Harm
stava per salire in macchina, quando la
vide. Indossava ancora l’abito che aveva alla festa e stava scendendo
dalla sua
auto. Era bellissima, e non lo aveva ancora visto. Si
fermò, quando si accorse di lui,
paralizzata dalla sorpresa di trovarlo in strada.
“Ciao!
Che ci fai qui? ” domandò Harm.
“Ciao.”
E così dicendo, un brivido le
attraversò la schiena.
“Vieni.
Saliamo da me… Stai tremando di
freddo.”
“No,
tu stai uscendo. Non voglio disturbare.“
“Non
disturbi. Stavo per venire da te,
Sarah.”
Quelle
parole la sconvolsero ancora di più.
Stava andando da lei? Inoltre l’aveva chiamata Sarah… rare volte
l’aveva
chiamata così, col suo nome di battesimo, e ogni volta che lo aveva
fatto, il
suo cuore aveva perso un battito. Lo fissò in quegli occhi chiari,
profondi,
dove adorava perdersi ogni volta che si guardavano.
“Vieni
Sarah…” E le prese la mano. Al tocco
delle sue dita rabbrividì di nuovo.
Lui
si sfilò il giubbotto e glielo mise sulle
spalle.
“Sembra
che questa sera tu debba per forza
indossare qualcosa di mio “ le sussurrò dolcemente, mentre la guidava
su per le
scale, fino al suo appartamento.
Adorava
indossare qualcosa di suo, essere
avvolta completamente dal suo profumo. Si sentiva sicura, protetta.
Anche se,
in quel momento, la sua voce profonda, la sua mano calda sulle spalle
mentre la
invitava ad entrare e i suoi occhi che la osservavano, la facevano
sentire più
eccitata che protetta.
“Così
va meglio. Mettiti comoda.”
Sarah
non riusciva a parlare e si guardò
attorno, come faceva tutte le volte che entrava in casa sua. Non
sapeva perché. Conosceva bene la sua casa,
eppure ogni volta era incuriosita dall’ordine che vi regnava. Era
sempre
ordinata, ma al tempo stesso vissuta: vissuta da lui. Ogni volta si
guardava in giro, con la
curiosità di cogliere qualche traccia diversa, qualcosa che avrebbe
denotato un
attimo di smarrimento, un po’ di rabbia, una gioia improvvisa… ma
nulla, tutto
era sempre perfettamente a posto.
Ogni
volta, tranne quella: la giacca che
indossava alla festa era stata gettata su una sedia. Si voltò a
guardarlo e
notò che indossava gli stessi pantaloni del completo e la stessa
camicia.
Questa non era più diligentemente infilata, ma fuori dei calzoni e
slacciata
sul fondo, come lui era solito fare non appena entrava in casa e si
metteva in
libertà.
Lo faceva subito, quasi d’istinto, e lo aveva
fatto anche da lei più di una volta, quando era andato a cena per
discutere di
un caso direttamente dall’ufficio. Appena lei gli diceva di mettersi
comodo,
invece di sedersi subito, prima si toglieva la giacca, che appoggiava
ordinata
alla spalliera di una sedia. Quindi si toglieva la cravatta, slacciava
i primi
due bottoni, rivelando il suo bellissimo collo, e poi, proprio un
attimo prima
di sedersi e sospirare soddisfatto, sfilava la camicia e apriva altri
due
bottoni sul fondo.
Sembrava
un rituale. La prima volta, lei era
rimasta esterrefatta!
Era
l’unico uomo che conosceva che si sfilava
la camicia in compagnia di una donna, solo per mettersi comodo, senza
secondi
fini. Glielo aveva fatto notare e lui l’aveva guardata sorpreso, le
aveva
rivolto un sorriso disarmante e, con aria da cucciolo, aveva assicurato
che non
ci aveva pensato, lo aveva fatto d’istinto. Di solito non gli succedeva
di
sentirsi così rilassato e a suo agio in una casa diversa dalla
sua. Quello era un rituale intimo, che normalmente
faceva solo in privato. Avrebbe dovuto sentirsi lusingata e non offesa,
perché
significava che lei lo faceva sentire a suo agio.
“Ma
se la cosa ti offende…”
Sarah
non lo aveva lasciato finire e aveva
replicato: “No, figurati, non preoccuparti!”
Harm,
tuttavia, non intendeva quello che lei
aveva capito e con un sorriso sornione aveva terminato la frase:
“…
posso sempre decidere di avere secondi
fini!”
A
quelle parole, lei gli aveva tirato dietro
un cuscino del divano, che lui aveva abilmente schivato. Da allora,
ogni volta
che automaticamente gli diceva di mettersi comodo, sorrideva divertito,
allontanava da lei i cuscini del divano e poi iniziava col suo rituale!
La
giacca, però, quella sera non era
accuratamente infilata alla spalliera della sedia, ma gettata sul
sedile. Anche
la cravatta penzolava a terra. Sembravano gettate con rabbia.
“Scusa
il disordine…” disse Harm, dirigendosi
verso la sedia.
“No.
Lascia stare.” Prendendogli una mano,
Sarah lo fermò. Era tenero, nella sua maniacale ricerca dell’ordine,
come se
cercasse di nascondere tutte le sue emozioni, qualunque fossero. Lei,
però, lo
adorava quando era allo scoperto…
Harm si girò verso di lei e la osservò. Aveva
il suo solito sguardo intenso, che le scavava nell’animo; uno sguardo
che le
faceva sempre dimenticare persino dov’era.
“Come
mai stavi venendo da me? E dov’è Renee?”
gli chiese.
“Perché
sei qui?” domandò lui, quasi
contemporaneamente.
“Prima
io, avvocato!”
Lui
distolse lo sguardo e Sarah temette che si
richiudesse di nuovo in se stesso.
“Harm,
perché stavi venendo da me? Dimmelo. Ti
prego.” Lo implorò lei.
“Non
sopportavo di stare in casa…” mormorò,
cercando di svicolare con una scusa, ma Sarah lo costrinse, con lo
sguardo, a
dire la verità.
“Volevo
parlarti”, riprese esitante; poi,
quasi con rabbia, continuò: “Volevo portarti via da Brumby! E tu, come
mai sei
qui? Dov’è il tuo futuro marito? ” aggiunse con cattiveria.
“L’ho
mandato a casa sua”, rispose
candidamente Sarah. “Volevo stare sola con i miei pensieri… Poi mi sono
accorta
che non volevo stare sola, volevo stare con te.”
“Con
me?… Perché con me?”
“Volevo…
Desideravo sapere…” mormorò lei.
“Cosa?“
chiese Harm, trattenendo il fiato.
“…
nulla.” E distolse lo sguardo.
“Sarah…
cosa desideravi?” insistette lui,
sollevandole il viso con le dita, deciso a non lasciar cadere il
discorso. Lei continuava a tacere.
“Dimmelo…
” le sussurrò, guardandola negli
occhi.
Finalmente
si decise: “Mi chiedevo come
sarebbe andata stasera se non fossimo rientrati alla festa, ecco!”
La
guardò sorpreso: “In altre parole se tu non
avessi detto che stiamo diventando bravi a dirci addio? E se non te ne
fossi
andata dopo che ti ho baciato?”
“Ummmh…”
rispose Sarah.
“E
come pensi che sarebbe andata?” le chiese.
L’argomento lo interessava moltissimo e non aveva alcun’intenzione di
mollare.
“Non
lo so” ammise lei.
“Beh,
c’è solo un modo, se vuoi, per
scoprirlo...” aggiunse Harm, con una strana luce divertita negli occhi.
E le fece
un cenno, come a volte faceva mentre lavoravano ad un caso, quando le
chiedeva
di ripetere quello che il cliente aveva detto loro di aver fatto.
Talvolta
utilizzava questo metodo per verificare una teoria, oppure per capire
se
l’assistito stava mentendo.
Sul lavoro erano davvero in sintonia: quasi
sempre si capivano solo con un gesto o con uno sguardo, ed era per
questo che
entrambi adoravano lavorare assieme. Le loro indagini e le rispettive
conclusioni finivano sempre col coincidere, sia che si trovassero dalla
stessa
parte, sia che fossero l’uno contro l’altra. Questo li rendeva una
squadra
imbattibile. Anche l’ammiraglio, il loro capo, se n’era accorto da
tempo, ed
era il motivo per il quale, appena poteva, li assegnava allo stesso
caso.
Quando
capì cosa le aveva proposto di fare, lo
guardò negli occhi, indecisa. Nello sguardo di Harm leggeva
molte cose: la
sfida con la quale la incitava a ripetere la scena che era stata
preludio al
loro bacio, la dolcezza che i suoi occhi e le sue labbra le
promettevano, il
desiderio che lei lo baciasse di nuovo… Ma lesse anche incertezza.
L’incertezza che
lei non lo facesse più. E, finalmente, prese la decisione solo per far
sparire
dai suoi occhi quell’incertezza.
Come
poche ore prima, si sporse verso il suo
viso e gli sfiorò le labbra con le sue, per ritrarsi quasi subito.
E
come allora, le labbra di Harm la seguirono,
decise a non lasciare le sue. Di nuovo la strinse a sé con forza, ma
questa
volta la sua stretta sembrava meno disperata. Ora, con una mano nei
suoi
capelli, le accarezzava la nuca mentre la baciava con struggente
dolcezza,
mentre la lingua le sfiorava la bocca, costringendola, di nuovo, ad
aprirsi per
lui. E lei obbedì… Non appena lo fece, Harm trasformò il loro dolce
incontro di
labbra in un bacio sensuale e appassionato.
A
Sarah il cuore batteva impazzito nel petto,
mentre lui non la lasciava andare e continuava a baciarla con desiderio.
Harm, invece, fu sorpreso che lei accettasse la sfida: ora che l’aveva di nuovo tra le braccia, nulla gli avrebbe impedito di dimostrarle quanto la desiderasse. Voleva sentire la sua pelle sotto le dita… Fece scivolare il giubbotto che le aveva posato sulle spalle per scaldarla, e con esso cadde a terra anche la stola di seta che lei indossava sopra l’abito. Così poteva stringerla premendo le mani contro la schiena nuda, accarezzandogliela. La pelle di Sarah era liscia come seta e il suo profumo lo stordiva. Non riusciva a smettere. Era meraviglioso baciarla! Così bello da fargli rimpiangere tutte le volte che aveva desiderato farlo e aveva rinunciato. Le sue labbra morbide si erano arrese così dolcemente alla sua volontà che il desiderio di lei, provato poche ore prima, non era nulla a confronto di ciò che stava provando ora.
Possibile
che non capisse quanta voglia avesse
di far l’amore con lei?
Nel
frattempo, Sarah si sentiva soffocare
dalla passione che quella bocca dolcissima faceva crescere in lei. Si
scostò a
fatica da lui, sconvolta da quell’emozione, ancora più intensa di
quella
provata alla festa. Di nuovo fece per allontanarsi, ma la sua voce roca
le
sussurrò:
“Ti
amo, Sarah… ”
Quelle parole la paralizzarono. Non glielo aveva mai detto.
Harm
le sfiorò con le dita un braccio nudo e un
brivido la attraversò tutta. Lui la guardava negli occhi, e
sembrò leggere
tutte le sue emozioni. Lei, invece, non riusciva a vedere null’altro se
non il
suo viso mentre le ripeteva: “Ti amo, Sarah…”
Mai
il suono del suo nome le era sembrato
tanto dolce quanto in quel momento! Un’emozione intensa le fece tornare
le lacrime
agli occhi, come alla festa, quando Harm aveva domandato perché non lo
avesse
aspettato il tempo necessario per liberarsi dalle sue paure. E come
poche ore
prima, la mano di Harm le asciugò una lacrima con una lenta carezza;
poi,
fissandola negli occhi, le disse di nuovo: “Ti amo”.
Rapita
dal suo sguardo e da quelle parole non
riuscì più a resistere: si avvicinò e lentamente fece scorrere la mano
sul suo
petto, per abbracciarlo. Nel farlo sentì che anche il suo cuore batteva
forte…
allora si strinse a lui. Aderì a quel corpo forte e muscoloso.
Immediatamente
lui la strinse ancora di più, fino a farle mancare il respiro.
“Harm,
baciami ancora…” lo implorò. Desiderava
di nuovo le sue labbra.
Sentirla
pronunciare il suo nome mentre la
teneva tra le braccia, gli fece perdere del tutto il controllo.
“Oh
Dio, Sarah…” gemette, mentre obbediva alla
sua richiesta.
Intanto
le sue mani esigenti le scorrevano
sulla schiena nuda e scivolavano sotto le spalline dell’abito… Quando
si
accorse di quello che stava facendo, si bloccò, incerto, quasi ad
attendere il
suo permesso. Stretta contro di lui, anche lei voleva
accarezzare la sua pelle. Rispose alla sua domanda slacciandogli i
pochi
bottoni della camicia ancora chiusi e passando le mani sul suo torace
nudo: era
così caldo sotto le sue dita… Mentre lo accarezzava, lo sentì sospirare.
Harm
non aspettava altro: iniziò a lasciar
scendere le labbra dal collo alle spalle, fino al suo seno. Quel seno,
che
aveva immaginato più volte nascosto dall’austera uniforme da Marine, e
che lo
aveva fatto impazzire tutte le volte (troppo poche, per i suoi gusti)
che lo
aveva intravisto, quando lei indossava un abito da sera. Come quello
che
indossava ora: non aveva desiderato altro che poterla toccare da quando
l’aveva
vista a casa dell’ammiraglio, al fianco di Brumby, con quell’abito
addosso!
Aveva addirittura pensato che l’avesse indossato apposta, per farsi
desiderare
maggiormente da lui, quasi a fargliela pagare per non averle detto
prima quello
che sentiva per lei. Il suo seno… era meraviglioso averlo tra
le
mani, così morbido e caldo; era stupendo poterglielo toccare. Poi
abbassò il
viso e glielo baciò con una dolcezza tale da sconvolgerla del tutto.
“Harm…”
sospirò, completamente presa da lui.
Le sue mani così grandi… Quante volte aveva desiderato averle su di sé?
Quante
volte aveva desiderato che la stringesse, la baciasse, la toccasse
così? Non riusciva più a pensare razionalmente… Che
cosa stavano facendo? Avrebbe dovuto sposarsi con Mic tra pochi giorni.
Fece per allontanarsi da lui, ma Harm tornò
con la bocca alle sue labbra e, sfiorandogliele, le sussurrò con voce
roca:
“No. Ti prego… Non andartene”.
“Non
possiamo… Mic…” cercò di dire lei,
mentre, ancora una volta, non riusciva a resistere al bacio che le
stava dando.
La
baciò di nuovo, quasi con disperazione.
Quando lei stava iniziando a pensare che non avrebbe più smesso, si
fermò per
guardarla intensamente negli occhi, mentre le faceva scivolare una mano
sulla
guancia e col pollice le accarezzava la bocca.
“Fai
l’amore con me, Sarah …” le sussurrò con
voce profonda.
Non gli aveva mai visto quello sguardo… Spesso cercava di nascondere le sue emozioni, ma gli occhi lo tradivano sempre e lei aveva imparato a leggere il suo sguardo per capire quello che a volte non voleva dirle. Guardandolo negli occhi, Sarah lesse tutto il desiderio che lui aveva. Sentì la passione attraversarle il corpo, come se fosse una sua intensa, lunghissima carezza. Harm, però, non la stava toccando, non più. Si accorse anche che aveva sciolto il loro abbraccio, ma le era così vicino che respiravano lo stesso respiro. Voleva che fosse lei a decidere. Non l’avrebbe forzata. Aveva solamente dimostrato quanto la desiderava; tuttavia avrebbe accettato la sua decisione.
Sarah si sentì lacerata: la sua lealtà le imponeva di uscire da quella casa; l’amore e la voglia che aveva di lui le impedivano di farlo. Quanto desiderava quell’uomo! Voleva ancora le sue mani su di lei, la sua bocca…
Voleva
amarlo.
Da
moltissimo tempo non desiderava altro che
poterlo amare. Come avrebbe potuto resistere ora? Ora che, finalmente,
anche
lui voleva fare l’amore con lei. Gli tolse la
camicia, senza quasi accorgersi
di quello che faceva, e lo abbracciò. Un’ondata di sensualità la
travolse,
quando lo sentì fremere tra le sue braccia. Allora gli cercò la bocca,
mentre
una mano saliva a sfiorargli il viso. Stringendosi di più a lui, gli
passò
lentamente la lingua sulle labbra, che immediatamente si aprirono per
lei…
Dio mio, cosa gli stava facendo? Come poteva eccitarlo tanto, solamente sfiorandogli le labbra? Nessuna donna lo aveva fatto sentire così, solo con un bacio. La sua sensualità lo travolgeva. Non riuscì più a resistere: la sollevò tra le braccia e la portò verso il letto.
La
passione tra loro stava aumentando in
maniera incontrollabile. A Sarah venne da sorridere, mentre
pensava a
quello che gli aveva detto proprio poche ore prima.
“Perché
sorridi…?” le chiese dolcemente Harm,
la voce che era un sussurro, mentre continuava a baciarle la gola, il
viso, le
labbra.
“Pensavo
a quando ho detto che non perdi mai
il controllo…”
Lui
la guardò e le rivolse uno dei suoi
affascinanti sorrisi, che le facevano sempre sciogliere il cuore. Poi,
lasciandola scivolare contro il proprio corpo, fece in modo che si
rimettesse in
piedi accanto al letto. Sarah trovò quel gesto estremamente
eccitante:
aveva sempre desiderato quel corpo magnifico e ora lo aveva così
vicino… così addosso…
e fra poco sarebbe stato solo suo.
Si
guardarono negli occhi, gli sguardi
offuscati dalla passione, e insieme continuarono a spogliarsi…
Harm
la accolse nel suo letto, stendendosi
accanto a lei.