Amortentia: profumo di neve, di libri e...
V.
Theodore
ed io eravamo rimasti stupiti dalle parole
di
Blaise: oltre ad avermi fatto innervosire, infatti,
mi
avevano aperto gli occhi su quanto potesse essere
semplice
la soluzione del mio dilemma.
– Theo,
posso parlarti?
La mattina dopo, nel
dormitorio eravamo rimasti solo noi due: Blaise si svegliava sempre
prestissimo, volatilizzandosi prima che anche noi ci alzassimo, e
avevo chiesto a Vincent e Gregory di lasciarci soli per qualche
minuto.
La notte precedente
non ero riuscito a prendere sonno finché non avevo preso la
decisione di parlare con Theodore di ciò che era successo.
Toccava a
me, quella volta, calpestare il mio orgoglio: mi bruciava, devo
ammetterlo, ma l'idea di perdere il mio migliore amico era molto
peggiore. Non avevo l'assoluta certezza che mi avrebbe ascoltato, ma
ne ero abbastanza sicuro.
Senza guardarmi,
annuì; mi stava dando le spalle, mentre piegava il pigiama e
lo
riponeva sul cuscino, e mi dava abbastanza fastidio. Mi trattenni
dallo sbottare solo per il timore di perdere l'occasione di mettere
in chiaro le cose.
– Perché
te la sei presa tanto, l'altra notte?
Sono sicuro che si
aspettasse la mia domanda, non era uno stupido, ma
s'irrigidì
comunque.
Lentamente si voltò,
fino ad incrociare i miei occhi con i suoi, e si lasciò
cadere sul
letto con un piccolo sbuffo. Sembrava imbarazzato, un sospetto
rossore aveva cominciato a colorargli le guance, e arrossii di
riflesso: se era a disagio, mi sembrava ovvio che lo fossi anche io.
Quel pensiero mi fece sorridere.
– Non
posso chiederti di lasciar perdere, vero? –
domandò con un
sospiro, alzando una mano per coprirsi gli occhi. Non voleva una
risposta, per cui non gliela diedi. – Io... vedi, io...
Salazar,
non pensavo che potesse essere così difficile! –
sbottò tutto
d'un tratto, sbilanciandosi all'indietro per sdraiarsi. Non so
esattamente cosa mi spinse a farlo, ma mi alzai dal mio letto e mi
sedetti sul suo, accanto a lui. Sembrava stupito quanto me per il mio
gesto, ma sorrise appena.
– Sono
messo davvero male, eh? In sedici anni che ci conosciamo non ti sei
mai seduto sul mio letto di tua spontanea volontà,
– scherzò,
prima di sospirare e mettersi di nuovo a sedere sul letto. –
Tanto
vale approfittarne, visto che questa è la prima e
sarà sicuramente
l'ultima volta.
Stavo per chiedergli
spiegazioni riguardo ciò che aveva appena detto, ma la sua
bocca
premuta contro la mia mi diede tutte le risposte che cercavo; erano
risposte spaventose.
Ad occhi sbarrati lo
spinsi via e corsi fuori dal dormitorio.