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Autore: Aya_Brea    23/01/2012    7 recensioni
"La figura alta ed imponente di Gin era ferma affianco al letto della piccola scienziata, teneva le mani infilate nelle tasche dell’impermeabile ed i suoi lunghi capelli d’oro seguivano la direzione del vento. Dal suo viso imperturbabile non trapelava alcuna emozione, ombreggiato com’era, dall’argentea luce lunare. I suoi occhi verdi brillavano come quelli di un felino."
Genere: Malinconico, Sentimentale, Suspence | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Ai Haibara/Shiho Miyano, Altro Personaggio, Gin, Shinichi Kudo/Conan Edogawa, Un po' tutti | Coppie: Shiho Miyano/Ai Haibara
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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"Quando sei sicuro della tua scelta, è il momento di cambiarla."







Gin sembrava non curarsi affatto della pioggia che gli bagnava il cappello e parte dei lunghi capelli biondi; i suoi occhi verdastri fissavano quella piccola ragazzina che un tempo aveva avuto le sembianze di Shiho, l’affascinante ragazza del laboratorio. Sentì alcuni passi alle sue spalle: si trattava di Vodka, il suo fedele compagno di scorribande. Era un uomo robusto, tarchiato e dai modi che avrebbero potuto urtare i nervi di chiunque.
“Capo, è lei?”
“La riconoscerei fra mille.” Si limitò a rispondere il biondo. Mal tollerava l’atteggiamento smanioso e petulante di Vodka, anche perché al contrario di lui, egli incarnava perfettamente l’ideale dell’abile cecchino: freddo, meticoloso e capace di pazientare, di aspettare per ore, giorni e perfino settimane. Finalmente avrebbe potuto rivedere il visino triste della sua piccola Sherry. Avanzò con le mani in tasca, non prima di aver rivolto il capo verso Vodka.
“Aspettami qui. Tienila sott’occhio e se tenta di scappare sparale.”
Shiho si sentì gelare il sangue nelle vene: i suoi occhioni colmi di lacrime osservavano l’uomo che avanzava lentamente sotto la pioggia battente.
“Sherry, finalmente ci incontriamo di nuovo.” Gin arrivò di fronte a quella bambina, così piccola e abbattuta, col vestitino intriso di quella pioggia sporca e fredda. La vide indietreggiare a terra, terrorizzata e spaurita come un animaletto: ma un animaletto capace di mordere, se messo alle strette.
“Gin, lasciami in pace. E soprattutto lascia in pace le persone che mi sono attorno e a cui voglio bene. Se devi dirmi qualcosa evita questi mezzucci da vigliacco.” Shiho si stupì della forza con cui gli sputò quelle parole in faccia. I loro sguardi si incrociarono ancora una volta, ma negli occhi di quell’uomo lei non scorse ostilità: soltanto il gelo della sua anima, la cattiveria di un paio di pupille asettiche.
“Risparmiati questi discorsi da persona comune, bellezza.” In quel momento lui tese la mano per aiutarla a rialzarsi, ma la ragazzina si sollevò da terra senza il suo aiuto. Provava ribrezzo ed odio, non voleva neanche sfiorarlo.
“Dimmi che diavolo vuoi e vattene, esci dalla mia vita.” Shiho fu secca, fredda e spietata, proprio come lui. Non vide altre alternative per potersi rivolgere a quel criminale.
Gin si inumidì le labbra e trasse un sospiro molto lieve, quasi seccato. “Smettila di comportarti come se fossi in grado di stringere dei legami duraturi e amichevoli con qualcuno.” Portò un ginocchio a terra, in modo da mettersi alla stessa altezza di Shiho. Lei fu come pietrificata: lo aveva a pochi centimetri dal suo corpo, ne sentiva l’odore, un misto fra il naturale profumo della sua pelle e il sentore fastidioso del fumo di sigaretta.
“Io e te siamo così uguali.” Proferì lui sottovoce.
A quell’affermazione Shiho assunse un’espressione contrariata. “Non è vero.”
“Sei sola, sei cinica e calcolatrice.”
“Io non sono sola.” Ribattè lei, il cui tono cominciava a scaldarsi.
“Ti illudi di non esserlo, eppure se non lo fossi stata, ora non saresti qui a parlare con me.”
Ai non voleva dargli la soddisfazione di aver centrato in pieno, così rispose immediatamente dopo di lui. “Cosa ti serve? Perché mi perseguiti?”
Gin si prese del tempo per poterle rispondere. “Il Boss rivuole il gioiellino più prezioso dell’Organizzazione. Devi tornare al tuo laboratorio.”
Shiho trasalì e quasi d’istinto fu portata ad indietreggiare per non continuare a sostenere lo sguardo di Gin. Dio, non se ne parlava affatto. Non sarebbe mai tornata lì dentro, in quel loculo buio e sudicio, lontano dal mondo, da tutti e da tutto. La vita monotona della scuola le piaceva, ma soprattutto si trovava bene con Ayumi e gli altri, con Conan. Già, Conan. Cosa gli avrebbe raccontato se tutto d’un tratto avesse abbandonato la vita di Ai per potersi rinchiudere in quella prigione sotterranea?
“Non mi avrete più.”
“Sherry, cara. Dietro di me c’è un uomo armato, anche io ho una Glock 17 nell’impermeabile. Non costringermi a sprecare munizioni. Ti sto facendo un favore.”
Ma Shiho non voleva più continuare quella dannata conversazione e così compì uno scatto per potersi liberare da quel maledetto demone: Gin con la rapidità che lo contraddistingueva la afferrò per un polso e ciò non fu difficile, era piuttosto deboluccia. La tirò a sé e la piccola poté sentire un paio di proiettili sibilare al suo fianco, fendere l’aria con velocità: Vodka aveva eseguito l’ordine richiesto. Ai tremò: quella situazione stava mettendo a dura prova il suo equilibrio mentale, era talmente terrorizzata che le venne spontaneo afferrare i lembi dell’impermeabile di Gin e cercare riparo dietro al suo corpo possente. Sprofondò il viso contro di lui.
Il silenzio calò fra i due, Gin non proferì una parola. Shiho abbandonò debolmente quella presa che inizialmente era stata così salda. Alla fine fu lui a rompere il ghiaccio e a far crollare finalmente quell’imbarazzante situazione. “Dunque Sherry. Tu torni nella nostra Organizzazione e mi consegni quel che ci appartiene di diritto, intesi? E così, nessuno si farà male, compreso quel moccioso con gli occhiali che si spaccia per un tuo fedele amico.”
Quando la ragazza udì quelle parole, il suo sguardo balenò sul volto di Gin. Quel che apparteneva a loro di diritto? Ma come faceva l’Organizzazione a sapere di quel progetto che segretamente portava avanti da qualche mese? Fu disgustata, si sentì irrimediabilmente tradita, nuda di fronte a quell’uomo, debole e priva di qualsiasi protezione. Sapevano tutto di lei, l’avevano pedinata. Un fuoco le accaldò le guance e lei sprofondò nel più totale imbarazzo.
“Come fate a sapere dell’antidoto?”
Sul volto di Gin si dipinse un sorrisino malizioso. “Sta tranquilla, non abbiamo sbirciato anche nei camerini.” Shiho deglutì e fu costretta nuovamente ad indietreggiare. “Anche se un tempo, l’idea di spiare Shiho Miyano non mi sarebbe dispiaciuta.”
“Fai schifo.” Borbottò lei con amara rassegnazione.
Gin infilò le mani in tasca e sollevò il capo per guardare il cielo nero che pian piano si era sgomberato di quelle nuvole cupe e grigie: si stavano pian piano diradando, lasciando intravedere lo spicchio di una pallida luna piena.
“Ha smesso di piovere. Forse è un segno. Buonanotte Sherry, pensa a quello che ti ho detto.”
Così come si era avvicinato, quell’uomo si allontanò. Era un’ombra che ogni qualvolta sembrava risvegliare i suoi desideri più nascosti, che sapeva come mettere in luce le sue debolezze e le sue paure. Era sicura che se ne avesse parlato con Conan egli avrebbe trovato una soluzione per scardinare le fondamenta dell’Organizzazione, eppure lei era altrettanto convinta che non avrebbe parlato. Nel silenzio riusciva ad  intravedere la salvezza. Aveva paura di Gin, e quel sentimento di angoscia l’avrebbe fermata. Le tremavano ancora le gambe.
 
 
Il giorno dopo Ai dovette svegliarsi di buona lena e anche piuttosto presto, dal momento che aveva lezione. Non voleva assolutamente incrociare Conan né tantomeno dare spiegazioni delle occhiaie scure che le segnavano il volto. Quei tre ragazzini l’avrebbero tempestata di domande inutili e decisamente fuori luogo. Prima di uscire di casa frugò fra gli scaffali, poi nel baule dove teneva i suoi libri e i suoi preziosi appunti e ne tirò fuori una provetta dal liquido violaceo. La infilò nella cartella, prima di essersela rigirata fra le mani. Doveva portare quel campione sempre con sé, qualsiasi cosa fosse successa.
La giornata scolastica procedette normalmente e Ai si stupiva di come la sua vita fosse diventata un’alternanza fra attimi di puro terrore e momenti di stasi e noia. A ricreazione gli alunni si erano riversati nel giardino sul retro e fra le loro grida e urla di felicità, lei preferì restarsene in classe a meditare su quanto era accaduto. Invidiava i bambini “veri” che non avevano ancora sofferenze da patire e problemi a cui pensare: lei invece era una bimba con tutte le responsabilità di una ragazza ormai matura ed adulta. Conan continuava a non rivolgerle la parola ma tramite Ayumi era venuta a conoscenza delle condizioni di salute di Ran: stava bene, ma quel che la affannava di più era il peso psicologico che quell’esperienza le aveva lasciato. Sarebbe stata una ferita che avrebbe portato per sempre nel cuore.
“Ai, stai bene?” Ayumi le poggiò una mano sulla spalla, vedendola solitaria, starsene seduta al suo banco. Ella sorrise, seppur con un velo di tristezza. “Si, sto bene. Non preoccuparti. Perché non fai ricreazione con tutti gli altri?”
“Potrei farti la stessa domanda.” La bimba si strinse nelle spalle. “Conan è arrabbiato da stamattina.”
“Come mai?”
“Non lo so, non vuole parlarmene. Non è che ce l’ha con noi?” Disse lei, preoccupata. Che carina, pensò Ai.
“No, figurati. Può capitare a tutti di avere questi momenti. Vedrai che gli passerà.” Si alzò in piedi. “Vado al bagno.” Ayumi annuì: la classe era completamente vuota e attraverso i vetri della finestra poté scorgere il campetto di calcio dove Conan stava facendo qualche tiro con gli altri. Quando avanzò fra i banchi, la sua attenzione venne però attratta da un altro misterioso particolare che brillava nella cartella di Ai: inizialmente il senso di colpa prevalse, ma ben presto la curiosità si impadronì dell’animo della piccola, che cominciò a frugare lì dentro. Dai fogli e dalle matite, ne trasse la provetta che ella aveva portato con sé.
L’improvviso ritorno di Ai la fece rinsavire, ma ormai non poteva più far nulla e così se la mise in tasca, sperando che non se ne rendesse conto. ‘Cavolo! Ed ora? Se si accorge che l’ho rubata non mi perdonerà mai. Forse… forse è meglio parlarne con Conan.’
E infatti, così fece. Al termine delle lezioni ella raggiunse Conan e lo fermò per un polso, delicatamente. “Ehi Conan, aspetta. Ho bisogno di parlarti di una cosa importante.” Sottolineò.
“Ayumi, dimmi.”
La ragazzina non seppe da dove cominciare, cercò di racimolare brevemente poche parole per fargli capire come stavano le cose. “E poi ho trovato questa nella sua cartella.” Conan la osservava mentre si toglieva lo zaino dalle spalle: era chinata a terra e frugava vigorosamente fra i libri. “Oh no.”
“Cosa? Che c’è?” Il detective le si avvicinò e con suo sgomento si rese conto che la provetta era rimasta aperta e il suo contenuto si era riversato interamente sul fondo di quello zainetto.
“Oh no!” Ripeté lei. “No, non ci voleva!” Già, non ci voleva proprio. Conan osservò attentamente quel sottile involucro in vetro e seppur fosse vuoto, alcune goccioline violacee sembravano essere rimaste aggrappate alle superficie. “Quindi è come se Ai le stesse facendo la guardia, giusto?”
“Si, proprio così.” Il piccoletto dagli occhiali troppo grandi accompagnò la sua compagna fino alla porta di casa, poi si rimise nuovamente sui suoi passi. Perché da quando era piombato Gin nelle loro vite, Ai sembrava nascondere sempre qualcosa? Perché avevano ridotto Ran in quello stato? Ma soprattutto, cosa diavolo era quella provetta che Haibara custodiva così gelosamente nella sua cartella?
 
 
 
 
Corse velocemente le scale, col fiato sospeso e il cuore che le schizzava in gola. ‘Dove diavolo è?’ Shiho mise sottosopra la sua stanza, qualsiasi cosa che le capitava sottomano ripiombava a terra con violenza: libri, fogli accartocciati, penne e cianfrusaglie. Aveva perso quel campione, sperava che le fosse scivolato e che il suo contenuto fosse andato perduto ma non poteva permettersi di aver perso anche il secondo esperimento. Entrambi costituivano una variante di quello originale e non aveva la più pallida idea di quale funzionasse. Ormai, avrebbe potuto contare soltanto sull’unico rimastole. Si sarebbe affidata al sadico gioco del caso.
Fortunatamente si ricordò dove aveva nascosto l’altra provetta e le bastò semplicemente appurare se la sua memoria avesse colto nel segno. Dall’armadietto sulla sua scrivania tirò fuori una scatolina in cartone, la quale al suo interno celava quella misteriosa sostanza, morbidamente adagiata fra un cumulo di ovatta. “Eccoti qui.” Sussurrò: la sollevò dal suo “letto” come se fosse qualcosa di estremamente prezioso. Le restavano soltanto due possibilità, ora. Era come un’arma a doppio taglio. Se l’avesse usata, avrebbe rischiato la vita, se non l’avesse fatto, probabilmente avrebbe dovuto piegarsi ai voleri di Gin. Cosa doveva scegliere? Improvvisamente squillò il telefono e la sua schiena fu percorsa da un tremito momentaneo.
“Si? Pronto, chi parla?”
“Ai. Sono Conan.”
“Oh sei tu.” Voleva forse scusarsi con lei?
“Ti va se ci incontriamo al parco verso le sette? Dovrei chiederti alcune cose.”
Un sentore di ansia la avvolse. “Qualsiasi cosa si tratti, va bene.”
“A più tardi.”
Proprio nel momento in cui Conan attaccò la cornetta, Shiho si convinse che non avrebbe aspettato altro che quel momento: voleva riappacificarsi con lui, voleva semplicemente avere qualcuno di “umano” con cui parlare e sfogarsi. Ogni qualvolta le riveniva in mente Gin, non poteva evitare di sentirsi addosso quell’odore di fumo e quel brivido gelido lungo la colonna vertebrale. Il tempo trascorse in fretta, le sette erano scoccate da un pezzo ma lei era già presso il parchetto con largo anticipo. Ormai era sera e non c’era molta gente. Diede un lungo sguardo al paesaggio che la circondava: alberi dalle fronde gonfie creavano una coltre sopra di lei, sentiva ancora il fresco profumo dell’erba tagliata da poco. Le sue scarpette facevano degli strani rumori sulla ghiaia della stradina, poi ne sentì degli altri provenire alle sue spalle.
“Ai.”
“Conan, ciao.” La ragazza si voltò e trasse un sospiro. “Mi dispiace.”
“Perché non mi hai detto che stai lavorando all’antidoto per l’APTX?”
Gli occhi di Shiho si spalancarono rivelando un paio di pupille cerulee e brillanti. “Ma che stai dicendo?”
“L’hai detto tu stessa che non puoi nascondermi niente.” Il viso di Conan era terribilmente serio, la sua espressione tradiva il rancore e la rabbia che provava nei suoi confronti.
Ai sentì di non poterlo più prendere per i fondelli: doveva porre la parola FINE a quella stupida scenetta teatrale. Il tempo dei giochi era finito da tempo.
“Ebbene si, ho realizzato un prototipo dell’antidoto, non so se funzioni, ed è per questo che non te ne ho mai parlato.”
“Avresti dovuto farlo invece. Per colpa tua Ran ha rischiato la vita e tu te ne vai allegramente in giro con la provetta di quell’esperimento in cartella.” 
Ran. Ancora quel nome. Stramaledetta Ran. Le sembrò che una sorta di muro in cemento si fosse frapposto fra loro due. Strinse i pugni con forza, le unghie le ferirono quasi i palmi delle mani.
“Ma perché non ti fermi un attimo e cerchi di capire quello che provo?” Ai sentiva di esplodere, quelle parole uscirono dalle sue labbra con un tremolio che preludeva delle lacrime disperate. “Perché hai sempre Ran in quella tua dannata testa?”
Conan deglutì: fu colto alla sprovvista. “Ma che stai dicendo?”
“Per tutti questi mesi ho cercato di aiutarti lavorando a quell’antidoto, eppure quando il progetto era finalmente concluso mi assalì un terribile senso di angoscia e di solitudine. Se quella soluzione avesse finalmente funzionato, tu saresti tornato nuovamente Shinichi e…” Si portò il dorso della mano contro la guancia su cui scorreva una timida lacrima. “Mi avresti abbandonata per sempre, saresti tornato con Ran e la magia dei giovani Detective sarebbe finita per sempre nella tomba, assieme ad Ai.” I singhiozzi le impedivano di parlare ora. Conan schiuse le labbra.
“Ai. Non so cosa dire, avremmo potuto parlarne”
“Non sarebbe cambiato nulla. Volevo posticipare questo momento e godermi ancora un piccolo sprazzo di felicità, ma a quanto pare devo rinunciare. Mi piaceva quest’atmosfera da favola.” Il piccolo cercò di avvicinarsi per appoggiarle una mano sulla spalla, ma lei si scansò. “Ma adesso ho capito, finalmente l’ho capito. Mi dispiace Conan, spero che tu potrai.. perdonarmi.” Il giovane detective la vide scappare via, lui era rimasto pietrificato da quel che aveva appena detto. Non capì bene. Doveva aiutarla, era sicuro che in quella questione fosse coinvolto anche Gin.
 
Shiho correva verso casa: aveva fatto troppi sbagli, troppi errori. Ora, doveva soltanto prendersi la responsabilità delle sue azioni. La scelta era stata presa ed era un punto di non ritorno.










Eccoci qui, il faticato quarto capitolo! :) Allora, vi è piaciuto?! Avete visto che bello Gin? Ahahahaha, povera Ai, Conan è decisamente un tonno u.u 
Vi ringrazio tutti miei cari lettori, specialmente coloro che fino ad ora mi hanno fatto tanti complimenti *-* In primis saluto Iman (HAI VISTO CHE SCEMOOOOO SHINICHI?!?! OH U.U), poi la Mojuzza cara mia <3, Alice e Lisa se leggeranno XD e poi coloro che hanno commentato lo scorso chappyyyy, ovvero:
Yume98, _Flami_, Evelyn13, ringrazio davvero di cuore coloro che la hanno nelle seguite, ChibyRoby, I_Am_She, Kuroshiro, Layla Serizawa, Red Fox, Spencer Tita, Violetta_, Yume98, _Flami_ e ancora chi l'ha inserita nelle preferite *-* Cioè I_Am_She, Shinku Rozen Maiden, chyo *_* Siete tutti fantasticiiiiiii!
Dimenticavo, grazie I_Am_She per avermi inserita nei tuoi autori preferiti. <3 troppo buona. Grazie a tutti *_*
Al prossimo disarmante capitolo u.u 
Byeeeeeeeeeeeee <3
  
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