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Autore: Kisuke94    31/01/2012    1 recensioni
Ciao a tutti ^^… questo è il mio primo thriller, e spero che vi faccia rimanere con la bocca aperta :O
La storia si svolgerà nell’Inghilterra Vittoriana (spero di riuscire a riprodurre le mentalità dell’epoca in modo giusto); Essendo un thriller ci sarà un omicidio o più ;)… anche se è il mio primo, non mancherò di stupirvi statene certi.
Genere: Mistero, Thriller | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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-Sei venuto nonostante gli impegni di cui mi avevi parlato!- esclamò Arthur avvicinandosi a Jil, con le braccia aperte proprio come si accoglie un ospite del suo stampo. Si proprio quel Jil sempre rispettato da Arthur, il cugino preferito, dal quale pare abbia preso esempio nel corso dei suoi anni. Si occupava di spettacolo, insieme alla sua ragazza, con la quale stava da bene tre anni, la bellissima Sofie, si bellissima. Doveva vedersi dal portarla alle feste, non c’era occasione in cui non doveva proteggerla dalle occhiate troppo curiose dei nobili. Il ragazzo mostrava una posa autorevole, era rispettato in tutta Londra, nonostante avesse accumulato un po’ di nemici per la strada. Aveva i calli corti, di un castano molto chiaro, alzati in modo un po’ confusionario, come il suo carattere d’altronde. Era, infatti, un tipo molto serio, ma all’occasione mostrava un’eccentricità senza eguali in famiglia, superando addirittura Arthur. Non perdeva mai occasione di sbilanciare la quiete durante i ritrovi di famiglia. Vedendo arrivare il cugino, ebbe la risposta pronta.
-Non potevo perdermi la festa di bentornato del mio caro cugino- rispose reclinando il capo verso destra, accennando ad un sorriso che aveva un ché di stano. -Evitando inutili ciance, ti presento la mia ragazza. Sofie! Vieni, ti presento Arthur il cugino d’oltre oceano di cui ti ho parlato- disse, prendendo delicatamente per il braccio la ragazza.
-Piacere di conoscerti- disse Arthur. Il volto della giovane le si tinse di un rosa candido, doveva essere molto emozionata, d’altronde era un bell’uomo. Il suo volto presagiva un’età abbastanza distante da quella reale, i suoi occhi a fessura, ipotizzavano, erano di un colore che univa l’oscurità della notte col freddo gelo dei ghiacci. Le labbra erano rosee e sottili come poche. I capelli lunghi rivolti all’indietro grazie ad un frontino, lasciando solo una leggera frangetta sulla fronte, facevano risaltare le bellezze del suo volto. La postura, composta, era degna di un principe. Il praccio sinistro era rivolto all’indietro, con la mano chiusa portata al centro della schiena, mentre il destro portava la mano della giovane al cospetto delle labbra lucide.
-Non perdi mai il tuo modo di fare vero cuginetto?- disse Jil accortosi delle avance del cugino, e prontamente avvicinatosi prendendolo per il collo, annullando di fatto l’equilibrio e l’armonia venutasi a creare poco prima. Poteva permetterselo, grazie alla sua altezza. Col collo sotto stretta, diede un colpetto al livello del torace, muovendo la mano a pugno, scavando di fatto il vestito, sguarcendolo.
-Oh! Che disdetta mi stanno chiamando.- disse, scivolando dalla presa di Jil. -Continueremo le presentazioni dopo, mon-chéri! – fece, prima di allontanarsi, destreggiandosi nel suo francese certosino di cui andava fiero.
-Non cambierà mai..- sussurrò Jil alla ragazza, sospirando e portandola alle poltrone.
-Sir. Andrew! Anche lei qui- disse Arthur poggiando la mano sulla spalla del cavaliere, che per l’occasione aveva indossato un abito bianco, ricamato in oro, portando la spada sulla destra, dalla quale non si separava mai.  
-Bè ho avuto il piacere di fare affari con vostro padre in passato, e di conoscere vostra madre. Non potevo rifiutare un suo invito. Dopotutto è un onore presenziare alla festa di bentornato del figlio di uno dei più abili mercanti di Londra..- rispose sorseggiando il suo martini, scrutando al tempo stesso la stanza e gli ospiti. Il suo compito di cavaliere consisteva nel proteggere la Regina, certe “routine” erano diventate naturali.
-America dunque!- chiese un uomo sulla quarantina appena dietro i due, mostrando il palmo della mano destra al cielo, mantenendo al tempo stresso il suo whisky.  Un tipo robusto, con una barba curata, e un fisico tipico dei lord di mezz’età. Presentava una rotondità eccessiva al livello dell’addome, il suo abito porpora con inserti in ocra, non aiutavano a snellire la siluette. –Mi chiedo cosa ti abbia spinto a far ritorno da un terra sconfinata come quella- aggiunse poi, con una nota sarcastica.
-Luhi, mio caro. È un onore averti qui  tra gli ospiti. Devo dire che mia madre ha proprio pensato a tutto. –
-Rispondendo alla tua domanda, posso dire a mia discolpa che mi mancava il cielo grigio d’Inghilterra, e tutti i miei affetti più cari.- rispose il giovane passando la mano tra i capelli, chiedendo una coppa anche lui.
I camerieri in sala accorsero portando un vassoio rigorosamente d’argento, con altro whisky e pasticcini vari. –Efficienti come sempre.- disse Arthur. –Grazie, potete andare.-
-Dimmi, di cosa ti occupavi in America?- chiese Andrew incuriosito, facendo cenno di sedersi con la mano sinistra, verso le poltrone che davano le spalle ad un finestrone enorme che affacciava sul giardino quasi infinito della villa. Giardino, le cui chiome degli alberi iniziarono a scuotersi per il vento che spirava quella notte.
-Bè come detto l’America è un continente molto vasto. Per essere precisi, stanziavo nei neonati Stati Uniti: dopo numerosi sforzi sono riusciti ad ottenere l’indipendenza!- disse Arthur, volgendo lo sguardo al cielo nuvoloso, che copriva la luna, che quella sera doveva essere piena. –Sono un ricercatore. Lavoro per la creazioni di nuove tecnologie, per migliorare la vita dell’uomo. – continuò.
-Researcher! Molto interessante- aggiunse Luhi, che era sempre stato patito del campo delle scienze, che in quegli anni stava assumendo un ruolo di primo piano nel progresso occidentale. –Naturalmente devi mantenere un certo silenzio ma… un accenno alle ultime ricerche?- chiese tirando leggermente il colletto nel momento di pausa, e poggiandosi sulle ginocchia per udir meglio quello che il ragazzo avrebbe detto.
-Esatto, non posso parlare di ciò che facciamo. D'altronde  siete miei ospiti, non posso trattarvi male. Vi dico solo che ciò che facciamo sfida le regole della genetica. Parliamo di BioTecnologie- rispose Arthur, i cui occhi brillavano di una luce intensa, pari a quella di focolari ardenti.
-Guarda un po’ che sono capaci di fare questi americani- commentò Andrew, sarcasticamente,  accavallando le gambe, mostrando la perfezione del suo corpo, e le sue lunghe gambe in particolare.
-Ma che fate qui seduti. Mi sembra un ospizio- disse una voce dietro Arthur, premendo con forza sulle sue spalle.
-Non potevi che essere tu, Cloud!- disse chinando il capo all’indietro, fissando negl’occhi il compagno.
–Sono felicissimo di rivederti- Aggiunse poi, lacrimando.
-Scienza. Cavalieri. BioTecnologie. Ma pensate alle donne, c’è tempo per queste cose, se non vi divertite ora quando lo farete!- disse il giovane, coi suoi occhi profondi, e la chioma dorata. Il viso candido, che sprizzava felicità e serenità da tutti i pori.
-Ha ragione il ragazzo. Cloud se non erro. Parleremo più tardi, ora danziamo- suggerì Andrew passando la mano tra i capelli e agitando il capo. Sembrava quasi essersi messo in posa.
-Bene. Allora la discussione è rimandata a più tardi. Vado a salutare la Dottoressa. Con permesso!- disse Arthur, alzandosi, accennando un inchino.
-Non potevo ricevere onore più grande che avere lei tra gli ospiti, Dottoressa Fletcher!-  prendendole la mano.  -Quanta galanteria, degna del suo nome, Arthur. Le dispiace se la chiamo così?- chiese ritraendo la mano e portandola al volto (in pratica mette due dita alla tempia). Del suo viso saltava subito all’occhio il neo che aveva poco sopra il labbro sinistro, la sua fama non si fermava solo alla sfera lavorativa, dopotutto.
-Devo fare i complimenti per l’abito, alta sartoria- disse Arthur, improvvisando una intima conoscenza della moda. L’abito era molto elegante, un colore verde smeraldo, che luccicava al passar della luce, non era sfuggito ne ad Arthur ne al suo amico, “Don Giovanni”.
-Confermo i complimenti. Signorina!- aggiunse infatti Cloud.
-Grazie! Lei è?- chiese La dottoressa ritraendo la gamba sinistra e facendo un leggero movimento col busto, che scosse la collana di smeraldi in tinta coll’abito, che si era messa per l’occasione.
-Intuivo che Arthur non ci avrebbe mai presentati, per questo ho preso l’iniziativa. Sir. Cloud Marshall! È un onore conoscerla- rispose inchinandosi a lei.
-È anche lei un cavaliere onorario?- domandò con stupore Michelle. Spalancando gli occhi mordendosi le labbra.
-È solamente un titolo. È l’anima che conta.- replicò il giovane, volgendo gli occhi verso un altro punto della sala, quasi volesse rifiutarlo.
-Cloud non usavi quel “nome” da quella volta- fece Arthur facendo gesto con gli occhi. –Non vedo dov’è il problema. Ora se mi puoi scusare offro da bere alla dottoressa- -Ma ci stavo pensando io?!- continuò Arthur restando basito dall’atteggiamento disinvolto con il quale il compagno gli aveva sottratto la “preda”.
-Non temere, te la riporto quanto prima- rispose Cloud prendendo la dottoressa per i fianchi voltandosi verso il compagno facendo gesto di occhiolino.
-Ah! Vi cercavo, avete fatto subito conoscenza a quanto pare- disse Arthur avvicinandosi a Cristina e Faust, che erano nel vivo di una discussione.
-Cugino, che bello rivederti- disse la prima, lanciandosi letteralmente tra le braccia dell’amato cugino, che faticò a reggere l’urto. –Eh-eh sei sempre solare Cristina, sono felicissimo di averti rivista – affermò stringendola forte a se, come se tutto intorno a loro fosse sparito, unici al centro di un’oscura sala, coi riflettori unicamente puntati su di loro.
-Non sembra esserci bisogno di ulteriori presentazioni dunque- iniziò accompagnando la cugina verso Faust.
-Che mi dice Avvocato! Qualche nuova causa degna di questo nome?- domandò al giovane, ancora stupito della scena a cui aveva appena assistito. Non aveva mai conosciuto il vero affetto, e il veder i due così “calorosi” gli aveva messo un po’ di tristezza e rimpianto nel cuore, ma forte della sua personalità rispose nascondendo quei sentimenti. –Ormai non c’è più nessuno che chiama in causa un secondo per motivazioni “giuste” o quanto meno impegnative per un avvocato. Ma ho sentito  voci che volevano il famigerato Jack the Ripper processato legalmente per i suoi crimini. Se si rivelassero vere, farò tutto ciò che è in mio potere per fargli da avvocato- -Non hai perso la tua passione per i “pazzi” a quanto ho capito- sostenne Arthur.
-Discutevamo appunto di questo- disse Cristina, intromettendosi tra i due. –Non voglio giudicare senza conoscere le motivazioni, per questo voglio ascoltare la sua versione..,- rispose dirigendosi verso la vetrata, scrutando il movimento delle nuvole che ormai erano in procinto di trasformarsi in tempesta.
Quel tempo, rispecchiava il vero animo del giovane. I motivi che lo animavano non erano quelli che dichiarò all’amico, erano di tutt’altra natura. I suoi genitori, furono uccisi da un essere come lui, e da allora non si da pace, intende capire le motivazioni e porre fine alla sua esistenza, intendeva vendicare i suoi genitori.
Il primo tuono risuonò nell’aria, attraversando le pareti della villa, graffiando gli animi sereni dei presenti. La serata proseguì, e la tempesta non tardò a presentarsi.
-Maledizione! Un temporale non ci voleva proprio.- disse Luhi, preoccupato per il ritorno in città. Era usanza infatti che i Nobili che lavoravano in città lasciassero le loro ville in periferia per raggiungere la loro Town House.
 –Non temete, ci sono abbastanza stanze per soggiornare questa sera. Domani alle prime luci del mattino tornerete alle vostre case. Non è affatto un problema- rassicurò Arthur chiedendo conferma al suo maggiordomo, Lucas, che era sempre presente in ogni situazione, e aveva sempre una soluzione a tutto.
-Se non vi dispiace vi lascio nelle sue mani. Ci penserà lui ad accompagnarvi nelle Rooms.- continuò a spiegare Arthur facendo gesto agli invitati di seguire Edward, che si avviava verso l’enorme scalinata della villa. -Lascio il resto a te- concluse prendendo un altro bicchiere.
-Prego seguitemi!- furono le prime parole uscite dalla sua bocca. La villa era molto grande, tipico dell’epoca vittoriana. Le stanze si trovavano al piano superiore, comunicanti con un corridoio lunghissimo che divideva i due settori in cui la casa era divisa: una per le camere da letto, l’altra per le sale di ritrovo.
-Le dispiace se noi andiamo a fare una sfida a biliardo?- chiese Faust al maggiordomo, che non si era nemmeno voltato. –Come desidera, purché non si perda per tornare nella sua stanza- rispose, proseguendo il suo cammino.
-Bene! Che ne dite, una partita la facciamo?- chiese poi agli altri uomini.
-Volentieri!- risposero contemporaneamente Cloud e Andrew.
-Io preferisco andare a letto- disse Luhi, sfregando la mano sulla tempia seguendo il maggiordomo, sbadigliando al contempo.
-Anche noi andiamo nelle nostre stanze- Disse Cristina a nome di tutte le donne li presenti. –Come volete- fece Faust, strizzando l’occhio verso la ragazza.
La sala da biliardo era molto accogliente, come in tutte le stanze della villa, vi era un camino sempre acceso, moquette rossa sul pavimento e due librerie a ridosso della parete, stracolme di libri e manuali. I tre si sentirono subito a loro agio e non persero tempo per giocare.
 -Spero che la stanza è di vostro gradimento- domandò Edward all’ultimo ospite accompagnato in stanza, proprio come aveva chiesto agli altri, facendo un inchino in segno di rispetto.
-Non si preoccupi. Ha svolto un ottimo lavoro, complimenti. Informi Arthur che domani all’alba lascerò la villa- rispose Luhi, appoggiandosi sul letto. Un letto a baldacchino, posto di fronte al caminetto, rigorosamente acceso.
Edward tornò da Arthur. At midnight, in seguito ad un rumore proveniente dalla camera del lord, Serena, la cameriera, accorse a controllare. Un urlo seguì la macabra scoperta del corpo, apparentemente senza vita, dell’ospite. Al che tutti i presenti in villa accorsero prendendo atto dell’orribile ritrovamento. . In quell’istante, l’odore di morte si mischiò a quello della pioggia, e quando le prime gocce cominciarono a cadere, sembrò che piovesse sangue. Un fulmine illuminò la stanza dove giaceva, privo di vita, il corpo. Di questi, non rimase altro che il sangue sul pavimento, unito ai vetri del bicchiere che reggeva in mano. Un delitto si era consumato quella notte, e non era che l’inizio.
 
 
   
 
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