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Autore: Alexandra_ph    03/02/2012    1 recensioni
Questo racconto è stato scritto tra l'estate e l'autunno 2002 e si colloca tra gli episodi “LIFELINE”, “ADRIF1” e “ADRIFT2”.
Mac è in procinto di sposarsi con Mic Brumby. Durante la festa di fidanzamento offerta dall’ammiraglio Chegwidden, Harm e Mac si appartano in veranda per parlare: ricordano molti momenti vissuti assieme e si dicono addio. Ma poco prima di rientrare, Harm la bacia…
Da qui parte la mia storia.
Genere: Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Harmon 'Harm' Rabb, Sarah 'Mac' MacKenzie, Un po' tutti
Note: Lemon | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Fly with Me'
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Capitolo 3


Harm stava per salire in macchina, quando la vide. Indossava ancora l’abito che aveva alla festa e stava scendendo dalla sua auto. Era bellissima, e non lo aveva ancora visto. Si fermò, quando si accorse di lui, paralizzata dalla sorpresa di trovarlo in strada.

“Ciao! Che ci fai qui? ” domandò Harm.

“Ciao.” E così dicendo, un brivido le attraversò la schiena.

“Vieni. Saliamo da me… Stai tremando di freddo.”

“No, tu stai uscendo. Non voglio disturbare.“

“Non disturbi. Stavo per venire da te, Sarah.”

Quelle parole la sconvolsero ancora di più. Stava andando da lei? Inoltre l’aveva chiamata Sarah… rare volte l’aveva chiamata così, col suo nome di battesimo, e ogni volta che lo aveva fatto, il suo cuore aveva perso un battito. Lo fissò in quegli occhi chiari, profondi, dove adorava perdersi ogni volta che si guardavano.

“Vieni Sarah…” E le prese la mano. Al tocco delle sue dita rabbrividì di nuovo.

Lui si sfilò il giubbotto e glielo mise sulle spalle.

“Sembra che questa sera tu debba per forza indossare qualcosa di mio “ le sussurrò dolcemente, mentre la guidava su per le scale, fino al suo appartamento.

Adorava indossare qualcosa di suo, essere avvolta completamente dal suo profumo. Si sentiva sicura, protetta. Anche se, in quel momento, la sua voce profonda, la sua mano calda sulle spalle mentre la invitava ad entrare e i suoi occhi che la osservavano, la facevano sentire più eccitata che protetta.

“Così va meglio. Mettiti comoda.”

Sarah non riusciva a parlare e si guardò attorno, come faceva tutte le volte che entrava in casa sua. Non sapeva perché. Conosceva bene la sua casa, eppure ogni volta era incuriosita dall’ordine che vi regnava. Era sempre ordinata, ma al tempo stesso vissuta: vissuta da lui. Ogni volta si guardava in giro, con la curiosità di cogliere qualche traccia diversa, qualcosa che avrebbe denotato un attimo di smarrimento, un po’ di rabbia, una gioia improvvisa… ma nulla, tutto era sempre perfettamente a posto.

Ogni volta, tranne quella: la giacca che indossava alla festa era stata gettata su una sedia. Si voltò a guardarlo e notò che indossava gli stessi pantaloni del completo e la stessa camicia. Questa non era più diligentemente infilata, ma fuori dei calzoni e slacciata sul fondo, come lui era solito fare non appena entrava in casa e si metteva in libertà. 
Lo faceva subito, quasi d’istinto, e lo aveva fatto anche da lei più di una volta, quando era andato a cena per discutere di un caso direttamente dall’ufficio. Appena lei gli diceva di mettersi comodo, invece di sedersi subito, prima si toglieva la giacca, che appoggiava ordinata alla spalliera di una sedia. Quindi si toglieva la cravatta, slacciava i primi due bottoni, rivelando il suo bellissimo collo, e poi, proprio un attimo prima di sedersi e sospirare soddisfatto, sfilava la camicia e apriva altri due bottoni sul fondo.

Sembrava un rituale. La prima volta, lei era rimasta esterrefatta!

Era l’unico uomo che conosceva che si sfilava la camicia in compagnia di una donna, solo per mettersi comodo, senza secondi fini. Glielo aveva fatto notare e lui l’aveva guardata sorpreso, le aveva rivolto un sorriso disarmante e, con aria da cucciolo, aveva assicurato che non ci aveva pensato, lo aveva fatto d’istinto. Di solito non gli succedeva di sentirsi così rilassato e a suo agio in una casa diversa dalla sua. Quello era un rituale intimo, che normalmente faceva solo in privato. Avrebbe dovuto sentirsi lusingata e non offesa, perché significava che lei lo faceva sentire a suo agio.

“Ma se la cosa ti offende…”

Sarah non lo aveva lasciato finire e aveva replicato: “No, figurati, non preoccuparti!”

Harm, tuttavia, non intendeva quello che lei aveva capito e con un sorriso sornione aveva terminato la frase:

“… posso sempre decidere di avere secondi fini!”

A quelle parole, lei gli aveva tirato dietro un cuscino del divano, che lui aveva abilmente schivato. Da allora, ogni volta che automaticamente gli diceva di mettersi comodo, sorrideva divertito, allontanava da lei i cuscini del divano e poi iniziava col suo rituale!

La giacca, però, quella sera non era accuratamente infilata alla spalliera della sedia, ma gettata sul sedile. Anche la cravatta penzolava a terra. Sembravano gettate con rabbia.

“Scusa il disordine…” disse Harm, dirigendosi verso la sedia.

“No. Lascia stare.” Prendendogli una mano, Sarah lo fermò. Era tenero, nella sua maniacale ricerca dell’ordine, come se cercasse di nascondere tutte le sue emozioni, qualunque fossero. Lei, però, lo adorava quando era allo scoperto…
Harm si girò verso di lei e la osservò. Aveva il suo solito sguardo intenso, che le scavava nell’animo; uno sguardo che le faceva sempre dimenticare persino dov’era.

“Come mai stavi venendo da me? E dov’è Renee?” gli chiese.

“Perché sei qui?” domandò lui, quasi contemporaneamente.

“Prima io, avvocato!”

Lui distolse lo sguardo e Sarah temette che si richiudesse di nuovo in se stesso.

“Harm, perché stavi venendo da me? Dimmelo. Ti prego.” Lo implorò lei.

“Non sopportavo di stare in casa…” mormorò, cercando di svicolare con una scusa, ma Sarah lo costrinse, con lo sguardo, a dire la verità.

“Volevo parlarti”, riprese esitante; poi, quasi con rabbia, continuò: “Volevo portarti via da Brumby! E tu, come mai sei qui? Dov’è il tuo futuro marito? ” aggiunse con cattiveria.

“L’ho mandato a casa sua”, rispose candidamente Sarah. “Volevo stare sola con i miei pensieri… Poi mi sono accorta che non volevo stare sola, volevo stare con te.”

“Con me?… Perché con me?”

“Volevo… Desideravo sapere…” mormorò lei.

“Cosa?“ chiese Harm, trattenendo il fiato.

“… nulla.” E distolse lo sguardo.

“Sarah… cosa desideravi?” insistette lui, sollevandole il viso con le dita, deciso a non lasciar cadere il discorso. Lei continuava a tacere.

“Dimmelo… ” le sussurrò, guardandola negli occhi.

Finalmente si decise: “Mi chiedevo come sarebbe andata stasera se non fossimo rientrati alla festa, ecco!”

La guardò sorpreso: “In altre parole se tu non avessi detto che stiamo diventando bravi a dirci addio? E se non te ne fossi andata dopo che ti ho baciato?”

“Ummmh…” rispose Sarah.

“E come pensi che sarebbe andata?” le chiese. L’argomento lo interessava moltissimo e non aveva alcun’intenzione di mollare.

“Non lo so” ammise lei.

“Beh, c’è solo un modo, se vuoi, per scoprirlo...” aggiunse Harm, con una strana luce divertita negli occhi. E le fece un cenno, come a volte faceva mentre lavoravano ad un caso, quando le chiedeva di ripetere quello che il cliente aveva detto loro di aver fatto. Talvolta utilizzava questo metodo per verificare una teoria, oppure per capire se l’assistito stava mentendo.
Sul lavoro erano davvero in sintonia: quasi sempre si capivano solo con un gesto o con uno sguardo, ed era per questo che entrambi adoravano lavorare assieme. Le loro indagini e le rispettive conclusioni finivano sempre col coincidere, sia che si trovassero dalla stessa parte, sia che fossero l’uno contro l’altra. Questo li rendeva una squadra imbattibile. Anche l’ammiraglio, il loro capo, se n’era accorto da tempo, ed era il motivo per il quale, appena poteva, li assegnava allo stesso caso.

Quando capì cosa le aveva proposto di fare, lo guardò negli occhi, indecisa. Nello sguardo di Harm leggeva molte cose: la sfida con la quale la incitava a ripetere la scena che era stata preludio al loro bacio, la dolcezza che i suoi occhi e le sue labbra le promettevano, il desiderio che lei lo baciasse di nuovo… Ma lesse anche incertezza. L’incertezza che lei non lo facesse più. E, finalmente, prese la decisione solo per far sparire dai suoi occhi quell’incertezza.

Come poche ore prima, si sporse verso il suo viso e gli sfiorò le labbra con le sue, per ritrarsi quasi subito.

E come allora, le labbra di Harm la seguirono, decise a non lasciare le sue. Di nuovo la strinse a sé con forza, ma questa volta la sua stretta sembrava meno disperata. Ora, con una mano nei suoi capelli, le accarezzava la nuca mentre la baciava con struggente dolcezza, mentre la lingua le sfiorava la bocca, costringendola, di nuovo, ad aprirsi per lui. E lei obbedì… Non appena lo fece, Harm trasformò il loro dolce incontro di labbra in un bacio sensuale e appassionato.

A Sarah il cuore batteva impazzito nel petto, mentre lui non la lasciava andare e continuava a baciarla con desiderio.

Harm, invece, fu sorpreso che lei accettasse la sfida: ora che l’aveva di nuovo tra le braccia, nulla gli avrebbe impedito di dimostrarle quanto la desiderasse. Voleva sentire la sua pelle sotto le dita… Fece scivolare il giubbotto che le aveva posato sulle spalle per scaldarla, e con esso cadde a terra anche la stola di seta che lei indossava sopra l’abito. Così poteva stringerla premendo le mani contro la schiena nuda, accarezzandogliela. La pelle di Sarah era liscia come seta e il suo profumo lo stordiva. Non riusciva a smettere. Era meraviglioso baciarla! Così bello da fargli rimpiangere tutte le volte che aveva desiderato farlo e aveva rinunciato. Le sue labbra morbide si erano arrese così dolcemente alla sua volontà che il desiderio di lei, provato poche ore prima, non era nulla a confronto di ciò che stava provando ora. 

Possibile che non capisse quanta voglia avesse di far l’amore con lei?

Nel frattempo, Sarah si sentiva soffocare dalla passione che quella bocca dolcissima faceva crescere in lei. Si scostò a fatica da lui, sconvolta da quell’emozione, ancora più intensa di quella provata alla festa. Di nuovo fece per allontanarsi, ma la sua voce roca le sussurrò:

“Ti amo, Sarah… ”

Quelle parole la paralizzarono. Non glielo aveva mai detto. 

Harm le sfiorò con le dita un braccio nudo e un brivido la attraversò tutta. Lui la guardava negli occhi, e sembrò leggere tutte le sue emozioni. Lei, invece, non riusciva a vedere null’altro se non il suo viso mentre le ripeteva: “Ti amo, Sarah…”

Mai il suono del suo nome le era sembrato tanto dolce quanto in quel momento! Un’emozione intensa le fece tornare le lacrime agli occhi, come alla festa, quando Harm aveva domandato perché non lo avesse aspettato il tempo necessario per liberarsi dalle sue paure. E come poche ore prima, la mano di Harm le asciugò una lacrima con una lenta carezza; poi, fissandola negli occhi, le disse di nuovo: “Ti amo”.

Rapita dal suo sguardo e da quelle parole non riuscì più a resistere: si avvicinò e lentamente fece scorrere la mano sul suo petto, per abbracciarlo. Nel farlo sentì che anche il suo cuore batteva forte… allora si strinse a lui. Aderì a quel corpo forte e muscoloso. Immediatamente lui la strinse ancora di più, fino a farle mancare il respiro.

“Harm, baciami ancora…” lo implorò. Desiderava di nuovo le sue labbra.

Sentirla pronunciare il suo nome mentre la teneva tra le braccia, gli fece perdere del tutto il controllo.

“Oh Dio, Sarah…” gemette, mentre obbediva alla sua richiesta.

Intanto le sue mani esigenti le scorrevano sulla schiena nuda e scivolavano sotto le spalline dell’abito… Quando si accorse di quello che stava facendo, si bloccò, incerto, quasi ad attendere il suo permesso. Stretta contro di lui, anche lei voleva accarezzare la sua pelle. Rispose alla sua domanda slacciandogli i pochi bottoni della camicia ancora chiusi e passando le mani sul suo torace nudo: era così caldo sotto le sue dita… Mentre lo accarezzava, lo sentì sospirare.

Harm non aspettava altro: iniziò a lasciar scendere le labbra dal collo alle spalle, fino al suo seno. Quel seno, che aveva immaginato più volte nascosto dall’austera uniforme da Marine, e che lo aveva fatto impazzire tutte le volte (troppo poche, per i suoi gusti) che lo aveva intravisto, quando lei indossava un abito da sera. Come quello che indossava ora: non aveva desiderato altro che poterla toccare da quando l’aveva vista a casa dell’ammiraglio, al fianco di Brumby, con quell’abito addosso! Aveva addirittura pensato che l’avesse indossato apposta, per farsi desiderare maggiormente da lui, quasi a fargliela pagare per non averle detto prima quello che sentiva per lei. Il suo seno… era meraviglioso averlo tra le mani, così morbido e caldo; era stupendo poterglielo toccare. Poi abbassò il viso e glielo baciò con una dolcezza tale da sconvolgerla del tutto.

“Harm…” sospirò, completamente presa da lui. Le sue mani così grandi… Quante volte aveva desiderato averle su di sé? Quante volte aveva desiderato che la stringesse, la baciasse, la toccasse così? Non riusciva più a pensare razionalmente… Che cosa stavano facendo? Avrebbe dovuto sposarsi con Mic tra pochi giorni. Fece per allontanarsi da lui, ma Harm tornò con la bocca alle sue labbra e, sfiorandogliele, le sussurrò con voce roca: “No. Ti prego… Non andartene”.

“Non possiamo… Mic…” cercò di dire lei, mentre, ancora una volta, non riusciva a resistere al bacio che le stava dando.

La baciò di nuovo, quasi con disperazione. Quando lei stava iniziando a pensare che non avrebbe più smesso, si fermò per guardarla intensamente negli occhi, mentre le faceva scivolare una mano sulla guancia e col pollice le accarezzava la bocca.

“Fai l’amore con me, Sarah …” le sussurrò con voce profonda.

Non gli aveva mai visto quello sguardo… Spesso cercava di nascondere le sue emozioni, ma gli occhi lo tradivano sempre e lei aveva imparato a leggere il suo sguardo per capire quello che a volte non voleva dirle. Guardandolo negli occhi, Sarah lesse tutto il desiderio che lui aveva. Sentì la passione attraversarle il corpo, come se fosse una sua intensa, lunghissima carezza. Harm, però, non la stava toccando, non più. Si accorse anche che aveva sciolto il loro abbraccio, ma le era così vicino che respiravano lo stesso respiro. Voleva che fosse lei a decidere. Non l’avrebbe forzata. Aveva solamente dimostrato quanto la desiderava; tuttavia avrebbe accettato la sua decisione.

Sarah si sentì lacerata: la sua lealtà le imponeva di uscire da quella casa; l’amore e la voglia che aveva di lui le impedivano di farlo. Quanto desiderava quell’uomo! Voleva ancora le sue mani su di lei, la sua bocca…

Voleva amarlo.

Da moltissimo tempo non desiderava altro che poterlo amare. Come avrebbe potuto resistere ora? Ora che, finalmente, anche lui voleva fare l’amore con lei. Gli tolse la camicia, senza quasi accorgersi di quello che faceva, e lo abbracciò. Un’ondata di sensualità la travolse, quando lo sentì fremere tra le sue braccia. Allora gli cercò la bocca, mentre una mano saliva a sfiorargli il viso. Stringendosi di più a lui, gli passò lentamente la lingua sulle labbra, che immediatamente si aprirono per lei…

Dio mio, cosa gli stava facendo? Come poteva eccitarlo tanto, solamente sfiorandogli le labbra? Nessuna donna lo aveva fatto sentire così, solo con un bacio. La sua sensualità lo travolgeva. Non riuscì più a resistere: la sollevò tra le braccia e la portò verso il letto. 

La passione tra loro stava aumentando in maniera incontrollabile. A Sarah venne da sorridere, mentre pensava a quello che gli aveva detto proprio poche ore prima.

“Perché sorridi…?” le chiese dolcemente Harm, la voce che era un sussurro, mentre continuava a baciarle la gola, il viso, le labbra.

“Pensavo a quando ho detto che non perdi mai il controllo…”

Lui la guardò e le rivolse uno dei suoi affascinanti sorrisi, che le facevano sempre sciogliere il cuore. Poi, lasciandola scivolare contro il proprio corpo, fece in modo che si rimettesse in piedi accanto al letto. Sarah trovò quel gesto estremamente eccitante: aveva sempre desiderato quel corpo magnifico e ora lo aveva così vicino… così addosso… e fra poco sarebbe stato solo suo.

Si guardarono negli occhi, gli sguardi offuscati dalla passione, e insieme continuarono a spogliarsi…

Harm la accolse nel suo letto, stendendosi accanto a lei.


  
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