringo nelle spalle, osservando i miei genitori. Loro ci tenevano tanto a tutto questo.
“Avrei preferito un buon sushi tra pochi intimi, ma glielo devo” dico, lasciandomi andare a mia volta contro lo schienale.
“Lo sai che quando ti laureerai sarà peggio?” mi chiede, anche se sa già la mia risposta.
Non rispondo e annuisco appena, sentendo il classico brivido di paura ed eccitazione che mi causa il mio futuro. Darei qualsiasi cosa per avere una certezza.
Mi inclino verso sinistra, poggiando la testa sulla spalla del mio fratellino e fisso il vuoto.
 
Quanto vorrei che ci fosse Shinichi, oggi...
 
Vengo presa dalla nostalgia, che ho cercato di tenere chiusa in me stessa per molto tempo, per non soffrire in prima persona e per non far soffrire gli altri attorno a me.
Però in questo momento ho proprio bisogno di lui. Ho bisogno di sentirmi dire che sono stata brava, e che lui è fiero di me.
Trattengo le lacrime, fissando lo sguardo verso il soffitto. Se ci penso un solo momento di più, sento che scoppierò in un pianto interminabile, e non voglio.
Questa serata sta volgendo verso la malinconia, e non posso farci niente.
“Scappiamo” mi sussurra Conan all’orecchio, facendomi confondere. Sto pensando troppo a Shinichi che non riesco nemmeno a distinguerlo dal mio fratellino. “Solo io e te”.
Sposto appena il capo, ritrovandomi a fissare quegli occhi blu oceano che mi hanno sempre fatto star male nel guardarli.
 
È lui...
 
“Non se ne accorgerà nessuno” cerca di convincermi e mi sorride.
Mi scanso di colpo, travolta dal dolore.
No, devo smetterla di pensare a lui, lui non c’è più! È scomparso dalla mia vita da otto anni e non tornerà mai!
Conan approfitta del mio tentennamento e mi prende per mano. “Vieni” mi sussurra trascinandomi per la sala piena di gente sconosciuta. Scivoliamo alle spalle di mia madre senza che lei si accorga di niente, presa com’è dall’elogiarmi con suoi vecchi amici.
Conan apre piano la porta di casa senza far rumore e mi sospinge fuori. Scendo le scale come un automa, senza rendermi conto di aver veramente abbandonato la mia festa.
Ma forse cambiare aria mi farà tornare in me.
Scaccio le ultime lacrime e accelero per raggiungere Conan, che corre davanti a me tenendo saldo il mio polso.
“Ehi, aspetta. Dove vado conciata così?” domando frenando all’improvviso.
Conan si volta e mi squadra con una punta di apprezzamento. Indosso un vestito nuovo che mi ha prestato Sonoko per l’occasione, di un fucsia acceso e di seta leggera, che mi ricade fino alle caviglie. La schiena nuda è coperta dalla mia chioma agghindata dalla parrucchiera di fiducia di mamma, e uno scollo non molto marcato è decorato da piccoli diamanti veri incastonati.
“Puoi andare ovunque” ammette e, anche se il buio lo nasconde, so bene che è arrossito. “Sei bellissima, stasera”.
Arriccio la bocca, compiaciuta. “Solo stasera? Di solito sono un carro del carbone?”.
Preso in contropiede, il mio fratellino comincia a balbettare su una risposta per me incomprensibile.
Mi avvicino alla sua camicia lasciata svogliatamente un  po’ aperta e gliela chiudo, sistemando poi anche la giacca.
In quei pochi attimi, Conan si è ammutolito ed immobilizzato, per la prima volta senza lamentarsi del mio continuo volergli chiudere la camicia.
“Siamo ancora troppo vicini alla casa di mia madre. Ci potrebbero beccare. Dove mi porti?” domando dandogli una spintarella all’indietro con l’aiuto del collo della sua camicia.
Conan sembra riprendersi e scrolla la testa, facendosi passare una mano tra i capelli arruffati.
“Seguimi”.
 
“Dove siamo?” chiedo, il respiro leggermente affaticato.
Tenendomi aggrappata alla mano di Conan, salgo anche l’ultima salita della collinetta e mi appoggio ad una specie di recinzione, per riprendere fiato.
Il mio fratellino rimane in silenzio, lo sguardo perso nel panorama. Mi volto a mia volta e rimango incantata: sotto di noi si apre Tokyo in tutta la sua bellezza. Quest’ora di duro cammino è stata ricompensata.
Al centro si erge imponente la torre di Toto, mentre a destra si può scorgere il mio quartiere, Beika.
“È... è... non trovo parole” ammetto, sorridendo estasiata.
Conan ride compiaciuto e si avvicina a me, impercettibilmente.
“Sono contento che ti piaccia” dice, fissandomi intensamente.
Imbarazzata, torno a guardare la città illuminata. “Come facevi a conoscere questo posto?”.
Conan alza le spalle, le mani nelle tasche dei pantaloni. “Grazie alle scampagnate che ci faceva fare il dottor Agasa anni fa”.
Sorrido. È vero, Conan da piccolo partiva spesso assieme al dottor Agasa e ai suoi amici per campeggi o gite fuori città. Ricordo che quando partiva la sua gioia era pari a zero. Sembrava quasi disprezzare, quelle uscite.
Ma quando tornava, il suo viso era più rilassato e sereno. Forse non se ne rendeva nemmeno conto.
“Perché non ne organizzate ancora? Agasa sarà certamente contento di passare del tempo con voi”butto lì, dando le spalle alla città.
Conan mi parla fissando il vuoto, con la mente a chissà quali ricordi. “Ormai siamo cresciuti e abbiamo impegni diversi” fa una pausa e poi ammette: “Il professore ne aveva organizzata una, due settimane fa, ma non sono andato”.
“E perché?” chiedo, stupita. Conan non me ne aveva nemmeno accennato. Strano, di solito mi racconta quasi tutto.
Il mio fratellino scrolla le spalle, indifferente, e mi guarda. “Non ne avevo voglia. E poi... dovevo accompagnarti per cercare il nuovo appartamento”. La sua voce, verso la fine, mi è suonata triste.
Che non l’abbia ancora accettato?
“Se mi dicevi che...” comincio, ma lui mi interrompe. “A me è andata bene come è andata. Mi piace stare con te, lo sai. E tra poco non avremo più così tanto tempo per vederci...”
Rimango zitta, non sapendo cosa dirgli.
Questo argomento ci fa male, quando lo affrontiamo.
Andare a vivere in un appartamento tutto mio, vicino all’università, è un progetto che serbo da quando ho cominciato a seguire i corsi. Ma non ho mai deciso di fare il grande passo, perché non mi sentivo pronta ad allontanarmi da casa, da mio padre, dalla mia routine e... non riuscivo a staccarmi da Conan.
Solo quattro mesi fa ho deciso che è arrivato il momento di abbandonare il nido e costruirmi una vita tutta mia. Se mi lascerò alle spalle la mia vecchia vita, forse riuscirò anche a dimenticare tutte le mie sofferenze.
 
Forse, riuscirò a dimenticarti...
 
Alzo lo sguardo e incontro gli occhi velati di tristezza del mio fratellino. Sta cercando di trattenersi per non iniziare una nuova discussione, lo conosco. Cerca di non farmi capire come si sente, ma ormai lo conosco troppo bene.
Allungo la mia mano e gli sfioro il viso, come una leggera carezza.
“Lo sai che potrai venire ogni volta che vorrai” dico lentamente.
Conan annuisce, non molto convinto. “Ma non sarà mai la stessa cosa” dice, amaro, e volta la testa dall’altra parte.
In un impeto, gli prendo la testa tra le mani e lo costringo a guardarmi negli occhi. Prima di parlare ho un attimo di indecisione, causato dalle sue iridi. Sono così... così...
“Tu sei la persona che mi mancherà di più. Di più di tutte. Sto male solo al pensiero di non vederti più tutti i giorni. Noi siamo cresciuti insieme, nel bene e nel male, abbiamo passato tanti ostacoli e tu eri l’unico che abbia mai voluto al mio fianco, in quei momenti”. Mi apro a lui come non mi era mai successo. Mi sento vulnerabile, ma il mio sguardo è sicuro.
Conan abbassa gli occhi, mentre posa le mani sulle mie braccia.
Le nostre fronti si poggiano l’una sull’altra e rimaniamo così per degli interminabili minuti. Mi accorgo di stare piangendo solamente quando le lacrime cominciano a bagnare la mano del mio fratellino.
“Scusami” mormoro, asciugandomi velocemente il viso.
Non so cosa mi sia preso, forse è colpa dei troppi ricordi o forse di qualcosa che non riesco a comprendere.
Sento la mano di Conan alzarmi il viso, tornando occhi negli occhi. Come se stessi vedendo la scena al rallentatore, lo vedo mentre li chiude e si avvicina al mio viso.
Il mio cuore subisce una stretta dolorosa, il mio stomaco si contrae.
 
Che cosa sta succedendo?
 
Le sue labbra si posano sulla mia guancia e bloccano lo scorrere della mia ultima lacrima. Spalanco gli occhi e stringo forte le mani a pugno.
Che cosa sono andata a pensare?
La sua vicinanza dolce mi fa terribilmente mancare fisicamente la sua presenza, il tocco sulla mia pelle dell’unico ragazzo che abbia mai amato in vita mia.
Scanso il mio fratellino, spostando il mio sguardo in ombra.
Perché l’unica persona che può farmi star bene è anche l’unica che mi può far soffrire?
“Tu sei come un fratello, per me” sussurro dopo un po’. Torno a guardarlo, ma il suo volto è nascosto dai capelli. “E hai dieci anni in meno di me”.
Conan annuisce lentamente, non pronunciando parola.
Non so perché ci ho tenuto a precisarlo. Adesso penso che sia stato stupido, ma poco fa... ho veramente percepito qualcosa di diverso in Conan?

 
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Secondo capitolo postato!
E in poco tempo, perché temo di andare in letargo per un po’, in queste vacanze... ma tornerò con l’anno nuovo sicuramente, e con un terzo capitolo ricco di sorpresine!! ^^
Uhuhuh che senso di onnipotenza saperlo in anticipo ;)
Allora, allora: che mi dite?? Ran che si sta per laureare, Shin che non sa più come contenersi con l’amata e... il trasferimento di Ran in un’altra casa... Mmm... ce ne saranno delle belle!
Ma adesso ringrazio quelle anime stupende che sono passate a commentare il primo capitolo, a cui rivolgo un abbraccio IMMENSO: Yume98, Shine_, Il Cavaliere Nero e _Flami_ ! :)
Grazie anche a coloro che hanno aggiunto la storia nelle seguite: ChibiRoby, ciachan, Il Cavaliere Nero, ranshin22, VSRB, Yume98 e a _Flami_!
Grazie a chi ha solo letto e... ci vediamo alla prossima!!
 
Buon Natale a tutti quanti e vi auguro un buon anno nuovo!!!!!!! ^^
Un abbraccione natalizio,
 
Dony_chan 
  
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