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Autore: Lonely_    05/01/2012    3 recensioni
A che si può pensare nell’età migliore della propria vita? A cosa se non ai problemi di tutti i giorni, quei piccoli, futili litigi familiari od amichevoli, che sempre e comunque si concludono in giornata? A nulla. A meno che non si sia più acuti e più coscienziosi d’altri. A meno che non si pensi in grande. A meno che non si abbiano progetti già fatti e finiti, con più persone, persino. A meno che non ci si sia cacciati in guai troppo grandi per essere risolti da soli. Guai che portano lentamente alla disperazione.
( Il rating è inizialmente giallo; nei capitoli con scene di sesso esplicito muterà in rosso. )
Genere: Malinconico, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Shonen-ai, Yaoi
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Filosofia adolescenziale









1. Incontri






A che si può pensare nell’età migliore della propria vita? A cosa se non ai problemi di tutti i giorni, quei piccoli, futili litigi familiari od amichevoli, che sempre e comunque si concludono in giornata? A nulla. A meno che non si sia più acuti e più coscienziosi d’altri. A meno che non si pensi in grande. A meno che non si abbiano progetti già fatti e finiti, con più persone, persino. A meno che non ci si sia cacciati in guai troppo grandi per essere risolti da soli. Guai che portano lentamente alla disperazione.
Mi ritrovo più nella seconda descrizione, francamente. Seppure avrei preferito la prima. Ma, ormai, è tardi per fingersi stupidi. È tardi per mentire ancora. Bugie sopra bugie. Che stanchezza. Lo stress ti avvolge e non ti fa più respirare. Diamine, che vita...
Però dovrei iniziare dall’inizio, così magari si riuscirebbe a capire qualcosa in questo garbuglio di sentimenti ed episodi ininterrotti. Probabilmente non ci si capirà nulla uguale, ma magari chi si trova in situazioni simili potrà donarmi sostegno. Oppure si metterà a ridere.
Mi chiamo Oscar, sono un ragazzo di quattordici anni, compiuti giusto qualche mese fa. Non faccio la vita che dovrei; non perché sia alcolizzato, drogato o che altro. Piuttosto perché sono troppo sensibile e fragile. Così tanto da non riuscire a dire di no a nessuno. Non più.
Sono nato in un paesino di campagna, ho vissuto con solo i sogni come compagni di giochi. Sogni di posti migliori, di gente migliore. Sogni che sempre sono rimasti tali da allora.
Non sono mai stato in ottimi rapporti con tutta la mia famiglia; ma d’altronde chi lo è? Ho sempre conosciuto poco mio padre, è un uomo riservato e poco affettuoso. Il tipo che si prende cura del figlio solo, e pure di malavoglia, quando si ammala ed è troppo piccolo per badare a sé stesso. A differenza di mia madre, che si è sempre fatta in quattro per me. Mi ha spronato, aiutato, sostenuto; in molteplici situazioni è stata la mia miglior compagna e la mia amica più cara. Finché non ho cominciato a sbagliare. Sbagliare... Secondo lei.
I miei tempi felici si conclusero il giorno che iniziai la terza media. Giorni di cenere si stendevano lungo l’inizio del nuovo ciclo scolastico, l’ultimo in quella specie di caserma che mi era persino al civico affianco. I primi giorni erano monotoni, noiosi, come tutti quelli iniziali, insomma. Ma v’era una variante: nel gennaio dell’anno precedente, avevo conosciuto un giovane su un sito di scrittura. Pubblicavo allora storie per sfogo personale, bozze di romanzi che non sarebbero mai stati conclusi. Ed egli, benché non vi fosse assolutamente nulla di simpatico e/o particolarmente interessante in tutto quel pastrocchio di parole, quasi gettate alla rinfusa, aveva commentato positivamente, incoraggiandomi a scriverne altre. Non ne scrissi altre. Ma lo volli conoscere meglio.

[ Da: BlackAsNight123 ]

Ciao! Sono contento che ti sia piaciuta la mia storia, sarei lieto di conoscerti meglio. Che ne dici? Hai msn?

[ Da WhiteAsSnow321 ]

Sì! Ecco il contatto: WhiteIsTheBest123@hotmail.it. Anch’io voglio conoscerti meglio! Sei bravissimo a scrivere!

Ammetto che mi è sempre piaciuto crogiolarmi nei complimenti. Benché abbia sempre fatto il modesto, sono a conoscenza del mio talento. Perciò adoro sentirmi elogiare nella maniera in cui fece quel giovane. Chiacchierando venne fuori che anche lui aveva dodic’anni. Il suo nome era Roberto, ed era il ragazzo più femminile che avessi mai incontrato. Eppure viveva all’altro capo della nazione, al Nord. Non ho mai sopportato quei damerini, io che sono del centro. Ma lui faceva una meravigliosa eccezione. Era gentile, dolce, sensibile almeno quanto me se non di più; un piccolo fiorellino in procinto di sbocciare per rivelare al mondo le sue meraviglie. Assieme scoprimmo lo yaoi*, che ci aprì innanzi un intero mondo. Ci piaceva vedere due ragazzi che avremmo potuto essere noi amarsi contro tutti i pregiudizi altrui. Adoravamo quelle storie complesse attraverso cui si sviluppavano gli intrighi dei protagonisti. Cercavamo sempre nuovi video, che si spingevano sempre più in là. Così tanto da finire per legarci. Ma nulla di decisivo accadde sino all’estate successiva, quella per l’appunto che precedeva l’inizio della terza media. Scoprii che quel ragazzo mi aveva catturato. Ogni qual volta vedevo le sue foto avvertivo il cuore martellarmi il petto, mi mancava il respiro. E sentivo un inquietante calore fra le gambe. Nessuno mi aveva mai provocato quelle emozioni, eccetto una ragazza che in tutti i modi tentavo di dimenticare per le sue azioni crudeli e gelide nei miei confronti, di cui narrerò in seguito.
Un giorno d’inizio settembre gli telefonai per la prima volta. Aveva una vocina tenera e dall’accento differente dal mio. Parlava con tutte le vocali chiuse. Lo trovai dolcissimo. Parlammo così tanto che rammento finii tutti i soldi nel cellulare. Parlammo di cose assurde, sciocchezze perlopiù. Ma mi resi conto di amarlo in quel periodo.
A distanza d’un mese, durante una delle nostre giornaliere telefonate – sì, ormai era divenuta un’abitudine telefonarsi tutte le sere -, gli dissi che l’amavo. Lui rimase in silenzio e, dopo una lunga pausa, mi salutò. Il mattino successivo mi scrisse in un messaggio che anche lui mi amava. Lì iniziò la mia rovina.

- Come mai passi così tanto tempo al telefono e al computer? Non esci più con noi, ormai! Insomma, Oscar! Cos’ha quel ragazzo di così speciale? Noi ci conosciamo da tre anni, non può essere più importante! – Esclamò il mio amico Valentino durante una delle nostre passeggiate. Eravamo soliti uscire io, lui e Marco, un altro compagno di classe. Si lamentava poiché li liquidavo spesso per tornare a casa e sentire Roberto.
- Beh, lo amo! Lo amo, okay? E stiamo insieme. – Dissi io tutto d’un fiato, lo sguardo puntato a terra, le guance rosse. Lo sgomento s’impadronì del viso dei miei due amici.
- Ma non è possibile stare insieme a distanza! – Commentò Valentino, sfoggiando un sorriso di scherno, gettando un’occhiata a Marco in cerca di conferma; che non trovò.
- Noi ci stiamo. Ed è per questo che ogni volta torno a casa presto e poi mi vedi al pc. L’amore è differente dall’amicizia, no? – Osservai io, alzando lo sguardo ai due, che mi fissavano quasi fossi un animale selvaggio rinchiuso in gabbia per sicurezza pubblica. Mi ci stavo abituando, a certi sguardi.
- Okay. A noi- cioè, a me, sta bene. Però mi piacerebbe che ce lo dicessi, invece di inventare scuse tutte le volte. – Mormorò Marco, guadagnandosi uno sguardo sbalordito da parte di Valentino, che sperava invece di potermi attaccare senza riguardi. Sorrisi. Mio malgrado quel giovane era un gioiello.
- Hai ragione. Perdonatemi. È che non sapevo come dirvelo, avevo paura della vostra reazione. Solo questo. – Confessai, tornando ad arrossire. Perché diamine era così difficile dire una cosa del genere?!
- Beh, non dovevi. Noi ti vogliamo bene, vero Valentino? E ti sosterremo sempre. Cioè, quando quello che hai deciso o stai per decidere è giusto e non ti farà del male, ecco. – Mi tranquillizzò Marco, sorridendomi anche lui, tirando una gomitata a Valentino, che se ne stava in silenzio.
- Allora, Vale? È così anche per te? – Domandai inclinando il capo, mantenendo intatto il sorriso.
- Non chiamarmi Vale, sai che non mi piace. E comunque sì, è ovvio che sia cos– Non fece in tempo a concludere la frase che li abbracciai entrambi, maledicendomi per la mia stupidità. A volte c’è bisogno di qualcuno di cui fidarsi. Ed io li avevo appena trovati.

- Quando devi metterti al telefono? Devo chiamare zia... – Chiese mia madre, gettando un’occhiata allo schermo del pc dove figurava la mia chiacchierata con Roberto; mi sbrigai a far apparire l’innocua finestra di Google.
- Alle otto, come sempre. – Risposi voltandomi e gettandole un’occhiataccia, eloquente segno che poteva tornarsene agli affari suoi. Lei rimase ancora un po’ a fissare lo schermo e poi annuì, allontanandosi. La mia pena è che il mio computer è sempre stato nella camera dei miei, poiché la mia è minuscola ed a malapena ci sto io.
Tornai a parlare con Roberto, sorridendo ebete senza nemmeno rendermene conto. Stavamo parlando delle rispettive famiglie. Nessuno dei due vi andava molto d’accordo. La prima cosa che mi raccontava sempre quando ci incontravamo in chat era che aveva litigato coi suoi. Immaginai non fosse gente molto dialogativa. Avevo avuto modo di salutarli una o due volte che avevano risposto al telefono. Anche loro avevano l’accento strano di Roberto.

- Pvonto? -
- Pronto, buona sera, c’è Roberto? –
- Sì, glielo passo subito... Ma chi lo cevca? –
- Sono un amico, mi chiamo Oscar. –
- Oh, capisco. Bene, avviva subito. –

La ‘r’ moscia era un elemento che li caratterizzava. Assieme alle vocali chiuse. Che accento strano, mi ripetevo. Ma era tanto carino.
Gettai un’occhiata all’orologio del pc. Segnava le otto in punto. Salutai tutti gli altri compagni di chat e mi alzai dalla sedia, correndo in camera. Composi il numero, che aveva un prefisso differente dal mio, ed attesi. Uno squillo. Due squilli. Lo scatto del telefono che viene alzato.

- Pvonto? -
- Ehi, Robbie... –
- Ciao Oscav! Aspetta che chiudo la povta... –
- Sì. – Vari rumori dall’altro capo del filo. Poi un rumore di lenzuola che vengono scostate.
- Oh, ecco. Ciao! Come stai? –
- Tutto bene, grazie. Te? Che facevi prima che ti chiamassi?
- Ma niente, niente di che... Tu? –
- Pensavo a te... –
- Che dolce che sei... Anch’io. Ti penso sempve, sai? –

Le nostre telefonate erano per la maggiore così. Scambi affettuosi di parole dolci. Ero divenuto così romantico in quel periodo, che tutti a scuola mi davano del gay; il che non si allontanava molto dalla realtà. Benché non guardassi altro ragazzo che non fosse Robbie.
Le cose a scuola non filavano molto lisce. A matematica avevo lacune immense, da cui non riuscivo a venir fuori in nessun modo. E si avvicinava gennaio. Il pagellino già era andato uno schifo. A parte il nove ad arte, il resto era davvero da non invidiare. A matematica avevo quattro. In pagella che sarebbe diventato, quel voto? Dovevo darmi una mossa e mettermi d’impegno. Cosa che, nella mia vita, raramente avevo fatto. Ed infatti, non lo feci nemmeno allora.
Arrivò Natale. Poi capodanno. Ed il primo giorno del nuovo anno, conobbi il mondo delle role**. Iniziai con il profilo del personaggio che io e Robbie più amavamo nel nostro anime preferito. A distanza di quattro giorni creai un nuovo personaggio, un OC***. E conobbi due ragazzi che come me ruolavano dei personaggi di quell’anime. Erano due giovani più grandi di me. Uno aveva tre anni in più, l’altro ne aveva uno ma siccome li compiva a marzo, sembrava ne avesse due in più. Entrambi erano molto simpatici e mi colpirono nel profondo. Quello più grande si chiamava Claudio, l’altro Christian. Anche loro abitavano lontano da me. Il primo nella regione affianco alla mia; l’altro giù al Sud, molto fuori portata. Con entrambi andavo molto d’accordo. Ma non seppi come mai, al più grande dissi di essere una ragazza. Volevo attirare la sua attenzione. Non sapevo perché. Non allora, almeno.

Tizio scrive: come ti chiami?
Caio scrive: Luisa, tu?
Tizio scrive: ah, sei una ragazza? io Claudio.. non avevo mai incontrato nessuna ragazza che ruola, a dire il vero ci spero sempre che siano femmine ma alla fine son tutti maschi, mi deludono x)
Caio scrive: Immagino... Beh, allora io non ti ho deluso :)

Ecco, forse non volevo deluderlo. Per quello mentii spudoratamente. Cioè, okay la mia femminilità, ma una ragazza non sembravo per nulla, nemmeno via web! Ma già cominciava la mia debolezza riguardo gli altri. Prima veniva sempre la mia opinione, di solito. Ed invece da quel momento tutto iniziò a cambiare. E se dico tutto, intendo tutto.


~


Dizionario time:

*Yaoi: Con questo termine si indica una relazione in anime o manga fra due o più ragazzi; comunque relazioni gay fra individui di sesso maschile.
**Role/ruolare: Interpretare un personaggio di anime, manga, libro, film o qualsiasi altro tipo di finzione, fingendo di essere lui e mettendo fra asterischi le azioni che compie in terza persona.
***OC: Original Character; personaggio originale.



Ringrazio tutti i coloro che sono giunti fin qui a leggere. Sono contenta di avervi intrattenuti così tanto, wow. Premetto che questa storia è scritta principalmente come sfogo, non ho idea se piacerà o meno. Diciamo che avevo semplicemente voglia di scriverla. Per favore, lasciate un commento, anche futile o altro. Mi farà piacere sapere cosa pensate di questa storia (:

Al prossimo capitolo, se lo scriverò~
  
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