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Autore: Due Di Picche    09/01/2012    2 recensioni
*Storia al momento sospesa*
Luka Fontana è sinonimo di perfezione.
La sua invidiabile bellezza è compensata dall'intelligenza.
Tutti vorrebbero essere come Luka.
Tutte vorrebbero andare a letto con Luka.
Peccato che l'ego superbo che ha sviluppato grazie a questo suo "pregio", lo renda un egocentrico narcisista, manipolatore e calcolatore. Si crede superiore decidendo di sfruttare le sue "doti" per arrivare al successo e mai si sarebbe aspettato che "la più bella del Purgatorio" gli venisse ad annunciare che ha ancora un mese di vita.
Con l'arrivo dell'enigmatica Lily incomincia il conto alla rovescia dell'esistenza del popolare Fontana.
Riuscirà a sedurre l'Annunciatrice così da convincerla a risparmiargli la vita o proverà a diventare una persona migliore cercando di guadagnarsi il Paradiso?
Genere: Fantasy, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Scolastico, Sovrannaturale
Capitoli:
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4. [-26] Quarto giorno dell’ultimo mese
La donna davanti a me mi guardava con aria seria e speranzosa. Avrebbe voluto comunicare in maniera civile manipolando magari la mia mente: era una psicologa.
La professoressa Ricci quella mattina, su richiesta della preside, mi aveva invitato ad avere un colloquio con la psicologa della scuola. Mi era già capitato altre volte di finire in quell’aula vuota assieme ad una donna sulla quarantina dall’aria tranquilla. Non preoccupatevi: Lily non centrava niente!
La dottoressa Villa, nonostante il suo aspetto innocente, andava dritta al dunque con noi studenti. Non si perdeva in giri di parole e questa era la sua unica qualità positiva. Per il resto era una gran impicciona come tutti gli psicologi.
«Fontana, hai grande potenzialità e sei sprecato per questa scuola. Quello che da fastidio al corpo docente è che non ti applichi e il tuo atteggiamento sta superando il limite.»
Sorrisi con ironia stravaccandomi comodamente sulla sedia. Avremo perso sicuramente una buona ora a parlare sempre del solito problema: la mia intelligenza sprecata!
«Mi dica lei cosa dovrei fare per sfruttare al meglio il mio cervello: andare direttamente all’Università forse? »
La Villa appoggiò i gomiti sul tavolo e intreccio le mani sotto al mento. Mi fissava con interesse e curiosità. « Perché no. Potresti seguire dei corsi di matematica o fisica avanzati, e sicuramente te la caveresti anche in medicina o chimica. Pensa che prossimo anno, potresti passare con la lode alla matura se moderassi anche solo un po’ il tuo comportamento.»
«Non ci arrivo alla matura.» meno ventisei giorni. Non ci sarei mai arrivato all’esame di maturità, o almeno non vivo. Perché discutere sul mio futuro quando non ce l’avevo?
«Nessun insegnate ha intenzione di bocciarti: sei un genio. Perché tenerti rinchiuso qua dentro dove perderesti solo il tuo tempo?»
Forse finalmente capii il motivo di quell’incontro «Hanno ricorso a lei, dottoressa Villa, per convincermi a partecipare alle Olimpiadi di Matematica dopo domani? »
La donna spostò lo sguardo e fece spallucce « Mi hanno solo chiesto di spronarti un po’.»
Tutto ciò non mi piaceva. Avrei preferito esser preso per un pazzo che buttare via conti  calcoli per dei stupidi test.
Volevo sorprenderla « E’ se le dicessi che è venuta a farmi visita un’Annunciatrice di Morte comunicandomi che tra un mese lascerò questo mondo? Secondo lei dovrei perdere tempo in simili sciocchezze?»
La Villa sorrise divertita. Forse stava analizzando questa mia “scusa” e la mia fantasia contorta. « Se saprei che mi rimanesse così poco da vivere e fino ad ora avrei vissuto nella peggior maniera possibile, mi darei da fare per migliorarmi almeno un po’, ovviamente se bruciare all’inferno non rientra nelle tue preferenze!»
La sua risposta mi accigliò. Aveva preso seriamente quello che avevo detto? Sinceramente non l’avevo capito. Chissà cosa frullava nella mente dei dottori.
Scarabocchio qualcosa su un foglio di carta fissandomi più volte. Io sinceramente non stavo riflettendo se accettare o no di partecipare a quel test, ero troppo occupato ad analizzare io stesso l’atteggiamento della psicologa.
Successivamente strappò il foglietto dal block notes e me lo porse con un sorriso «Mi sono informata sugli argomenti che tratteranno alle Olimpiadi di matematica. Vorrei seriamente che una volta tanto accettassi di metterti alla prova: io credo in te Fontana.»
Non presi il pezzetto di carta, ma la dottoressa me lo lasciò davanti agli occhi. Non lo guardai neanche inizialmente. Per un attimo sorrisi, non in maniera ironica, ma per l’ultima frase. Nessuno aveva mai creduto veramente nelle mie potenzialità e nessuno aveva mai trovato il coraggio di rivolgermi una frase del genere. Diceva la verità? Potevo fidarmi di lei? Infondo era solo una psicologa, era suo dovere aiutare la gente.
Pensai. Feci due calcoli sugli aspetti negativi e positivi di quella proposta. Sarei diventato ancora più popolare tra le ragazze ma rischierei di diventare lo zimbello di tutta la scuola se mi lasciassi persuadere dalla dottoressa Villa in diretto accordo con la preside. Io trasgredivo le regole. Andavo contro gli adulti e contro l’intero corpo docente di quella maledetta scuola, sarebbe stato umiliante per la mia superbia accettare tutto ciò.
«Volete solo che il nome della scuola salga in classifica superando i licei scientifici e i classici. Volete sfruttare la mia intelligenza a vostro favore.» volevo accettare ma allo stesso tempo trovavo solo aspetti negativi in tutto ciò.
«Pensa a quante ragazze ti sfruttano per arrivare in alto. Vantarsi di essere andate a letto con Luka Fontana è un bel vantaggio no?»
«Troie. Sono solo troie.»
«Allora pensa a quanta astuzia tu sprechi ogni giorno per arrivare ad una ragazza, usarla e poi gettarla. Successivamente, dopo aver sfruttato la logica inconsciamente utilizzi il tuo corpo, consapevole che nessuna è capace di resisterti. Andando avanti così continuerai a scalare una vetta che non ti porterà da nessuna parte sfruttando due cose: il tuo lato perfetto (bellezza e intelligenza) e poi gli altri.»
«Ma tutto ciò mi diverte. È ciò che voglio.»
«E se, come dici, ti resterebbe ancora un mese da vivere, vorresti veramente sprecarlo come sempre? Non vorresti invece cercare di diventare una persona migliore o mettere in gioco le tue potenzialità. Non ti chiedo molto Fontana, solo di partecipare a delle stupide Olimpiadi di Matematica.»
Perché aveva preso sul serio quella mia “balla” sulla vita? Ora si che in me si stava evolvendo un certo rimorso. Un mese. Anzi, ventisei giorni, e poi tutto sarebbe finito.
Spostai con malinconia lo sguardo verso il basso. Mi passai una mano tra i capelli castani, stavano diventando lunghi. Il tempo stava passando. Il tempo. I giorni. Le ore. Ventisei.
«E se le passo a queste Olimpiadi?»
«C’è la fase Nazionale.»
«E se passo ancora?»                                                                                                                       
«Sei molto sicuro di te, Fontana, comunque poi c’è la fase Europea e Mondiale.»
«Bene.»
«Accetti?»
Esitai nel rispondere e presi il foglietto con la lista degli argomenti matematici che avrei dovuto ripassare. Non avevo niente da perdere infondo, la mia vita era già segnata.
Mi alzai e mi avviai alla porta senza dire niente. Neanche la dottoressa Villa disse niente. Sicuramente aveva preso le mie ultime parole come una risposta affermativa. Ci sarei andato? Per colpa del mio alter ego smisurato forse anche si. Ora che valutavo meglio la situazione sarebbe stata anche una bella occasione per mettermi in mostra: ero pur sempre il perfetto Luka Fontana.
 

“Il ventiseiesimo giorno prima della sua morte, Luka Fontana si era dimostrato nuovamente uno schifoso egoista. Nessuna delle sue future azioni sarebbe stata fatta a nome della scuola, ma solo a nome suo. Ora Luka aveva un nuovo capriccio da soddisfare: mettere ancora più in mostra la sua perfezione e questa volta usando il cervello nel modo giusto.
Io intanto, inconsciamente, perdevo le mie ore, oltre che a leggere, a fissarmi le mani. Quelle fredde mani possedute dal desiderio incontrollato di toccare nuovamente pelle umana, calore umano: Luka.”

 
Quel giorno non rimasi a scuola un minuto di più.
Indossai il casco e mi diressi immediatamente verso l’uscita dell’istituto. Avrei fatto un giorno di assenza dato che non mi ero neanche presentato alla prima ora per l’appello.
Luka Fontana si era cacciato in un allettante guaio, il miglior guaio per sorprendere ancora di più il mondo. Se fossi diventato il numero uno della regione anche per il cervello oltre che per il concorso di bellezza, Mister Topolini (nome del luogo dove vanno al mare i giovani), molto in voga d’estate, avrei ottenuto ancora più stima.
Raggiunsi la mia bella, parcheggiata dall’altro lato della strada, di fronte alla scuola. Misi il casco e non ci pensai due volte prima di accendere il motore.
Da fermo accelerai con rabbia, come se solo il motore rombante potesse rilassarmi da quel vortice di stress che mi stava aspettando. E infine intrapresi una corsa sfrenata fino a casa. Scivolavo la tre vie della città, sfrecciavo per le strade superando i limiti obbligatori, fino a raggiungere il cancello del mio condominio.
I miei non c’erano quando spalancai la porta di casa. Meglio così.
Arrivai in camera mia e ignorai Lily che leggeva sul mio letto. La mia morte sarebbe avvenuta appena tra un mese, ora avevo un problema primario se volevo lasciare il “segno”.
Buttai i libri di scuola sul pavimento, e aprii un cassetto della scrivania: ogni tanto acquistavo volumi usati di matematica e fisica avanzata. Non amavo leggere e non ero nemmeno un buon lettore, lì compravo per sfizio. Per noia. Quando non sapevo cosa fare durante le afose giornate d’estate o nelle noiose ore che mi separavano da una festa la sera, cercavo di risolvere problemi che andavano oltre le potenzialità di un normale studente di scuola superiore.
«Cosa stai facendo?» la voce di Lily mi arrivò chiara alle orecchie.
Esitai. Non le risposi prima di aver pensato a tutto per la mia fuga.
Si, me ne stavo andando via da casa se non si era capito.
Non era una fuga vera e propria. L’avevo fatto anche altre volte e i miei erano consapevoli della mia destinazione. Infondo qualcuno doveva pur sfruttare la casa al mare anche fuori stagione.
«Me ne vado. Mi sono messo in un casino e devo risolverlo.» non diedi troppe spiegazioni.
Lily si alzò dal letto. I suoi tacchi vertiginosi picchiettarono sul parquet: si stava avvicinando.
«Perché?»
«Perché fin che vivo è meglio che mi metto in mostra.» e non avevo tutti i torti.
Meno ventisei giorni. Non me ne fregava un cazzo della mia morte o di Lily. Un mese. Un mese che non dovevo sprecare. Ancora un mese per farmi conoscere ancora di più.
Avevo un piano.
Mancava un giorno alle Olimpiadi della Matematica. Mi sarei isolato per un giorno e sabato mattina mi sarei presentato alla Stazione Marittima per fare quello stupido test. Per vincere. Non sarei mai andato alla fase Nazionale e figuriamoci a quella Mondiale, ma potevo diventare il primo in Regione. Avrei dimostrato quanto la mia bellezza fosse compensata dall’intelligenza. 
Convinto di aver lasciato Lily nella mia camera, recuperai le chiavi della seconda casa e ficcai qualche merendina inutile nello zaino.
Non avrei avuto né luce, né riscaldamento, né acqua, né gas. Qualche coperta e scorta di bevande le avrei trovate in cantina, ma per il resto me la sarei dovuta cavare da solo: e poi non era nemmeno la prima volta!
«Cosa ci fai qui?» chiesi a Lily quando me la ritrovai a leggere comodamente seduta sulla mia moto. Per fortuna avevo il casto perciò nessuno si sarebbe accorto più di tanto che stavo parlando da solo.
L’Annunciatrice fece spallucce «Vengo con te!»
«Senti, mi hai già rovinato la vita, lasciami almeno che finisca di vivere in santa pace.»
Non si mosse. Rimase impassibile in tutta la sua bellezza, comodamente seduta sul posto del passeggero. Sospirai e cavalcai la moto. Non ero ancora pronto a mettermi contro Dio o il Diavolo.
La schiena di Lily aderì con la mia per tutto il viaggio.
Dagli specchietti potevo vedere la ragazza a cavalcioni dietro di me, con il viso rivolto verso la strada. I suoi capelli erano una movimentata nube bionda.
Accelerai. Desideravo sentire l’adrenalina nelle vene. Percorrere l’altopiano, i suoi paesini e quelle strade deserte, era tutt’altra emozione che rispettare i semafori in città.
 
La casa si affacciava sul mare. Per raggiungere l’acqua bisognava intraprendere delle ripide scalette che discendevano lungo la scogliera. Sospirai appena parcheggiai la moto nel vialetto in ghiaia. Le finestre erano chiuse e le porte sprangate. D’estate non c’era posto migliore per trascorrere le giornate, ma d’inverno c’era la solitudine più grande.
Era una casa di famiglia, molto moderna, e usata un po’ da tutti duramente l’anno. Ovviamente nei periodi in cui veniva chiusa si chiudevano tutte le vie di alimentazione per renderla abitabile.
Molte volte per noia mi ero rifugiato in quei tre piani d’abitazione, ma il mio preferito,  era l’ultimo: il sotto tetto. Non era una soffitta ma una camera che mi ero fatto fare e che, fortunatamente nessuno utilizzava.
Lily non mi seguì dentro, sicuramente mi avrebbe raggiunto con il “teletrasporto” chissà dove. Se aveva  davvero questo “potere” mi chiesi  perché avesse fatto il viaggio in moto con me.
Entrai in quella casa piena di polvere e mi diressi immediatamente al terzo piano. una botola mi fece arrivare immediatamente nella mia stanza privata.
Era come l’avevo lasciata. Sobria ma allo stesso tempo decorata. C’era un letto a una piazza e mezza e un armadio. Basta. Ma la cosa che mi fece più felice era che le pareti, di un azzurro cielo, erano ancora piene di calcoli e disegni geometrici. Ecco perché mi piaceva rifugiarmi la: per dare sfogo al mio quoziente intellettivo!
Ogni anno dipingevo quella stanza e ogni anno riempivo i muri con i miei “passatempi”.
«Luka? Che posto è questo?» la voce di Lily riecheggiava nella piccola stanza illuminata con dolcezza, mentre la luce del sole penetrava dalla finestra sul tetto facendo volteggiare dei granellini di polvere.
Lily se ne stava nell’ombra e osservava con stupore le mura scritte con dell’inchiostro nero.
Mi buttai sul letto avvolto da una nube di polvere. Sorrisi «E il posto che preferisco di più al mondo.»
Si! Quella era la Mia stanza, dove elaboravo i Miei piani sulla vita sotto formule matematiche. Chiunque mi avrebbe preso per un pazzo perché nessuno conosceva quel lato di me.
 

“Quando mi avevano assegnato l’anima di Luka, ero stata informata del carattere e del suo lato Perfetto, ma mai mi sarei aspettata che, quando veniva invaso dalla noia e della frustrazione, si rifugiava in un posto così lontano dalla realtà.
Ora capivo perché era capace di far girare il mondo a modo suo. ”

 
 
«Luka! Luka! Guarda!» fu la prima volta che la voce di Lily non si rivelò un sussurrò: stava praticamente urlando e non nè capivo il perché.
Alzai il viso dal libro di matematica e osservai la “ragazza” davanti a me che indicava la finestra illuminata da una tenue luce arancione. Beh? Era solo il tramonto, ultima fonte di illuminazione rimasta per la giornata.
Lily aveva un’espressione sorpresa e con l’’indice sfiorava la scia luminosa. La sua mano aveva acquistato un colorito quasi umano con quella luce e i suoi capelli sembravano oro. Avevamo passato il pomeriggio in silenzio: io a studiare e lei a leggere. Per la prima volta mi stavo distraendo. Lei mi stava distraendo con la sua bellezza inumana.
«E’ solo il tramonto» dissi appoggiando i libri sul letto.
«Ma visto da qui è fantastico, Luka!» incominciò a fare piccoli balzi. Voleva a tutti i costi essere sempre più illuminata dalla luce solare.
Per la prima volta mi accorsi di una cosa: la sua ombra non veniva proiettata sulla parete. Per quanto Lily potesse essere inspiegabilmente “vera”, non aveva ombra, riflesso.
Deglutii di fronte a questo fenomeno paranormale senza spiegazione logica.
Mi alzai in piedi sul letto. Il fascio arancione da lì era così forte da accecarmi.
Aprii la finestra sopra di me e una folata di vento entrò nella stanza. Chiusi gli occhi mentre una brezza autunnale mi mordeva le guance.
«Sali sul letto: la visuale è migliore.»
Lily non ci pensò due volte e mi raggiunse.
Notai che i suoi tacchi sprofondavano nel materasso mettendo a repentaglio il suo equilibrio.
«Forse è meglio se ti togli le scarpe.» le suggerii per non essere obbligato a sorreggerla se fosse caduta. Il freddo della sua pelle mi metteva ansia e paura. E anche se la consideravo come una normale ragazza, restava pur sempre la mia Annunciatrice di Morte. Di conseguenza era l’ultima persona che avrei dovuto trattare con riguardo.
Tutto d’un tratto l’altezza di Lily diminuì. Prima le sue labbra rosso cremisi riuscivano ad arrivare al mio collo ora, al loro posto, la sua chioma platino mi sfiorava il mento.
Abbassai i miei occhi azzurri, infastiditi dalla troppa luce, e notai che non aveva più le scarpe. Era scalza e anche le unghie dei suoi piedi femminili erano rosse. Man mano il mio sguardo risalì dalle sottili caviglie, ai solidi polpacci e sorpassando le provocanti cosce e il resto del corpo andai a fissare i suoi occhi cenere.
Lily accennò un sorriso ironico  «Magia!» esclamò «Basta desideralo e tutto accade.»
Se in maniera così rapida era riuscita a togliersi un paio di vertiginosi stivali in pelle, ero proprio curioso di vedere quanto tempo le sarebbe servito per sfilarsi tutto il vestito. Ovviamente non le rivelai quella mia “poco fine” idea e mi accontentai di guardare il tramonto.
Il sole rosso fuoco veniva inghiottito dal mare e man mano i suoi caldi colori variavano.
«La terra è proprio unica. Il posto più insignificante può rivelarsi un vero e proprio spettacolo.»
«Ma è solo un banale tramonto.»
«Quando sei costretto a vagare per l’eternità ogni scorcio di terra che vedi è un miracolo.»
«Pensi che all’Inferno brucerò degli stessi colori?»
Non potevo essere ottimista. Non con una persona che si emozionava per un tramonto. Sarà stata lei tremendamente romantica o sarò stato io talmente insensibile da non riuscire ad apprezzare le piccole cose della vita?
«Non lo so. Ho a malapena visto le porte dell’inferno da fuori, a noi Annunciatori, che accompagniamo le anime peccatrici non è permesso entrarci ma …» i suoi occhi passarono da me al cielo. Quasi volesse trovarci un paragone «… se l’Inferno ha veramente colori del genere allora non penso che debba essere tanto male.»
Tutto ciò non mi rassicurò per niente. La presenza di Lily non era per niente rassicurante perché, finché lei ci fosse stata io non potevo fuggire da quell’ardente rosso tramonto.
 

“Mi ero sempre posta la domanda sull’importanza dei colori.
Gli umani associavano il Rosso all’Inferno e l’Azzurro al Paradiso, ma come poteva un colore talmente ardente e vivo essere sinonimo di morte e dolore?
Forse questa risposta risiedeva anche in me, infondo una volta ero stata umana.

Ne avevo visti di tramonti anche da Annunciatrice, però quel giorno mi sentii più calda che mai, quasi viva come se il calore del sole mi donasse sensibilità e battito, ma non appena tornai a vedere la parete vuoto, senza la mia ombra riflessa, la stupidità mi colse in fragrante: io ero solo una vittima delle mie stessa azioni.
Come potevo rimpiangere la vita se me l’ero tolta?”



***

Due Di Picche...

Buon anni a tutti. Il 2012 è arrivato e le vacanze natalizie sono già finite: è tempo di aggiornare.
Ringrazio Celest93 per la recensione lasciata e tutti quelli che hanno aggiunto questa storia tra le seguite e tra le preferite. Mi fa piacere che ci sia gente che segua questa "romantica" avvantura tra vita e morte.
Volevo dirvi che la città in cui ambiento tutto ciò è la mia Trieste e i posti sul mare che ho descritto li immagini come quelli della provincia e dell'altopiano Triestino. Il mese in cui si svolge il racconto può essere un ottobre/novembre in perfetto clima autunnale, ma neanche troppo freddo. I tramonti e i colori degli alberi in autunno qui da me sono uno spettacolo *.*
In questo capitolo possiamo vedere la determinazione di Luka quando la psicologa lì mette in faccia lo "sfruttamento" della sua intelligenza e poi la parte "strana" del genio che è in lui. Ho cercato di creare un personaggio arrogantemente perfetto. ma è risaputo che i perfetti sono anche i più strani.
Le "filosofie" di Lily non sono altro che frutto di domande sulla vita umana che lei ha dimenticato e sull'attrazione che prova verso l'umanità... stai attenta Lily!!!
Spero che la storia vi piaccia e che la continuate a seguire e magari anche a commentare: qualche suggerimento non fa mai male neanche a me visto che mi aspettano 30 giorni XD

 

   
 
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