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Autore: EdenGuns    15/01/2012    4 recensioni
Seguito di Appetite for Destruction e GN'R Lies
Avete appetito per la vostra illusione?
Inizia la vera avventura, tra colpi di scena e aspetti mai visti dei personaggi; tornano la contesa Eden e l'enigmatico Axl, ma anche nuove figure che non mancheranno di mettere del pepe nella vicenda.
Curiosi? Basta entrare per scoprire.
P.s. Il titolo del capitolo è il nome del personaggio che parla in prima persona. Solo buona lettura e lasciate un commento ;)
Genere: Introspettivo, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Nuovo personaggio, Quasi tutti
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Guns N' Fuckin' Roses'
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Ragazze mie!
Questo capitolo è stato sofferto, scritto e riscritto, ma alla fine è arrivato. Perdonatemi il ritardo, spero di non dovervi fare attendere ancora così tanto per i prossimi! (Colpa dell'ispirazione, eh)
Comunque, eccoci qui. Non ne sono neanche troppo sicura, e ve lo do in pasto. Non siate troppo cattive ç-ç
Ah, assolutamente un MEA CULPA da fare: nel capitolo di Axl, ho scritto che l'episodio di St. Louis è avvenuto a Gennaio. Sono un'eretica, lo so :') Ho modificato la parte, perché in realtà la vicenda si è svolta il 2 Luglio, e io mi sono confusa col Rock in Rio. (Testa di cetra, che sono)
Bene, non penso ci sia altro, quindi la smetto con questi vaneggiamenti e vi auguro buona lettura, mie care

P.s. Grazie mille a chi recensisce/legge/segue/preferisce, per me è un grande onore avere voi lettrici, sappiatelo.

 

2. Eden

 

« He lost his mind today
He left it out on the highway
On “65”»
Dust N' Bones, GN'R

 

La cosa che mi fece svegliare, più che lo squillo del telefono, fu la mancanza delle sue braccia calde attorno al mio corpo.
Ero dipendente da quel contatto fisico, e sapevo che non sarei mai più stata capace di farne a meno.

« Dai, torna a letto» dissi, guardandolo mentre alzava la cornetta.

Mi fece l'occhiolino e se la portò all'orecchio.

« Risponde la segreteria telefonica di Duff e Eden McKagan, ora non siamo in casa, lasciate un messaggio.»

Scoppiai a ridere e cercai di soffocare i rumori nel cuscino.
Quando riemersi dalla federa profumata tornai a coprirmi con il lenzuolo, rannicchiandomi su un fianco per poterlo guardare.
Era davvero l'uomo della mia vita, sì. Quello che amavo e che avrei amato per tutta l'esistenza. Mi ritenevo la donna più fortunata al mondo, ad averlo trovato. Non riuscivo bene a scorgerne il viso nella penombra della stanza, ma conoscevo a memoria ogni piccolo particolare della sua fisionomia.

« Arrivi?» chiesi, invitante e sensuale, vedendo che non si schiodava dal telefono.

Mise giù la cornetta e si insinuò tra le coperte, attirandomi tra le sue braccia. Felice di poter tornare a crogiolarmi nel suo tepore, mi feci stringere.

« Come mai ci hai messo tanto?» chiesi, chiudendo gli occhi.

Duff rimase in silenzio, mentre mi accarezzava dolcemente.

« Uh?» riprovai.

« Eden, era tua sorella al telefono.»

Aprii di scatto gli occhi, scostandomi dal suo petto per guardarlo in viso.

Non sentivo Amy da anni. Partendo per il tour avevo letteralmente tagliato i ponti con il resto dell'umanità, per mettere al primo posto i ragazzi e Michelle.
Dire che mi manca sarebbe un eufemismo.

« Cos'è successo?»

« Tua madre ha avuto un infarto.»

Il mio cuore fu artigliato da mille sensazioni nello stesso momento e se non fosse stato per il corpo di Duff sarei crollata senza ritegno in un giramento di testa.

« Eden!»

Mi prese il viso, facendomi aria con la mano.

« Un calo di zuccheri» mugugnai, scioccata ancora dalla notizia.

Da bambina avevo vissuto in una famiglia piena d'amore.
Uno dei ricordi più vividi della mia infanzia era un'immagine, una
scena, di un pranzo di Natale. Eravamo riuniti tutti nel salotto, avevo circa otto anni, mentre mia sorella sei. Rammentavo perfettamente il bel sorriso sul viso della mia giovane mamma, e l'amore negli occhi di papà quando ci carezzava con lo sguardo.
Avevo ben impresso anche il profumo della torta alle fragole, e il vinile dei Beatles che andava in sottofondo.
Quel giorno era stato uno dei più sereni della mia vita.
Papà si era poi alzato dalla sedia e aveva portato i regali. Il mio era un enorme scatola foderata da carta luccicante, che lacerai con emozione tra risolini e urletti.
Quando vidi sbucare il manico corredato di quattro splendide e tese corde, il mio cuore era quasi scoppiato di gioia. Non era un basso qualunque, era il
suo. Quello con cui aveva conquistato palchi e infranto cuori. Gli avevo gettato le braccia al collo, stringendo con le mie piccole mani la sua immensa schiena.
L'avevo sempre considerato come un gigante buono, con quell'aria calma e i lunghi capelli neri da hippie.
Poi, si era ammalato. Un subdolo cancro se l'era portato via quando io avevo sì e no undici anni. L'anno dopo mia madre aveva portato in casa un altro uomo.
Per principio non lo volevo accettare ed ero riluttante all'idea di doverlo chiamare
papà. Da quel momento, la mia vita cambiò radicalmente.
Più volte quell'essere usò violenza contro di me, con cui sembrava essersi particolarmente accanito. Mia sorella veniva picchiata sporadicamente, quando magari io non ero in casa. Ma Dean, così si chiamava, sembrava essere interessato principalmente alla mia innocenza.
Una notte si intrufolò in camera mia mentre dormivo, e tentò di violentarmi. Riuscii a sfuggirgli per pochissimo, grazie ai miei urli che svegliarono tutto il vicinato. Per qualche motivo a me sconosciuto, riusciva sempre a farla franca.
Mia madre credeva più a lui che a me, così il nostro rapporto si ridusse a semplice convivenza.
Amy invece era a conoscenza di tutto, ma per quanto tentasse di proteggermi, alla fine l'aveva vinta sempre Dean.
A diciassette anni ero scappata di casa, facendo credere di essere stata rapita o roba del genere. Poco mi importava, e più passava il tempo più ritenevo la scelta che avevo fatto la migliore della mia vita. Allontanarmi da quella situazione era diventata la mia priorità.
E Michelle mi aveva accolta senza farmi pesare quell'orribile passato.
Ma se n'era andata anche lei, e probabilmente non avrei mai perdonato Hudson per averle dato la ragione di fare quel doloroso gesto.
« Tutto bene, amore?»
Duff mi accarezzava il viso imperlato da gocce sudore, con lo sguardo preoccupato.
Annuii, mettendomi a sedere.
Presi alcuni respiri, terrorizzata.
« Ma... è
morta?» chiesi, con un groppo in gola.

Lui scosse la testa: « No, ma tua sorella ha detto che chiede in continuazione di te. Vuole parlarti, dice che non c'è tempo.»

La tensione che mi intorpidiva lo stomaco sembrò quasi sciogliersi, ma all'idea di rivederla mi si strinse il cuore.
« L'hanno fatta tornare a casa, ma la sua situazione non è delle migliori. Come
ultimo desiderio, anche se non è in pericolo di vita a quanto ho capito, è di averti lì per qualche giorno.»

« E il tour?» mormorai, sgranando gli occhi lucidi di pianto.

Duff ridacchiò dolcemente: « Non nasconderti dietro il tour. Siamo in pausa per ora, fino all'otto, quindi hai tutto il tempo per passare qualche giorno con lei. Dipende tutto da te.»

Mi tormentai le mani, lasciandomi cadere con la testa sul cuscino.

« Non so.»

L'unica cosa che mi tratteneva era il pensiero di rivedere Dean.

« E' una scelta tua, amore. Non sentirti obbligata, ma non fare cose di cui poi potresti pentirti.»

Mi diede un bacio sul naso e si stese accanto a me, sul fianco, con la testa appoggiata sulla mano e il gomito a fare leva tra lui e il materasso.

Lo guardai un attimo.
No, non mi dovevo più nascondere. Avevo ventitré anni ed era ora di riscattarmi.
« Verresti con me? Tu e Will. Ne ho davvero bisogno, e lo sai. Ho ancora paura di quell'uomo, ma con voi due al mio fianco tutto sarà più facile.»

Lui fece un mezzo sorriso, annuendo.

« Cos'è quella faccia?» chiesi flebilmente, disarmata.

Scosse la testa, sbattendo più volte le palpebre: « Niente. E' che sembra che debba sposare te e Axl insieme. Vorrei averti tutta per me e non doverti dividere con lui.»

Rimasi spiazzata dalle sue parole.

Dove vuole andare a parare?

« E' il mio migliore amico» dissi, poco più che un sussurro.

Duff si aprì in un amaro sorriso.

« Eden, io sono buono ma non scemo. Vedo come ti guarda.»

...Will?

« Sono fesserie, dai.»

Lui scosse la testa, desolato.

« Spero solo che tu non ricambi.»

« Ma cosa ti salta in testa?!» mi affrettai a dire, sgomenta.

Gli presi il mento, obbligandolo a guardarmi negli occhi.

« Se amassi lui, perché sarei qui?»

Gli diedi un bacio, con una strana sensazione nello stomaco.

« Vorrei sperare! Diventerai mia moglie, non è poco.»

« Vorrei sperare! Ah, signor McKagan, non ti ho detto di sì per i diamanti. Ti amerei anche se tu fossi un barbone. E nulla cambierà mai i miei sentimenti per te, capito?»

Lui annuì, sorridendo mentre cercava le mie labbra. Mi aggrappai alla sua schiena, infilando le mani sotto la maglietta sulla sua pelle calda e nuda.
Ricadde su di me, e continuammo a baciarci in un improvviso impeto di passione. Sentivo che in quel contatto c'era la sua disperata ricerca di una conferma delle mie parole.
Ma io non mentivo, lo amavo davvero, e niente mi avrebbe fatto cambiare idea. Nemmeno il
presunto interessamento di Will, che era una delle persone cui volevo più bene al mondo.

Non mi accorsi neanche che mi aveva già sfilato la sottoveste, tanto ero presa dalle mie riflessioni.
Rimasi in intimo sotto il mio futuro marito -
dio, che strano dirlo- in preda alle sue mani esperte e a scosse di desiderio.
Se prima il mio corpo era intorpidito dal sonno, in quel momento si era svegliato egregiamente, rispondendo agli stimoli di Duff con partecipazione. Intrecciai le dita ai suoi capelli, mentre con le labbra scendeva al seno.

Ormai era inutile tirarmi indietro; non sarei stata capace di allontanarmi dalla sua presa per nulla al mondo.

 

« Ci sono tutti i bagagli?»

Annuii, chiudendo la portiera.

Al volante c'era Will, ed eravamo in partenza per la mia vecchia casa. Si trovava esattamente nella parte di Los Angeles opposta a quella dove si trovava la nuova dimora.

Io e Duff condividevamo con Iz la nostra villa, che avremmo successivamente cambiato da sposati lasciandola a lui.

Quando mi aveva fatto la proposta ero rimasta sbalordita. Per un attimo non mi ero resa conto di cosa stesse succedendo. Poi avevo incrociato il suo sguardo, capendo che non avrei potuto dirgli altro che sì.

« Metto i Floyd?» chiese Will, con un sorriso sornione.

Mi allungai per dargli un bacio sulla guancia.

« Tu sì che mi conosci!»

Rise e infilò nell'apposita apertura la cassetta.

Le prime note di Wish your were here inondarono il veicolo, ed io poggiai il capo alla spalla di Duff, lasciandomi trasportare dalla fantastica melodia. Sentii le sue labbra lasciarmi un indelebile segno in fronte e poi la sua testa sulla mia.

Will partì sgommando, con la promessa di non andare troppo veloce. Conoscevo bene la sua guida e l'avevo pregato più volte di regolarsi quando c'ero su anch'io.

Alla prima curva azzardatamente percorsa stile pirata della strada, mi vidi passare davanti agli occhi tutta la vita. Lanciai un'occhiataccia al guidatore, che mi sbirciava dallo specchietto retrovisore e tornai all'abbraccio di Duff.
«
How I wish, how I wish you were here
We're just two lost souls swimming in a fish bowl, year after year
Running over the same old ground
What have we found? The same old fear
Wish you were here.
»

 

La mia vecchia casa era una villetta posta su due piani, recintata e con un bel giardino sul retro. Scesi dalla macchina e presi un bel respiro. Al secondo piano vidi la tendina in pizzo di una finestra scostarsi, e la figura di mia sorella sparire veloce.
E' inutile che indugi. Prendi i tuoi cazzo di bagagli e entra.

Perché la mia mente doveva sempre prendermi a parole?

Afferrai la mia valigia per il manico e seguii i due ragazzi -molto più sicuri di me, per la cronaca- verso la porta in legno di ciliegio.

L'aveva costruito tutto mio padre quel rifugio d'amore, dove andare a vivere con la giovane moglie incinta di me.

« Tutto bene?» chiese Duff, facendomi un occhiolino come per dirmi di prendere coraggio.

Annuii vagamente, col cuore che martellava contro la gola.
Will premette il dito sul campanello e io deglutii rumorosamente.

Ancora pochissimo, e poi farò i conti con il mio passato.

Vidi la maniglia abbassarsi e la porta che si apriva come al rallentatore.

Un leggero giramento di testa come quello della notte prima e quasi non mi cedettero le gambe.

Will mi lanciò un'occhiata preoccupata, poi apparve mia sorella.

« Eden...»

Rimase un attimo sbalordita davanti alle due presenze che mi accompagnavano e ciò mi diede il tempo di notare la sua maglietta.

Guns N' Roses.

Se non fosse stata per tutta la tensione che mi si arrovellava nelle viscere probabilmente sarei scoppiata a ridere.

« Ho un po' di cose da raccontarti» mugugnai, seguendo con la coda dell'occhio gli sguardi divertiti che quei due si scambiavano.

 

Davanti a una tazza di the le spiegai bene tutta la storia, mentre Will e Duff sistemavano le loro cose in taverna.

« Li ho portati con me perché sono le due persone più importanti della mia vita, ecco.»

« Non ti devi giustificare, ma vedi» e tirò un lembo della sua maglietta con un sorriso imbarazzato « sono una fan. E se la situazione non fosse di questo genere probabilmente starei urlando per tutta casa come impazzita, sai? Insomma, il tuo migliore amico è Axl Rose e sposerai Duff McKagan! Cazzo, Eden.»

Sorrisi a mia volta, stringendo tra le mani la tazza di the.

« Li ho conosciuti prima di tutto questo delirio, Amy. Per me più che Duff e Axl sono Michael e Will. E lo chiamo Duff solo perché il suo vero nome mi suona troppo formale. Amo la loro persona, non la rock star acclamata in tutto il mondo. Sono felice che abbiano raggiunto questi livelli, ma andare in tour con loro non è tutto rose e fiori.»

« No, hai ragione. E' tutto Guns N' Roses

Scoppiammo a ridere, anche se la pseudo battuta era davverp terribile.

« Questa è stata pessima, Amy!»

« Mi è venuta spontanea, scusami» rispose, ridacchiando.

Scossi la testa.

In fondo mi era mancata, e anche tanto.

In un attacco di tenerezza mi allungai verso di lei e la abbracciai. Amy rimase un attimo immobile, indecisa su cosa fare, poi strinse le braccia attorno alla mia vita.

Nonostante la poca differenza d'età non avevamo mai avuto un rapporto particolarmente stretto, ma ci volevamo bene.

Davvero tanto.

« Bene, ti porto da mamma, che ne dici? E' su in camera sua “a riposo per un po'”, così ha detto il medico.»

Annuii, titubante.

« Aspetta che vado a chiamare Will e Duff.»

Senza lasciarle il tempo di pronunciare un'altra parola, uscii dalla cucina e corsi giù per le scale.

I due ragazzi si voltarono, sorridendomi.

« Come va?» chiese Duff, venendomi incontro.

Feci una smorfia: « Sono nervosa. Venite con me su da mia madre? Così vi presento e mi date un po' di coraggio.»

« Certo, cara» disse Will, apparendo al mio fianco e prendendomi a braccetto.

« Conducici dove vuoi» rincarò l'altro, dandomi un bacio.

Sorrisi rassicurata dalla loro presenza e li guidai verso mia sorella, che ci aspettava un po' emozionata ai piedi di un'altra rampa di scale.

« Anche loro?» mi sussurrò, stupita.

Annuii decisa e strinsi la presa attorno alle loro braccia.

Non li avrei lasciati per nulla al mondo.

   
 
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