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Autore: Milako    26/08/2006    10 recensioni
Ciò che Tolkien non ci ha mai rivelato.
Genere: Comico, Commedia, Parodia | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Altri, Un po' tutti
Note: OOC | Avvertimenti: Incompiuta, Spoiler!
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Disclaimer: i personaggi presenti in questa storia appartengono a Tolkien e a chi ne detiene i diritti. Non scrivo a scopro di lucro e nessuna violazione del copyright è intesa.
Per citare/riprendere/tradurre questa storia in parte o in toto dovete avere il mio esplicito permesso.

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2. Valaquenta

Novero dei Valar e dei Maiar

secondo le tradizioni e le fonti degli Eldar

(di cui io personalmente non mi fido, considerando che stiamo parlando di gente come Fëanor…).

 

 

Riassunto delle puntate precedenti:

 

In principio, Eru, l’Unico, che nella lingua elfica è chiamato Ilúvatar, creò gli Ainur dal proprio pensiero; ed essi fecero un Gran Casino al suo cospetto. Allora Ilúvatar conferì Essere al loro Casino e lo collocò in mezzo al Vuoto, e il Fuoco Segreto fu inviato ad ardere nel cuore del Mondo; e questo fu chiamato Eä. A lungo gli Ainur s’impegnarono nelle regioni di Eä, fino a quando nel tempo stabilito fu fatta Arda, il Regno della Terra. Poi gli Ainur vestirono gli indumenti della Terra e discesero in essa, e vi dimorarono.

 

 

Dei Valar

 

 

Manwë e Melkor erano fratelli nella mente di Ilúvatar… e già questo è sufficiente a farsi un’idea del sadismo e della follia dominanti nella mente di Ilúvatar.

Un bel dì, giusto per rinnovare la fama della sua sottile malvagità, Ilúvatar decise di eleggere, fra tutti i Valar, il Re di Arda. La notizia fu accolta controvoglia dai Valar: si stava tanto bene in anarchia totale…! Legnate, contrabbando, mafia, scommesse clandestine, spaccio di stupefacenti senza che nessuno si prendesse la briga di andarli a contestare... Eh no, certo! Ecco che il Signore dei Piani Alti si svegliava e si metteva a distribuire corone.

Ma che gliene fregava? Ma i fatti suoi?

Tutti i Valar, comunque, nel tentativo di farsi belli agli occhi di Ilúvatar, presero a dedicarsi a grandi opere: tutti tranne Manwë e Melkor che, scartata l'ipotesi della regolare campagna elettorale senza nemmeno pensarci un attimo, si gettarono sull’arma della corruzione.

 

Il più potente dei Valar era, all’inizio, Melkor; ma Manwë era il più ruffiano: fu la sua arte nel leccare spudoratamente - assieme a innumerevoli atti di cortigianeria ai limiti della decenza - a fare capitolare Ilúvatar, che  alla fine, travolto da un vero e proprio uragano di adulazion, cedette e assegnò a Manwë il potere su Arda.

I Valar tirarono un sospiro di sollievo: Manwë era il più drogato e corrotto fra di loro… erano salvi! Potevano riprendere le loro liete attività senza timore alcuno!

Melkor, invece, non la prese affatto bene. Ma proprio per niente. Lui non era mai stato bravo a corteggiare il prossimo, per cui aveva dovuto mettere a frutto le abilità acquisite durante le lunghe ore di solitudine nel Vuoto Atemporale. Aveva tentato di prendere Ilúvatar per la gola (alla fine tutti quei manuali di cucina per corrispondenza gli avevano insegnato qualcosa!), ma senza successo. Umiliato e incazzatissimo se ne andò a meditare vendetta.

 

Manwë era raggiante: era il Re di Arda! Ilúvatar gli aveva raccomandato di non montarsi la testa, ma come avrebbe potuto evitarlo? Essere Re, per Manwë, significava innanzitutto avere attorno schiere di adulatori, sia Valar che Maiar - quella nuova, adorabile specie di celestiali lecchini che Ilúvatar aveva approntato e spedito in Arda per l’occasione. Per un ruffiano dell’entità di Manwë non esisteva al mondo soddisfazione maggiore che l’essere a propria volta circondato da ruffiani, e in questo i Maiar erano l’ideale: sorridenti, buoni, belli e reverenti.

Il novello Re era già in brodo di giuggiole al pensiero del radioso (ed eterno) futuro che lo aspettava: lusso sfrenato, vizi, rave-parties una sera sì e l’altra pure, per non parlare di tutte le ingiurie che avrebbe potuto finalmente infliggere a Melkor in piena podestà!

Il Signore dei Venti meditava soddisfatto su queste cose mentre camminava verso il suo Palazzo sulla cima del Taniquetil, il monte più elevato di Arda (prego figurarsi la faccia di Aulë appena gli viene detto che deve costruire, da solo, un Palazzo Reale sul monte più elevato di Arda. Ah, i vantaggi di essere l’unico artigiano al mondo…-  N.d.A.).

La mia è una vita perfetta, considerò Manwë entrando a Palazzo, non potrei desiderare niente di meglio. C’è solo un piccolo, fastidioso problema…

 

 

 ‹‹Manwë, mio Re e mio sposo! Bentornato!  Non vieni a darmi un bacio?››.

Con Manwë dimora Varda Elentári, Regina delle Stelle, e tutt’ora Manwë fra sé e sé si chiede quale sia stata la cattiva azione che ha fatto per meritarsi questo. Lui odia le donne in generale, odia le regine, odia i matrimoni e soprattutto odia le stelle; quindi il fatto che Ilúvatar gli abbia fatto sposare Varda gli fa pensare che l’Onnipotente ce l’abbia con lui!

Grande è la bellezza di Varda ed enorme la sua stupidità: ormai da millenni, con la vecchia scusa del "Tesoro, scendo un attimo a comprare le sigarette", Manwë sfugge alle grinfie smaltate delle moglie e si dedica tranquillamente alle sue attività preferite - giocare d’azzardo e ubriacarsi con Aulë nei sobborghi di Valinor.

Il sospetto non sfiora neanche da lontano l’ingenua testolina di Varda, che comunque a quanto pare è felice così: è convinta che gli Elfi la venerino e ne invochino il nome nelle difficoltà, ignorando che "Ah, Varda Elentári!", "Ah, Elbereth Giltoniel!" siano in realtà presso gli Elfi imprecazioni pesantissime, seconde solo a "Porco Melkor! ".

 

Ulmo è il Signore delle Acque. Egli non dimora a lungo nello stesso posto, fa quello che gli pare e vive da solo, per questo è un po’ l’idolo segreto di Manwë. E’ un bohemien fallito e vive all’insegna della libertà e del fancazzismo più assoluti: non si reca nemmeno ai Consigli dei Valar, provocando la delusione di Manwë e il sollievo di Varda, che poco ne tollera la vocazione al celibato e l’influenza sul marito.

La vita di Ulmo, però, priva di regole e doveri, finisce col causargli dei fastidi; il più evidente è la circonferenza del suo giro vita che, incoraggiata da ore e ore di permanenza in poltrona, già da tempo raggiunge i tre metri e continua ad espandersi.

Non ama camminare sulla terra e solo eccezionalmente si fa vedere in giro: se Elfi o Uomini lo vedono vengono colti da grande sgomento, poiché il levarsi del Re del Mare è terribile e orribili a vedersi sono i rotoli di lardo che fuoriescono un po’ dappertutto. Nonostante i soprannomi poco lusinghieri con cui gli Elfi e gli Uomini sono soliti chiamarlo - il Grassone, il Panzone, l’Orca Assassina, l’Elefante Marino e via dicendo - Ulmo ama molto queste creature si diverte a spettegolare con loro delle ultime novità da Valinor.

 

Aulë ha potenza di poco inferiore a Ulmo. Grande amico e compagno di birra di Manwë, a lui si deve il (pessimo) modellamento di tutte le terre. E’ un fabbro ed è perennemente in competizione con Melkor, che non riesce mai a fregargli le idee. I Valar, i Maiar, i Vanyar, i Teleri, i Sindar, gli Uomini, i Nani, gli Ent, gli Hobbit, gli animali e un po’ tutte le razze viventi su Arda lo maledicono pesantemente, sostenendo se non si fosse preso la briga di insegnare ai Noldor quei quattro trucchetti con i metalli e le gemme la Guerra dei Gioielli non sarebbe mai scoppiata.

Di Aulë inoltre c’è da dire che nemmeno lui è riuscito a scampare alla congiura matrimoniale di Varda, che dopo essersi accasata col Sire dei Venti è riuscita a sistemare tutte le sue amiche.

 

Ad Aulë, per la precisione, è toccata Yavanna Kementári, la Dispensatrice di Frutti (chiamata da Aulë "il Frigorifero" durante le nottate ad ubriacarsi con Manwë per affogare i dispiaceri). E’ l’amica del cuore e la comare di Varda, e il suo potere riguarda tutte le cose che crescono sulla terra. Aulë, cercando di sfruttare l’abilità della moglie, l’ha convinta a seminare interi campi di piantine dalle proprietà allucinogene e benefiche per l’umore, di cui egli stesso e Manwë fanno grande uso. E’ probabile che l’assidua frequentazione con Varda abbia contribuito ad incrementare la sua ottusità, dal momento che da millenni Yavanna continua candidamente a coltivare piantagioni di cannabis senza alcun sospetto.

 

I Fëanturi, Signori di Spiriti, sono fratelli, e vengono chiamati Mandos e Lorien. In realtà si chiamerebbero Námo e Irmo, ma Mandos e Lórien suonano meglio e fanno più epic tale. Nienna è loro sorella, e i tre vengono chiamati dagli Elfi "i Fratelli Morte, Miraggio & Malinconia".

 

Mandos, il maggiore, è il custode delle Case dei Morti, perfettamente in linea con i gusti gothic che lo caratterizzavano fin da piccino. Egli conosce tutte le cose che saranno, eccetto le malsane idee che stanno ancora nella mente d’Ilúvatar; ciononostante Manwë ebbe qualche perplessità nel concedergli la carica.

‹‹Mandos››, gli diceva ‹‹…tu per me puoi essere tranquillamente il custode delle Case dei Morti, non ci sono problemi, del resto basta poco a farti felice. Ma spiegami una cosa, no?›› aggiunse, contando sulle dita. ‹‹I Valar e i Maia sono immortali, gli Elfi non muoiono di cause naturali e le anime degli Uomini scompaiono dopo la morte. Che spiriti pensi di accogliere?››.

‹‹Tranquillo, Manwë. Io conosco tutte le cose che saranno, ricordi? Aaaah, mi pare già di sentire l’odore del sangue ad Alqualondë…!›› sospirò Mandos con gli occhi che quasi gli brillavano.

Vairë la Tessitrice è la sua sposa, e questo è probabilmente l’unico matrimonio veramente riuscito fra i Valar. Vairë, che non sfigura accanto al marito, è pallida, magra, si trucca pesantemente di nero, ascolta solo gothic metal scandinavo e ha un’intera videoteca di film horror.

 

Lórien, il minore, non condivide i gusti del fratello maggiore e della cognata. Lui e sua moglie Estë sono i fondatori di un circolo ricreativo per tossicomani,  in cui giungono tutti coloro che hanno fatto un uso eccessivo delle magiche piantine di Yavanna.

 

Nienna vive da sola: inizialmente Varda aveva tramato di farla sposare con Ulmo, ma poi ha provato pietà per il misogino Signore delle Acque. Nienna infatti è la Signora del Lutto, e le sue ghiandole lacrimali super-allenate sono, come abbiamo visto, il terrore di mortali, immortali e dèi. Le pesti un piede? Nienna piange. Le dici che è ingrassata? Nienna piange. Manwë prende a parolacce Varda? Nienna piange. Una piantina di Yavanna appassisce? Nienna piange.  Piove? Nienna piange. Insomma, in sua presenza non si può parlare di nulla, ed ella vaga raminga alla ricerca di qualcuno che la consoli: gli unici che ogni tanto ne hanno pietà sono suo fratello Mandos e sua cognata Vairë, che la ritengono una buona compagnia per i morti che giungono alla Casa degli Spiriti.

 

 

Supremo in forza e in atti di prodezza è Tulkas, soprannominato l’Idiota. Egli infatti ride sempre, in pace e in guerra, e rise perfino di fronte a Melkor nelle battaglie che precedettero la nascita degli Elfi: momenti, insomma, in cui tutti tacevano o al massimo ringhiavano, e in cui ridere sembrava per l’appunto un’idiozia. Cintura nera di karate  e grande lottatore di sumo, Tulkas si diverte a spaccare tutto quello che gli capita sottomano. Anche per questo motivo Nessa, la sua sposa, è bravissima a correre.

 

Anche Oromë è un nevrotico e trae diletto dal distruggere ogni cosa al suo passaggio a cavallo, però almeno non ride come Tulkas. Al contrario, la sua espressione corrucciata è seconda solo a quella di Melkor. Il suo arrivo è sempre accompagnato dal suono del suo corno bianco e argentato, che in tempi antichi utilizzava per fare gli scherzi agli Elfi nel cuore della notte. La sua sposa è Vána la Sempregiovane, ma si dice che Oromë passi molto più tempo con Nahar, il cavallo, e che questo abbia sostituito la moglie in tutti i ruoli che una moglie può assumere: chi ha orecchie intenda.

 

 

Dei Maiar

 

Con i Valar giunsero altri spiriti, del loro stesso ordine ma di grado inferiore: lecchini, insomma, come Manwë li ha subito etichettati. Il loro numero è ignoto agli Elfi e pochi hanno un nome in una delle lingue dei Figli d’Ilúvatar, perché nessuno si è mai preso la briga di chiamarli per nome: "Tu, con i capelli" o "Tu, schiavo" andavano benissimo come appellativi.

 

I principali fra i Maia di Valinor sono Ilmarë, la ruffiana di Varda, Eonwë, il tirapiedi di Manwë e Ossë e Uinen, i lecchini di Ulmo. Poi c’erano Melian, una doppiogiochista che serviva sia Vána che Estë, ed Olórin, il più saggio e il più potente, ma che un giorno commise l’errore di vestirsi di grigio, farsi chiamare "Gandalf" e fare amicizia con gli Uomini: tutti cominciarono a considerarlo un simpatico vecchietto un po’ misterioso alla stregua di Albus Silente e la sua dignità finì in miseria.

 

 

Dei Nemici

 

Ultimo di cui viene fatto il nome è Melkor, Colui che si leva in Possanza. Ma quel nome egli l’ha usurpato; e Fëanor, che fra le altre cose era anche un abile affibbia-soprannomi, cominciò a chiamarlo "Morgoth", che significa Nero Nemico del Mondo; oppure, quando proprio voleva umiliarlo, lo chiamava "Calimero". Non so voi, ma io adoro Fëanor…

Melkor schifava tutto tranne sé stesso, era uno stronzo, un ladro, un ingannatore, un malvagio; aveva votato Berlusconi alle elezioni e soprattutto, cosa che nessuno in Arda gli perdonava, era un metallaro. Eppure fu capace di scatenare tanto casino che alla fine Ilúvatar perse la pazienza e lo tenne chiuso in Camera Sua fino alla fine del Tempo.

Ma non fu solo. Molti Maiar, infatti, stanchi di servire alla corte di Manwë, passarono al Lato Oscuro e cominciarono ad ascoltare metal e a servire Melkor. Il più spudorato fra i Maiar che leccarono ai piedi di Melkor fu Sauron, stronzo quasi quanto il suo padrone; non imparò mai la lezione che diceva "Non ti mettere mai in mezzo fra i Valar, gli Elfi e i gioielli": fece forgiare lo Sfigatissimo Anello e il resto lo conosciamo tutti…

 

 

 

Qui termina il Valaquenta.

(Era ora…)

   
 
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