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Autore: _camus_    01/02/2012    7 recensioni
Lacrime amare scorrono sul viso di Shura di Capricorn, mentre raccoglie da terra ciò che è rimasto del Figlio del Cielo: il rosario, ereditato dal grande Asmita di Virgo, con i suoi grani che aspettano di annerirsi.
E un piccolo amuleto di legno, col laccio un poco consumato.

Quattro brevi capitoli per descrivere l'evoluzione morale e spirituale di Shaka come cavaliere, ma anche – e soprattutto – come uomo.
Prima classificata al Contest "Profumo di stelle" indetto da Violet Acquarius e vincitrice del Premio della critica.
Genere: Drammatico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Virgo Shaka
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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I

Titolo: Con gli occhi chiusi
Nickname su EFP: _camus_
Nickname sul forum: Momus92
Personaggi: Shaka di Virgo
Rating: verde
Genere: Introspettivo, Slice of life
Note: Quattro brevi capitoli, in cui ho tentato di descrivere un'ipotetica evoluzione spirituale e morale di Shaka, dall'infanzia sino all'inizio della Guerra Sacra
Elementi: Giacinto= Shaka/ Nettuno= Amuleto





Con gli occhi chiusi

  



Capitolo I




Shaka non aveva paura della morte, né degli spettri.

«La morte non è la fine di tutto, ma solo un cambiamento» gli aveva rivelato il Buddha, quel giorno che si era recato al tempio a cercare conforto col viso rigato di lacrime, la voce rotta e le certezze incrinate.

Shaka non aveva paura, perché comprendeva – perché non dubitava delle parole del Gautama.

Ma, nonostante questo, Shaka era solo un bambino e forse, benché non riuscisse ad ammetterlo nemmeno a se stesso, ancora non comprendeva del tutto.

Non capiva la ragione per la quale ogni giorno la povertà stroncava pian piano la vita di tanti uomini che, ormai cadaveri, venivano ammucchiati senza riguardo dai Chandala sui loro carretti, lungo le vie affollate di Varanasi.

Non sapeva spiegarsi la profonda tristezza che leggeva negli sguardi vacui dei pellegrini induisti, giunti dalle zone più remote dell'India unicamente per bagnarsi nelle acque purificatrici del Gange.

Non trovava equità alcuna nelle costole sporgenti dal costato dei suoi coetanei a cui borghesi benestanti, arricchitisi dopo la dichiarazione d'indipendenza del 1947, negavano l'elemosina.

«Tu ... tu che splendi come mille soli, tu che fai sbocciare i fiori semplicemente passandogli accanto: tu, figlio del Cielo, non puoi fare qualcosa per noi? Non puoi alleviare il nostro dolore?»

Alle donne che, prostrandosi, lo tiravano per la veste avrebbe voluto rispondere che sì, poteva farlo – invece, rimaneva in silenzio e passava oltre. Il Buddha non gli aveva insegnato come aiutare i bisognosi.

A cosa era servito raggiungere il Settimo senso all'età di quattro anni?

A che giovava che lui fosse stato in grado di concentrare il proprio cosmo sin dai primi instanti di vita, se poi era totalmente incapace di migliorare il mondo?

Quando si guardava intorno, scorgeva solo esseri umani ridotti all'ombra di se stessi – fantasmi scheletrici che si trascinavano stanchi per un'esistenza fatta di stenti.

Le persone nascevano, soffrivano e morivano, trovando infine la pace tra le braccia della Nera Signora: così comandava l'ordine precostituito, a cui tutti gli esseri viventi dovevano necessariamente obbedire. Ma quale sarebbe stato il suo ruolo in tutto ciò?

Shaka non aveva paura né della morte né degli spettri, ma in certi momenti si sentiva impotente.

Così se ne stava con gli occhi chiusi, come gli aveva insegnato l'Illuminato – non tanto per sviluppare gli altri sensi a discapito della vista, quanto per divenire cieco alle brutture che lo circondavano.

Giurava che, una volta ottenuta l'armatura della Vergine fra le assolate coste di Grecia, avrebbe servito Atena e la giustizia con ardore, donando sollievo agli infelici; nel farlo, si premeva contro il petto l'amuleto che portava al collo da quando aveva memoria.

Prima di lasciarlo avviare lungo la strada polverosa e sconnessa che da Lumbini conduceva a Varanasi, la vecchia saggia del villaggio l'aveva stretto in un forte abbraccio – non ne avrebbe ricevuti mai più, di abbracci – sussurrandogli nell'orecchio l'origine di tale oggetto.

«È stato l'ultimo dono di tua madre per te: serve a scacciare la morte e gli spettri».









Note dell’autore

Il titolo l'ho ripreso da un – pessimo, a parer mio – romanzo di Federigo Tozzi.

La scena descritta si colloca nella prima infanzia di Shaka, quando aveva all'incirca cinque o sei anni.

Dunque, considerando che la scalata delle Dodici Case ha avuto luogo più o meno nel 1986, qui dovremmo essere nella prima metà degli anni '70. L'India, a quel tempo, si era da poco resa indipendente dalla Gran Bretagna e si trovava a dover combattere la fame e la povertà della maggior parte della popolazione.

Pur essendo state abolite da un articolo della Costituzione Indiana del 1950, le caste hanno continuato a esistere ancora per molto tempo: i Chandala (ossia,i "becchini") facevano parte dell’ultima casta, quella degli Intoccabili.

Ho immaginato che Shaka sia nato a Lumbini (il luogo che ha dato i natali a Gautama Buddha) e che si sia poi trasferito a Varanasi – anche se quest’ultima è la città sacra degli Induisti e non dei Buddisti.

È noto che l'Illuminato avesse il potere di far sbocciare i fiori, e io ho attribuito questa facoltà anche a Shaka.



 


   
 
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