Parte I
Un tuffo nel
passato:
(Parte I ) “Un uomo tranquillo.”.
M |
entre, i Garuda e Minos , erano in viaggio per eseguire il volere di Pandora
e di Hades, in una città ad est, in una
periferia malfamata , dove la mala regnava sovrana , un boss molto famoso era
in giro con la sua macchina nera che si fermò vicino ad un bar.
A quanto parte qualcosa di losco stava per
accadere.
La
macchina nera lussuosa, si fermò avanti al bar più malfamato della zona,
da lì ne uscirono quattro uomini, tre di loro si avviarono verso
l’entrata del bar mentre il quarto uomo aprì la porta al suo capo
che aveva una valigetta nera che stringeva nella mano destra.
Il
suo aspetto era molto semplice, un uomo di mezz’età , basso, dalla testa calva un viso arcigno e diabolico con
un paio di baffi, era chiamato da tutti con il nome di Don Domingo, non
c’era malavitoso che non conoscesse il suo nome.
Infatti quando entrò nel bar , la gente
che vi era dentro, iniziò ad assumere un comportamento di assoluto
rispetto ed anche di paura, visto la pressione che incuteva.
Il
barista gli preparò subito il suo tavolo.
Si
sedette con a fianco i suoi scagnozzi, poi fece un
segno a uno dei suoi, che si alzò subito in piedi
Don
Domingo: “Allora hai provveduto a
chiamarlo?.”.
L’altro:
“Si signore, dovrebbe essere…”.
L’uomo
non fece in tempo a parlare che subito una voce lo fermò, alle spalle.
Voce:
“Quanta fretta, vedo che volete , togliervi
questo affare alla svelta. Degno di voi Don Domingo, ah ah
ah.”.
L’uomo
vicino a Don Domingo, si girò di scatto, e vide
avanti a se una figura con indosso un impermeabile nero e un cappello dello
stesso colore.
Uomo:
“Ah eccoti.”.
L’atro:
“I miei omaggi,.”.
Don
Domingo: “Sono felice di vederti, Radamatis,
hai fatto quel lavoro come ti ho detto?.”.
Il
ragazzo alzò il suo cappello sfoderando il suo
sguardo, maligno e beffardo dagli occhi gialli come i demoni, sorrise di
scherno.
Radamantis: “A già che
sciocco, dimenticavo di darvi il regalo che ti ho portato, da parte di quel
magistrato…”.
Il
ragazzo, tirò fuori dalla sua giacca un sacchetto,
dove vi era una falange di dito tagliato, poi lo gettò verso il boss che
lo prese e notò il contenuto, poi emise un sorriso, mentre i suoi
scagnozzi inorridirono, un po’ spaventati dalla crudeltà di quel’uomo, così terrificante e misterioso.
Radamantis: “Mi spiace, ma dopo il
mio trattamento ci è rimasto solo quello, lo so
che lei avrebbe voluto vedere il cadavere, ma non ricordo più dove
l’ho seppellito…”.
Don
Domingo: “Che importa, L’importante è che ora non mi dia
più fastidio, sai bene quanto era fastidioso, quel insetto.”.
Radamantis: “Tranquillo, ora solo gli
dei sapranno giudicarlo, sei coperto per ora…”
Radamantis, si avvicinò, al tavolo,
mentre L’uomo che era vicino al boss gli si frappose avanti, cercando di
tenerlo distante dal capo.
Don
Domingo: “Non essere maleducato Ron, fallo
avvicinare, dopo tutto sono un uomo generoso, ho qui
quello che gli devo.”
Ron ubbidì e fece passare Radamantis.
Radamantis: “sono
contento, vedo che sei uno ragionevole.”.
Don
Domingo, emise un sorriso, maligno.
Don
Domingo: “Certamente.”.
Il
boss, mise la valigetta sul tavolo , poi la
aprì e all’interno vi
erano dodicimila dollari, tondi,tondi.
Don
Domingo: “Ecco qui. La tua ricompensa, come promesso.”.
Radamantis non disse
niente, si limitò a prendere la valigetta con i soldi, tuttavia
Don Domingo, lo trattenne ancora, aveva bisogno di un altro lavoro da parte
sua.
Don
Domingo:”Aspetta ho ancora bisogno di un tuo
lavoro.”.
Radamantis, si fermò, poi
guardò l’uomo con il suo sguardo severo.
Radamantis: “Quanto ?”.
Don
Domingo: “Il triplo.”.
Radamantis, sembrò interessato,
c’erto se la somma era triplicata, non poteva farsi sfuggire un’occasione del genere, il suo sguardo si fece
più acuto, però poi una sola frase uscì dalla sua bocca.
Radamatis: “Chi?.”.
Don
Domingo: “Si tratta di un poliziotto, a quanto pare questo sta indagando
su alcuni affari che ho lasciato indietro tempo fa ,
su alcuni appalti.”.
Radamantis, non era disposta ad ascoltare i
suoi affari, dopotutto stava lavorando anche lui, quindi gli bastava sapere
semplicemente il nome della sua vittima, senza tanti sotterfugi inutili.
Radamantis: “Io con le tue storie del c***o mi ci pulisco il c**o, quando imparerai
a dirmi solo il nome del fottuto bastardo che vuoi
che ammazzi, senza annoiarmi con le tue stronzate? Ho da fare lo sai bene.”.
Ron:
“Ehi come osi rivolgerti al boss così?”.
Radamantis, guardò l’uomo con
un’espressione, di sfida assassina.
Radamantis: “Senti amico è da
prima che continui ad infastidirmi, guarda che se voglio che tu mi lustri le
scarpe con la tua lingua, sta pur certo che te lo farò fare, anche se qui davanti c’è il tuo capo che
ti para il c**o.”.
Ron: “Fottutissimo
figlio di…”.
Ron stava per mettere le mani addosso a Radamantis, e in tanto lui stava caricando la
sua pistola , all’interno
dell’impermeabile scuro.
Don
Domingo fermò i due, non gli conveniva far arrabbiare il suo socio Radamantis, ora che aveva più bisogno.
Don
Domingo: “Ron, smettila. dimenticavo,
tu sei un uomo impegnato, scusami, comunque si chiama Lutor,
è uno della squadra investigativa federale. Ecco la sua foto.”.
Radamantis, distolse lo sguardo
dall’altro uomo, poi prese la foto e guardò la sua vittima.
Radamantis: “Ok dammi tempo di
trovarlo e poi di lui, non se ne sentirà più parlare.”.
Si
prestò ad andarsene,poi però si
fermò sembrava aver dimenticato qualcosa.
Radamantis: “ A dimenticavo…”.
Si
voltò per guardare il boss,poi continuò.
Radamantis: “La prossima volta evita
di portare con te la spazzatura, altrimenti sarò costretto a dare una
bella ripulita…”.
Il
ragazzo naturalmente, era rivolto all’altro Ron
che sentì il sangue ribollire, ma si trattenne, perché per ora il
suo capo voleva così.
Radamantis: “I miei omaggi Don
Domingo.”.
Continuò
a ripetere mentre si allontanava a passo lento.
Radamantis dopo aver ricevuto il lavoro che
doveva fare, si diresse verso la sua casa che era un mini
appartamento, situato verso l’estremità della via.
Arrivò
al portone di un palazzo molto vecchio che non si reggeva in piedi, dove vi
erano delle crepe e delle finestre mezze rotte, dal quale si potevano udire
grida di litigio, infatti subito dopo si vide una
valigia buttata fuori dalla finestra.
Radamantis: “Che p***e. Hanno
rincominciato di nuovo, prima o poi li
ucciderò.”.
Il
ragazzo stava per infilare la chiave, quando la porta si aprì di colpo,
e una donna , dall’aria arrabbiata , ne
uscì fuori.
Il
suo aspetto era anziano e non più bello, come quando era giovane,
però i suoi occhi erano decisi, anche se il suo aspetto era trasandato e
cadente.
Radamantis: “Signora Sperman? Che c’è
un'altra volta? lo ha beccato ubriaco e se ne sta
andando?.”.
Donna:” Me ne vado per sempre, non voglio più
vederlo, basta adesso mi sono rotta le p***e di lui. Non ne posso più
sempre la solita storia.”.
Radamantis:”Se vuole
posso ammazzarlo?.”.
Donna:
“Non servirebbe, io lo odierei anche da morto, la saluto
Radamantis e si ricordi che ogni tanto potrei venire
a farle visita.”.
La
donna gli ammiccò un occhiolino malizioso, mentre il ragazzo pensava
nella sua mente.
Radamantis: “Questa ci prova sempre, ma non ha capito che ormai è
vecchia decrepita per me, che P***e, e poi comunque
torna sempre alla fine anche se il marito la tratta male. E’proprio
vero che l’amore rende stupidi, per fortuna io ho deciso di levarmi
questo problema, meno male, preferisco di più farmi una notte con una
della strada più tosto che innamorarmi come un idiota.”.
Il
ragazzo andò nel suo appartamento, entrò
in casa.
Era
un appartamento molto piccolo che aveva solo la cucina e di fronte lo spazio,
per la branda che aveva come letto, mentre qualche metro più in
là c’era il Water e la doccia con un piccolo lavandino e uno
specchio.
Il
disordine regnava sovrano, il tavolo della cucina era pieno di giornali vecchi
e macchiati di caffé e di olio, poi i piatti
sporchi nel lavandino, con le mosche che ronzavano, e sulla cucina vi erano
pentole incrostate con dentro avanzi di cibo, a terra schifezze di ogni genere
e polvere sui pochi mobili che vi erano,poi non parliamo di come era ridotto il
Water e il lavandino, del resto Radamantis con tutto
quello che aveva da fare non poteva pensare anche a pulire, tanto viveva da solo,
non gli importava neanche.
Appoggiò
la valigetta con i soldi vicino ad uno stendi panni
sul quale appoggiò il suo cappotto, poi il capello, infine si tolse
anche il cinturone con la pistola, provvista di silenziatore e pallottole a
volontà.
Sbadigliò,
stiracchiandosi un po’, visto l’ora poi si diresse verso la branda
vicino e notò che su di essa vi era coricato
qualcuno.
Era
una donna, molto carina anche se era magrolina e
scarnita portava dei capelli lunghi fino alle spalle neri,e il suo corpo mezzo
nudo era longilineo e mostrava bene le sue fattezze, anche se erano mezze
coperte dal lenzuolo nero che la copriva,nonostante lei comunque dormisse bella
spaparanzata, come se fosse la regina del letto.
Radamantis,la guardò
, e mise le braccia sui fianchi, era un po’ arrabbiato nel vederla.
Radamantis: “Ehi ma che cavolo ci fai ancora qui Silvia?ti ho detto di andartene ti ho pagato
solo per ieri sera. Cavolo.”.
La
ragazza si girò dall’altra parte, facendo finta di non ascoltare.
Il
ragazzo ne fu ancora più irritato.
Radamantis: “Ehi insomma Silvia?.”.
La
chiamò più volte,alla fine la ragazza si
svegliò sbuffando.
Silvia:
“Che noia , ma che cavolo hai da gridare, sai
che ore sono?.”.
Radamantis: “Certo è ora che
alzi il tuo bel culetto da qui.”.
La
ragazza sbuffò di nuovo.
Silvia: “Uffa, come sei acido oggi?”.
Radamantis: “Senti domani ho da fare,
ho bisogno di dormire se non ti spiace,”.
Silvia:
”Anche ieri mi hai detto la stessa cosa, è possibile che hai
sempre da fare? Perchè non trovi un po’ di tempo
per me?”.
Radamantis: “Guarda che non sei la
mia ragazza per sempre. Su smamma se non vuoi che ti
ammazzi.”.
Silvia:
“E dai non fare lo s*****o, lo sai che infondo noi due siamo fatti
l’uno per l’altro, non posso andarmene, e tu non puoi
ammazzarmi, anche perché so che non lo faresti mai.”.
Radamantis: “Chi te l’ha detto?
tu sei solo una che ho trovato all’angolo, non
sei mica la mia ragazza, posso farti quello che voglio visto che la grana la
tiro fuori io, ma ora non ho intenzione di spendere nulla per te quindi
fuori.”.
Silvia
lo guardò con aria maliziosa.
Silvia:
“E dai, stanotte te la offro gratis.”.
Radamantis sbuffò, non era la prima
volta che quella ragazza non se ne voleva andare, ormai era un po’ che infondo che stava con lui, ed anche se era una donnaccia,
lui sentiva che non poteva stare
senza di lei, forse si stava innamorando senza però volerlo ammetterlo
apertamente, quindi non poteva ucciderla, non lo avrebbe mai fatto,
perché qualcosa lo fermava avanti a lei, ed anche lei provava pere lui
qualcosa di molto di più che un semplice rapporto come faceva con i suoi
clienti, quel ragazzo dagli occhi così strani quasi demoniaci, la
affascinavano stregandola sempre ogni volta che lo guardava.
Il
ragazzo si accendette una sigaretta, mentre si dirigeva verso la finestra,
guardò fuori e non potette far altro , che
guardare la bellezza della luna alta nel cielo e le stelle così immense e poi
l’oscurità che tutto avvolgeva nella sua morsa, affascinante, la
città era avvolta in un silenzio surreale.
Radamantis, si fermò a pensare.
Radamantis: “La notte è così intensa e misteriosa. Delle volte
mi sento quasi un suo servo, il servo
dell’oscurità.”.
Fece
un tiro con la sigaretta, che si accorciava man mano, mentre la cenere cadeva,
e la sua bocca faceva uscire le sottili nuvole di fumo, che si confondevano
attraverso l’ambiente circostante.
Poi
ancora un pensiero.
Radamantis:”Ricordo che qualcuno mi ha detto , che
ognuno di noi è nato sotto la protezione di una stella, chissà se
anche io…”.
IL
suo pensiero si interruppe, quando Silvia gli si
avvicinò toccandogli le spalle e avvicinando le sue labbra calde, al suo orecchio mordicchiandolo,
poi gli sussurrò qualcosa con la sua voce seducente.
Silvia:
“Cosa fai? Mi fai aspettare? O
preferisci la luna a me? Sono un po’ gelosa lo
sai?.”.
Radamantis: “Scusami, mi ero un
attimo perso, sai la notte ha potere di farmi perdere
nei miei pensieri.”.
Silvia: “E cosa pensi?”.
Radamantis: “Niente di particolare,
stavo pensando se anche io ho la mia stella guida, sai
in Grecia alcune persone dicono che
le loro stelle guida gli permettono di vedere il proprio destino e gli
infondono poteri come dei.”.
Silvia:
“Affascinante.”.
La
ragazza mentre parlava iniziò a baciarlo sul collo.
Radamantis, sospirò.
Radamantis: “Che stronzate,
vero? Sono un po’ troppo visionario non trovi?
Come faccio a pensare alle stelle dopo aver ammazzato uno, e
pensando a domani quando dovrò ucciderne un altro? Assurdo.”
Silvia
si fermo un attimo, poi gli fissò i suoi occhi.
Silvia:
“E’ proprio questo che mi piace di te, sai essere freddo e senza
scrupoli, un vero demone, ma nel tuo cuore vedi anche qualcosa che va al di là di ogni immaginazione.”
Il
ragazzo le sorrise, lei era l’unica che lo
capiva , e per questo che le piaceva, anche se non aveva nessuna intenzione di
innamorarsene, per lo meno così vuole a farlo crede lui.
Silvia:
“Baciami.”.
Il
ragazzo, le spostò una ciocca dei capelli corvini che scendeva leggera
sulla fronte , mettendola dietro ad uno orecchio, poi
le sfiorò il collo con le dita, mentre le sfiorava le labbra, con le
sue.
Lei
chiuse gli occhi, poi fu lei stessa a baciarlo ormai impaziente, mentre le sue
mani longilinee e sottili , percorrevano le forme
muscolose del corpo del suo
compagno, che erano coperte ora dalla sua maglietta nera, poi si spostarono
come serpenti, più giù fino a cingere la vita del ragazzo, dove
vi erano i pantaloni neri cinti da una cintura di cuoio nera con una fibbia
spessa con inciso un drago, poi risalì sollevando la maglietta ed infine
togliendola, mentre il ragazzo le aveva già tolto la veste leggera, che
cadde leggera a terra ed ora l’aveva stesa sul letto, continuando a
baciarla dappertutto, a toccarla , a stringerla a se.
Poi
ad un tratto si fermò, gli sembrò di aver avvertito un qualche cosa nel l’aria, si alzò e si
diresse di nuovo alla finestra e guardò giù.
Era
pieno di volanti della polizia.
Radamantis, sentì una sensazione di inquietudine, poi vide a fianco di una volante un uomo,
vicino all’ispettore, che indicava
il palazzo, precisamente la sua casa e diceva “è lì
dentro il figlio di p******a che ha
ucciso mio padre…”.
Radamantis iniziò a capire, quell’uomo era il figlio del magistrato che aveva
ucciso, per conto di Don Domingo, probabilmente non si era accorto, che
c’era qualcun altro che lo aveva visto mentre
commetteva quel misfatto.
Che errore.
Radamantis: “Cristo.”.
Silvia: “Che c’è amore?”.
Radamantis: “Presto vestiti, gli
sbirri, mi hanno beccato, hanno circondato l’edificio, siamo futtuti.”.
Silvia:
“Merda.”.
La
ragazza si vestì velocemente, mentre lui prese
la sua pistola, e preparò i colpi.
Radamantis: “ Su tu
prendi i soldi.”
Silvia.
“Si ma da dove scappiamo?”.
Radamantis: “La scala antincendio,
useremo quelle dal retro. Su muovi il culetto.”.
Silvia:
“Siamo fottuti. Non c’ la faremo
mai.”.
Radamantis si
avvicinò a lei e la trascinò per un braccio, verso
l’uscita.
Radamantis: ”Non preoccuparti,
andrà tutto bene ci sono io qui con te, qualunque cosa accada io ti proteggerò e adesso muoviamoci, tieni
stretta la valigetta e stai dietro di me.”.
Intanto
la polizia fece incursione nel palazzo , e velocemente
percorsero le scale arrivando nell’appartamento di Radamantis
, sfondarono la porta, l’appartamento era vuoto.
Poliziotto:
“Dannazione è vuoto.”.
Un
altro: “Ecco li, sono laggiù!”.
Il
poliziotto indicò i due ragazzi che erano già sulla scalinata
antincendio.
Poliziotto:
“Fermi bastardi , o sparo.”
L’agente
intimò con la pistola, puntata.
Radamasntis: “Fottiti
sbirro!”.
Sparò
dei colpi all’impazzata, mentre gli agenti si paravano e rispondevano a
fuoco , imprecando.
Silvia
intanto era salita sulla scalinata, mentre Radamantis, la seguiva sparando indietro cercando di
allontanare i poliziotti.
Arrivarono in cima al tetto, ormai erano in trappola.
Silvia:
“Siamo in trappola.”
Radamantis: “Cavolo.
Dannazione.”.
Gli
agenti ormai erano arrivati, stavano sfondato la porta che vi era per entrare
in terrazza.
Radamantis guardò Silvia, non voleva
che finisse anche lei in prigione, doveva salvarla, allora gli venne un idea, guardò verso l’altro palazzo che
distava pochi metri, quindi prese Silvia con se.
Silvia:
“Rada cosa vuoi fare? “.
Radamantis: “Lascia i soldi a terra e
tieniti stretta a me , ora si fa un bel salto.”.
Silvia:” Cosa vuoi saltare nell’altro palazzo?sei
impazzito non c’è la faremo mai.”.
Radamantis: “Non
preoccuparti.”.
Silvia:
“Ci ammazzeremo.”.
Radamantis: “Voi fottere con gli sbirri? È l’unico modo
che abbiamo per cavarci da questa seccatura. Ce la faremo vedrai.”
Silvia:
“ Ma…”
Radamanti la guardò
negli occhi poi le disse.
Radamantis: “Ti fidi di me?”.
Silvia
per ora non rispose, anche perché non ebbe tempo di farlo, poiché
gli agenti ormai era già arrivati e avevano le
pistole già pronte a far fuoco.
Radamantis sparò ancora, e gli
agenti indietreggiarono , poi mise la pistola tra i denti
e prese in braccio Silvia, dopodichè si preparò a prendere una
lunga rincorsa, ed infine saltò dal cornicione.
Il
salto era abbastanza lungo per sua fortuna quindi arrivò paro, paro ad
aggrapparsi all’altro cornicione con una mano.
Gli
agenti non credevo ai loro occhi, però stava
scappando quindi continuarono a sparare.
Uno
dei proiettili colpì il braccio del ragazzo, che teneva sospesi i due.
Un
dolore atroce lo percosse, ma non si poteva arrendere, doveva arrivare su.
Ad
un tratto il cornicione mezzo rotto cedette, e i due ragazzi stavano per
cadere, ma una mano coperta da un guanto metallico nero come la pece , prese il braccio del giovane tirandolo su.
Radamantis e Silvia furono in salvo anche
se però non erano fuori pericolo, dato che la polizia stava arrivando anche
nell’altro palazzo e i poliziotti a fianco continuavano a sparare.
La
voce del loro salvatore però li portò alla realtà.
Voce:
“Ehi voi due state bene?”.
Radamantis e Silvia si voltarono e videro
un uomo ammantato di nero con un cappuccio intesta.
Radamantis: “E tu chi cavolo sei?.”
Un'altra
voce gli rispose, e un altro uomo ammantato di nero ne venne fuori
dall’oscurità.
Voce:
“Chi siamo noi? Diciamo che siamo i messaggeri
della morte.”.
Radamantis: “a
buono a sapersi? Cos’ è siete venuti a
prendermi allora?”.
Uno
dei Due: “No non preoccuparti non è te
che vogliamo, per ora, dopotutto l’averti salvato è già un
chiaro segno non trovi?altrimenti avremmo aspettato che tu morissi per portarti
al cospetto del giudizio del nostro signore.”.
Radamantis, non ci capì molto,
pensò che i due fossero pazzi, però qualcosa in quei due lo
inquietava , perché?.
Silvia:
“Gli sbirri stanno arrivando.”.
Uno
dei due uomini: “Tisk. I vivi…”.
Poi
si voltò dall’altra parte, il retro dell’altro palazzo, e si incamminò avanti.
Uomo:
“ Ehi voi due se volete sfuggire a quegli umani
venite qui.”.
Radamantis e Silvia si avvicinarono un
po’ titubanti verso l’uomo, il quale aveva tirato fuori una mano
dal suo mantello e la aveva posta fuori dal
cornicione, mentre alcuni filamenti sottili iniziarono a scendere leggieri e a
formare una rete poco più in giù quasi a terra.
I
due ragazzi non credevano ai propri occhi, non avevano mai visto nulla del
genere, quel uomo aveva creato una rete poco
più in basso come aveva fatto?.
Radamantis: “O cacchio, ma che cosa
cavolo…”.
Uomo:
“Forza saltateci sopra, la rete che ho creato con i miei filamenti
cosmici, resisterà al vostro peso, poi vi farà cadere dolcemente a
terra. Lì quegli umani non vi raggiungeranno potete scappare
tranquillamente.”
I
due non sapevano se fidarsi o meno, però era
l’unico modo per salvarsi, non avevano scelta.
Radamantis guardò per un attimo
l’uomo , sotto a quel cappucci , il suo volto,
era coperto da uno strano elmo e ciuffi bianche, uscivano fuori coprendo il suo
volto, che lasciava un sorriso quasi beffardo.
Minos del grifone.
Radamantis: “Per chi
lavorate?”.
Minos: “Il nostro non è un
lavoro, diciamo che è un compito un dovere che
le stelle ci hanno messo avanti, per il nostro signore.”.
Radamantis, fu sorpreso di vedere che
qualcuno era visionario come lui, non se lo aspettava, sorrise.
Radamantis: “ Già le stelle,
tutte stronzate…”.
Minos: “Voi vivi non potrete mai
capire cosa significano le stelle. Tuttavia non te ne faccio una colpa, anzi ti
auguro che un giorno quando guarderai il cielo potrai sentire il calore
dell’universo infinito da cui ebbero origine gli dei.”
Radamantis prese in braccio Silvia.
Radamantis: “Ora non ho tempo di
parlare con te di queste cose, e convincerti che sono tutte cazzate,
ti dico solo grazie.”.
Così si buttò
giù, cadde sulla rete cosmica, che poi si dissolse facendoli cadere dolcemente a terra, poi fuggirono.
Continua…