Love is a freedom.
Era
suonata la sveglia da circa cinque minuti ma non avevo la forza e la
voglia di alzarmi.
La luce fioca della finestra mi arrivava
diritta negli occhi e il gelo mattutino del mese di gennaio si faceva
sentire, e non poco.
Sapevo
che da lì a poco mia madre sarebbe entrata per farmi
sgusciare
fuori da quell'ottimo torpore con cui non mi sarei voluta separare
per nulla al mondo.
Ed infatti eccola puntuale.
«Lavinia,
amore mio, devi alzarti oggi è un gran giorno.»
sussurrò.
Nonostante ci ragionai su non trovai la ragione
esatta del perché oggi dovesse essere un gran giorno.
Doveva
avere una promozione al lavoro? Qualcuno doveva sposarsi? Finiva il
mondo? Non me lo ricordavo.
«Amore, dio mio, è il venti gennaio oggi, non ti ricordi neanche che è il tuo compleanno?» mi disse accoccolandosi a me sotto le coperte.
Oddio.
Il mio compleanno. Me l'ero completamente scordato. Oggi facevo
diciott'anni, i mitici diciotto! La patente, potevo votare ma
soprattutto tra poco sarebbe finita la scuola, avrei avuto gli esami
e addio liceo.
«Mh, sìsì, ora mi alzo.»
grugnii.
«Molto bene.» finì mia madre prima di uscire.
Con molta, molta lentezza uscii dal letto e mi avviai in bagno.
Ero messa malissimo, capelli che gridavano vendetta e occhi che chiedevano pietà.
Mi
lavai con calma, mi vestii e andai in cucina per la
colazione.
«Buongiorno Lavi, tanti auguri!» mi disse
Jeremy, il marito di mia madre.
Si erano conosciuti a Parigi,
nella città dell'amore e si erano appunto innamorati.
Dopo
due anni si erano sposati andando contro le rispettive famiglie e le
distanze.
Infatti Jeremy era originario canadese e viveva in un
piccolo paese chiamato Stratsford ma ci siamo trasferiti tutti qui a
Cagliari, perché è un posto bellissimo,
c'è il
mare e il tempo è sempre bello. Per sua sfortuna, per nostra
sfortuna, bhe, per mia sfortuna Jeremy aveva un figlio, Justin, che
aveva avuto con la prima moglie.
Justin quindi in un anno e mezzo
era diventato il mio fratellastro, cosa assolutamente che avrei
voluto bocciare dal nostro primo incontro.
«Dai Justin, fai gli auguri a Lavinia.» continuò Jeremy con voce sottile e smielata.
«No, trottolino, continua pure a giocare con i cereali non mi interessano i tuoi auguri.» finì io imitando la voce del padre che mi guardò divertito.
«Auguri, scassa palle.» disse Justin infastidito.
«Sicuramente
non le tue inesistenti.» replicai io.
«Lavinia!
Smettila!» gridò mia madre dalla camera.
Sbuffai
e finì colazione alla svelta per poi lavarmi i denti e
uscire,
dovevo andarmene da quella casa prima che finisse male, per me.
Dopo
circa un quaranta minuti raggiunsi la scuola, non vi sto a raccontare
le ore che avevo quel giorno, vi dico solo che ho sempre odiato il
mercoledì, era in mezzo alla settimana e ti illudeva che
mancassero pochi giorni al week-end e che avessi già
superato
i tremendi primi due giorni. Ma soprattutto lo odiavo perché
di mercoledì avevo la Bandara, la mia professoressa di
economia aziendale.
Lei mi odiava, io la odiavo, ci capivamo solo
su questo.
Ed
ecco che proprio lei, il giorno del mio compleanno mi interroga a
tradimento e mi mette un misero cinque al sei.
Che poi questo
voto non l'ho mai capito, o e cinque o e sei, cinque al sei ti mette
solo l'ansia se poi non riesci a prendere una sufficienza dopo.
Fatto
sta che alle due e dieci uscii da quella benedettissima scuola e mi
avviai a casa.
Arrivata mangiai e subito mi misi a studiare
perché la sera sarei voluta uscire con i miei amici, per
festeggiare.
Erano le cinque del pomeriggio quando ebbi finito di
ripassare quel cavolo di capitolo dei promessi sposi. Se Manzoni
fosse stato ancora vivo l'avrei preso a calci negli stinchi.
Qualcuno
all'improvviso bussò alla porta.
«Lavi sono io, vieni
in sala che abbiamo una sorpresa per te.» mi disse mia madre.
Oddio
i regali, spero non mi abbiano regalato dell'intimo perché
devo scegliermelo io.
Mi andrebbero bene dei trucchi o meglio
ancora, dei soldi così il regalo me lo scelgo direttamente
io.
Andai in sala e non vidi nessun pacchetto, tranne una busta
sul tavolino davanti al divano dove erano riuniti tutti e tre.
Feci
una leggera smorfia quando vidi Justin.
«Aprila, avanti.»
mi incitò mia madre.
Con fare veloce arrivai al tavolino e
presi in mano la busta.
Dentro potevo sentire la forma di un paio
di chiavi.
“Oddio mi hanno regalato una macchina!” Pensai.
Torturai la chiusura adesiva e tirai fuori le chiavi.
Mi
sfuggiva qualcosa, erano tante e di certo non avevano la forma di
quelle per una macchina.
Le guardai meglio e mi ricordai che avevo
già visto quelle chiavi.
Cominciai a pregare a mente che
non fosse quello che stavo pensando.
Guardai mia madre dubbiosa
che mi fece cenno di leggere la lettera, che avevo completamente
ignorato, all'interno di quello che rimaneva della busta.
Cominciai a leggere e il mondo mi crollò sulle spalle.
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Eccomi
ancora lol.
Ho aggiornato subito è vero, ma purtroppo non
sarà sempre così perché la scuola mi
tiene
davvero troppo impegnata.
Cooooooosa ne pensate?
Se non
avete capito vi spiego.
Praticamente questo è una sorta di
ritorno al passato, infatti il prologo avverrà tra un po' di
capitoli. uu
Detto
questo ringrazio le 10 recensioni e le persone che mi hanno mandato
dei messaggi privati.
GRAZIE DAVVERO.
Vi
vorrei chiedere solo un piccolo favore, potete arrivare a scrivere 10
parole così mi viene fuori come una recensione il vostro
commento? Perché a volte non mi fa leggere i messaggi
privati
o rispondere e quindi è un bordeo. çç
semmai
mettete un po' di 'oasicjaoicjao' in più. lol
Poi,
comunque, fate come volete. :)
Grazie a tutte le persone che hanno
già messo questa ff tra le seguite e le preferite. Mi fate
commuovere davvero. :')
Grazie ancora a tutti e spero che il
capitolo vi soddisfi, alla prossima.
~Chiara~