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Autore: Leitmotiv    30/01/2012    2 recensioni
Giovanni ha sempre vissuto l'Isola con lo spirito di un turista. I suoi occhi non si sono mai soffermati sulle vere inclinazioni dei suoi abitanti, dei loro segreti, nascosti dal brulicare del turismo estivo.
Govanni ha diciassette anni, e rimane facilmente ammaliato dai fratelli Marais: l'aggressivo Marcel, la graziosa Nicole, i segreti di Guillaime, il bellissimo, ambiguo maggiore dei Marais.
L'isola sembra racchiudere diversi disorientanti misteri, ben celati dall'indifferenza degli isolani e dagli stessi Marais.
Genere: Avventura, Suspence | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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isola2








                                               SETTEMBRE - La gentilezza di Sara







L'uomo seduto alla pompa della benzina spinse un dito nel naso.
Indossava un sorta di panama bianco ed uno stropicciato completo color kaki; se non fosse stato per la postura stravaccata e l'addome gonfio, gli avventori avrebbero intravisto in lui un'inquietante somiglianza con il platinato Paul Hogan in "Crocodile Dundee".
Non era certo un uomo attraente, ma essendo l'unico benzinaio sull'isola a modo suo d'estate aveva sempre una fila di "ammiratori" dietro il suo distributore.
Tuttavia settembre si stava inoltrando verso la fine, barche e gommoni se ne vedevano di meno durante la giornata, e la noia lo portava a perdersi in fantasticherie oltre l'orlo del mare, e quello del suo naso.

Una vespa tinteggiata d'un lezioso verde acqua rallento' sino alla sedia dov'era seduto. La ragazzina al volante portava sulle spalle un molle zainetto a strisce, i lacci di questo le facevano risaltare il seno grosso, come se questo minacciasse d' esplodere dalla maglietta da un momento all'altro.
- Che me le metti cinquemilalire di benzina? - chiese la maggiorata, piazzandosi di fronte al padre con le mani sui fianchi.

La somiglianza fra padre e figlia si spiegava solo negli innaturali capelli platinati.

- Comodo, eh Sara? - biascico' suo padre, abbandonando lo scandagliamento delle narici per assecondare la richiesta di lei.
La figlia storse il naso, e lascio' che il genitore le facesse il pieno.

Sul molo c'erano i soliti pescatori, intenti a sistemare le imbarcazioni per la pesca notturna. Non erano molti, in pochi avevano la licenza  per vendere il loro pescato.

Seduto su uno scalino del molo, la ragazza riconobbe un suo compagno di classe, quello nuovo e carino che faceva sempre fatica a guardarla negli occhi, come tutti gli altri ragazzi  del resto.
- Giovanni! - lo chiamo'- Hey!
Il ragazzo alzo' il capo dal libro che leggeva. Le fece un cenno con la mano, ma rimase seduto dov'era.
- Ma chi e',  il figlio dell'archeologo? - chiese suo padre, coperto dal ronzìo del distributore.
- Viene da Firenze. Secondo me sono molto ricchi - commento' la ragazza, tornando in sella al cinquantino.
- Se fossero ricchi si sarebbero presi la villa davanti ala castello, mica quella casa dietro i parcheggi.
- A scuola dicono che e' ricco, veramente.
- Mha, vabbe'. Se così dicono..
Sara fece spallucce, ed accese il motore, raggiungendo il ragazzo.

Giovanni chiuse il libro che stava leggendo,  e si alzo' per parlare con la ragazza.
- Ci vieni a casa mia a fare i compiti per domani?
- Bhe, io li avrei gia' fatti...
- Allora puoi aiutarmi con i miei - gli sorrise.
Giovanni piego' la bocca in una smorfia che doveva sembrare un sorriso. Quella ragazza era carina, ma c'era qualcosa d'insistente in lei, negli occhi intrisi di mascara ed ombretto, che lo mettevano a disagio.  E poi il suo seno lo distraeva. Non aveva pensieri particolarmente indecenti, ma quelle due rotondita' non gli permettevano di concentrarsi per molto su quello che la ragazza aveva a dirgli.

Temeva che lei potesse accorgersi ed offendersi del suo attegiamento.

- Ma sì, va bene.
- Ahhh bravo, bravo! Non c'era mai stato nessuno che potesse aiutarmi... Non mi andava proprio di prendere ripetizoni dalla moglie del sindaco!
- Dai, non esagerare... - le rispose, sfilando gli occhiali da sole dal colletto della maglietta.
- Sali! - gli disse, indicando con il pollice il retro della Vespa.
- Sai, non sono mai salito su un motorino - le confesso', allargando le gambe sulla sella.
- Allora vuol dire che ti insegnero' a guidarlo in cambio del tuo aiuto.
- Non sarebbe male - rispose il ragazzo, afferrando il portapacchi.
- No Giovanni, mettimi le mani sulla vita! - ridacchio' Sara.
Giovanni corrugo' la fronte. Che lui sapesse, avrebbe guidato meglio senza afferrarla. Capì che si trattava di una provocazione, ma piuttosto che contraddirla e fare una figuraccia, fece quello che la ragazza gli chiedeva.
Vide il sorriso di Sara riflettere nello specchietto retrovisore.

La Vespa procedette adagio sul porto, sino alla strada che portava su al paese, sfilando davanti al benzinaio  ed alla sua aria annoiata. Sara guidava in modo sicuro e spedito, forse un po' troppo spericolato per quelle curve che seguivano la scoscesa silhouette delle pareti rocciose.
I capelli ossigenati della ragazza, raccolti in una coda,  pizzicavano il viso di Giovanni; l'aria era tiepida e sentiva le cosce appiccicarsi alla sella del veicolo. Nel fare l'ultima curva la Vespa arranco', ma con un deciso colpo di gas Sara si assicuro' il suo arrivo fra le casine del paese.
La ragazza si fermo' davanti ad una casa molto bassa con un grosso portico spagnoleggiante, coperto da una cascata verde e bianca di tiglio profumato. L'intonaco era bianchissimo e visibilmente ruvido, in netto contrasto con il legno scuro degli infissi.
Giovanni penso' che somigliava ad un'abitazione andalusa, s'immagino' musica di chitarre flamenche e nacchere, come l'inizio di un documentario a tema.

Sara parcheggio' la Vespa nel cortile, in un angolo d'ombra dove i ciclamini crescevano rigogliosi.
- Entra pure, tanto la porta e' aperta - disse al ragazzo, tirando il cavalletto.
Per Giovanni era una novita' lasciare la porta di casa sguarnita di chiusura, eppure era una fiduciosa pratica sostenuta da tutti gli isolani. Rimase sull'uscio, con la mano pigiata sulla maniglia.
- Perche' fai quella faccia? La chiave di casa puoi anche scordartela, piu' che mai in inverno. Nessuno ti entrera' in casa, fidati.
- Per me e' una cosa un po' strana - spiego' il moro.
- Su su entra!

A differenza della propria abitazione l'interno della casa era gradevole e pittoresco esattamente come l'esterno. La maggior parte della mobilia era in ferro battuto, ed al tetto basso erano appesi alcuni vecchi utensili, peperoncino, erbe e fiori essicati, decorazioni curiose ma di grande effetto.
Sara raggiunse il frigorifero ed offrì della cola al ragazzo.
- E' una casa insolita da vedersi qui. Mi son sempre chiesto chi ci abitasse - disse Giovanni, curiosando d'intorno.
- Era di una vecchina ricca che di case insolite ne ha fatte costruire parecchie, qui sull'Isola. Io non me la ricordo molto, ma di lei si parla ancora di una persona eccentrica. Non aveva eredi, o almeno nessuno si e' mai presentato, così le case sono state vendute a prezzi convenienti - spiego' Sara, giocherellando con le goccioline che scivolavano dalla lattina - Quando ero piccola abitavo in una casina di due stanze, sul porto. E' stata una grossa sorpresa anche per me venire ad abitare qui.
- Tuo padre ha l'unica pompa di benzina dell'isola, deve fare buoni affari!
- Mica poi tanto, sai. Prima faceva il pescatore, ma erano in tanti al tempo per un'isola così piccola, così non potevamo certo permetterci una casa come questa. Poi e' riuscito ad avere la licenza per la pompa, e c'e' stata l'occasione della casa, pero' non ricordo molto di quel periodo. Non ti credere che facciamo una vita da nababbi, comunque - sorrise, agitando la lattina semivuota - Andiamo in camera mia.

Giovanni la seguì oltre un arco del corridoio da cui pendeva una tendina di perle di legno, che tintinno' al passaggio dei due ragazzi.
Al centro della camera uno sproporzionato letto in ferro battuto catturava l'attenzione, l'armadio non era altro che una lunga scaffalatura a giorno, da cui spuntavano abiti dai colori vivaci ed un esiguo numero di scarpe. Due finestrelle ad arco si affiancavano protette da un'unica veneziana in vimini. Numerose candele colorate e ninnoli da mercatino erano poggiati ed appesi un po' per tutta la stanza.
Sara raggiunse le veneziane, ma invece d'inondare la camera di luce, ridusse l'illuminazione. Giovanni si guardo' attorno un po' smarrito. Una leggera agitazione prese a ribollirgli nello stomaco risvegliato dalle bollicine della bibita. Quando la ragazza gli si avvicino' sciogliendo i capelli, strinse fra le dita la lattina fino a lasciarvi il segno delle dita.
- Insomma - comincio' lei, accompagnando le proprie parole con una risatina nervosa - lo avrai capito che mi piaci, no?

Lì per lì il fiorentino rimase immobile come un pesce lesso, con la lattina a mezzaria e le mani di lei posate sulle spalle. Certo, si era accorto del suo interessamento, non era certo scemo. Ma quell'approccio così diretto rubatogli con la scusa dei compiti aveva preso in contropiede la sua ingenua disponibilita'.
Deglutì, cercando una superficie dove poggiare la lattina.
Sara si avvicino' alle sue labbra. Gli occhi le brillavano nella penombra mentre aspettava delle parole dal ragazzo.
Giovanni ebbe abbastanza coraggio per guardarla negli occhi. Le mani si riabbassarono ai suoi fianchi, dove prima l'aveva stretta sul motorino. Nella sua testa cercava di acchiappare le parole giuste per la coda, ma queste gli sfuggivano cofondendolo.
- Non so Sara, ci conosciamo da così poco tempo - disse, irrigidendosi immediatamente davanti all'espressione contrariata della ragazza. Cerco' di correggersi, di ammorbidire le sue parole - Guarda che non passi di certo inosservata...ma io non so se ora posso avere una ragazza...

Giovanni percepì chiaramente che stava facendo la figura del fesso. Sara aveva ora preso a guardarlo con aria divertita.
- Ah ma se e' per questo...non e' che ti devi preoccupare del domani, Giovanni - disse, sfiorando con le dita le tempie carezzate dai riccioli scuri - Oggi siamo io e te, ma domani saremo di nuovo amici. Insomma, sarebbe carino stare insieme, ma non e' mica obbligatorio...
Il ragazzo strinse le labbra. Che ci voleva ad assecondare la ragazza e passare un momento piacevole? Poteva togliersi lo sfizio della "prima volta" con una ragazza comprensiva, che gli sarebbe di certo stata complice nella sua inesperienza. Sarebbe stato bello poterlo fare a cuor leggero, per il semplice gusto di star bene per qualche ora. Eppure la sua coscienza lo pungolava invogliandolo a resistere al lasciarsi andare.
Davanti all'ennesimo silenzio del ragazzo, Sara non attese posando le labbra con decisione su quelle del ragazzo.
Giovanni fu coinvolto in un bacio profondo, anche se non riusciva a fare a meno di aprire in continuazione gli occhi,  disturbato da un qualcosa che stonava con il momento.

Per incentivare la sua attenzione, Sara si tolse maglietta e reggipetto, premendo il seno prosperoso sull'addome di lui.
- Guarda che e' tutto gratis - scherzo', pensando di poter sciogliere un po' quel  ragazzo che lei percepiva timido e carino. Ricerco' le sue labbra, intenzionata a non mollare il suo scopo.
Giovanni respiro' piu' intensamente, lasciandosi andare per qualche istante. Le sua mani risalirono lungo la schiena della ragazza, si avvicinarono alle coste ed alla curva dei seni, incuriosite dalle loro fattezze; si stava eccitando, cominciava a sentire la testa leggera e sentì l'impulso di spingere la compagna di classe sul letto non appena incontro' con lo sguardo il vicino bordo del materasso.

Sara si sentì quasi sollevare da terra, ritrovandosi schiacciata sul proprio letto, rimase ad osservare il viso serio del ragazzo stringendo i suoi fianchi fra le cosce abbronzate. Le sembro' cosa fatta, per lei era una soddisfazione scorgere il desiderio negli occhi verdi di Giovanni. Chiuse le palpebre, concentrandosi sulle mani di lui, strette sul proprio seno, prima gentili poi aggressive, da farla sospirare.


Al calore penetrante dell'amplesso, seguì una brezza leggera che faceva sollevare appena le veneziane di vimini, ed alla frescura seguì per entrambi un sonno leggero.
Risvegliatosi con una piacevole sensazione di benessere per tutto il corpo, Giovanni si tiro' leggermente su, portandosi dietro parte del lenzuolo. Sara si era svegliata prima di lui, indossava un prendisole così leggero che il ragazzo si accorse subito dell'assenza della biancheria intima. Si stropiccio' il viso, incantato ed intimidito dalla genuina disinibizione della ragazza.
Gli sorrise con dolcezza e gratitudine, un sorriso che riempì il cuore di Sara. Quest'ultima abbasso' la rivista che aveva preso a sfogliare e si accuccio' su di lui. Giovanni l'accolse fra le sue braccia, sospirante. Chiuse gli occhi. Si sentiva veramente grato nei confronti di Sara, non tanto per il piacere che ovviamente gli aveva dato, ma per quella sensazione di completezza che aveva sentito durante il rapporto.
Era consapevole che quella completezza era fittizia, poiche' i suoi sogni sentimentali non contemplavano il viso di Sara, ma sapere che era possibile raggiungere un così alto livello di benessere aveva acceso in lui un tiepido affetto per la ragazza.
Gli ci era proprio voluto dopo la tensione che aveva accompagnato i suoi primi giorni da isolano.

- Credo che tu abbia bisogno di una doccia - scherzo' la ragazza, incontrando con i polpastrelli il ventre appiccicoso del ragazzo - Se vuoi fartela qui non c'e' problema. Mio padre non rientra prima delle otto.
- Ma che ore sono? - chiese, cercando con i piedi il suo pesante orologio che, preso dalla passione, si ricordava di aver quasi lanciato oltre il bordo del letto.
- Le sei passate - rispose la compagna, mostrandogli quanto il suo orologio fosse largo sul proprio polso di ragazza - E' davvero bello. Te l'hanno regalato i tuoi?
- No, e' di mio nonno. Diciamo che me lo ha prestato senza scadenza.
- Vabbe', diciamo che ormai e' tuo! - ridacchio' Sara, restituendolo al ragazzo - Non so quanto possa costare un gioiellino del genere, non ha di certo un'aria economica.
- Non sto tanto dietro a queste cose, non saprei, mi spiace - rispose in tono neutro. Ogni volta che doveva affrontare di questi discorsi, Giovanni si avvolgeva di umilta'. Scosto' con delicatezza la ragazza e si sporse verso i suoi vestiti abbandonati sul pavimento.

Sara rimase in silenzio fissandolo mentre si rivestiva, un braccio posato sul fianco, l'altro avvolto intorno ad un cuscino.
Le piaceva proprio quel ragazzo, non era solo una questione di fisicita', in lui c'erano caratteristiche che lei aveva incontrato solo in certi romanzi che aveva letto a scuola. Così abituata all'arroganza dei turisti o alla freddezza annoiata dei suoi compagni di scuola, Giovanni era stata una piacevole novita' del tutto inaspettata.

- Ci tornerai quando capita, da me? - gli chiese, ben attenta a sottolineare implicitamente che non era sempre disponibile.
Giovanni rimase con il viso abbassato sui calzoncini che si stava rinfilando. Non gli venne istintivamente voglia di dirle "sì". Quel pomeriggio era capitato, ma non aveva voglia di pensare se e quando ci sarebbe stata una prossima volta.
Si limito' ad annuire. Poi alzo' il viso e le sorrise per non parerle indelicato.

Uscì di casa alleggerito nel fisico, ma un po' confuso per quella sensazione di tenerezza ed al contempo di disagio che Sara gli aveva lasciato addosso.





                                            SETTEMBRE - Il silenzio di Guillame




                                        

Nicole si sporse ancora di piu' fra gli scogli, in un abile gioco di equilibrio. Allungo' ancora di piu' il braccio tirando velocemente la sottile lenza che aveva legato all'indice.
Il granchio volo' nell'aria agitando le chele bagnate, ed atterro' perfettamente al centro di un grosso secchio bianco. Dopo anni di caccia, arrampicata fra gli scogli piu' aguzzi ed impervi, Nicole era diventata abilissima nel tirar su granchi e persino enormi granceole.
Se era vero che suo padre non appesantiva il suo anno scolastico con obblighi particolari, l'unica cosa che pretendeva da lei  era di procurargli delle esche ottime e gratis quali erano i granchi.

Il signor Marais non era tipo da affidarsi solamente all'utilizzo delle reti, durante la pesca, per passare il tempo e rimpolpare il pescato tirava su spigole e riccìole con la canna. I granchi costituivano un'esca eccellente per questi pesci.

Mollemente  sdraiato sul proprio asciugamano, Guillame si stiracchio'  e volse l'attenzione alla schiena della sorella.
Dentro di sè sorrideva nel vederla così concentrata malgrado la sua ben conosciuta mal sopportazione della pesca.
Scosse i lunghi capelli biondi, scompigliati dal venticello che annunciava la sera e si chino' accanto alla sorella.
- Ce ne torniamo su?
- Ah, vai pure avanti. Io devo lasciare il secchio alla barca - gli rispose, senza staccare gli occhi di dosso da una nuova potenziale preda.
- Allora ti aspetto. Il secchio e' molto pesante.
- No. Guarda che ce la faccio.
Guillame, dispettoso, smosse la lenza con il piede - Non credo proprio. Ti aspetto altri cinque minuti.
Nico gonfio' le guance - Fermo!

Il biondo sbadiglio', spostando lo sguardo sul mare appena increspato. Un gommone sportivo passo' a gran velocita'  smuovendo le onde. Nicole sbuffo' riservandogli epiteti pochi carini in francese, ma Guillame rimase con lo sguardo fisso sul gommone, ignorando gli schizzi d'acqua.
I suoi pensieri si erano gia' belli che persi per il guidatore del veicolo, un impettito trentenne di cui riusciva solo a scorgere la polo bianca ed un paio di bermuda scuri. A prua del gommone una donna in bikini con un vistoso pancione da gestante si godeva il sole del tardo pomeriggio.
Se non fosse stato rilassato ed ingannevole di natura, Nicole avrebbe affermato che il viso di suo fratello si era teso improvvisamente. Rimase a sbirciarlo per qualche secondo - Andiamo - gli disse, slegando la lenza dal dito. Anche se Guillame non dimostrava alcunche', riusciva ad indovinare l'agitazione che lo tormentava in petto.

Nella sua famiglia si simulava questo gioco per cui un po' tutti facevano finta di non sapere cosa il maggiore dei Marais facesse nelle sue silenziose sparizioni. L'unico che mostrava stizza e cercava di dimostrare il proprio dissenso, pur non riuscendo mai ad arrivare al fulcro del "problema", era il testardo Marcel.
Per quanto la riguardava, non aveva niente contro quello che considerava il piu' gentile della sua famiglia, gli dispiaceva solo non riuscire a comunicare con lui come avrebbe voluto. Era una femmina, per lei non era difficile comprendere le inclinazioni del fratello, se solo questo le avesse dato modo di avvicinarsi a certi discorsi.
Mentre Guillame aveva sempre una parola od una carezza per lei, Nicole non riusciva ad avere altrettanti slanci, anche se nel suo cervellino pensava sempre alla frase piu' giusta da dirgli.

Fratello e sorella risalirono la scogliera di Cala San Francesco, passando accanto ad un refettorio abbandonato da cui l'intonaco scrosticciato cantava smosso dal vento. Ripresero la strada che scendeva al porto.
Guillame gettava distrattamente lo sguardo verso le imbarcazioni che entravano al porto, ma Nicole sapeva bene che ne stava cercando una in particolare. Seguiva il fratello distanziandolo di un paio di metri, mentre questo faceva ondeggiare il secchio con i granchi bagnando l'asfalto.

Il gommone sportivo rientro' in porto, attraccando ad uno degli ormeggi minori, destinato ai mezzi piu' piccoli. L'uomo alla guida scese a prua aiutando la donna incinta, poi l'assistette nell'indossare un camicione di lino e si sporse per baciarla. 
Guilame passo' una mano fra i capelli, facendo struscìare il secchio lungo il muretto che separava la strada dallo strapiombo. Nicole penso' che il suo non era stato un gesto casuale.
Suo fratello si era innervosito.

Arrivati in fondo alla strada, Guillame e sua sorella passarono di fronte al moletto; la donna con il pancione, che si era seduta sul muricciolo lungo il ciglio della strada per allacciarsi i sandali, agito' il braccio in direzione dei due ragazzi. Si alzo', avvicinandosi loro con entrambe le mani a sorreggersi la schiena.
- Avete cacciato molti granchi? - chiese soridendo - Me ne date un po? Ve li pago, s'intende.
Una bella donna dal viso gentile, lunghi capelli castani avvolti in un disordinato chignon, un corpo slanciato ed atletico malgrado la sua evidente condizione. Dava subito l'impressione di una persona molto positiva.
Guillame allontano' il secchio dalla sua visuale, ma con garbo.
- Mi spiace, ma a mio padre ne servano molti - spiego' Nicole, seppur mentendo - Magari te ne posso procurare qualcuno domani - aggiunse, sentendosi immediatamente in colpa.
- Fa niente - scosse il capo la donna, carezzando il pancione - Ci piaceva pescare un po' sul molo stasera, ma abbiamo sempre le sardine. Le abbiamo comprate da vostro padre, ci fa sempre un buon prezzo, mica come il negozio di pesca! - esclamo'.
Nicole le accenno' un sorriso. Guillame era enigmatico come una Sfinge, guardava la donna senza mostrare nessuna nota particolare, come se davanti avesse avuto uno dei tanti  cadaveri di pesce che era abituato ad avere intorno.  

Il guidatore del gommone si avvicino' con una borsa termica in una mano ed una coppia di asciugamani nell'altra.
Nicole fu pronta a congedarsi, prima che questo  potesse raggiungerli - Ti saluto, andiamo a portare il secchio alla barca che siamo un po' di fretta!
Guillame si congedo' con un cenno del capo, come certi bambini timidi anche se la sua non era affatto timidezza.

Il compagno della donna la affianco' - Di che stavi parlando con i Marais?
- Ho chiesto loro dei granchi. Purtroppo non ne avevano. Ma abbiamo sempre le nostre sardine, per stasera.
- Ah, i granchi... Sìsì, abbiamo le nostre sardine.
- Sai Marco, Guillame mi sembra sempre così infelice.
L'uomo corrugo' la fronte - Come fai a dirlo? Voglio dire, non parla mai...
- Mi sembra così a disagio su quest'isola. E dire che bello com'e' pare quasi fuoriposto in una famiglia di pescatori.
Marco scruto' il viso della compagna - Non saprei, Graziella. Senti, saliamo su per  la cena?
La donna annuì, massaggiando il pancione - Sì, qui abbiamo fame in due.



La piazzetta del paese era vuota. Solamente il parroco si era affacciato all'uscio della chiesa di San Nicola per spazzare alcune piccole foglioline. Le rondini, sempre piu' sporadiche, sfrecciavano eleganti sino a sfiorare la pavimentazione.

Guillame non aveva aperto bocca per tutta la risalita, ma Nicole non ne era rimasta affatto sorpresa. L'incontro casuale con Marco e Graziella era l'unica cosa che riuscisse ad  indisporre  suo fratello all'istante, ma lo aveva scoperto solo quella primavera, quando il pancione della donna aveva cominciato a gonfiarsi sotto gli occhi curiosi eppur discreti degli isolani.

Nicole scorse Giovanni, e fu davvero felice di essere in compagnia di Guillame, piuttosto che con lo scontroso Marcel.
- Giovanni! - lo chiamo', accellerando il passo.
- Hey, ciao - sentiva ancora addosso l'odore di Sara. Si  sentì improvvisamente a disagio. Era proprio Nicole la ragazza che lo attraeva.
- E' un paio di giorni che non riesco a beccarti. Avete finito di sistemare la casa? - chiese la ragazza, per poi voltarsi verso il fratello - Ma tu lo avevi conosciuto Giovanni?
Guillame s'inumidì le labbra - E' il nostro vicino di casa - disse, allungando una mano verso il fiorentino - Stavi sistemando la cassetta delle lettere, qualche giorno fa. I due si scambiarono una stretta di mano.
- Ah sì, ne ho appesa una nuova - spiego' il ragazzo, portando il libro sotto l'ombelico. Penso' al suo ventre imbrattato, ed alla doccia che avrebbe dovuto fare prima di tornare a casa. Almeno non lo aveva sorpreso ad uscire dall'abitazione di Sara.
Nicole noto' che il ragazzo doveva aver fretta, si muoveva nervosamente sul posto, grattandosi il collo di tanto in tanto - Ti aspettano per cena, eh? Che stai leggendo? - chiese, afferrando il libro del ragazzo.
Giovanni lascio' andare il libro nemmeno scotasse. Nicole lo riafferro' al volo, guardando la copertina - "La coscienza di Zeno". Ah ma sì, ce lo ha anche mio fratello in casa, anche se mi sa che non lo ha mai aperto - sorrise - al contrario del tuo che sembra un bel po' vissuto.
- A dire il vero l'ho comprato sabato, hai presente le bancarelle della sera?
- Eppure scommetto che lo hai gia' quasi finito.
- Bhe, sono a buon punto.

Guillame fisso' il proprio sguardo sugli occhi verdi e nervosi del ragazzo. Gli fu abbastanza semplice indovinare chi fosse la causa di
quel nervosismo mal celato.
- Mi pare di capire che vai bene a scuola, Giovanni - sottolineo' il biondo.
- Sì, va bene a scuola. Ma non credo che te lo dira' - sorrise Nico.
- Allora potresti dare una mano a mia sorella con i compiti.
Giovanni spalanco' gli occhi. Oh, se i presupposti fossero stati gli stessi del pomeriggio.... Ma Nicole gli appariva così diversa da Sara.
- Guarda che io non vado poi così male - puntualizzo' la biondina, strattonando il braccio del fratello.
- Eh sì, vabbe'. Senti Giovanni, pensaci su.
- Sì dai, magari in settimana nuova - biascico' il ragazzo.
Nicole gli porse il libro - Non ti preoccupare, mio fratello dice così per dire. Vai pure a cena.
Il moro si morse un labbro - Ci vediamo a scuola, allora. Buona serata ragazzi.

Una volta che il ragazzo fu abbastanza lontano, Guillame assesto' una pacca sul fondoschiena della sorella - A te piace?
- Ma chi, Giovanni? - esclamo' presa in contropiede.
- Mi pare ovvio.
- Ti pare ovvio che mi piaccia o che tu stessi parlando di lui? - chiese, con un sorrisetto furbo
Scosse il capo - Io ho capito che a lui Nico non dispiace. Ma a Nico piace il ragazzo venuto dal continente?

Nicole rise, chinandosi sino a sfiorare i sanpietrini della piazza - E' interessante il ragazzo venuto dal continente, non e' vero Guillame?









 










  
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