Capitolo 30
- Rumiko! - gridò, vedendo che la ragazza non l'aveva nemmeno
notato.
Le due ragazze che le stavano intorno si voltarono
immediatamente nella sua direzione, al contrario della mora. Continuava a camminare
dritta, guardando avanti a sé. Aveva pure accelerato il passo lasciando un po'
indietro le altre due.
Ma che le era preso? Non l'aveva sentito o faceva
semplicemente finta di non vederlo?
La chiamò nuovamente, correndo più veloce e piantandosi proprio
davanti a lei.
- Dannazione... Rumiko non hai
sentito che ti chiamavo? - le accarezzò una guancia, dopo
averle fatto rialzare il viso, che la ragazza aveva abbassato
immediatamente, nascondendolo dietro alla folta chioma corvina. - Ehy
piccola... c'è qualcosa che non va? Sei… sei ancora arrabbiata con me?
Quell'ultima frase la urtò, e molto anche. Certo che era
ancora arrabbiata. Come doveva essere? Felice, sorridente e gentile. Ma neanche
morta. Voleva le sue scuse. Anzi le pretendeva. È vero, forse esagerava. Ma
solo due settimane prima faceva il cascamorto con tutte quelle civette, dando a
tutte loro i bottoni della sua divisa. Poteva sognarlo che lo avrebbe perdonato
facilmente.
Gli diede un pizzicotto sulla mano con cui la stava
accarezzando, facendogliela ritirare. - Non toccarmi... - disse gelida,
affrettando il passo verso il cancello. Yuko e Nanako la seguirono.
Ma Daisuke non la lasciò andare, la prese per il polso e la
fece voltare nuovamente verso di lui. Frugò nella tasca della giacca, trovando
quello che cercava e glielo porse.
- Tieni... è il bottone più importante della divisa...
l'ho... l'ho tenuto per te... volevo ti appartenesse.
Rumiko sentì il cuore saltarle in gola. Il bottone? Cosa ci
faceva li quel bottone? Lui... li aveva dati tutti.
L'aveva visto con i suoi occhi, vicino alla divisa non ce ne erano più quando litigarono. Com'era possibile? Significava che
l'aveva conservato apposta per lei.
- Daisuke... tu... l'avevi... conservato al sicuro... per
me?- chiese alzando finalmente lo sguardo e guardandolo dritto in quei grandi
occhi nocciola che tanto amava.
- Ovvio che sì! La mattina l'ho staccato e l'ho infilato
nella tasca dei pantaloni, per evitare di perderlo o che qualcuna me lo strappasse via! - sorrise facendole l'occhiolino - Non avrai
mica pensato che l'avessi dato via? No, no, quel bottone doveva essere solo
tuo.
Si passò una mano dietro la nuca, ovviamente imbarazzato.
Stava prendendo di nuova troppo confidenza con lei, era arrabbiata... non
avrebbe dovuto.
La ragazza prese il bottone dalla mano che Daisuke aveva
ancora a mezz'aria e lo osservò, prima di perdere il controllo e abbracciarlo
forte.
- Scusami... scusami non volevo, mi dispiace... ero solo
nervosa... solo... io... - si allontanò qualche centimetro, quel tanto per
guardarlo bene in volto. - Facciamolo! Il viaggio. Ad Agosto. Insieme!!! Ti va ancora?- chiese sorridendo flebilmente.
Doveva ridere? Doveva allarmarsi? Doveva esserne sorpreso?
Doveva esserne felice? Non lo sapeva. Sentiva solo il suo viso andare in fiamme,
immaginando stesse cambiando tutte le tonalità purpuree esistenti.
- I-il viaggio? - domandò
praticamente a se stesso - Certo che voglio farlo!
Rumiko sorrise ancora e lo abbracciò di nuovo. Nanako diede
una pacca sulle spalle a Daisuke, che la guardò curioso. Lei sorrise,
facendogli segno di vittoria. Daisuke rispose al sorriso allegramente, mentre
le due amiche di Rumiko si allontanavano e li lasciavano soli.
***
-Chi é quella ragazza?- chiese Mizuki con un tono vago. Lei
non sapeva mica che Daisuke aveva la ragazza. Le era sfuggito il particolare
più importante di tutti nelle sue ricerche.
Roxy la guardò distratta, ripuntando
immediatamente lo sguardo sulla coppietta.
- Si chiama Rumiko... È la mia migliore amica, oltre ad essere
la ragazza di Daisuke. Non l'avevi capito? Eppure è così evidente. Ormai lo
sanno anche le pietre che quei due si piacciono. - sembrò pensarci un attimo,
poi si portò una mano davanti alla labbra - SCUSA! Che
scema, era impossibile tu lo sapessi!
Effettivamente, non ci aveva pensato. Mizuki sembrava sapere
talmente tante cose su loro, o almeno averne tante in comune con lei e Daisuke,
che il particolare "Rumiko" nemmeno le era saltato per la mente. Dava
per scontato lo sapesse.
Mizuki scosse il capo, sorridendo. -Oh, ma di nulla,
figurati, non c'è problema. Sembra... una ragazza... molto dolce... - disse poi
guardando la moretta, in lontananza.
Roxy annuì in silenzio.
- Lo è... secondo me come ragazza è molto vicina alla
perfezione. Dolce e pacata. Tranquilla ed intelligente. Brava a scuola, figlia
modello. Insomma... quella da cui tutti direbbero: prendiamo esempio.
Sicuramente la dolcezza l'ha ereditata da sua mamma...
è una donna veramente speciale. Sai... non è molto presente nella vita di
Rumiko, perché lavora tantissimo per mantenerle gli studi...
ma io la invidio... piacerebbe anche a me avere una mamma come la sua...
- sospirò - Purtroppo ho solamente un padre stronzo ed egoista. Peccato.
Mizuki colse la palla al balzo. -Io vivo da sola. Mio padre è
un imprenditore, non aveva mai tempo per me, lo vedevo massimo a Natale... non
so chi sia mia madre, se ne è andata quando ero
piccolissima... - spiegò abbassando lo sguardo ed assumendo un'espressione
teatralmente triste.
Lo sguardo di Ritsuko, se possibile, si fece ancora più
lugubre.
- Tu mi assomigli per così tanti lati... sembra quasi tu abbia una vita gemella alla mia... è così assurdo che sembra
quasi falso.
Un fulmine sembrò trafiggere Mizuki, che impallidì fino a
diventare cerea.
Una risata della ragazza dalla chioma azzurrina riecheggiò.
- Ahah, è proprio strano! Forse è
il destino che ci ha fatte incontrare, per sostenerci a vicenda!
Mizuki si tranquillizzò. Che fortuna, non si era accorta di
nulla. Improvvisamente qualcuno si abbassò in ginocchio, alle spalle di Ritsuko
e le diede un quaderno in testa. La ragazza si voltò irritata.
- Matsumoto, la tua risata è così sguaiata che si sente
persino da dentro l'edificio... - era Daiki Nishikado, che a quanto pareva
voleva riprendere il vecchio rapporto di "Io ti
prendo in giro, tu ti incavoli, io mi diverto".
Inizialmente la ragazza abbassò lo sguardo, poi lo rialzò,
fiero ed orgoglioso come sempre.
- Ma che vuoi Daiki?! Se ti da
fastidio sentire la mia voce perché sei venuto fino a qui?!
- sbottò irritata, levandogli perfino il quaderno di mano.
Come? Ritsuko frequentava perfino Daiki? Anche quel
particolare le era decisamente sfuggito. Non li aveva mai visti insieme...
eppure sembravano così, così... così disgustosamente intimi.
Accidenti possibile che tutte le fortune capitassero a quella
dannata testa azzurra? Era rivoltante.
Lo sguardo di Daiki si posò sulla nuova amica dell'azzurrina,
ed arricciò il naso contrariato, nel vedere l'espressione stizzita della
sconosciuta, che per trattenere la rabbia stava mangiucchiando tutte le unghie
della mano destra, mentre l'altra ticchettava insistentemente sulla scatola del
suo bento.
-E questa chi é?- chiese il bruno, accigliato. Ritsuko gli
diede a sua volta il quaderno in testa, chiamandolo 'Cafone!'.
- Questa, come la chiami tu, è Mizuki. Amica mia e di
Daisuke! È pure in classe con noi a francese, non te ne sei accorto? Ma ascolti
il professore quando fa l'appello? Tu dovresti farlo,
dato che sei una secchia!
L'aveva osservato per tutta la lezione ed era certa che non
si fosse perso una sola parola proveniente dal loro supplente.
La ragazza, sfoderando uno dei suoi sorrisi più smaglianti,
gli porse la mano in segno di saluto.
- Molto piacere Nishikado, io sono Mizuki, Mizuki Honjo.
Con lui non era il caso di domandare se già potesse chiamarlo Daiki. Non era accondiscente
come il fratello.
Daiki arricciò di nuovo il naso, disgustato.
- L'ipocrisia è una brutta bestia... -
disse alzandosi e spolverandosi il pantalone da fili di erba. - Ci si vede
Matsumoto, occhio alle persone false... - disse vagamente, prima di
allontanarsi.
Una gocciolina apparve sulla testa di
Ritsuko: ma che cavolo diceva quel babbeo?
Si accorse di avere ancora in mano il quaderno del ragazzo.
Si scusò con l'amica, tramite un piccolo inchino, e si congedò da lei,
rincorrendo l'antipatico bruno che faceva finta di non udirla.
***
- NISHIKADOOOOOOOOOOOO! FERMATI! NON VOGLIO PORTARMI
APPRESSO, FINCHÉ SFORTUNATAMENTE TI VEDO DI NUOVO, I TUOI GERMI! - urlò
sventolando il quaderno, tenendolo solo con l'indice e il pollice destri.
Lui si fermò improvvisamente e lei, non frenando in tempo,
gli sbatté contro, facendosi molto male al naso. Nishikado si voltò verso di
lei, ma non sembrava arrabbiato, a dispetto da cosa si poteva pensare vedendolo
di spalle. Anzi, sul volto aveva disegnato un amabile sorriso.
- Stupida, questo quaderno è tuo... l'hai dimenticato in
aula, prima.- spiegò aprendo il quaderno e facendole leggere il nome scritto a
caratteri cubitali, e con colori psichedelici, sulla prima pagina.
- Ah... eh... mio? – domandò lei sentendosi una perfetta
imbecille.
Aveva appena insultato il suo tenero, dolcissimo,
cucciolissimo quaderno. Se lo strinse al petto, evitando di guardare Daiki,
quando un flash le balenò nella mente. Un momento... allora Daiki l'aveva
seguita fin lì per ridarglielo. Lo guardò confusa, dandosi una grattatina alla
testa. L'avevano drogato?
Lui sembrò coglier ei suoi pensieri e le poggiò una mano
sulla testa.
- Sono preoccupato, Matsumoto... stai attenta a quella
ragazza... non mi piace per nulla... quando parla
suona così terribilmente finta... ti prego, fa' attenzione.- le raccomandò,
accarezzandole i soffici capelli azzurrini.
- Perché dici questo? Finalmente... finalmente io ho trovato
una persona che condivide i miei stessi interessi... la mia stessa vita... e tu
mi dici che è falsa e di starne alla larga? ... ma
perché? Lei capisce la mia sofferenza... - esitò un momento - ... finalmente
conosco qualcuno che la può capire!
Le ultime parole sembravano tristi, totalmente tristi. Daiki
si sentì spiazzato. Non le aveva mai visto quell'espressione sul viso. In
genere quando si parlava della sua vita se ne faceva sempre beffe. Forte
com'era mostrava sempre il sorriso ed, effettivamente, non aveva senso. Che
stupido. Era così preso dalla sua positività che non aveva mai pensato a come
potesse vivere la sua vita, soprattutto quella familiare. Non aveva mai pensato
che la sua piccola Roxy potesse soffrire dentro, in fondo al suo cuore, che
potesse fuggire da una realtà troppo cruda.
Le passò la mano dietro la nuca e la spinse un po' verso di
sé, in modo da poterla circondare con le braccia.
- Non credevo... potessi soffrire tanto. Mi spiace... però Ritsuko, ti prego fidati di me... sai i miei
sentimenti, dovresti capire che non farei niente per farti soffrire... voglio
solo metterti in guardia da una persona tutto qui... e ... poi... tu hai
l'altra Matsumoto, no? Lei ti capisce, mi sbaglio? Hai davvero così bisogno di
una persona falsa come quella, per stare bene con te stessa? Hai tanti amici,
hai il tuo ragazzo, ora hai anche Daisuke, che mi ha confessato di voler
diventare davvero tuo amico... e hai me... perché hai bisogno di quella Honjo?-
chiese seriamente in pena per lei.
Roxy scosse la testa, trattenendo le lacrime, che però sembravano non voler fermarsi. Iniziarono a
scendere copiosamente, inumidendole le guance.
- Perché per quanto una persona possa tentare di
comprendermi... non può capire la mia vita... non può capire quello che ho
passato. Mia madre mi ha abbandonato. Mio padre rifiuta ancora oggi la mia
presenza. Perché allora mi hanno fatto nascere se entrambi mi rinnegano?
Perché? Sono una presenza così sgradita a questo mondo?
-NON DIRLO NEANCHE PER SCHERZO!- si infervorò lui. Le passò
le mani sulle spalle, scuotendola un po'. -Ti prego... fai quello che vuoi...
non mi importa... se vuoi quella come amica va bene... ma
non... dire... più una cosa così... per favore, è troppo... troppo... fa troppo
male, anche per me... - disse poi lasciandola andare, allontanandola un po'. -È
meglio che vada...- si voltò di spalle, ma Ritsuko lo
vide lo stesso asciugarsi gli occhi con una manica della maglia. Stava
piangendo? E se si, perché?
- Daiki... - lo richiamò lei, la voce flebile.
Piangeva, piangeva ancora. Dannazione a lei. Doveva
smetterla. Non ce la faceva più. Come poteva continuare a vivere non sapendola
sua? Non sapendo di averla al suo fianco? Dannazione. Più passava il tempo e più
sentiva la presenza di quella ragazza indispensabile nella sua vita. Come
faceva a trattenersi anche solamente dal guardarla? Era impossibile.
Un rombo di tuono attraversò la quiete dell'aria,
spezzandola. Ritsuko alzò il viso verso il cielo, mentre gocce di pioggia
cominciavano a scendere giù, velocemente. Quando si era guastato il tempo? Non
se ne era neanche resa conto, era successo molto
velocemente, era sicura che fino a pochi minuti prima ci fosse ancora il sole,
anche se leggermente fiacco. Ancora con lo sguardo rivolto in alto, non si rese
conto che Daiki le si era avvicinato di nuovo. Sentì
la mano di lui accarezzarle il viso, lo vide abbassarsi verso di lei e chiuse
gli occhi, sapendo perfettamente cosa stesse
succedendo. Pregò dio perché le perdonasse cosa stava per fare, ma era più
forte di lei. Neanche l'immagine di Nobu apparsa nella sua mente la sviò dalla
sua azione, e fu così che, mentre il cielo veniva
attraversato da un altro accecante lampo di luce, i due si baciarono. Non era
il primo bacio che dava a Daiki, ma quello fu essenzialmente diverso. Perché
anche lei lo voleva. Che buffo, pensò mentre
assaporava le sue labbra. Ogni volta che succedeva qualcosa tra loro, scoppiava
un temporale. Era piuttosto ironico.
Meccanicamente si strinse più forte a lui, ricambiando il
bacio. Lo stava tradendo... l'avrebbe ferito a morte... ma come poteva
frenarsi? Non poteva mentire a se stessa, con Nobu le cose andavano decisamente
male e la colpa era solamente del ragazzo. Lui e la sua dannata cugina Ashley...
da quando era arrivata non aveva passato più il tempo con Nobu. Mai. E, per
quel poco che lo vedeva, non erano mai soli. Le faceva così male...
Anche se, infondo, non le dispiaceva essersi staccata un po' da lui.
Così poteva dedicare più tempo agli amici... agli studi... alla chitarra e al
canto... ai giri in moto... e perché no, anche a Daiki. Lui era così dolce con
lei, anche se la
prendeva sempre in giro. Alla fine si preoccupava e l'ascoltava, anche se a
fine discorso ogni volta finiva per arrabbiarsi. Si staccarono per riprendere
fiato e non poté fare a meno di scrutare quegli occhi così belli. Di solito
erano freddi... eppure quando stava con lei sembravano addolcirsi, sempre.
- Daiki... io... io...
Daiki non le permise di continuare la frase, ma la baciò di
nuovo, e poi ancora, e ancora. Non gli importava nulla di tutta quella pioggia,
voleva solo stare con lei. Quando tornò un momento in possesso delle sue
facoltà intellettive, si rese conto che erano bagnati zuppi.
- Ehm... forse dovremmo ripararci... la mia macchina è
proprio dietro l'angolo... che fai, vieni con me?- chiese
titubante, sperando lei non fraintendesse. Ovviamente fraintese.
Fece per tirargli uno schiaffo, che lui ovviamente fermò.
Aveva freddo, tremava ed era visibilmente scossa. Ovvio che avesse
i riflessi rallentati. Le baciò la mano, stringendola poi vicino al suo viso.
- Prima le mie labbra e ora anche la mia mano? Che vuoi
appropriarti di me?! Oh no, ma io non ti lascio fare
quello che vuoi! Non pensarci nemmeno a saltarmi addosso, perché è la volta che
ti ritrovi castrato, te lo assicuro!
- Ti sembrano discorsi da fare? Sei tutta bagnata, se non ti
togli quei vestiti zuppi ti becchi una broncopolmonite...- disse scuotendo il
capo, divertito.
- Quando gli asini voleranno io mi leverò questi vestiti
fradici al di fuori di casa mia!
Lui la guardò ammutolito due secondi, poi si curvò verso di
lei, se la montò in spalla come un sacco di patate e, ignorando i pugni sulla
sua schiena e le grida strazianti di lei, arrivò vicino alla macchina, con
tutta la calma possibile prese le chiavi, aprì la portiera del sedile
posteriore e buttò la ragazza dentro, poi richiuse la portiera, entrò anche
lui, sedendosi al posto del guidatore sul sedile anteriore e bloccò tutte le sicure prima che lei fuggisse.
- Cambiati... fortunatamente ci sono dei vestiti miei nel
pacco vicino a te, li ha ritirati uno dei miei camerieri stamattina in
lavanderia e sono qui non so perché, ma tu indossali comunque... andranno un
po' grandi, ma almeno sono asciutti. Ah... non preoccuparti dei finestrini,
sono quelli scuri fuori, nessuno può vedere dentro... - spiegò pacato, mettendo
in moto e imbottigliandosi nel traffico caotico in pochi minuti. Una venuzza di
rabbia prese a pulsare su una tempia di Ritsuko. Ma che cavolo, non era di
quelli fuori che si preoccupava, ma di lui. Sicuramente avrebbe sbirciato,
nessuno poteva assicurarle che non lo avrebbe fatto.
- Non ci penso nemmeno a mettermi i tuoi vestiti puzzolenti,
nella tua macchina... e soprattutto con te dentro!
Mise il broncio, tentando di scassinare nuovamente la
portiera.
- Potrei farti arrestare per sequestro di persona, lo sai?!
- Se non ti cuci quella bocca ti do un altro bacio... - la
prese in giro lui, non credendo che la minaccia avrebbe fatto davvero effetto.
Lei si zittì all'istante, mentre il cervello rianalizzava
gli eventi di poco prima. Cavolo, si erano baciati davvero. E con una passione
che con Nobu non aveva mai neanche creduto possibile. Lui rise, guardandola
dallo specchietto retrovisore, mentre lei tratteneva un paio di starnuti. - Sei
una stupida, orgogliosa. Mettiti quei vestiti ho detto, giuro che non guardo...
- disse facendo uno spergiuro con le dita della mano destra, in modo visibile
perché lei se ne accorgesse. Infatti Ritsuko se ne accorse
e gli buttò dietro la testa la prima cosa che le passò sotto mano, in questo
caso il suo famoso quaderno, tutto inzuppato d'acqua.
Si portò sul sedile accanto a lui, scavalcando un po' qua e
un po' là, incrociando poi le braccia e volgendo lo sguardo fuori. Daiki sbuffò
seccato, anche se divertito allo stesso tempo.
- Non ti darò mai la soddisfazione di vedere il mio magnifico
corpo senza vestiti.
Lui scosse il capo.
- Sei proprio di coccio, tu... torna dietro, copro lo
specchietto retrovisore, te lo prometto... - disse con fare conciliante.
- No. - rispose lei secca, nuovamente. - Non voglio punto e
basta. Arrivo a casa e mi cambio. Ecco. Se poi devo ammalarmi sia lodato il
cielo, almeno Rumi non mi obbliga ad andare a scuola!
- Mi spiace io a casa non posso portarti... è finita la
benzina, visto che siamo davanti casa mia credo sia meglio che rimani qui... -
disse allegramente, posteggiando. Fu come se un masso le avesse colpito la
testa in pieno, frantumandola. Non era possibile. Quel giorno succedevano tutte
a lei!!! Beh, sarebbe tornata a casa a piedi. No,
impossibile, abitavano ai due poli diversi di Tokyo.
Scese dalla macchina con una velocità impressionante,
chiudendo poco delicatamente la portiera.
- Prenderò un TAXI, visto che tu sei così deficiente da non
fare nemmeno il pieno alla macchina.
No. A casa di Daiki. Cambiarsi da lui. Stare da lui chissà
fino a quando. MAI!
Lui la guardò. Si stava divertendo come un matto. - Bene,
aspetta pure un taxi... ciao ciao...
- disse avviandosi verso il cancello dell'enorme villa dei Nishikado. O,
meglio, una delle tante. Ma Ritsuko non sapeva quella fosse solo una villa
secondaria, e che lui l'aveva portata li solo per
prenderla un po' in giro. Avrebbe dovuto chiamare anche Daisuke per avvisarlo
di raggiungerlo li con l'altra Matsumoto, tanto per
stare un po' tutti insieme. Magari riusciva a far riprendere Ritsuko
dall'effetto "Lavaggio del cervello by Mizuki Honjo".
Roxy frugò nella tasca della gonna della divisa, cercando il
cellulare e chiamare quel maledetto taxi. Impallidì quando
notò che non c'era.
- NOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOO! - si ritrovò a urlare a
squarciagola.
Allora la sfortuna ce l'aveva
proprio con lei! Aveva lasciato la cartella con dentro tutte le sue cose vicino
a quella di Daisuke, dove stava anche Mizuki.
Si avviò a passo d'elefante alla porta dell'immensa villa,
suonando sclerotica il campanello, quando le aprì un divertito e strafottente
Daiki.
- DOVE... C'È... UN... TELEFONOOOOOOOOOO?!
Daiki fece spallucce.
- Mi spiace, il temporale deve aver fatto saltare qualche
palo del telefono, sono tutti muti...
- Vaffanculo... - sbottò lei per niente finemente. - La odio
questa giornata, la odio con tutto il cuore! DAMMI IL TUO
CELLULAREEEEEEEEEEEEEEE!
Daiki si diede una grattatina. - Ops...
credo di averlo dimenticato all'Uni... - rispose
vagamente, trattenendosi dal ridere a crepapelle.
Si spaventò un momento vedendo l'espressione della ragazza.
Sembrava indemoniata, fumava come se dentro di lei ci fosse stato un incendio. Era
evidentemente furiosa. Se continuava così avrebbe
dovuto chiamare di lì a poco un'esorcista. Che brutta cosa.
Le posò una mano sul capo con accondiscendenza, e lei subito
si calmò. Sembrava quasi quello fosse diventato il
gesto di rito per calmarla. Come se quelle carezze le trasmettessero pace e
tranquillità.
- Dai, resta un po' qui, fra poco Daisuke e Rumiko
arriveranno, appena spiove vi accompagno a casa... - disse dolcemente. - E poi
devi cambiarti subito, sei fradicia... qui ci sono dei vestiti di mia mamma, ma lei non li usa più, si rifà il guardaroba da
capo ogni mese, così penso che puoi usarli tranquillamente.
Alla parola Rumiko la ragazza si tranquillizzò. Si fece
indicare da Daiki una stanza in cui cambiarsi, dopo aver scelto degli abiti
vagamente accettabili, si chiuse a chiave dentro e non ci uscì più finché non
arrivarono gli altri due. Chissà cosa avrebbe atteso i quattro, per il tempo
che sarebbero stati insieme in quella villa.
…
continua…