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Autore: MaTiSsE    24/01/2012    3 recensioni
Blue è la storia di un ragazzino taciturno, disilluso e troppo solo. E del suo amore instabile.
E' la storia di una giovane apparentemente ribelle. In realtà, solo enormemente spaventata dal mondo di fuori.
E' la storia, ancora, di due fratelli troppo orgogliosi per ammettere quanto gli manchi la propria famiglia.
Blue è la storia, infine, di Valentino, Marzio ed Angelica. Tre giovani con una passione immensa da condividere: quella per la musica.
DAL CAPITOLO 2:
"Non voglio mai più vedere quel tipo in tutta la mia vita" aveva commentato Angelica con convinzione.
Certo.
Peccato avesse fatto i conti soltanto con la propria volontà tralasciando il destino.
Poiché quel tipo, viceversa, lo incontrò di nuovo appena il lunedì successivo.
E fu proprio in quel giorno che scoprì il suo nome aggraziato, un nome che tanto si scontrava con il carattere ribelle e burrascoso di lui, giacché il ragazzino in questione si chiamava Valentino.
Valentino Ferreri.
[MOMENTANEAMENTE SOSPESA]
Genere: Generale, Malinconico, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
Capitoli:
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nuova storia valentino

BLUE










Settembre 1988









"Valentino Ferreri... Dove sei, benedetto bambino?!"



La voce della maestra gli arrivò stridula ed esasperata. Più del solito.
Valentino pensò di trovarsi sempre al solito posto, nella solita aula. Incassato tra il suo compagno di banco grassoccio - che detestava - ed il muro sbilenco, nell'angolo più scomodo ed in ombra dell'intera classe.
L'angolo che piaceva di più a lui, in altre parole.

E dunque, se non si era mai spostato di lì, perché l'insegnante sbraitava tanto per cercarlo?



"Sono qui." - Alzò la mano per farsi vedere, controvoglia. Avrebbe dovuto aggiungere un più educato "signora maestra" alla fine della frase ma non vi riuscì. Detestava l'idea di padronanza che usciva fuori da quell'appellativo. Nonostante i suoi dieci anni non ancora compiuti, Valentino aveva già compreso il senso della parola "libertà" e non c'era atro che desiderasse dalla sua vita di bambino che badare esclusivamente a se stesso, senza l'aiuto o - meglio - l'intromissione altrui. Peccato che nessuno glielo consentisse, né in famiglia, né a scuola.


"Sei lì, eh..."
"Dove sono sempre..." - Si giustificò. Qualcuno rise e la maestra s'irrigidì ulteriormente.
"E da lì non ti muoverai, allora finché non mi avrai spiegato il senso di questo compito!"


Un foglio ripiegatò in quattro parti, in maniera particolarmente precisa, sbatté più vote sul ripiano della cattedra, vittima non voluta dell'esasperazione dell'insegnante. In quel foglio Valentino riconobbe il proprio compito di italiano, quello svolto appena qualche giorno prima. Non gli fu difficile del resto: il bordo era ripiegato e stropicciato, poteva vedero anche da quella distanza. Annoiato dalla necessità di dover attendere che anche il resto della classe terminasse di svolgere il proprio tema prima di consegnare il suo, infatti, Valentino aveva preso a giocherellare con quel foglio col risultato di rovinarne l'intera parte superiore.


"Che cos'ha il compito che non va?" - Domandò con una scrollata di spalle. Era proprio quella sua aria indifferente che l'insegnante non tollerava: le dava sempre l'idea di doversi confrontare con un adulto piuttosto che con un semplice alunno di dieci anni. Sempre troppo taciturno, in confronto ai coetanei ciarlieri e chiassosi, quando poi priva bocca Valentino sapeva essere pungente, a tratti arrabbiato. Nei suoi occhi era facile scorgere un'ombra perenne cui la maestra non era mai stata in grado di dare una spiegazione valida. In fondo la vita di Valentino era quella di un ragazzino normale: una famiglia tranquilla, un fratellino più piccolo che gli era sufficientemente legato. Una vita comune da bambino comune, insomma.
E allora perché?


D'un tratto, la donna si stancò di pensarci: quel ragazzino costituiva un vero e proprio rompicapo e lei aveva poca pazienza per gli enigmi. Molto meglio - e molto più facile - rimproverarlo come avrebbe fatto con un qualunque altro alunno.



"Come che cos'ha?! Valentino, vi avevo chiesto di scrivere cosa vorreste fare da grandi! E tu invece..."
"Io l'ho scritto!" - Si giustificò
"Ma questo non è un tema! Mi hai riportato una frase appena e dopo... il vuoto! Come dovrei giudicare questo scempio, secondo te?"



Valentino ci pensò un po' su.
Poi rispose:


"Non avevo nient'altro da dire, maestra."
"Nient'altro?" - La donna sgranò gli occhi.

"No. Io voglio fare il musicista da grande. Cos'altro avrei dovuto spiegare ancora?"
"Il motivo di questa scelta, magari?" - Continuò l'insegnante con tono ironico. Nella classe, nel mentre, nessuno tra gli altri bambini fiatò: il dialogo tra Valentino e la sua maestra si era fatto troppo interessante per intervenire, persino con una piccola risatina.
Inoltre, la maestra era evidentemente nervosa: chiacchierare, in quel momento, o commettere qualsiasi altro tipo di sciocchezza avrebbe significato sfida aperta.
Ed in quel caso nessuno sarebbe sfuggito ad un'esemplare punizione, ovviamente.



"Non c'è un motivo." - La voce di Valentino, dopo poco, risuonò chiara nell'aula silenziosa. Il suo tono risoluto era quasi commovente.  - "..E' così e basta. Sono nato per fare quello."




A quel punto, la signorina Laura abbassò gli occhi sul compito, sconfitta.
Quindi, rilesse l'unica frase con la quale Valentino aveva riempito quel foglio, usando la sua calligrafia spigolosa:




"Da grande voglio essere un musicista. Sono nato per farlo."




Ed allora sospirò: non si era smosso di una virgola neppure nel momento in cui aveva deciso di affrontarlo direttamente.
La risposta che le aveva fornito era esattamente la medesima che aveva riportato su quel foglio.
Inutile farlo ragionare quindi, non avrebbe cambiato idea: Valentino voleva suonare nella sua vita, e non gli servivano poi tante parole per chiarirne il motivo.



Evidentemente, ce l'aveva nel sangue.














8 anni dopo
Febbraio 1996







Angelica scalciò nervosa le foglioline gialle che le turbinavano intorno alle gambe, sbuffando scocciata.
Il vapore prodotto dal suo respiro si dissipò in una nuvola fumosa intorno alla sua sciarpa di lana rossa e grossolana.
Per quanto vecchia, non l'avrebbe mai cambiata con nessun'altra. Men che meno con quelle di seta che portava sua sorella.
Quella sciarpa - la sua - era terribilmente punk.


Almeno stando a quel che credeva lei.


Entrò nel cortile della scuola che già l'ultima campanella strillava funesta ricordandole di essere in ritardo.
Pensò alla faccia irritata dell'insegnante di matematica mentre, disinvolta, faceva - per ultima - il suo ingresso in aula. Immaginò l'espressione di totale disappunto di quell'imbecille di Maria Camilla Del Vecchio mentre sogguardava i suoi vestiti da donna dell'underground con evidente disgusto. La detestava, lei e quelle agghiaccianti borse griffate che si trascinava dietro: costituivano un affronto alla miseria e, a pensarci, valevano quanto tutto lo stipendio mensile di suo padre.
No, si sbagliava. Valevano molto di più.




Materializzò, infine, l'immagine mentale di Stefano che lanciava aeroplanini di carta a Silvia, la sua cotta di sempre, e la faccia di Davide mentre aspettava il momento propizio per tirare fuori la lingua indirizzandole una smorfia seducente.
Quel ragazzo ci provava nei modi più improbabili.



Francamente le venne la nausea e girò sui suoi tacchi infilandosi le mani in tasca.


Per quel giorno niente scuola, decise.
Avrebbe pensato poi a falsificare la firma di sua madre sul libretto delle giustifiche: in fondo stava migliorando. A breve sarebbe stata in grado di farla meglio dell'interessata.



Stava percorrendo quindi all'inverso la strada di andata (con estrema fretta, oltretutto, onde evitare che il custode scoprisse la sua fuga illecita) allorché il vento le appiccicò in faccia un foglietto stropicciato.


"Ma che cazzo!" - Strepitò liberandosi dell'ingombro nel minor tempo possibile. Pronta a gettar via con disprezzo quel volantino fastidioso, si bloccò all'istante quando la sua vista arguta registrò la parola "concerto" scritta a mano, in maniera piuttosto grossolana e con pennarello rosso, sul bianco lucido del foglio.


"Concerto di che?" - Domandò tra sè e sè, curiosa.
Il suo cervellino si era già abbondantemente messo all'opera, così come sempre accadeva allorché riusciva a captare in giro qualsiasi cosa che avesse anche minimamente a che fare con la musica.



Lesse rapidamente l'infantile descrizione riportata sul volantino.
Faceva tenerezza a vederla ma all'epoca dei suoi diciassette anni Angelica questo non poteva ancora comprenderlo, anzi: tendeva a prendere molto seriamente certe cose.








Delay in concerto [punk]
Sabato 17 Febbraio 
al Dirty Road  - ore 21
Ingresso gratuito





Aggrottò le sopracciglia, nel vano sforzo di comprendere chi diamine fossero questi Delay che blateravano di suonare musica punk. Non le venne in mente nessuno.
Eppure il paese era piccolo, avrebbe dovuto saperlo che nei dintorni c'era qualche altro disperato come lei che ascoltava quel genere di cose!
In ogni caso, i tentativi non portarono a nulla di buono se non ad una sequela di starnuti poiché Angelica, per starsene piazzata in strada a rimuginare, finì col buscarsi quelle due, tre folate di vento glaciale che certamente l'avrebbero condotta ad un subitaneo ed eclatante raffreddore.
Era piuttosto debole, tendeva ad ammalarsi facilmente. Avrebbe dovuto ricordarselo più spesso.




"Fanculo..."- Si disse - "Io questi qui me li vado a sentire. Vediamo se sanno davvero cos'è il punk!"




Lei, per inciso, lo sapeva fin troppo bene cos'era il punk. Suonava in un gruppo punk. Sole donne ovviamente: le Scarlett Guns.
E, modestia a parte, era anche la migliore chitarrista della zona.
Tuttavia, era curiosa di scoprire se ci fosse qualcuno altrettanto bravo nelle vicinanze benché non lo ritenesse poi tanto possibile.



Cosicché, con una scrollata di spalle, infilò il volantino stropicciato nella tasca: sarebbe tornata a casa immediatamente ed avrebbe chiamato il suo amico Luca per avvertirlo della serata.
Luca era già maggiorenne e costitiva il classico tipo a posto che ispirava sicurezza nelle mamme. Nella sua mamma, soprattutto.  Particolare non trascurabile: possedeva la patente e non c'aveva mai provato.

Sì, era davvero un tipo a posto. Gli voleva bene ed era ricambiata: una specie di rapporto fraterno, per quanto potesse suonare strano. Certamente avrebbe acconsentito ad accompagnarla quel sabato a vedere questi famigerati Delay esibirsi nella loro energica performance musicale.




Poi ricordò: immediatamente, a casa, per chiamarlo, non avrebbe potuto tornarci.
In teoria, a quell'ora e fino al primo pomeriggio, avrebbe dovuto trovarsi a scuola e non in giro per strada.
Cosicché si trattenne: la telefonata avrebbe dovuto posticiparla in serata.























****


Buon pomeriggio a tutti :)
Non ho molto da dire a riguardo se non che ho già in corso altre due storie e non ci voleva proprio che la mia testolina partorisse anche idee per una terza! xD
Ma tant'è...ormai ci siamo e spero di avervi incuriosita :)
Blue, in parte, è una storia vera. Chi mi conosce sa perfettamente chi sia il mio gruppo preferito...Ed a quel gruppo si ispira il mio racconto. Parte degli avvenimenti che avete letto in questo capitolo (e leggerete successivamente, se ne avrete voglia ^^) si sono svolti realmente :)

Grazie per l'attenzione...Se vorrete lasciarmi un commentino tanto per capire se vi piace o meno (^^) mi fareste davvero felice!
Un bacio
Matisse.
   
 
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