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Autore: charlye    07/01/2012    6 recensioni
Cinque ragazzi. Niente di più.
Cinque mondi apparentemente diversi che entrano in collisione.
Amy che non sarà mai magra abbastanza in un parallelo dove l'apparenza è la chiave del successo.
Alan gay non dichiarato in un mondo dove l'eterosessualità è la soluzione dell'accettazione.
Sophie che vive la vita per rendere felici chi le sta intorno, tralasciando le sue passioni.
Justin, abbandonato e taciturno, costretto a vivere col rimorso di aver troncato una vita ingiustamente.
Ed Evan che, lasciato solo a se stesso e messo sempre in secondo piano da tutti, compie atti di autolesionismo, ripudiando anche lui se stesso.
Cinque universi, cinque storie, un unico posto dove poter condividere i propri pensieri: La Chat dei Soli.
Dal primo capitolo:
Ci penso. Ci rifletto. Ci ragiono.
Mi passo le mani sui volto. Magari davvero ne ho bisogno.
Forse mi farebbe bene parlarne con qualcuno.
Potrei dare una sbirciatina, e se la cosa non dovesse piacermi, potrei chiudere tutto.
D’altronde c’è sempre una via d’uscita.
Mi concentro di nuovo sull’immagine.
Nulla di complicato, semplice.
E’ nera, interamente nera, e al centro troneggiano alcune parole bianche: La Chat dei Soli.
Genere: Malinconico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Alan e Sophie

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

A.

 

 

Siamo dei burattini in mano a qualcosa di molto più grande di noi.

Per quanto possiamo sentirci liberi di seguire le nostre scelte c’è qualcuno sopra di noi che ci controlla e ci indirizza verso il nostro futuro.
Ma a noi non importa.  

In questo mondo ci limitiamo semplicemente a respirare, questo per noi è vivere.

Nulla di complicato, crediamo. Fesserie, rispondo io.
La verità è che nessuno ci pensa, nessuno riflette sul perché delle cose, nessuno si domanda per quale ragione c’è la fame nel mondo o del dolore morale che qualche battuta può far scaturire.

Ed io continuo a chiedermene il motivo.

“Alan, passami la mazza”. Josh mi fa un cenno con il mento, indicandomi un massiccio bastone.

Sono nauseato. Guardo con disgusto quel pezzo di legno. “Alan”. Ribatte. “Passami la mazza”.

Digrigno i denti e mi decido a seguire i suoi ordini, come un fantoccio senza anima. Ma d’altronde è quello che sono. Tutto il possibile l’ho già provato a fare in vari modi diversi. Ma non ce l’ho fatta. Ho perso. Ma almeno ci ho provato. Ho tentato. E non ce l’ho fatta. Ho combattuto. E sono caduto.

“Chissà che questa volta impari la lezione, frocio”. Il mio amico sputa quelle parole, quasi come se gli scottassero la bocca.
Siamo in tre. Tre contro uno. Guardo il povero malcapitato. David Cooper. Lo conosco, è un bravo ragazzo, frequentiamo la sesta ora di biologia con il professore Sheido. Non ha mai dato problemi a me, o alla mia cricca. E’ tranquillo, pacifico.  E poi non è uno di quei perdenti pieni d’acne o fissati con i giochi ruolo. Anzi, piace molto alle ragazze, da quello che ho capito, insomma. Però è diverso. Non è come noi. Lui è malato. E’ questo quello che penso mentre Josh inizia a torturarlo. E’ diverso e va punito per questo. Sento i suoi singhiozzi. Le sue invocazioni di pietà. Ma io sono fermo, immobile.
Guardo il mio amico. Si sta divertendo. Sorride soddisfatto della sua giustizia personale. Liam, che anche lui sta in disparte come me a osservare questo triste cortometraggio, si irrigidisce. E ne capisco pochi attimi dopo il motivo: Sangue. David sta sanguinando. Un labbro è mezzo sfasciato, e il naso sembra rotto. Ma a Josh non interessa. Si sta divertendo. Per lui è un gioco. Per lui tutto è un gioco. Avrei voglio di prenderlo a pugni, infatti eccomi stringere le nocche. Non lo capisco. Non capisco il suo disprezzo. Liam si avvicina al mio amico, “Josh, può bastare”. Sussurra. Ma lui lo scansa, quasi ringhiando. “Tu non ti intromettere”. Si passa il dorso della mano sul naso, scuotendo la testa. “Non capisci che è colpa di questa feccia se il mondo sta andando a puttane?”. Chiede, arrogante.
Sta guardando un David devastato e impaurito. “Sei solo spazzatura”. Lo accusa. Poi, prende la mazza, e penso che è meglio se muoia, così la smette di soffrire così ingiustamente, assestandogli un forte colpo sulla nuca. Il ragazzo cada a terra, mezzo stordito, delle sottili lacrime di sangue escono dal suo cranio,  mescolandosi con il parquet da pochi soldi. E’ forte, resiste.

Era meglio se morivi, allora penso.
Volto la testa, disgustato, nonostante dovrei essere abituato a questo genere di tetri e raccapriccianti spettacolini. Liam si rassegna, ha capito che non c’è soluzione e che non è bene mettersi in mezzo tra Josh e le sue questioni personali.

David urla. Così mi costringo a guardarlo. E’ distrutto. Ma il mio amico continua a riempirlo di calci, accompagnandoli da parole piene di disprezzo e rancore.

Mi sento impotente. E non vorrei. Vorrei prendere David, portarlo subito in qualche posto, lontano miglia e miglia da Josh e dirgli che tutto passerà. Ma non posso. E’ la legge dei più forti: Asseconda sempre il migliore, ti preserverà lui sotto le sue ali.

Continuo a fissare David, poi ecco, i suoi occhi incontrano i miei. E tutto va a rallentatore, come su quei patetici film americani. Sono azzurri. Di un bel azzurro cielo. Hanno paura. Paura e qualcos’altro, qualcosa di nuovo, diverso, che non avevo notato prima.

E poi capisco. Lui sa. Lui sa che sono anche io differente. Sa che non sono come loro, come fingo di essere. Sa che sono malato. Come lui.

Ma sta in silenzio. Ormai i sui lamenti sono finiti, così come lo è lui.
E’ stato in silenzio. Non mi ha condannato.

Per quello l’ha già fatto il destino.

Sono un fantoccio costruito male.
Sono un fantoccio omosessuale.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

S.

 

 

 

Ho sempre amato la mia bocca. Di un color caffelatte, grande, ma non troppo. “Bocca di rose” mi chiamava papà. Continuo ad osservarla. E’ così carina.
Ai fotografi piace. E durante le interviste mi dicono spesso che ho un bel sorriso. Probabilmente è questo che mi ha fatto avere successo nel mondo del cinema.
Ma non è stato sempre facile.
A volte i pregiudizi della gente sono davvero pesanti. Mi soffocano qui. Mi troncano la gola, faccio fatica a respirare. E anche se non lo dimostro mi feriscono.

Ma la vita di nessuno è facile, d’altronde. O almeno credo. Perché se così non fosse sarei curiosa di sapere che effetto si prova a vivere una vita perfetta.

Mamma diceva che senza brutti momenti non si possono trovare le vere soddisfazioni che danno un senso alla vita.

Ma allora mi chiedo perché c’è così tanta gente che piange, perché non vedono arrivare il momento buono, perché sono così soli.

Tutti mi ribadiscono che non ci devo pensare. Oppure che è troppo complicato da spiegare e che è meglio se mi limito a sorridere e a fare come dicono loro.

Ma sono stanca.
Stanca di non pensare, di far in modo che tutto sia perfettamente perfetto o semplicemente di non chiedermi il perché.

Molta gente vuole essere come me. Ma io, al contrario, desidererei la loro vita.
Voglio essere libera. Libera di sbagliare. Libera di buttarmi, e di cadere. Di cadere e vedere se sono abbastanza forte per rialzarmi.

Odio la mia vita.
Chiusa in queste quattro mura di gomma, dove rimbalzo continuamente ritrovandomi sempre al centro, in posizione assolutamente neutrale. E troppo stabile.
Ho sempre amato la mia bocca. Di un color caffelatte, grande, ma non troppo. “Bocca di rose” mi chiamava papà. Prima che morisse e mi lasciasse sola. Sola con me e la mia gabbia di fiori.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Outlow’s Corner:

 


Ho messo due piccoli P.O.V. di Alan e Sophie.
Premetto che sono personaggi “secondari”.
Compariranno meno rispetto ad Amy, Justin ed Evan, infatti.

Ma comunque sono molto importanti per la trama della storia.

Alan, beh si, si capisce qual è il suo problema.

Mentre Sophie, quasi, c’è ancora un piccolo appunto da sapere ma che svelerò più avanti.

Ringrazio di cuore le povere anime che hanno recensito il capitolo precedente, siete state molto gentili! E anche chi ha semplicemente letto, grazie comunque!
Spero che questo capitolo non vi abbia deluso.
Perché a me, sinceramente, non è che abbia fatto  impazzire, anzi…

Il prossimo capitolo sarà incentrato su un altro personaggio, Justin, che ammetto essere il mio preferito.
Mentre, finalmente, poi ci sarà il quarto.
Dove ci sarà l’incontro dei “quattro” ed Evan, e quindi della “Chat del Soli”.

Bene detto questo chiudo.
Vi ringrazio immensamente!
Fatemi sapere che ne pensate, ne sarei molto felice.

Un saluto,

 

Cency.

  
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