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Autore: itsmemarss    19/01/2012    3 recensioni
Allie ha solo diciassette anni, quando il mondo cade nel caos più totale. Orde di morti cominciano a risvegliarsi e pare che ci sia solo una possibilità per salvarsi: scappare. Ma quando anche l'ultima speranza sembra scomparire, non resta che combattere. E' così che incontrerà Marcus, Jack e altri strambi personaggi che le cambieranno la vita, dandole la speranza che forse al mondo c'è ancora qualcosa per cui vale la pena vivere: l'amore.
Genere: Avventura, Romantico, Thriller | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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04
 


L’oscurità che mi avvolgeva si diradò velocemente, così come la sensazione confortante di essere al sicuro. Presto il nero lasciò spazio al grigio, fino a una fastidiosa sfumatura di bianco acceso. Tutto intorno a me divenne così… luminoso. Troppo. Era come se avessero acceso tutte le luci di questo mondo e le avessero puntate su di me.
Mi alzai da terra, dov’ero rannicchiata in posizione fetale, e cominciai a guardarmi intorno. Le sagome che iniziavano a tracciarsi sempre più a ogni battito di ciglia erano degli alberi, dei cespugli… mi trovavo in un bosco, ma come c’ero finita?
Poi un rumore attirò la mia attenzione. Si trattava di un grattare sordo, come di unghie sulla lavagna. O di piccoli denti al lavoro. Poteva trattarsi di uno scoiattolo come di un coniglio. Eppure sembrava… diverso.
Dovevo vederci chiaro, così mi avvicinai alla fonte: un grande cespuglio di rovi e bacche rosse, come il sangue. Arrivata abbastanza vicina, notai una figura umana rannicchiata intorno a qualcosa.
Quando scostai le fronde scure per vedere meglio, mi trattenni a stento dall’urlare. Mi tappai la bocca con entrambe le mani e lasciai andare le foglie con calma, una alla volta, attenta a non farle frusciare tra di loro. O quella cosa, qualunque fosse il suo nome, mi avrebbe sentito.
L’essere aveva le sembianze di una bambina, ma i tratti del suo viso… i suoi occhi… non erano normali. La foga con la quale stava addentando la mano del cadavere non lo era. Il vestito giallo era macchiato di sangue e strappato alle estremità. Come se si fosse impigliato nella fuga… o nella caccia.
No, quella cosa non era umana.
Indietreggiai piano, un passo dopo l’altro, poi non ce la feci più e cominciai a correre. Con tutte le mie forze.
La scena era ancora impressa nella mia mente, ma non riuscivo a credere a quello che avevo appena visto. Forse avevo avuto le allucinazioni.
Rallentai, davanti alla certezza di quella possibilità. D’altronde mi ero svegliata sul prato. Questo poteva voler dire che ero svenuta… ecco, sì doveva essere andata proprio così. Per forza.
Alla fine mi fermai e mi guardai indietro. Non mi aveva seguito. Ero da sola, ora.
Poi il rumore di un ramo spezzato mi fece ricredere. Mi voltai lentamente e questa volta non ce la feci a trattenermi. Urlai con quanto fiato avevo in corpo, come se ne andasse della mia vita.
Perché davanti ai miei occhi si stavano radunando sempre più sagome insanguinate e zoppicanti: una donna con la mascella penzolante, un uomo con un grosso sguarcio nel petto che però ancora camminava. E avrei potuto continuare a guardare, se il panico non mi avesse fatto ritrovare il coraggio di scappare.
Corsi ancora e ancora. Non riuscivo a fare altro. Non potevo che fare quello. Perché mi stavano raggiungendo. Sentivo i loro passi alle mie spalle. I loro lamenti nell’eco della foresta. Presto mi avrebbero preso, avvinghiato con quelle loro dita sudice e marce, morso con foga fino alle ossa.
Mi avrebbero mangiato viva.
 
Aprii gli occhi di scatto, tornando alla realtà. Avevo ancora il fiatone e la sensazione delle loro mani su di me. Continuavo a ripetermi che era stato solo un sogno, un incubo, ma la pelle d’oca stentava comunque ad andarsene.
Sentii un fruscio nel buio e la mia mano corse alla mazza da baseball sotto il cuscino. Strinsi più forte il manico, saggiando la durezza del legno sotto le mie dita.
Poi scattai in avanti, pronta a colpire chiunque ci fosse, nascosto nel buio. Scesi dal divano in punta di piedi, ma inciampai nella figura rannicchiata sul pavimento. Cercai di urlare, mentre due grosse mani mi afferravano per le spalle, cercando d’immobilizarmi a terra. Nel frattempo mi era sfuggita di mano l’unica arma a mia disposizione.
<< Hei, hei. Allie. Sono io, ma che accidenti… >> biascicò una voce maschile, resa leggermente nasale dalla sorpresa. Lentamente aprii un occhio, poi l’altro, ormai consapevole di aver fatto una figuraccia. Quello che avevo davanti, infatti, era il viso assonnato e un po’ confuso di Marcus, non certo di un Errante affamato di carne umana.
Ops.
Presa com’ero dalla situazione, non mi accorsi di quanto vicini eravamo. Potevo chiaramente sentire il soffio del suo respiro sulle mie guancie, ma in quel momento non ci pensai poi molto. Tutta la mia attenzione era riservata alla ricerca di un modo per calmare i battiti del mio cuore, che minacciava di uscirmi dal petto. Ero quasi morta di paura e queste erano le conseguenze. Nemmeno lui, però, sembrò avere fretta di mettere fine a quell’impercettibile vicinanza. Le sue mani, d’altronde, erano ancora strette intorno alle mie braccia.
<< S-scusa. Ho sentito un rumore e… >> cercai di dire, arrossendo nell’oscurità della stanza. L’afflusso di sangue alle mie guance era un riflesso incontrollato e irreversibile da sempre. Ogni qual volta che mi trovavo in una situazione imbarazzante, la mia faccia assumeva un colorito rosso pomodoro – o semaforo secondo la luce. Più io cercavo di evitarlo e più l’effetto persisteva.
Marcus sembrò capire al volo cosa mi passasse per la testa, perché annuì e disse: << Brutto sogno, eh? >> Poi con movimenti cauti si tirò su, porgendomi la mano per aiutarmi. Nel frattempo mi ero appoggiata sui gomiti, ormai libera dal peso del suo corpo su di me. Ero vagamente dispiaciuta dalla perdita di quel contatto fisico, che in qualche modo era riuscito a rassicurarmi almeno un po’.
Asserii e fui sul punto di accettare il suo gesto di galanteria, quando un rumore secco eccheggiò fuori dalla porta. Entrambi ci bloccammò, drizzando le orecchie. Quel suono non presagiva nulla di buono.

   
 
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