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Autore: Melath    08/01/2012    3 recensioni
IN PAUSA
Santana corre fuori dall'aula: prende la borsa, il cappotto e lascia sciarpa e cappello. Sale in macchina senza cambiarsi e copiose lacrime scivolano sul suo volto. Accende la vettura e una canzone di Adele suona alla radio.
Santana guida, ma non vede il semaforo rosso.
Genere: Angst, Introspettivo, Malinconico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Altri, Brittany Pierce, Santana Lopez
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Oggi ho la mia prima terapia. Sono felice come un maiale a natale. Jolene ha detto che ci sarà, ma io ho insistito a farla di mattina così Brittany non c’è e non mi vede che non so se soffrirò a farla, ma mi raggiunge dopo tanto. Kurt e lei sono a scuola quindi magari mi rilasso. Alle undici comincia il tutto. Mi aggiro per l’ospedale con la mia bella sedia a rotelle e capisco un po’ Artie. E’ una palla infinita. Solo che lui non ha pure la gamba ingessata che aumenta il volume, quindi che non si lamenti tanto. Vicino al mio reparto ci sta quello dei detenuti. Quindi sono li dietro le sbarre con i poliziotti.
I ragazzi sono piuttosto giovani a dire il vero. Non sono come quelli della tv che sono sempre uno anziano e uno giovane. Questi sono giovani entrambi. Oramai conosco anche i loro turni. Mi fermo un po’ a chiacchierare finchè sento una voce maschile urlare il mio nome in mezzo al corridoio. Io non ci credo che l’ha saputo. Cioè si è trasferito. Non è che può saperlo. Non ha nessun contatto con la nostra scuola.

Giro la sedia e un imponente Dave Karofsky mi corre incontro. E’ un pelino adombrato. Le mani sono ancora nelle tasche della giacca letterman eh, non è che si sia evoluto. Ha il passo deciso e mi ricorda tanto quando Rachel è venuta a trovarmi che mi è presa la paura che spaventasse i matti della reparto psichiatria sotto col suo scalpitare in quelle sue scarpe orrende.  Mi viene da ridere solo che non posso e sfodero uno dei miei migliori sorrisi.

‘Sei una testa di cazzo.’ Esordisce colui che spingeva gli omosessuali contro gli armadietti.
‘Sono contenta anche io di vederti. Ti abbraccerei ma mi viene un po’ difficile.’ Continuo a sorridere senza un briciolo di amor proprio. ‘Spingimi in camera’, gli dico.
Appena chiudiamo la porta inizia a farmi la ramanzina. Cosa stavo pensando quando mi sono schiantata. Se ho perso il cervello magari. Cosa hanno detto i miei quando hanno saputo che sono lesbica. Brittany dove è a proposito? Che comunque potevo avvisarlo che non mi si slogava la mano a mandare un messaggio.
‘Ma tu come l’hai saputo?’ chiedo interrompendo il flusso di domande e insulti senza senso
‘Mi ha chiamato Kurt.’

Il mio viso esprime estremo stupore. ‘Porcellana? E tu da quando senti porcellana?’ Davidone arrossisce mica tanto velatamente. ‘Ci siamo sentiti dopo che ci siamo visti per caso in un bar…qualche settimana fa.’
‘Ah, al bar gay! Non sapevo ci fossi anche tu! Quindi sai di Blaine.’ ‘E tu cosa sai del bar gay scusa?’

Il suo viso esprime estremo panico. Rido, ‘Cosa devo sapere io del bar gay?’ chiedo maliziosa. ‘No dico, cioè sapevi che c’ero io?’ Lo guardo male perché insomma, ‘te l’ho appena detto che non sapevo ci fossi anche tu. Vi siete visti in un bar, qualche settimana fa, quando Blaine e piccolo principe hanno litigato e siccome so che hanno litigato in un bar gay e tu sei gay ho fatto due più due. Ma racconta, come vi siete sentiti?’ Continuo a sorridere maliziosamente mentre si avvicinano le undici e mi scopro a guardare con ansia l’orologio. Mancano dieci minuti e per fortuna c’è qui Dave che mi distrae o potrei sentirmi male.
Lui sta parlando ma io non lo sto proprio a sentire. Mi sale l’ansia e il respiro mi si accorcia. Inizio a giocare con un buco nell’imbottitura del bracciolo della sedia. Strappo piccoli pezzi di gommapiuma e di sbriciolo mentre il mio piede sano tamburella sulla plastica. Una mano salda mi ferma le dita e me le serra in una forte presa. ‘Non dovresti essere a scuola?’ ‘Ho fatto una giustificazione appena Kurt mi ha scritto. Stamattina con te ci resto io.’ Sorrido. Per fortuna c’è lui che sa il peggio di me e io il peggio di lui.

Jolene arriva con una scatola piena di dolci. ‘Non ti posso far mangiare prima che poi mi vomiti tutto, ma andiamo in sala oggi è un grande giorno e sono tutti ansiosi di conoscerti.’ Già mi immagino.

La sala delle chemioterapie è grande. C’è tanta gente che si alterna lì dentro. C’è chi si ferma mezzora e chi un’ora. Oggi alle undici siamo in cinque. Puoi scegliere se fare tutto da sola e tirare la tenda o se restare a chiacchierare con gli altri. Jolene mi dice che sarà stancante, ma la prima non è troppo pensante. Mi metteranno anche un antivomito che dovrebbe impedirmi di tirar su l’anima, ma non è nemmeno così sicuro. Mi siedo di fianco a una signora piuttosto anziana, Mary, e un ragazzo di colore Mark.
La sedia è bianca e morbida e tutti sembrano carini. Io sono agitata ma ho fame. Di solito quando mi parte l’ansia non mangerei niente, ma mi fa venire una fame sto posto. Ho proprio voglia di dolce.
Mi dicono di mettermi comoda e di rilassarmi, che son belle parole alla prima chemio. E quelle restano, belle parole.
Non sono l’unica con l’accompagnatore, ma siamo in due. Non che non possono esserci, solo non ci sono. E mi spiace un po’ per quelli che non l’hanno perché mi sembra che siano soli. E poi penso che anche io fino a mezzora fa ero sola. Almeno dopo questa posso andare a casa. Sono la più giovane qui dentro e sento nell’aria che la gente è indignata. Per se e perché a diciassette anni dovresti pensare al fidanzato e al trucco e non a combattere un tumore.

‘Ma tanto si guarisce no?’

Le undici sono arrivate e io decido che almeno la prima la voglio fare in pace, poi magari parlerò. Faccio chiudere le tende e portano una sedia per Dave.
Jolene non c’è qui perché lei non è di questo reparto, mi ha accompagnata perché mi vuole bene. Una persona in più per cui dire ‘Signore è meglio se mi tieni al mondo.’
Arriva un tizio di cui non so il nome, mi fa dei grandi sorrisi, manco fossi un ebete e gli sorrido di rimando. Solo che lui si spaventa. Devo aver fatto lo sguardo cattivo. Oppure si è accordo delle radiografie che gli stava facendo Dave e si è spaventato. Gli rido in faccia mentre mi sistema la fiala delle terapie e muovo un po’ l’ago che ho nella vena. Mi guarda storto ‘Le verrà il livido se si muove.’ Mi trattengo dal ridere e serro le labbra mentre Dave si copre le sue con la mano e le lacrime agli occhi.

Bel culetto esce dal nostro privè ed entrambi ridiamo come dei pazzi. Solo che l’ago fa davvero male e decido che è meglio se mi calmo. Allungo le gambe e appoggio la testa allo schienale, mentre chiedo a Dave di raccontarmi qualcosa. Mi racconta delle serate al bar. Ed è rilassante sentire parlare di qualcosa che va oltre la William McKinley High School. Brittany e Kurt mi raccontano sempre del signor Schuester e del glee club e di Figgins e di Rachel e di Quinn. Che ok, ma il mondo va avanti.

Poi arriva quella sera in cui Dave incontra Kurt e il suo tono cambia, diventa in qualche modo più dolce. Scopro che si sono scambiati i numeri di telefono ma che non si sono mai sentiti. Che Kurt gli ha scritto quella mattina perché oramai aveva capito che non l’avevo detto a nessuno e che però era giusto che lo sapesse in quanto mio ex. Finto, ma sempre ex. Sorrido al pensiero che porcellana abbia fatto davvero qualcosa per me dopo tutto quello che gli ho fatto passare. Mentre racconta mi accorgo che non sa del litigio e non so se dirglielo, ma forse è meglio di  no. Non so ancora come si senta Dave riguardo a Kurt e non posso immaginare come possa reagire alla notizia che il fidanzato perfetto ci abbia provato ubriaco con Kurt e tutto. Non è una bella bella cosa.
La prima mezzora passa velocemente, poi inizia a venirmi una fame dannata e mi sento la bocca secca, ma non so se posso bere. Arriva bel culetto a dare la controllata periodica e mi dice che ci sono dei ghiaccioli gratuiti che fanno bene per questo tipo di terapie, ma siamo a novembre e con tutto il coraggio del mondo a novembre a me il ghiacciolo non va giù. Dave esce e va a prendermi un leccalecca al bar dell’ospedale. Che è buono.

Nella mezzora successiva passa più lentamente ma passa. Arriviamo a mezzogiorno e arrivano i due geriatri per portarmi a casa. Ho dovuto fare carte false per non farli rimanere oggi. E non so ancora come li ho convinti.
Dave mi aiuta a salire in macchina che ancora faccio fatica a camminare ed inizio ad essere stanca morta. Poi se ne va a casa, ‘Ci sentiamo dopo su skype ok?’ ‘Ok.’
In macchina mi viene una fame della madonna e ci fermiamo in un panificio da cui esce un profumo di pane invintantissimo. Mio padre accosta con le quattro frecce e mia mamma scende a comprare un bel po’ di pizza e di grissini. E per farmi contenta mi prende pure un cannellone italiano che se me lo vede la Sylvester mi denuncia alle autorità militari. Ma ha un aspetto delizioso. Arrivo a casa e mi cambio.

Non ho più voglia di pizza e voglio subito il cannellone super invitante. Ho la bava alla bocca. Se avessi la coda scodinzolerei.
Mi siedo sul divano e mangio il mio super dolce ipocalorico senza nemmeno un briciolo di rimpianto.
Il campanello suona appena finisce il mio paradiso gustativo, ma ora mi sento un po’ gonfia.

Brittany entra di corsa ma non è sola. Si è portata dietro il piccolo principe. Lancia il cappotto sul divano e si inginocchia accanto a me. Rido vedendo la differenza tra lei e Kurt. La mia bionda ha praticamente fatto come se fosse a casa sua. Ha tolto scarpe e cappotto appena entrata mentre Kurt è ancora imbacuccato e sta facendo le moine a mia mamma. E’ quasi ridicolo.
Quando i geriatri se ne vanno al lavoro, si lascia andare e toglie il primo strato del suo vestiario. Ancora non mi capacito di come faccia a muoversi con tutti quei vestiti addosso. Sembra sempre che abbia una corazza. Brittany invece nella sua divisa delle cheerios è una visione, come sempre.

Mi schiaffa un bacio sulle labbra appena mia mamma chiude la porta.

‘La Sylvester vuole parlarti’, dice mentre accende la TV.
Guardo Kurt perplessa e lui scuote le spallle. Non è che ci voglio proprio pensare. Dato che pensare a lei mi rimanda al mio cannellone e a quanto fosse grasso e a quanto io mi stia pentendo di averlo mangiato visto che è arrivata pure un po’ di nausea.
‘Oggi è venuto Dave a trovarmi.’
‘Ah sì?’ chiede sorridendo con aria colpevole e il viso tendente al rosso.
‘Sì.’ dico. ‘Ha detto che mi chiama dopo su skype.’

Non so se si è capito, ma voglio che si vedano.

   
 
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