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Autore: San e Rachel    10/08/2006    1 recensioni
Rumiko. Ritsuko. Legate solamente dallo stesso cognome o forse da qualche altro segreto che le accomuna, ma di cui loro sono ancora all'oscuro? Una la ragazza perfetta negli studi, l'altra la ribelle assoluta. Due vite che corrono parallele... almeno finché un evento non le farà incontrare: la minaccia dei fratelli Nishikado; ragazzi ricchi, potenti e persuasivi. Cosa succederebbe se le loro vite si intrecciassero? Le due ragazze finirebbero per essere entrambe schiacciate dalle persone che stanno loro intorno, e che le vedono come nemiche, o riuscirebbero a sostenersi a vicenda superando ogni situazione avversa? Una storia tinta di mistero, talvolta allegra, talvolta struggente, per raccontarvi la vita di due adolescenti alle prese con problemi forse troppo grandi per loro.
Genere: Generale, Malinconico, Suspence, Triste | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Truly Madly Deeply

 

Capitolo 30

 

 

- Rumiko! - gridò, vedendo che la ragazza non l'aveva nemmeno notato.

Le due ragazze che le stavano intorno si voltarono immediatamente nella sua direzione, al contrario della mora. Continuava a camminare dritta, guardando avanti a sé. Aveva pure accelerato il passo lasciando un po' indietro le altre due.

Ma che le era preso? Non l'aveva sentito o faceva semplicemente finta di non vederlo?

La chiamò nuovamente, correndo più veloce e piantandosi proprio davanti a lei.

- Dannazione... Rumiko non hai sentito che ti chiamavo? - le accarezzò una guancia, dopo averle fatto rialzare il viso, che la ragazza aveva abbassato immediatamente, nascondendolo dietro alla folta chioma corvina. - Ehy piccola... c'è qualcosa che non va? Sei… sei ancora arrabbiata con me?

Quell'ultima frase la urtò, e molto anche. Certo che era ancora arrabbiata. Come doveva essere? Felice, sorridente e gentile. Ma neanche morta. Voleva le sue scuse. Anzi le pretendeva. È vero, forse esagerava. Ma solo due settimane prima faceva il cascamorto con tutte quelle civette, dando a tutte loro i bottoni della sua divisa. Poteva sognarlo che lo avrebbe perdonato facilmente.

Gli diede un pizzicotto sulla mano con cui la stava accarezzando, facendogliela ritirare. - Non toccarmi... - disse gelida, affrettando il passo verso il cancello. Yuko e Nanako la seguirono.

Ma Daisuke non la lasciò andare, la prese per il polso e la fece voltare nuovamente verso di lui. Frugò nella tasca della giacca, trovando quello che cercava e glielo porse.

- Tieni... è il bottone più importante della divisa... l'ho... l'ho tenuto per te... volevo ti appartenesse.

Rumiko sentì il cuore saltarle in gola. Il bottone? Cosa ci faceva li quel bottone? Lui... li aveva dati tutti. L'aveva visto con i suoi occhi, vicino alla divisa non ce ne erano più quando litigarono. Com'era possibile? Significava che l'aveva conservato apposta per lei.

- Daisuke... tu... l'avevi... conservato al sicuro... per me?- chiese alzando finalmente lo sguardo e guardandolo dritto in quei grandi occhi nocciola che tanto amava.

- Ovvio che sì! La mattina l'ho staccato e l'ho infilato nella tasca dei pantaloni, per evitare di perderlo o che qualcuna me lo strappasse via! - sorrise facendole l'occhiolino - Non avrai mica pensato che l'avessi dato via? No, no, quel bottone doveva essere solo tuo.

Si passò una mano dietro la nuca, ovviamente imbarazzato. Stava prendendo di nuova troppo confidenza con lei, era arrabbiata... non avrebbe dovuto.

La ragazza prese il bottone dalla mano che Daisuke aveva ancora a mezz'aria e lo osservò, prima di perdere il controllo e abbracciarlo forte.

- Scusami... scusami non volevo, mi dispiace... ero solo nervosa... solo... io... - si allontanò qualche centimetro, quel tanto per guardarlo bene in volto. - Facciamolo! Il viaggio. Ad Agosto. Insieme!!! Ti va ancora?- chiese sorridendo flebilmente.

Doveva ridere? Doveva allarmarsi? Doveva esserne sorpreso? Doveva esserne felice? Non lo sapeva. Sentiva solo il suo viso andare in fiamme, immaginando stesse cambiando tutte le tonalità purpuree esistenti.

- I-il viaggio? - domandò praticamente a se stesso - Certo che voglio farlo!

Rumiko sorrise ancora e lo abbracciò di nuovo. Nanako diede una pacca sulle spalle a Daisuke, che la guardò curioso. Lei sorrise, facendogli segno di vittoria. Daisuke rispose al sorriso allegramente, mentre le due amiche di Rumiko si allontanavano e li lasciavano soli.

 

***

 

-Chi é quella ragazza?- chiese Mizuki con un tono vago. Lei non sapeva mica che Daisuke aveva la ragazza. Le era sfuggito il particolare più importante di tutti nelle sue ricerche.

Roxy la guardò distratta, ripuntando immediatamente lo sguardo sulla coppietta.

- Si chiama Rumiko... È la mia migliore amica, oltre ad essere la ragazza di Daisuke. Non l'avevi capito? Eppure è così evidente. Ormai lo sanno anche le pietre che quei due si piacciono. - sembrò pensarci un attimo, poi si portò una mano davanti alla labbra - SCUSA! Che scema, era impossibile tu lo sapessi!

Effettivamente, non ci aveva pensato. Mizuki sembrava sapere talmente tante cose su loro, o almeno averne tante in comune con lei e Daisuke, che il particolare "Rumiko" nemmeno le era saltato per la mente. Dava per scontato lo sapesse.

Mizuki scosse il capo, sorridendo. -Oh, ma di nulla, figurati, non c'è problema. Sembra... una ragazza... molto dolce... - disse poi guardando la moretta, in lontananza.

Roxy annuì in silenzio.

- Lo è... secondo me come ragazza è molto vicina alla perfezione. Dolce e pacata. Tranquilla ed intelligente. Brava a scuola, figlia modello. Insomma... quella da cui tutti direbbero: prendiamo esempio. Sicuramente la dolcezza l'ha ereditata da sua mamma... è una donna veramente speciale. Sai... non è molto presente nella vita di Rumiko, perché lavora tantissimo per mantenerle gli studi... ma io la invidio... piacerebbe anche a me avere una mamma come la sua... - sospirò - Purtroppo ho solamente un padre stronzo ed egoista. Peccato.

Mizuki colse la palla al balzo. -Io vivo da sola. Mio padre è un imprenditore, non aveva mai tempo per me, lo vedevo massimo a Natale... non so chi sia mia madre, se ne è andata quando ero piccolissima... - spiegò abbassando lo sguardo ed assumendo un'espressione teatralmente triste.

Lo sguardo di Ritsuko, se possibile, si fece ancora più lugubre.

- Tu mi assomigli per così tanti lati... sembra quasi tu abbia una vita gemella alla mia... è così assurdo che sembra quasi falso.

Un fulmine sembrò trafiggere Mizuki, che impallidì fino a diventare cerea.

Una risata della ragazza dalla chioma azzurrina riecheggiò.

- Ahah, è proprio strano! Forse è il destino che ci ha fatte incontrare, per sostenerci a vicenda!

Mizuki si tranquillizzò. Che fortuna, non si era accorta di nulla. Improvvisamente qualcuno si abbassò in ginocchio, alle spalle di Ritsuko e le diede un quaderno in testa. La ragazza si voltò irritata.

- Matsumoto, la tua risata è così sguaiata che si sente persino da dentro l'edificio... - era Daiki Nishikado, che a quanto pareva voleva riprendere il vecchio rapporto di "Io ti prendo in giro, tu ti incavoli, io mi diverto".

Inizialmente la ragazza abbassò lo sguardo, poi lo rialzò, fiero ed orgoglioso come sempre.

- Ma che vuoi Daiki?! Se ti da fastidio sentire la mia voce perché sei venuto fino a qui?! - sbottò irritata, levandogli perfino il quaderno di mano.

Come? Ritsuko frequentava perfino Daiki? Anche quel particolare le era decisamente sfuggito. Non li aveva mai visti insieme... eppure sembravano così, così... così disgustosamente intimi.

Accidenti possibile che tutte le fortune capitassero a quella dannata testa azzurra? Era rivoltante.

Lo sguardo di Daiki si posò sulla nuova amica dell'azzurrina, ed arricciò il naso contrariato, nel vedere l'espressione stizzita della sconosciuta, che per trattenere la rabbia stava mangiucchiando tutte le unghie della mano destra, mentre l'altra ticchettava insistentemente sulla scatola del suo bento.

-E questa chi é?- chiese il bruno, accigliato. Ritsuko gli diede a sua volta il quaderno in testa, chiamandolo 'Cafone!'.

- Questa, come la chiami tu, è Mizuki. Amica mia e di Daisuke! È pure in classe con noi a francese, non te ne sei accorto? Ma ascolti il professore quando fa l'appello? Tu dovresti farlo, dato che sei una secchia!

L'aveva osservato per tutta la lezione ed era certa che non si fosse perso una sola parola proveniente dal loro supplente.

La ragazza, sfoderando uno dei suoi sorrisi più smaglianti, gli porse la mano in segno di saluto.

- Molto piacere Nishikado, io sono Mizuki, Mizuki Honjo.

Con lui non era il caso di domandare se già potesse chiamarlo Daiki. Non era accondiscente come il fratello.

Daiki arricciò di nuovo il naso, disgustato.

- L'ipocrisia è una brutta bestia... - disse alzandosi e spolverandosi il pantalone da fili di erba. - Ci si vede Matsumoto, occhio alle persone false... - disse vagamente, prima di allontanarsi.

Una gocciolina apparve sulla testa di Ritsuko: ma che cavolo diceva quel babbeo?

Si accorse di avere ancora in mano il quaderno del ragazzo. Si scusò con l'amica, tramite un piccolo inchino, e si congedò da lei, rincorrendo l'antipatico bruno che faceva finta di non udirla.

 

***

 

- NISHIKADOOOOOOOOOOOO! FERMATI! NON VOGLIO PORTARMI APPRESSO, FINCHÉ SFORTUNATAMENTE TI VEDO DI NUOVO, I TUOI GERMI! - urlò sventolando il quaderno, tenendolo solo con l'indice e il pollice destri.

Lui si fermò improvvisamente e lei, non frenando in tempo, gli sbatté contro, facendosi molto male al naso. Nishikado si voltò verso di lei, ma non sembrava arrabbiato, a dispetto da cosa si poteva pensare vedendolo di spalle. Anzi, sul volto aveva disegnato un amabile sorriso.

- Stupida, questo quaderno è tuo... l'hai dimenticato in aula, prima.- spiegò aprendo il quaderno e facendole leggere il nome scritto a caratteri cubitali, e con colori psichedelici, sulla prima pagina.

- Ah... eh... mio? – domandò lei sentendosi una perfetta imbecille.

Aveva appena insultato il suo tenero, dolcissimo, cucciolissimo quaderno. Se lo strinse al petto, evitando di guardare Daiki, quando un flash le balenò nella mente. Un momento... allora Daiki l'aveva seguita fin lì per ridarglielo. Lo guardò confusa, dandosi una grattatina alla testa. L'avevano drogato?

Lui sembrò coglier ei suoi pensieri e le poggiò una mano sulla testa.

- Sono preoccupato, Matsumoto... stai attenta a quella ragazza... non mi piace per nulla... quando parla suona così terribilmente finta... ti prego, fa' attenzione.- le raccomandò, accarezzandole i soffici capelli azzurrini.

- Perché dici questo? Finalmente... finalmente io ho trovato una persona che condivide i miei stessi interessi... la mia stessa vita... e tu mi dici che è falsa e di starne alla larga? ... ma perché? Lei capisce la mia sofferenza... - esitò un momento - ... finalmente conosco qualcuno che la può capire!

Le ultime parole sembravano tristi, totalmente tristi. Daiki si sentì spiazzato. Non le aveva mai visto quell'espressione sul viso. In genere quando si parlava della sua vita se ne faceva sempre beffe. Forte com'era mostrava sempre il sorriso ed, effettivamente, non aveva senso. Che stupido. Era così preso dalla sua positività che non aveva mai pensato a come potesse vivere la sua vita, soprattutto quella familiare. Non aveva mai pensato che la sua piccola Roxy potesse soffrire dentro, in fondo al suo cuore, che potesse fuggire da una realtà troppo cruda.

Le passò la mano dietro la nuca e la spinse un po' verso di sé, in modo da poterla circondare con le braccia.

- Non credevo... potessi soffrire tanto. Mi spiace... però Ritsuko, ti prego fidati di me... sai i miei sentimenti, dovresti capire che non farei niente per farti soffrire... voglio solo metterti in guardia da una persona tutto qui... e ... poi... tu hai l'altra Matsumoto, no? Lei ti capisce, mi sbaglio? Hai davvero così bisogno di una persona falsa come quella, per stare bene con te stessa? Hai tanti amici, hai il tuo ragazzo, ora hai anche Daisuke, che mi ha confessato di voler diventare davvero tuo amico... e hai me... perché hai bisogno di quella Honjo?- chiese seriamente in pena per lei.

Roxy scosse la testa, trattenendo le lacrime, che però sembravano non voler fermarsi. Iniziarono a scendere copiosamente, inumidendole le guance.

- Perché per quanto una persona possa tentare di comprendermi... non può capire la mia vita... non può capire quello che ho passato. Mia madre mi ha abbandonato. Mio padre rifiuta ancora oggi la mia presenza. Perché allora mi hanno fatto nascere se entrambi mi rinnegano? Perché? Sono una presenza così sgradita a questo mondo?

-NON DIRLO NEANCHE PER SCHERZO!- si infervorò lui. Le passò le mani sulle spalle, scuotendola un po'. -Ti prego... fai quello che vuoi... non mi importa... se vuoi quella come amica va bene... ma non... dire... più una cosa così... per favore, è troppo... troppo... fa troppo male, anche per me... - disse poi lasciandola andare, allontanandola un po'. -È meglio che vada...- si voltò di spalle, ma Ritsuko lo vide lo stesso asciugarsi gli occhi con una manica della maglia. Stava piangendo? E se si, perché?

- Daiki... - lo richiamò lei, la voce flebile.

Piangeva, piangeva ancora. Dannazione a lei. Doveva smetterla. Non ce la faceva più. Come poteva continuare a vivere non sapendola sua? Non sapendo di averla al suo fianco? Dannazione. Più passava il tempo e più sentiva la presenza di quella ragazza indispensabile nella sua vita. Come faceva a trattenersi anche solamente dal guardarla? Era impossibile.

Un rombo di tuono attraversò la quiete dell'aria, spezzandola. Ritsuko alzò il viso verso il cielo, mentre gocce di pioggia cominciavano a scendere giù, velocemente. Quando si era guastato il tempo? Non se ne era neanche resa conto, era successo molto velocemente, era sicura che fino a pochi minuti prima ci fosse ancora il sole, anche se leggermente fiacco. Ancora con lo sguardo rivolto in alto, non si rese conto che Daiki le si era avvicinato di nuovo. Sentì la mano di lui accarezzarle il viso, lo vide abbassarsi verso di lei e chiuse gli occhi, sapendo perfettamente cosa stesse succedendo. Pregò dio perché le perdonasse cosa stava per fare, ma era più forte di lei. Neanche l'immagine di Nobu apparsa nella sua mente la sviò dalla sua azione, e fu così che, mentre il cielo veniva attraversato da un altro accecante lampo di luce, i due si baciarono. Non era il primo bacio che dava a Daiki, ma quello fu essenzialmente diverso. Perché anche lei lo voleva. Che buffo, pensò mentre assaporava le sue labbra. Ogni volta che succedeva qualcosa tra loro, scoppiava un temporale. Era piuttosto ironico.

Meccanicamente si strinse più forte a lui, ricambiando il bacio. Lo stava tradendo... l'avrebbe ferito a morte... ma come poteva frenarsi? Non poteva mentire a se stessa, con Nobu le cose andavano decisamente male e la colpa era solamente del ragazzo. Lui e la sua dannata cugina Ashley... da quando era arrivata non aveva passato più il tempo con Nobu. Mai. E, per quel poco che lo vedeva, non erano mai soli. Le faceva così male... Anche se, infondo, non le dispiaceva essersi staccata un po' da lui. Così poteva dedicare più tempo agli amici... agli studi... alla chitarra e al canto... ai giri in moto... e perché no, anche a Daiki. Lui era così dolce con lei, anche se  la prendeva sempre in giro. Alla fine si preoccupava e l'ascoltava, anche se a fine discorso ogni volta finiva per arrabbiarsi. Si staccarono per riprendere fiato e non poté fare a meno di scrutare quegli occhi così belli. Di solito erano freddi... eppure quando stava con lei sembravano addolcirsi, sempre.

- Daiki... io... io...

Daiki non le permise di continuare la frase, ma la baciò di nuovo, e poi ancora, e ancora. Non gli importava nulla di tutta quella pioggia, voleva solo stare con lei. Quando tornò un momento in possesso delle sue facoltà intellettive, si rese conto che erano bagnati zuppi.

- Ehm... forse dovremmo ripararci... la mia macchina è proprio dietro l'angolo... che fai, vieni con me?- chiese titubante, sperando lei non fraintendesse. Ovviamente fraintese.

Fece per tirargli uno schiaffo, che lui ovviamente fermò. Aveva freddo, tremava ed era visibilmente scossa. Ovvio che avesse i riflessi rallentati. Le baciò la mano, stringendola poi vicino al suo viso.

- Prima le mie labbra e ora anche la mia mano? Che vuoi appropriarti di me?! Oh no, ma io non ti lascio fare quello che vuoi! Non pensarci nemmeno a saltarmi addosso, perché è la volta che ti ritrovi castrato, te lo assicuro!

- Ti sembrano discorsi da fare? Sei tutta bagnata, se non ti togli quei vestiti zuppi ti becchi una broncopolmonite...- disse scuotendo il capo, divertito.

- Quando gli asini voleranno io mi leverò questi vestiti fradici al di fuori di casa mia!

Lui la guardò ammutolito due secondi, poi si curvò verso di lei, se la montò in spalla come un sacco di patate e, ignorando i pugni sulla sua schiena e le grida strazianti di lei, arrivò vicino alla macchina, con tutta la calma possibile prese le chiavi, aprì la portiera del sedile posteriore e buttò la ragazza dentro, poi richiuse la portiera, entrò anche lui, sedendosi al posto del guidatore sul sedile anteriore e bloccò tutte le sicure prima che lei fuggisse.

- Cambiati... fortunatamente ci sono dei vestiti miei nel pacco vicino a te, li ha ritirati uno dei miei camerieri stamattina in lavanderia e sono qui non so perché, ma tu indossali comunque... andranno un po' grandi, ma almeno sono asciutti. Ah... non preoccuparti dei finestrini, sono quelli scuri fuori, nessuno può vedere dentro... - spiegò pacato, mettendo in moto e imbottigliandosi nel traffico caotico in pochi minuti. Una venuzza di rabbia prese a pulsare su una tempia di Ritsuko. Ma che cavolo, non era di quelli fuori che si preoccupava, ma di lui. Sicuramente avrebbe sbirciato, nessuno poteva assicurarle che non lo avrebbe fatto.

- Non ci penso nemmeno a mettermi i tuoi vestiti puzzolenti, nella tua macchina... e soprattutto con te dentro!

Mise il broncio, tentando di scassinare nuovamente la portiera.

- Potrei farti arrestare per sequestro di persona, lo sai?!

- Se non ti cuci quella bocca ti do un altro bacio... - la prese in giro lui, non credendo che la minaccia avrebbe fatto davvero effetto. Lei si zittì all'istante, mentre il cervello rianalizzava gli eventi di poco prima. Cavolo, si erano baciati davvero. E con una passione che con Nobu non aveva mai neanche creduto possibile. Lui rise, guardandola dallo specchietto retrovisore, mentre lei tratteneva un paio di starnuti. - Sei una stupida, orgogliosa. Mettiti quei vestiti ho detto, giuro che non guardo... - disse facendo uno spergiuro con le dita della mano destra, in modo visibile perché lei se ne accorgesse. Infatti Ritsuko se ne accorse e gli buttò dietro la testa la prima cosa che le passò sotto mano, in questo caso il suo famoso quaderno, tutto inzuppato d'acqua.

Si portò sul sedile accanto a lui, scavalcando un po' qua e un po' là, incrociando poi le braccia e volgendo lo sguardo fuori. Daiki sbuffò seccato, anche se divertito allo stesso tempo.

- Non ti darò mai la soddisfazione di vedere il mio magnifico corpo senza vestiti.

Lui scosse il capo.

- Sei proprio di coccio, tu... torna dietro, copro lo specchietto retrovisore, te lo prometto... - disse con fare conciliante.

- No. - rispose lei secca, nuovamente. - Non voglio punto e basta. Arrivo a casa e mi cambio. Ecco. Se poi devo ammalarmi sia lodato il cielo, almeno Rumi non mi obbliga ad andare a scuola!

- Mi spiace io a casa non posso portarti... è finita la benzina, visto che siamo davanti casa mia credo sia meglio che rimani qui... - disse allegramente, posteggiando. Fu come se un masso le avesse colpito la testa in pieno, frantumandola. Non era possibile. Quel giorno succedevano tutte a lei!!! Beh, sarebbe tornata a casa a piedi. No, impossibile, abitavano ai due poli diversi di Tokyo.

Scese dalla macchina con una velocità impressionante, chiudendo poco delicatamente la portiera.

- Prenderò un TAXI, visto che tu sei così deficiente da non fare nemmeno il pieno alla macchina.

No. A casa di Daiki. Cambiarsi da lui. Stare da lui chissà fino a quando. MAI!

Lui la guardò. Si stava divertendo come un matto. - Bene, aspetta pure un taxi... ciao ciao... - disse avviandosi verso il cancello dell'enorme villa dei Nishikado. O, meglio, una delle tante. Ma Ritsuko non sapeva quella fosse solo una villa secondaria, e che lui l'aveva portata li solo per prenderla un po' in giro. Avrebbe dovuto chiamare anche Daisuke per avvisarlo di raggiungerlo li con l'altra Matsumoto, tanto per stare un po' tutti insieme. Magari riusciva a far riprendere Ritsuko dall'effetto "Lavaggio del cervello by Mizuki Honjo".

Roxy frugò nella tasca della gonna della divisa, cercando il cellulare e chiamare quel maledetto taxi. Impallidì quando notò che non c'era.

- NOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOO! - si ritrovò a urlare a squarciagola.

Allora la sfortuna ce l'aveva proprio con lei! Aveva lasciato la cartella con dentro tutte le sue cose vicino a quella di Daisuke, dove stava anche Mizuki.

Si avviò a passo d'elefante alla porta dell'immensa villa, suonando sclerotica il campanello, quando le aprì un divertito e strafottente Daiki.

- DOVE... C'È... UN... TELEFONOOOOOOOOOO?!

Daiki fece spallucce.

- Mi spiace, il temporale deve aver fatto saltare qualche palo del telefono, sono tutti muti...

- Vaffanculo... - sbottò lei per niente finemente. - La odio questa giornata, la odio con tutto il cuore! DAMMI IL TUO CELLULAREEEEEEEEEEEEEEE!

Daiki si diede una grattatina. - Ops... credo di averlo dimenticato all'Uni... - rispose vagamente, trattenendosi dal ridere a crepapelle.

Si spaventò un momento vedendo l'espressione della ragazza. Sembrava indemoniata, fumava come se dentro di lei ci fosse stato un incendio. Era evidentemente furiosa. Se continuava così avrebbe dovuto chiamare di lì a poco un'esorcista. Che brutta cosa.

Le posò una mano sul capo con accondiscendenza, e lei subito si calmò. Sembrava quasi quello fosse diventato il gesto di rito per calmarla. Come se quelle carezze le trasmettessero pace e tranquillità.

- Dai, resta un po' qui, fra poco Daisuke e Rumiko arriveranno, appena spiove vi accompagno a casa... - disse dolcemente. - E poi devi cambiarti subito, sei fradicia... qui ci sono dei vestiti di mia mamma, ma lei non li usa più, si rifà il guardaroba da capo ogni mese, così penso che puoi usarli tranquillamente.

Alla parola Rumiko la ragazza si tranquillizzò. Si fece indicare da Daiki una stanza in cui cambiarsi, dopo aver scelto degli abiti vagamente accettabili, si chiuse a chiave dentro e non ci uscì più finché non arrivarono gli altri due. Chissà cosa avrebbe atteso i quattro, per il tempo che sarebbero stati insieme in quella villa.

 

… continua…

 

 

  
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