Amortentia: profumo di neve, di libri e...
VII.
No,
non sarei stato capace di fare nulla di ciò che avevo
pensato.
Quella
conclusione mi lasciò amareggiato, arrabbiato
con
me stesso e con i miei invalicabili limiti.
–
Hai
smesso anche di dormire, adesso? – domandò Pansy,
indicando con un
cenno le mie occhiaie; un sorrisetto malizioso le piegò le
labbra,
potevo immaginare senza problemi cosa stesse pensando, ma non ero in
vena di giochetti. Scossi il capo, abbassando gli occhi sul piatto
che avevo davanti, pieno delle uova e della pancetta che sarebbero
dovuti essere la mia colazione: era tutto intatto, non avevo nemmeno
preso in mano la forchetta, la fame mi aveva abbandonato. Anche senza
vederla, capii che l'espressione di Pansy era mutata: lo sguardo che
mi stava rivolgendo non era più invadente, era diventato
più dolce,
più delicato, e mi spinse ad alzare nuovamente gli occhi su
di lei.
– Cosa
ti sta succedendo, Draco? – domandò in un
sussurro, le sue iridi
che scavavano nelle mie come qualche giorno prima in biblioteca.
Sembrava sinceramente preoccupata per me ma, più che farmi
piacere,
il suo atteggiamento mi infastidì: odiavo essere compatito,
la pena
che leggevo sul suo viso mi fece fremere. Mi alzai bruscamente, senza
risponderle, ed uscii dalla Sala Grande.
Perso nei miei
pensieri, con gli occhi bassi per nascondere al mondo il mio volto
stanco e segnato, non mi accorsi della persona che mi stava venendo
incontro finché la punta delle sue scarpe non
entrò nel mio campo
visivo. Aprii bocca per sibilargli di lasciarmi passare ma, non
appena riconobbi il profumo fresco e pulito del ragazzo, la richiusi
di colpo: dovetti stringere i pugni per darmi il coraggio di alzare
lo sguardo ed incrociare il suo.
Theodore mi parve
stanco, il volto tirato e gli occhi infossati come se anche lui
faticasse a dormire, la notte; aveva le labbra screpolate, notai
senza rendermi perfettamente conto di aver concentrato tutta la mia
attenzione su quel dettaglio poco importante.
– Dobbiamo
parlare, – disse semplicemente, senza nessuna inflessione
particolare nel tono della voce. I suoi occhi azzurri perforavano i
miei, eppure avevo come l'impressione che non mi stesse guardando
davvero: era lì, lo potevo vedere, potevo sentire il suo
profumo,
eppure la sensazione che fosse lontano era tangibile. Annuii, senza
trovare per l'ennesima volta il coraggio di parlare. – Alle
cinque
davanti alle Serre. E vieni da solo, per favore.