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Autore: nowaryesreggae    30/12/2011    1 recensioni
Alice è intrappolata in una strana camera bianca. Avverte la presenza di un uomo, ma non può vederlo, toccarlo sentirlo. Non è più padrona del suo corpo e l'unica cosa che le è concessa è rivivere un pezzo della sua vita, in un rewind. Giorno per giorno, pezzo dopo pezzo le toccherà ricostruire il passato e scoprirsi una persona inaspettata.
Genere: Triste | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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E' tutto fottutamente bianco qui. Lo vedo, anche con gli occhi intrappolati tra le palpebre. Sento l'odore di quel colore sulla pelle, sui capelli, sulle pareti. C'è qualcuno che si muove, qui dentro. Lo so. Lo sento. Ha un profumo stranamente familiare che mi invade le narici. Vorrei muovermi, giuro. Ma gli occhi sono pesanti, le gambe sono diventate massi. Sto per impazzire. Sto gridando dentro, il mio dolore silenzioso nessuno lo sente lì fuori. Poi il mio cervello si calma, mi ripete 'dormi, dormi'. Sento ogni percezione di me, di bianco e di uomo abbandonarmi. Come in un cinematografo, danno una pellicola speciale stasera. Mi accoccolo su me stessa e mi godo lo spettacolo, stavolta.

 

 

'Svegliati, svegliati'. Una voce nella mia testa. Maledizione, sono le tre di notte. Mia madre che ancora non ha capito questo maledetto fuso orario. Il Blackberry lampeggia come un pazzo. Allungo il braccio, premo il tasto sbagliato. 'Chiamata deviata'. Penserà che gli alieni mi abbiano rapita. A tentoni digito nuovamente il numero, la sua voce affannata risponde dall'altro capo. Faccio la voce grossa, ripetendo che sono le tre e che mi trovo dall'altra parte del suo mondo. Si scusa. E allora mi addolcisco. In realtà mi manca, ma non ho trovato ancora il tempo per farglielo capire. La mia cucina è vuota, nessun odore di cibo italiano, nessuna voce familiare a salvarmi dai miei ritardi mattutini, niente miele dorato e gatti dovunque. Niente mani a scompigliarmi i capelli. Vorrei dirglielo che in un mese che sono qua ho già incontrato un ragazza che mi aiuta a portare a casa la spesa, che studia con me e mi abbraccia forte, ma ho sonno da morire. E allora taglio corto, la scusa dell'orario mi salva. Ho ancora appena quattro ore per dormire. Sempre troppo poche. Scompaio di nuovo tra le coperte senza alcun ritegno. Un fianco, poi l'altro. Poi di nuovo l'altro. Schiaccio la pancia contro il materasso, sospiro forte. Ci riprovo, ma non riesco a dormire. Scendo le scale rumorosamente, questa casa è troppo grossa per me che sono sola. Mi sento ancora più abbandonata, quando rientro e i miei passi rimbombano dal vuoto che c'è. Quasi quasi rimpiango la telefonata fuori orario di mamma, rimpiango il mio paesino inutile in cui ammazzare il tempo era davvero un'impresa. Ho voglia di aria. Prendo il giubotto, le chiavi. Sbatto dietro di me la porta, con violenta dolcezza. Mi hanno detto che c'è un punto, lì sulla collina da cui si vede tutta la città. Ho ancora due ore di tempo, per salire e vedere l'alba sopra questo magnifico manto di cemento e acciaio. E allora mi incammino, per la stradina bianca qua, vicino a casa mia. Mi sento stranamente padrona di me stessa, il cellulare l'ho lasciato a casa, per dimenticare eventuali chiamate ossessive o attacchi di mancanza che qualche persona che non sento da anni potrebbe in qualsiasi momento avere. Cammino, cammino. Inciampo ogni tanto su qualche ciottolo, come al mio solito. Gli alberi si infittiscono, il buio anche. Ah, se mia madre lo sapesse. Ah, tremerebbe d'ansia. Una ragazza diciannovenne sola in mezzo al bosco e senza cellulare. Per scelta poi. Roba da pazzi. Eppure voglio vederla Los Angeles, che è vicina ma non l'ho mai vista. E' sotto di me, adesso. Arrivo in cima stremata, infreddolita. Mi stringo un po' di più nella giacca. Poi mi siedo, sull'erba. E' da togliere il fiato. E' da farti sentire ridicolo, da farti credere solo uno stupido scarabocchio. Da farti venir voglia di tuffarti in quel mare di luci. Resto così, non so per quanto. Magari fino a che mi va. Ma c'è qualcosa che mi distrae, ad un certo punto. La vegetazione fruscia, passi, rumore di suola di scarpa. C'è qualcuno, e sta venendo verso di me. Mi faccio piccola piccola, ma chissà se è già troppo tardi. 

  
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