Anime & Manga > Lady Oscar
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Autore: Mari087    19/01/2012    5 recensioni
Ho sempre amato d'amore viscerale "La rosa di Versailles", e ho sempre fantasticato sull'ipotetico futuro dei nostri protagonisti...poi, ho trovato voi e le vostre belle storie, e oggi ho deciso di cimentarmi!
Per ora, è un inizio piccolino piccolino... poi, chissà:-)
Spero vi piaccia!
Genere: Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Un po' tutti
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Dall’altro lato della barricata, c’è chi aspetta.
 
Ritardi epici, i miei… spero che mi vogliate leggere lo stesso, anche se i capitoli arrivano a distanze di mesi…
Purtroppo, a governare i miei ritmi sono ancora gli esami e le sessioni all’Università…e devo studiare con tutta me stessa, perché devo assolutamente laurearmi quanto prima, visto che l’anno prossimo io e il mio ragazzo, dopo ben dieci anni di fidanzamento (e l’anno prossimo saranno undici!), finalmente ci sposiamo! J
Sono felice di condividere con voi la cosa…spero che siate clementi nel commentare questo capitolo che forse esce un po’ fuori dall’atmosfera del racconto, ma che mi solleticava da un po’ la mente…
 
   Dopo l’elezione improvvisata, Bernard tornò dalla moglie e dai suoi amici, seguito da Robespierre. La sera era già calata, le strade si facevano buie e le famiglie rientravano a casa.
   “Sei stato bravissimo Bernard, come sempre! A volte mi chiedo se questa rivoluzione ci sarebbe stata, senza le tue orazioni!”
   “Robespierre, ma che dici… sei sempre il solito!”
    “Allora, Bernard… che facciamo? Vuoi venire con me a bere qualcosa tra facinorosi, o preferisci tornare a casa con tua moglie? Del resto, con una moglie così, sarebbe comprensibile…”
Se fosse stata una dama dell’alta nobiltà abituata a tradire il marito per passare il tempo, Rosalie avrebbe riso alla battuta e ne avrebbe approfittato per civettare. Ma Rosalie era cresciuta in altro modo, e non potè non arrossire di fronte alla spudoratezza del giovane, che non si accorse del suo disagio e continuò:
    “E voi due, cittadini! Verrete con noi?”
“No.”
Una risposta secca, che mai Bernard si sarebbe aspettato, dal tacito Andrè.
“è vero: preferiamo andare a casa” aggiunse poi l’ex biondo comandante “sono stanca, e non mi fa bene affaticarmi”.
Era proprio vero: Oscar voleva guarire, a tutti i costi. Bernard non sapeva se essere più dispiaciuto per la malattia dell’amica, o per aver perso un così valido aiuto nella conduzione delle rivolte. Pensieri da rivoluzionario.
Mentre il gruppo di rivoltosi si dirigeva altrove, Oscar si rivolse al marito: “Andrè, pensi che Alain sia in casa, a quest’ora? Ho un ultima missione da affidargli”.
 
    Il sole non la voleva proprio smettere di battere incessante sulla sua povera testa. Gli doleva incredibilmente, ma non poteva certo rischiare di fallire quella che Oscar considerava la “sua ultima missione”.
   Sarebbe mai arrivato il giorno in cui avrebbe smesso di prendere per oro colato tutto quello che usciva dalla bocca di quella donna?
   E quanto caspita distava quel dannato palazzo? E come si chiamava la nonna di Andrè? Aveva un nome strano... no, l’avere esagerato con il vino la sera prima non lo aiutava certo nei suoi sforzi di memoria.
   Ancora perso nei suoi pensieri, Alain si trovò di fronte l’imponente cancello della vecchia casa di Oscar e Andrè. Girò verso la porta secondaria, e notò che niente sembrava corrispondere alla descrizione fattagli dai suoi amici… tutto sembrava spento, vuoto. Che stava succedendo in quel posto?
Passò quella che doveva essere una cameriera, Alain prese coraggio, e le disse:
“Scusatemi… cerco la governante di questa casa… Madame…Madame…”
“Cercate Marron Glacè?”
“Si! Ecco, lei!”
“Vado a vedere se può scendere…voi siete?”
“Alain. Ditele che sono Alain”.
“Alain…” e la cameriera se ne andò, ripetendo quel nome, come se per lei avesse un significato.
Indeciso sul da farsi, Alain si guardava attorno. Ai lati dello spiazzale che immetteva sull’ingresso secondario, parecchi alberi facevano ombra su delle rudimentali panchine. Si avvicinò, e fu attirato da una strana incisione… non essendo un lettore abilissimo, si aiutò con la voce a scandire quelle parole:
“Oscar e Andrè 12 Ottobre 1765”.
“Avevano questa strana abitudine di incidere i loro nomi, da per tutto. Che notizie mi porti, giovanotto?”
Alain si voltò: Andrè aveva descritto sua nonna come incredibilmente forzuta ed energica, a dispetto della sorprendente età a cui era arrivata. Sebbene quasi imperiosa, la voce della vecchia che si trovava di fronte non aveva proprio nulla di forte…
Marron Glacè dimostrava ora tutto il peso dei suoi anni, invecchiata di colpo, quasi curva come sotto il peso di un grande dolore.
“Madame, io sono…”
“Lo so chi sei, Andrè mi ha parlato di te.”
“ah, ecco. Ho questa lettera per voi”.
“La leggerò dopo…solo una cosa: sono vivi?”
“Si, sono vivi.”
“Ho un favore da chiederti, giovanotto. Se ne sono andati via senza pensare a niente, come loro solito. Potresti aspettarmi? Immagino che tornerai da loro…”
“Si, Madame.”
“Grazie, Alain. Sei proprio un gigante buono, come diceva la mia bambina”.
La mia bambina? Doveva essere Oscar… è certo, perché anche Lei era stata bambina. E lo era stata con Andrè, come dimostrava quell’incisione… che razza di storia!
“Alain!”
“Oh, Madame, siete già tornata…”
Ma le parole al gigante buono morirono in bocca. La donna che aveva di fronte non era Marron Glacè.
Più giovane, più bella, più distinta: una dame, indubbiamente.
“Sono Madame de Jargeyes. La madre di Oscar. Ho visto che hai portato una lettera alla Balia… mia figlia non ti ha dato niente, per me e suo padre?”
Alain era imbarazzatissimo, anche perché era chiaro il dispiacere che leggeva nelle parole della donna.
“No, io…cioè, veramente no”.
“Non importa. Siediamoci qui, Alain, se conosco bene Marron non arriverà prima di una ventina di minuti. Se ti ha dato la lettera vuol dire che l’hai vista da poco… come sta?”
“Sta bene… è…un po’ provata, per la battaglia, ma si riprenderà, penso”.
“Stai tranquillo, Alain. Mio marito non è in casa, e io, come vedi, non mordo”.
“No, Madame, è che io…”
“dimmi, piuttosto. Sono a Parigi?”
“Si.”
“Immaginavo volessero andare ad Arras… quello, è il loro luogo, per eccellenza. E dimmi… Andrè si è comportato da gentiluomo?”
“Scusate, madame, non capisco a cosa vi riferite…”
“Perdonami, Alain. Si sono già sposati?”
“Oh…si Madame…”
“Bene.”
Un lungo istante di silenzio.
“Io lo sapevo, Alain, sai? da sempre. Forse ancora prima che se ne accorgessero loro stessi …sicuramente, prima di Oscar. Eppure…eppure no, non immaginavo arrivasse a tanto. A fuggire…a sposarlo… pensavo che, come tante altre, se lo sarebbe tenuto come…bhè si, ormai sono sposati, posso anche parlare con te di questo… pensavo che se lo sarebbe tenuto come amante, come fanno tutte. Forse è per questo che non ho mai tentato di dividerli… in fondo, era meglio lui di tanti altri… così discreto, così gentile…così innamorato… tu penserai che io sia una madre snaturata, Alain, a dire così. Ma no, non devi pensarlo, perché io lo facevo per lei… per tenerla vicina, per saperla felice, in qualche modo. Io non sono stata molto presente nella sua vita. Per una ragione o per un'altra, sono arrivata a pensare che se si fosse presentata l’occasione di doverli in qualche modo aiutare, io lo avrei fatto… che strano sentimento, vero? Mi sembrava quasi un risarcimento dovuto a mia figlia, per non essermi opposta alla volontà di mio marito, quando è nata… non so perché ti dico tutte queste cose, o forse sì: quando la rivedrai, dille che io non smetterò mai di pensarla, di volerle bene… e dì ad Andrè di avere cura di lei, come ha sempre fatto. E sì… dì anche a lui che gli voglio bene, e che nel mio cuore sarà come un figlio. Anche se ormai è tardi, e non ne hanno bisogno… io benedico, per quel che può valere la mia parola, la loro unione.”
Incredibile a dirsi, Alain era commosso da quella confessione. Non sapeva cosa rispondere, guardava lo strazio di quella donna, così composta ma così emozionata, e non sapeva cosa rispondere.
“Non preoccupatevi, Madame: riferirò quello che mi avete detto”.
“Sei un bravo ragazzo. Sono felice di sapere che ti avranno accanto come amico. Ora sarà tutto molto difficile per loro. Oh, ecco Nanny…”
Marron Glacè, già piegata per l’età, reggeva a fatica un pesante fardello, avvolto alla meno peggio in un lenzuolo.
Si accorse di Madame De Jargeyes, e quasi stava per cadere:
“Oh, Signora…”
Forse una nobile non lo doveva fare, ma Madame si alzò e aiutò la governante, cercando di recuperare un sorriso:
“Suvvia, Nanny… così rischi di cadere! Certo, il nostro Alain qui è grande e grosso, ma riuscirà a portare fino a Parigi tutta questa roba?”
“Madame, io…”
“Si, Nanny, lo so: quei due da bravi testoni quali sono se ne sono andati via senza niente…ce la farai, Alain, a portare questo peso?”
“Madame, voi…”
“Nanny, è inutile nascondersi dietro un dito. L’ho capito subito che se ne sono andati insieme… lo hanno capito anche i muri, veramente! ma tuo nipote è sempre stato un uomo onesto, non preoccuparti, si sono già sposati…e quindi, ora, io non posso certo oppormi ad un’unione santificata. Anche perché, sarebbe del tutto inutile… Ma parliamo di questioni più urgenti! Ce la farai, Alain, a portare fino a Parigi questo peso?”
“Farò del mio meglio, Madame”.
E Alain salì sul suo cavallo, sistemò come meglio poteva quello strano bagaglio, e stava per salutare le due donne, quando fu avvicinato dalla dama, che gli disse, porgendogli un sacchettino:
“Questo è da parte mia, per mia figlia e suo marito…”
E poi, dandogli un sacchetto più piccolo:
“E questo è per te, Alain”.
“Oh no, Madame, io non posso accettare…”
“No, devi. Prendili, Alain, per sancire un giuramento che ti chiedo di fare ora…promettimi che quando potrai, quando sarà tutto più calmo, li convincerai a venire qui, così che io e quella povera vecchia, prima di morire, li possiamo vedere, anche da lontano, per un’ultima volta.”
“Farò del mio meglio, Madame”, mormorò di nuovo l’ex soldato, mentre finalmente gli occhi della Signora si riempivano di lacrime.
 
 
     Arrivò di fronte la porta della casa dei novelli sposi che era già tardo pomeriggio. Il mal di testa era cresciuto in maniera esponenziale, e desiderava solo andare a dormire e dimenticare una volta e per tutte quella lunga giornata e quell’ “Oscar e Andrè 12 Ottobre 1765” che gli si era impresso a fuoco nella testa. Ma la sua missione non era ancora terminata. Bussò con tutta la forza che gli era rimasta: subito dopo Andrè aprì la porta, lo sguardo puntato in lontananza.
“Sono…”
“Lo so che sei Alain, solo tu potevi bussare in questo modo! Alain, amico… sto diventando cieco, mica sordo! Entra, forza! Ti stavamo aspettando.”
La casa era veramente piccola, e già dalla porta Alain poteva vedere che Oscar era seduta al tavolo, con una tazza fumante in mano, e non si decideva a berne il contenuto.
“Alain, bentornato! Siediti… come è andata la missione? Immagino avrai fame… Andrè, ci pensi tu? Se vuoi, Alain, io ti posso offrire un po’ di questo intruglio disgustoso che il tuo compare qui mi deve far bere a tutti i costi!”
“Oscar, mi fai saltare i nervi quando fai la bambina! È per il tuo bene, “quell’intruglio disgustoso!”
“Si, lo so, Andrè…ma è vomitevole lo stesso!”
Alain li osservava, in quella che per lui era una dimensione nuova, ma che loro avevano già vissuto, sotto altre forme…in fondo, aveva vissuto sotto lo stesso tetto.
Spezzò il silenzio, il gigante buono, e disse:
“Andrè, non ti facevo così chioccia! Ma ora, posso dire di sapere da chi hai preso…ragazzi, questo ve lo manda Nanny”.
E posò sul tavolo il fardello che si portava dietro dalla mattina.
“Oh, la mia cara Balia… non cambierà mai! Immagino che avrà inveito spudoratamente contro mio marito!”
“E non solo contro di lui…vi ha definiti entrambi “Testoni”. Tua madre, invece…” Oscar si immobilizza, anche Andrè si blocca.
“C’era anche mia madre…e come…non le ho scritto, io non pensavo che lei…”.
“è una grande donna. Vi manda questo… e la sua benedizione per il vostro matrimonio.”
“Oh…io…”
E l’ex comandante non sa più che dire. Si perde per un attimo, ma viene risollevata dalla voce del marito.
“Grazie per tutto quello che hai fatto per noi, Alain.”
“Dovere, questo e altro per te e il Comandante”.
“Dovrò abituarmi al fatto che mi chiamerai sempre così, vero? Bene, soldato De Soissone… spero che accetterete di buon grado la modesta cena che il soldato Grandier sta faticando a preparare!”
“No, grazie, veramente. Preferisco andare a casa…”
“Alain, ma…”
“No, Andrè, ti ringrazio. Non mancheranno certo occasioni! E comunque… tua moglie lo deve ancora bere, quell’intruglio!”
 
Alain si chiuse la porta alla spalle, Oscar mando giù quell’orrendo intruglio tutto d’un fiato, e il fagotto di Nanny continuava a troneggiare nella piccola cucina.
“Oscar, che dici… dovremmo aprirlo, non ti pare?”
“Sì, Andrè… vieni qui, accanto a me…non so perché, ma ho quasi timore…”
“Eccomi. Forza, apri e dimmi cosa c’è”.
In superficie, le cose più ovvie:
“Ci sono le tue camicie, e le mie… e pantaloni… tu guarda! È riuscita anche a piegare due camicie da notte! Come a fatto a comprimere tutto così? Un lenzuolo, e… c’è… c’è un vestito…un vestito…”
“Oscar, l’ho capito…com’è questo vestito che ti turba tanto? È quello…[1]
“Oh, ma no Andrè, che dici! È per me, anzi dovrebbe, ma è… è… è un vestito prèmaman, Andrè”.
“La nonna! Non si smentisce mai”.
“Già…e poi…c’è una lettera, Andrè”.
 
Che modi, scappare via così! Ma vi so insieme, marito e moglie, e non so se piangere o ridere di questo. Troverete quello che credo vi sia immediatamente necessario, e anche qualcos’altro.
Bambina mia, io non ho potuto portarti il brodo, dopo la tua prima notte di nozze… spero che, se un giorno indosserai quel vestito, tu ti possa ricordare di me.
Quanto a te, nipote… abbi cura di Oscar, falla sempre felice, riguardati e sappi che sono sempre stata orgogliosa di te.
Vi voglio bene, ve ne vorrò sempre.
Vostra nonna.
 
p.s. è tutto quello che ho…non è molto, ma vi potrà essere utile…io, ormai, non so più che farmene.
 
“A cosa si riferiva, Oscar?”
“C’è un sacchetto, Andrè…e ci sono dei soldi…e…ma è pazzesco! Ci sono anche delle provviste…oh, cara, cara Nanny…”
L’animo da soldato riaffiora in Oscar quando meno se lo aspetta. E la donna spezza la commozione del momento con un’osservazione pratica:
“Bene…direi che possiamo stare tranquilli, per un po’…”
“Oscar?”
“Sì, Andrè?”
“Devi aprire anche il sacchetto di tua madre…”
“Mi sento in colpa, Andrè… potevo scriverle…e solo che…”
“Non ha senso angustiarsi così, ora. Non ti fa bene, Oscar…”.
“Ad ogni modo…ci sono anche qui dei soldi e un biglietto…”
 
   Cara Oscar, Caro Andrè,
 ho scritto questo biglietto subito dopo che vi ho visti partire, perché sapevo che non sareste più tornati.
Non è che una piccolissima  parte di quello che ti sarebbe spettato come dote, Oscar, ma so che ti basterà per vivere come hai scelto, con accanto l’unico uomo che ti può amare come tu vuoi.
Figlia mia, non dimenticarti mai di me: ti ho amata sopra ogni altra cosa, anche se forse non sono riuscita a dimostrartelo.
Andrè, dal momento stesso in cui ti ho visto per la prima volta il mio cuore di madre ha capito che saresti stato l’unico a renderla felice.
Con amore immenso, Marguerite.
 


[1] Embè, non lo avrebbe perdonato mai alla cara nonna se fosse stato “quel” vestito!
  
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