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Autore: Kiki87    16/09/2006    12 recensioni
[...] "Hai combattuto in modo impeccabile, figliolo…sono orgoglioso di te……di’ alla Mamma che il tuo Papà le chiede scusa…sono stato troppo egoista con lei…l’ho fatta soffrire…”[...] Quell'Addio straziante furono le ultime parole pronunciate da Son Goku prima del sublime sacrificio per la salvezza della sua amata Terra. Quali furono le conseguenze per l'Eroe e per la famiglia che ha dovuto lasciare? E Chichi? Come riuscire ad accettare la scomparsa dell'unico uomo che abbia mai amato? Come potrà crescere il bambino che - nel frattempo - viveva già dentro di lei? Come potrà Gohan continuare a vivere serenamente, con l'immane senso di colpa per il sacrificio del padre? Quali sono i sentimenti di un Eroe, di un saiyan, di un uomo che è stato separato dalla sua famiglia? Sulle note dei 3 Doors Down: la morte di Goku, un lutto durato sette anni, un giorno per rivedere i suoi cari e...NdAdmin: Ho modificato l'introduzione alla tua storia perchè eccessivamente lunga. Lyla, assistente amministratrice.
Genere: Romantico, Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Chichi, Gohan, Goku, Goten
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Here without you.

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I° Parte.

 

 

“  Hai combattuto in modo impeccabile, figliolo…sono orgoglioso di te…

 

…di’ alla Mamma che il tuo Papà le chiede scusa… sono stato troppo egoista con lei…

 

…l’ho fatta soffrire…”.

 

 

Un dolcissimo sorriso, lo sguardo etereo di chi sente l'inequivocabile e irresistibile richiamo del mondo celeste.

 

Un ultimo sorriso a colui a cui ha dato la vita, un ultimo pensiero a chi lo ha amato più d’ogni altra cosa...chi fin da bambina gli ha donato il suo cuore...

 

Un dolce ma terribile solleticare del cuore...un brivido... una lacrima birichina che fa brillare quegli occhi di velluto...come l'ultima stella che illumina il firmamento e sta per dissolversi...

 

Un ultimo sguardo per abbracciare il mondo, tutti coloro che l'hanno amato e continueranno a farlo da quaggiù, a tutti coloro che lo sa, continuerà ad amare e guardare dall'alto.

 

 

 

Addio.

 

 

~

 

Juman stava ancora trafficando intorno al televisore, ma sembrava che fosse impossibile ripristinare il collegamento con l'arena in cui si stava ancora svolgendo il Cell Game. Spense la televisione, quando apparve di nuovo l'immagine di un giornalista che si scusava con gli utenti per il disagio creato al quale - veniva detto - i tecnici stavano cercando di porre rimedio, ma risultava impossibile rintracciare l'operatore e il giornalista inviati al Torneo.

 

Sospirando, rivolse lo sguardo a sua figlia: la giovane donna era seduta alla tavola, il cestino da ricamo era ancora posato ed aperto sulla superficie di legno.

Teneva in mano una tuta da combattimento arancione che stava cercando di rammendare un'ennesima volta. I suoi movimenti erano precisi, esperti, abitudinari, mentre Juman osservava l'ago illuminato dalla luce del lampadario emergere e poi nascondersi di nuovo nel tessuto che la donna stava rinforzando.

I suoi occhi non seguivano le sue azioni, ma sembravano osservare un punto indefinito, un tumulto d’emozioni, di sensazioni sottopelle pesavano come un immenso e insostenibile macigno nel suo cuore le cui fragili pareti oscillavano impotenti.

 

La mano di suo padre si era poggiata delicatamente ma fermamente sulla sua spalla, la giovane si riscosse, e finalmente alzò quelle perle di notte verso di lui.

Vide un sorriso fiducioso e speranzoso fare capolino sulla faccia barbuta ed estendersi ai quegli occhioni dolci e gentili.

 

"Andrà tutto bene, Chichi”.

 

Disse un'ennesima volta, infrangendo il silenzio carico di tensione che regnava sovrano nella stanza, la giovane continuò a guardare il padre attentamente, sostenendo il suo sguardo e cercandovi una conferma a quanto aveva detto, cercando in quegli occhi conosciuti quella forza di cui ora sentiva di avere un disperato bisogno. Suo padre annuì con il capo, continuando a sorridere e premendo la mano sulla sua spalla ancora una volta.

 

Un sorriso fece debolmente capolino sulle sue labbra, seguito da un profondo sospiro, mentre chiudendo gli occhi, miriadi d'immagini dei suoi due 'uomini' emersero: la festa di compleanno del loro adorato Gohan, e il modo in cui si era disastrosamente conclusa (povera torta di compleanno! E pensare tutta la fatica che aveva fatto per prepararla…che brutta fine! Spalmata addosso a lei, a suo marito, a Crilin e a suo padre!), il loro picnic sul lago, il modo in cui il bambino sorrideva rassegnato quando gli intimava di fare i suoi compiti (sebbene avrebbe preferito di gran lunga seguire il padre in una delle sue passeggiate, o semplicemente a fare un sonnellino sotto i tiepidi raggi del sole),  il modo in cui si era lasciato stringere e baciare più e più volte, per salutarla, rassicurandola che tutto sarebbe andato bene, sarebbero presto tornati da lei.

 

'Goku...'.

 

Lo rivide da piccolo, quando era giunto a salvarla per ricondurla alle braccia paterne, il loro prima viaggio sulla sua nuvola d'oro,  quel primo disastroso appuntamento…quello stupidone aveva frainteso tutto e l’aveva sfidata a combattimento, quando lei trepidava per un bacio (e il pugno rimase per sempre impresso nella corteccia del malcapitato albero e sotto le loro iniziali!), il loro scontro al Torneo d’Arti Marziali, il loro fidanzamento, l'avventura per la ricerca del ventaglio di Bansho, il matrimonio, la nascita del loro bambino.

 

Aveva osservato il marito in quegli ultimi dieci giorni, notando come più e più volte si soffermava a guardarla, a guardare il loro figlioletto, distribuendo sorrisi, baci ed abbracci con tenera assiduità, ricordò di averlo sorpreso più volte a vegliare il figlio, quando lei - dopo le consuete ultime pulizie domestiche - saliva al piano superiore.

Immancabilmente lo vedeva trasalire quando appoggiava una mano sulla sua spalla e gli chiedeva che cosa stesse facendo, allora le sorrideva, con quel caldo ed intenso sorriso da Son, pieno di luce e d'amore, carezzandole la guancia, riponendole alcune ciocche di capelli dietro l'orecchio, mentre il suo sguardo si faceva così intenso da metterla in soggezione e farla arrossire come una scolaretta.

Lui allora sorrideva con una semplicità e un calore tale da disarmarla, prima che si chinasse, e come ali di farfalla, posasse le labbra sulle sue. In modo così dolce, tenero da darle l'impressione che stessero condividendo il loro primo bacio, salvo scostarsi con quello stesso magico sorriso e poi condurla, tenendola per mano, verso la loro camera. Si era stupita di quanto persino quell'aspetto da guerriero, da 'duro', da vero e proprio saiyan (persino la notte, con suo rammarico, non rinunciava alla trasformazione in super saiyan) s’illuminasse e si bagnasse della sua tenerezza, della sua unica dolcezza…ricordò con un sorriso ancora una volta la festa di compleanno…aveva assaggiato della glassa, prendendola dal viso di Goku e il super saiyan, l’uomo più forte dell’universo…era arrossito…

 

Un delizioso colorito roseo le tinse le gote e le illuminò gli occhi d'ebano al ricordo di quella notte trascorsa insieme, al momento in cui si era appisolata e si era lasciata cullare dalle sue braccia, cadendo in un tepore che le aveva regalato un meraviglioso sonno che non aveva più provato fin dai primi giorni di matrimonio, vuoi le varie preoccupazioni domestiche, vuoi le lunghe assenze del figlio e del marito e l'acquisita consapevolezza del ruolo che doveva ricoprire, in quanto moglie dell'eroe, del salvatore della Terra.

 

Ricordò del meraviglioso risveglio, il bacio che le aveva regalato suo marito, le sue carezze sulla guancia, quello sguardo intenso e perso in ogni suo gesto, mentre l'aveva di nuovo attirata a sé, stringendola con tanta forza quasi da farle male, quasi temendo che lei sarebbe potuta scomparire da un momento all’altro e le dolci parole d’amore sussurrate mentre i raggi del sole li salutavano, annunciando l'inizio di quella lunga giornata.

 

Sospirò ancora una volta e ultimate le cuciture, prese in mano la casacca della tuta arancione di suo marito, sorrise soddisfatta, chiedendosi distrattamente in quale stato pietoso sarebbe rincasato, ricordandosi di andare nella loro camera e tirar fuori il kit del pronto soccorso per disinfettare le varie abrasioni e ferite, e pensando con un sospiro che il giorno dopo avrebbe impiegato diverse ore per rammendare le tute - o meglio i brandelli di tute - che suo marito e suo figlio avrebbero esibito al rientro. Si rilassò contro lo schienale della sedia, chiudendo per un attimo gli occhi, portandosi una mano al ventre, quando avvertì un'improvvisa ed insolita fitta di dolore.

 

Ma quella fitta al ventre, fu nulla rispetto all'improvvisa e agghiacciante morsa in cui sentì il suo cuore stringersi e quasi soffocare, annaspò per qualche istante senza fiato, lasciando cadere a terra la casacca, e portandosi le mani al cuore, avvertendone il rallentamento dei battiti...un secondo dopo...le sembrò che le pareti del suo cuore fossero semplicemente crollate, mentre un brivido freddo le corse lungo la schiena.

 

"Chichi?! Tesoro...cosa...?!".

 

 

' Mio Dio...Goku...'.

 

~

 

 

La luna regnava sovrana in quella gelida notte, le stelle - una alla volta - erano apparse nel cielo e vegliavano amorevolmente sulla terra e sull'umanità, quasi ad indicare che la paura, il terrore, la morte che sembrava incombere su tutti, si erano dileguate e la vita, con la sua straordinaria forza avrebbe ripreso a scorrere.

 

“Hai combattuto in modo impeccabile, figliolo…sono fiero di te…

 

…di’ alla Mamma che il tuo Papà le chiede scusa…sono stato troppo egoista con lei…

 

…l’ho fatta soffrire…”.

 

Quelle parole, le ultime sussurrate dal padre, continuavano a ronzare nella sua mente, come una dolce ma straziante melodia, mentre si rendeva conto che non avrebbe mai, mai dimenticato il suo sguardo, il suo sorriso, quel luccichio nei suoi occhi, il suo Addio.

 

Vide dall'alto la sua casa, un fumo nero che usciva dal camino, le luci ancora accese. Nonostante la tarda ora, sapeva che sua madre era lì, la sua dolcissima quanto severa madre; sapeva che aprendo la porta sarebbe stato risucchiato tra le sue braccia, su di lui avrebbe pianto lacrime di gioia, gli avrebbe detto con voce rotta quanto lo amasse, quanto si fosse preoccupata per lui, e quanto fosse stato incosciente suo padre a decidere di farlo combattere...

 

A quel pensiero fu come se una ferita avesse ripreso a sanguinare, il suo cuore perse un battito, sospirò, cercando di arginare quel magone che dall'addio di suo padre gli stringeva la gola, facendolo annaspare, racchiuse nelle palpebre le lacrime che avrebbe voluto versare amaramente.

 

Atterrò sul suolo, muovendosi un passo alla volta, lentamente, mentre cercava di distinguere la figura di sua madre, ma nella sua mente non poteva smettere di proiettare le immagini di suo padre, le sue parole, lo avrebbero accompagnato – n’era certo – fino a quando non sarebbe stato lui a chiudere gli occhi per sempre.

 

Sua madre...la sua dolce, forte ma fragile e delicata madre...quali parole per esprimere il tutto?

 

Quali parole per confortarla? Per darle forza?

 

Lui...lui che era solo un bambino...

 

Lui che aveva vissuto delle esperienze che nessun altro bambino alla sua età avrebbe mai potuto immaginare; che nessun bambino dovrebbe conoscere, lui che si sentiva così vulnerabile.

 

Lui che aveva salvato la Terra, lui che aveva eliminato quell'assassino, lui che si era macchiato le mani del suo sangue, lui che aveva sviluppato una forza fisica di gran lunga superiore al principe dei saiyan...e a suo padre.

 

Lui che...si sentiva così…abbandonato.

 

Guardò in alto il cielo, sospirando e scacciando le lacrime che scorrevano sul suo viso, mentre un solo, amaro singhiozzo fuoriuscì dalle sue labbra tremanti.

 

Quasi vergognandosi, si asciugò prepotentemente il viso, e sospirò prima di guardare ancora verso il cielo, quasi certo che lassù suo padre lo stesse guardando…e sicuramente stava sorridendogli.

 

‘ Papà…perdonami se puoi.’.

 

Mise una mano sulla maniglia e aprì la porta, entrando sulla soglia dell’uscio le sue narici colsero subito il profumo delle varie pietanze che sua madre doveva aver preparato per  festeggiare, avvertì il fragore delle fiamme che ardevano nel camino,  ma i suoi occhi in quel momento cercavano solo una persona.

 

La vide scendere le scale che conducevano al piano superiore, tenendo in mano tutto il necessario per le medicazioni, ma quando i loro sguardi si incrociarono, vide le sue labbra comporre il suo nome, seguito da altre parole che non riuscì bene a distinguere, il tutto  intervallato da sommessi singhiozzi e lacrime, lasciò cadere a terra le varie scatole e gli corse incontro, si inginocchiò sul pavimento,aprendo le braccia.

 

Non avrebbe saputo dire chi per primo si fosse mosso, chi avesse accolto l'altro tra le proprie braccia, l'unica cosa che veramente importava era sentire il calore della sua presenza, il suo amorevole abbraccio, le sue esclamazioni di gioia, i suoi singhiozzi soffocati, le sue carezze, i suoi baci, il suo profumo, il suo delicato tocco.

 

' Oh Mamma...avrò cura di te...non ti abbandonerò mai...'.

 

Quando si scostò, sua madre sorrideva con ancora le lacrime agli occhi, le mani appoggiate sulle sue spalle, prima di accarezzargli ancora la testolina e i capelli arruffati.

 

"Oh Gohan...tesoro!". Disse ancora con un sorriso lacrimoso.

 

"Non piangere mamma, sono tornato!”.

 

“...sono tornato da te...".

 

Bisbigliò appena, lasciandosi stringere un'altra volta, mentre dentro di sé avvertì la sua ferita ricominciare a sanguinare copiosamente,soffocò un singhiozzo contro la sua spalla.

 

Chichi avvertì il corpo del figlio irrigidirsi, e lo scostò di nuovo da sé, continuando a sorridere commossa, ringraziando Dio una quantità infinita di volte, accarezzandolo sulla guancia e guardandolo confusa per la sua espressione.

 

 

"Gohan...tesoro?".

 

"Sto bene,  Mamma, sto bene! E’ solo che sono felice di essere qui… con te...".

 

Disse con gli occhi lucidi, il suo cuore diviso: la commozione per riabbracciare e vedere la persona più cara che aveva ancora al mondo e il dolore per scomparsa dell'altra persona più importante.

 

Chichi annuì appena, sorridendogli intenerita. Si alzò di nuovo in piedi, guardando la porta ancora aperta, mentre Gohan abbassava la testa, serrando forte gli occhi e mordendosi le labbra.

L'espressione di Chichi era ancora felicemente commossa mentre osservava ancora l'ingresso, nell’attesa di scorgervi una seconda figura, di sentirne i passi avvicinarsi.

 

 

 

 

Chinò la testa per guardare suo figlio che non aveva più il coraggio di ricambiarne lo sguardo, gli occhi che scintillavano, un nuovo e teso silenzio a riempire l'atmosfera.

 

 

"Gohan...?".

 

 

 

Il ragazzino si prese forza, serrò fermamente i pugni, capendo che non c'era nulla che potesse fare, non poteva evitare di  ferire mortalmente la madre con poche parole che l'avrebbero dilaniata, le avrebbe spezzato il cuore e l'avrebbero fatta precipitare in un baratro di dolore, di rimpianto, di tenebre oscure; il tutto incorniciato dalla figura di suo padre: non più un dolce ritratto racchiuso nel suo cuore innamorato ma uno straziante ricordo, accompagnandola nella sua vita senza di lui.

 

Alzò lo sguardo su sua madre, la vide leggermente impallidita, le lacrime che traboccavano dai suoi occhi, fino a quel momento, sembravano essersi bloccate, notò qualche muscolo vibrare sulla sua guancia, le labbra - che non riuscivano a formulare la sua domanda, quella terribile domanda!- rese aride da quel nefasto silenzio,  i suoi occhi sembravano improvvisamente resi opachi...privi di vita.

 

 

 

"Mamma...".

 

 

 

Bisbigliò appena e quando la vide indietreggiare, la sua bocca fare una lieve smorfia come se stesse mangiando qualcosa d’amaro, n’ebbe la conferma.

 

 

La vide ritrarsi improvvisamente da lui, come temesse che lui, il suo adorato figlio, la sua creatura potesse ferirla, ferirla mortalmente, la vide portare una mano al cuore, e guardare ancora disperatamente la porta d'ingresso da cui entrava solamente una gelida brezza che la schiaffeggiò brutalmente, facendo bruciare le lacrime rotolate sul suo visino.

 

 

"No...". Bisbigliò appena Chichi.

 

 

"No...".

 

 

 

 

"Mamma...".

 

 

 

 

"NO!".

 

 

 

"Mamma...".  

 

 

Quasi non riconobbe il verso stridulo ed acuto che era uscito dalle sue labbra, mentre la guardava impotente, avvertendo lui stesso la forte tentazione di scoppiare in lacrime, la forte tentazione di piangere fino a cadere stremato a terra.

 

 

Si lasciò cadere ancora una volta in ginocchio, tenendo ancora una mano sul cuore, socchiuse gli occhi, incurante delle lacrime che ripresero a scorrere e bagnarle il viso, il collo; batté con rabbia, con disperazione, con forza i pugni a terra, gridando e urlando al mondo il suo dolore.

 

I singulti presero a scuotere il suo corpo, ogni singulto era come un colpo sferrato con inaudita violenza al suo cuore, ogni lacrima che scorreva sul suo viso era come ogni goccia di sangue, sì perché in quell'istante, il quel semplice frammento d'eternità: il suo cuore era morto.

 

 

 

 

"Oh Mamma...".

 

 

Bisbigliò appena con le lacrime agli occhi, incapace di trovare parole di conforto, incapace di fare qualcosa che la facesse sentire al sicuro, che attenuasse quella voragine di amaro dolore, incapace di fare qualcosa che potesse scaldarla… almeno una ventesima parte di quanto suo padre sapesse fare con un semplice abbraccio.

 

 

 

 

 

Si avvicinò alla casa, chiamando a gran voce il nome del nipotino adorato, sorridendo quando ne scorse l'immagine, tenendo ancora in mano scatole su scatole di festoni, ghirlande, giochi, cibi per festeggiare, tutta la famiglia unita, la vittoria e la morte di Cell.

 

Nessuna risposta alle sue urla felici, nessuna reazione, nessuno che gli venisse incontro ridendo, facendogli cenno d'entrare, aiutandolo a trasportare i vari pacchetti, un gelido e inquietante silenzio.

Entrò dentro silenziosamente  e quando vide al centro della stanza la figlia rannicchiata tra le braccia del nipotino, quando avvertì i suoi  disperati e incontrollati singhiozzi, lasciò cadere a terra tutto quanto e rimase ad osservarli impotenti, gli occhi si fecero lucidi, e le sue labbra tremarono, indietreggiò fino ad uscire dall’abitazione, con il capo chino.

 

 

Dopo attimi che gli parvero infiniti in cui realizzò quello che doveva essere accaduto, si voltò a guardare il cielo, incredulo, attonito.

 

 

Tra le eteree stelle, una brillava più delle altre, vegliando su loro.

 

 

 

'Goku...figliolo...'.

 

 

~

 

"No, Gohan...".

 

Bisbigliò appena la voce di Juman bloccando il nipote, e ponendo una mano sulla sua spalla, mentre questi era intenzionato ad entrare nella camera di sua madre.

 

Anche dall'esterno si potevano udire distintamente i suoi singhiozzi disperati, interrotti da sussurrati e strazianti richiami, mentre con parole rotte dal pianto invocava ancora il nome di suo amato, quasi sperando che - ancora una volta - avrebbe fatto goffamente capolino dalla porta, le avrebbe sorriso, l'avrebbe stretta tra le sue braccia, per non lasciarla più.

 

"Ma...nonno...".

 

Bisbigliò appena la voce di Gohan, gli occhi luccicanti, le labbra tremanti, il pomo d'Adamo che saliva e scendeva senza controllo, un muscolo che vibrava sulla sua guancia pallida.

 

"Non c'è nulla che possiamo fare per lei adesso…”.

Disse con voce atona ma ben distinta.

 

Il ragazzino scosse lentamente la testa, guardando suo nonno con occhi lucidi ma fermi:

 

 

"No, nonno...non posso abbandonarla! Non posso!". Disse con forza.

 

 

"So che ti prenderai cura di lei…

.

So che sarai il pilastro della sua vita d'ora in poi...

 

Ma almeno questa notte...questa notte soltanto, lascia che tua madre viva da sola, il suo dolore...".

 

 

Il ragazzino abbassò la testa, salvo sussultare ad un ennesimo e disperato singhiozzo, guardando impotente la porta chiusa.

 

'Papà…veglia la mamma da lassù...'.

 

 

~

 

 

Camminò con passi felpati, avvolto dall'oscurità, cercando di non far rumore, aprì delicatamente la porta della camera, ed entrò.

Si accostò al letto, vedendo una figura rannicchiata e appoggiata docilmente al cuscino, i capelli scarmigliati, le palpebre calate, le lacrime che ancora luccicavano alla luce della luna; stringeva tra le braccia quella stessa tuta che quel giorno aveva rammendato, come una bambina che cerca nel suo orsacchiotto preferito sicurezza e calore che in quel momento le era venuto a mancare.

Il suo respiro profondo, il petto si alzava e abbassava automaticamente, una mano che cercava e toccava l'altra parte del letto, quasi ad avvedersi che dall'altra parte ci fosse qualcun altro, quasi sperando di avvertire un’altra presenza.

 

Le rimboccò  le coperte, le scostò delicatamente i capelli dal viso, carezzandoli lentamente e teneramente. Osservò le sue labbra muoversi e un sussurro fuoriuscire da esse, mentre stringeva con più vigore la casacca arancione.

 

 

"Go-ku- san".

 

 

 

"No, mamma...sono io...".

 

 

 

Bisbigliò con voce rotta, sedendosi sul bordo del letto e continuando ad accarezzarla, mentre le lacrime fuoriuscivano dai suoi occhi, così simili a quelli di lei.

Così simili a quelli di sua madre, proprio come in quegli ultimi dieci giorni aveva continuato a ripetere, con evidente orgoglio ed amore, suo padre.

 

 

"Gohan...".

 

 

Mormorò con voce rotta, aprendo gli occhi arrossati e guardando il figlio senza

riuscire a dire altro, mentre un altro singulto la scuoteva, facendola annaspare e inducendola a portarsi un'altra volta la mano al petto.

 

 

"L-Lui...non tornerà, vero?".

 

 

Non era una domanda, quanto il bisogno di una conferma, voleva sentire dalle labbra di suo figlio, il neo-eroe della Terra dirle con la sua purezza, con la sua sincerità quell’amara realtà che la stava schiacciando con tutto il suo peso.

 

 

“No Mamma”. Disse a stento.

 

 

“…dice che è meglio così…per tutti noi…”.

 

La donna fu di nuovo scossa dai singhiozzi, immergendo il viso nell'indumento e riprendendo a piangere disperatamente, illuminata dai delicati e soffici raggi di luna che cadevano sulla sua esile e fragile figura, quasi a volerla confortare.

 

 

Il ragazzo la strinse di nuovo a sé, sospirando, cercando di trattenere le lacrime e reprimere con forza i singhiozzi, era...abbandonato.

 

Entrambi...erano abbandonati.

 

Erano soli, vulnerabili, fragili.

 

 

"Mamma...voleva che ti dicessi...che, che… gli dispiace di averti fatto soffrire...".

 

 

I singhiozzi si quietarono improvvisamente, alzò il viso dal petto del figlio e lo guardò con occhi sbarrati ancora grondanti di lacrime.

 

 

"L-lui...".

 

 

"Sono state le sue ultime parole, Mamma...voleva chiederti perdono...".

 

 

Annuì appena, asciugandosi le lacrime, con le labbra ancora tremanti, distogliendo lo sguardo da suo figlio, e guardando verso il cielo.

 

 

"Lui… lui  era così….felice. Così felice,  in questi ultimi giorni…”.

 

 

Snocciolò con voce che quasi non riconobbe come la propria. In ogni parola, in ogni sillaba sembrava essere scandita la sua immane sofferenza, marchiata come un timbro indelebile sulle pareti vacillanti del suo cuore,mentre il figlio la guardava incapace di dirle qualcosa in risposta, di reagire in qualche modo.

 

 

"...ed era così…fiero di te…”.

 

 

 

 

Disse continuando a guardare le stelle con gli occhi scintillanti, Gohan alzò lo sguardo, guardandola incredulo, con gli occhi sbarrati.

 

 

 

"...e anch’ io lo sono...".

 

 

A hundred days have made me older

since the last time that I saw your pretty face...

 

(Cento giorni mi hanno reso più vecchio

dall'ultima volta che ho visto il tuo grazioso viso…).

 

 

 

 

Gli accarezzò la gota con dolcezza e tentò di sorridere, cercando di accantonare, per quel misero frammento d’eternità, il dolore.  Così facendo avrebbe potuto mostrare e trasmettere tutto l’amore per suo figlio, per il loro amatissimo figlio…l’unica cosa ancora viva che le rimaneva di Goku.

 

Il ragazzino non poté più trattenersi, scoppiò in un amaro e disperato pianto, mentre i singhiozzi del bambino, dell'anima del bambino racchiusa nel corpo di quello che stava diventando così rapidamente un uomo,  riempirono la stanza e si abbandonò bisognoso tra le braccia della madre che lo accolsero con lo stesso vigore, la stessa forza violenta del suo, del loro  pianto solitario.

 

 

"E' tutta colpa mia, Mamma! E’ tutta colpa mia!”

 

“...se solo lo avessi ucciso prima, se avessi fatto come mi aveva detto Papà, se  avessi obbedito…oh,perdonami mamma…! Perdonami!”.

 

“…”.

 

Il suo cucciolo si era finalmente sciolto nel calore delle sue braccia, aveva finalmente dato libero sfogo a quel macigno insopportabile nel suo cuore, si era finalmente aperto alla sua sofferenza stessa e ora quello che ai suoi occhi era un eroe, il suo eroe…tremava e singhiozzava senza più ritegno e remore tra le sue braccia, bisognoso soltanto di tutto l’amore che un’anima dilaniata può ancora donare, deve – per il suo stesso bene – continuare a donare.

 

“Perdonami Mamma! Non ti abbandonerò mai, non ti abbandonerò mai! Ma  perdonami...ti prego, perdonami!!".

 

 

"Schhh...tesoro...sccchh...! Tesoro mio, Gohan!”.

 

 

“Mamma…”.

 

 

“Non ti abbandonerò tesoro, non ti abbandonerò mai!La mamma sarà sempre qui con te…sempre!”.

 

 

Si strinsero con la forza del dolore, della disperazione, dell'angoscia, in quel lettone così grande, e per quella notte...per quella notte madre e figlio vissero semplicemente la loro immane sofferenza.

 

Domani sarebbe stato un altro giorno...

 

Ma quella notte…c’erano solo loro…e il loro dolore.

 

 

~

 

 

La giovane donna scese dal suo piccolo jet, rinchiudendolo in una capsula. Cingendo delicatamente il figlioletto di quasi un anno, percorse il piccolo vialetto verso quella casa familiare.

 

Fu Juman ad andare ad aprire e il suo viso così serio e contrito, si addolcì scorgendo la persona di fronte a lui, accogliendola con un caloroso sorriso.

 

"Oh, ciao Bulma...".

 

"Buongiorno...Juman...". Rispose sorridendo, salvo tornare a farsi seria, guardandolo attentamente.

"Chichi è in casa? Vorrei...sì, beh vorrei parlarle...pensi che sia possibile?".

 

 

Chiese riferendosi evidentemente a tutto ciò che la donna  stava passando, chiedendosi se potesse esserci qualcosa che lei, una celebre scienziata, potesse fare per alleviare il suo dolore, o esserle in qualche modo di supporto.

 

Juman non rispose, ma si limitò a spostarsi dal vano della porta e farla entrare.

 

"Dai pure a me il tuo bel bambino...Chichi è di sopra, forse sta dormendo...non saprei...". Sospirò.

 

Bulma annuì comprensiva, baciando il piccolo Trunks, bisbigliando un ‘la mamma torna subito’  lo depositò tra le forti braccia di Juman.

 

 

"E Gohan?".

 

 

"Ha mangiato qualcosa ed è uscito a fare una passeggiata... è… è stato orribile, Bulma…per tutti noi”.

 

Bulma non poté che annuire, sospirando tristemente, prima di dirigersi verso le scale, per salire al piano superiore.

Camminò per un tratto di corridoio, trovandosi davanti alla porta della camera da letto della moglie del suo amico, accostò l'orecchio alla porta per sentire dei rumori ma avvertendo quel gelido silenzio, l’aprì delicatamente  per evitare di svegliarla, qualora stesse dormendo.

Una volta che l’ebbe aperta, la vide e trattenne il respiro.

 

Chichi era seduta sul letto, i capelli ancora spettinati e sciolti, ricadevano sul suo volto angelico, gli occhi spenti e lucidi che osservavano ciò che teneva in grembo, quella tuta arancione che aveva da sempre odiato e che ora accarezzava con cura e tenerezza.

 

Non doveva essersi accorta della sua presenza, così Bulma Brief  camminò lentamente sino al letto, bisbigliando il suo nome per non spaventarla. Chichi alzò lo sguardo guardandola per un istante, salvo tornare ad accarezzare quasi ipnotizzata la casacca, e Bulma notò con dispiacere le occhiaie sul suo viso delicato, gli occhi arrossati, quegli occhi che avevano sempre brillato come il suo spirito stesso, sembravano essersi spenti…resi opachi, privi di vita.

 

Posò una mano sulla sua spalla, sedendole accanto e sospirando, non sapendo che cosa fare o che cosa dire per alleviarla dalle sue sofferenze.

 

"Chichi...". Bisbigliò appena.

 

"Sto bene...". Rispose lei automaticamente, senza nemmeno alzare lo sguardo.

 

Bulma sospirò, prendendole ad accarezzare delicatamente la schiena.

 

"Devi farti forza...Chichi…”.

 

“…”.

 

 

“Lo sai, Goku non vorrebbe che tu...".

 

 

"Che io cosa?!".

 

Bulma sussultò mentre la donna aveva di nuovo alzato lo sguardo su di lei,i suoi occhi parvero accendersi per un istante e sprigionare delle fiamme, le fiamme del suo stesso dolore, del suo rimpianto, dell’amarezza, di quel cumulo nocivo di sensazioni, di emozioni che gravavano nella sua anima tormentata…era bastato pronunciare il nome di suo marito.

 

"Non vorrebbe che io...piangessi...certo! In fondo perché dovrei farlo…mi ha chiesto perdono,prima di morire...questo mette tutte le cose a posto! Devo mettermi il cuore in pace e sorridere e far finta che vada tutto bene...è questo che dovrei fare, secondo te?!”.

 

"Chichi...ascolta, tu...".

 

"Io non posso farlo...perché- perché  DANNAZIONE non c'è NULLA…N-U-L-L-A (!!) che vada bene...non più...”.

 

Si portò una mano alla bocca, cercando di reprimere un altro singulto.

 


”Oh…Chichi, io…”.

 

 

“Me lo avete portato via…ancora una volta…”.

 

 

Disse a stento tra le lacrime e i singhiozzi, scuotendo la testa e così anche i suoi capelli.

 

 

"Chichi...cosa?".

 

 

"Voi...voi tutti...me lo avete portato via...lui si è sacrificato per tutti noi...e mi ha abbandonata…mi ha abbandonata ancora una volta…con nostro figlio…ma questa volta non  tornerà…non tornerà mai più…

 

Non tornerà mai più da me…”.

 

 

Disse amaramente, riprendendo a singhiozzare, stringendo spasmodicamente la tuta, mentre Bulma l'avvolgeva tra le sue braccia, stringendola ed accarezzandola.

 

 …a thousand lies have made me colder

and I don't think  I  can look at this the same...

 

(Mille bugie mi hanno reso più freddo

e non penso di poter guardare alle cose nello stesso modo…).

 

 

 

"Sarebbe stato meglio che Cell avesse distrutto il pianeta! Sarebbe stato meglio saltare tutti quanti in aria! Ora almeno non...".

 

 

"Chichi! Non puoi pensare una cosa del genere...cosa pensi che direbbe Goku se lo sapesse?! Come puoi dire una cosa del genere…quando proprio Goku si è sacrificato per….".

 

 

"Vattene!".

 

"Chichi...ti prego, ascolta…”.

 

 

"VATTENE! Tu non puoi capire... NESSUNO  può capire...vattene! Tu hai un uomo da cui puoi tornare...tu...".

 

Aveva cominciato ad urlare, i suoi occhi fiammeggiavano ardenti, mentre riusciva a stento a stare in piedi, le sue labbra tremanti, le lacrime a bagnarle ancora il viso, il suo cuore che sembrava aver rallentato ancora una volta i battiti… fino a quando un intenso, insopportabile dolore le attanagliò il petto e il ventre, annebbiandole la vista, udendo a malapena le parole e i richiami di Bulma, semplicemente non vide più nulla e le sembrò di cadere debolmente a terra, se non fosse stato che due braccia forti l'avevano sostenuta, prima che potesse toccare il pavimento.

 

 

'Goku'.

 

 

 

"CHICHI!".

 

 

"Chichi...la sua aura...è diminuita...improvvisamente!".

 

 

~

 

 

La dottoressa uscì dalla camera: Juman, Gohan, Bulma, Crilin e Genio si alzarono immediatamente.

Juman e Gohan le andarono incontro, entrambi i loro visi ancora sconvolti e tesi, cercando di capire come stessero le cose, osservando l'espressione della dottoressa.

 

La donna si levò gli occhiali che pulì con un lembo del camice bianco, prima di rimetterli, rivolse lo sguardo al bambino e al nonno che si erano avvicinati e la guardavano ansiosi.

 

"Allora...dottoressa...come sta mia figlia?".

 

 

"Come sta la mia mamma?".

 

 

La dottoressa volse lo sguardo al bambino, sorridendogli, rassicurante e scompigliandogli i capelli, prima di tornare a farsi seria, guardando negli occhi di Juman.

 

"Sua figlia ora sta bene...ma per precauzione vorremmo tenerla sotto osservazione per le prossime ventiquattro ore...".

 

Juman sospirò un "grazie a Dio!", prima di guardare la dottoressa ed annuire, sorridendole grato.

 

"Ma cosa pensa sia stato di preciso, dottoressa?".

 

"Un forte shock emotivo, suppongo...".

 

Disse e notò lo sguardo dei due rattristarsi, dandole un'altra prova della sua esatta diagnosi.

 

"E' stata molto fortunata...".

 

 Aggiunse, guardando seriamente Juman.

 

 "...nel suo stato attuale questi forti shock possono essere molto pericolosi...".

 

"Cosa...cosa vuol dire?Il suo ‘stato attuale’?".

 

 

"...fortunatamente però il feto sembra non averne risentito...".

 

 

 

Tutti i presenti stralunarono gli occhi increduli, impallidendo, mentre Bulma stringeva a sé il piccolo Trunks soffocando un singhiozzo con una mano.

 

 

"I-Il feto?!". Riuscì appena ad articolare Juman.

 

 

"Sì…”.

 

Disse la dottoressa, guardandoli tutti seriamente.

 

“…sua figlia aspetta un bambino…”.

 

“Un…un bambino?!”. Ripeté Gohan incredulo e stordito.

 

 

~

 

 

 “CHICHI!”.

 

Re Kaioh sussultò, mentre era fermo immobile e si stava sporgendo con le sue speciali antenne, per controllare (come di consuetudine) ogni pianeta della Galassia del Nord.

 

Sentendo l’improvviso urlo di Goku, perse la concentrazione e sussultò, così facendo si stava – inavvertitamente- sporgendo ulteriormente rischiando così di cadere. Tentò di recuperare l’equilibrio agitando spasmodicamente le braccia in avanti, fino a quando il suo corpo non trovò saldo sostegno nelle gambe.

 

“Oh…Kami…”.

 

Bisbigliò ancora madido di sudore e scosso, passandosi una mano sulla fronte, salvo voltarsi, pronto a farla pagare a quello screanzato che neanche dieci giorni prima lo aveva VOLONTARIAMENTE  fatto morire per salvare il suo pianeta, che razza d’egoista era stato…lui, una delle massime autorità era stato ucciso a causa sua e di quell’orribile mostro!

Dulcis in fundo, la sua morte era stata anche vana, poiché Cell era riuscito comunque a far ritorno sulla Terra.

Il suo pianetino distrutto, la sua casa…la fiammante auto nuova…e tutto per quel ragazzo impertinente (e con il negato umorismo!) che non gli aveva mai portato il dovuto rispetto.

 

 

Son Goku era seduto ai piedi di un albero, Bubbles gli trotterellava attorno, tenendo in mano un casco di banane e cercando di attirare la sua attenzione, camminando nel suo tipico modo, con i palmi delle mani rivolte verso il cielo con il suo “uh,uh, uh, uh, uh!”; ma il ragazzo aveva ancora gli occhi stralunati, l’espressione seria, prima che tornasse a chiudere gli occhi.

Sul suo viso vibrò un muscolo e sospirò, passandosi una mano tra i capelli prima di chiudere fermamente i pugni, quasi con rabbia, riaprire gli occhi con lo sguardo basso.

 

“Goku…? Figliolo….?”.

 

Lo richiamò  Re Kaioh, completamente dimentico dell’ira e della stizza di pochi istanti fa non appena vide la sua figura stranamente inquieta e cupa, non capendo il motivo di quel suo stato d’animo, mentre camminava lentamente verso di lui, ricordando di averlo sentito gridare angosciato il nome “Chichi”.

 

Chichi…lo aveva già sentito...

 

 

‘ Ma certo…dev’essere il nome di quella terrestre, sua moglie…’.

 

 

“Goku…”.

 

Lo chiamò un’altra volta, mentre il ragazzo aveva ancora gli occhi chiusi ed era ancora seduto ai piedi dell’albero.

 

Il giovane aprì gli occhi, incrociando lo sguardo del suo mentore, alzandosi subito dopo in piedi, prendendo a camminare agitato, tornando a passarsi una mano tra i capelli, con lo sguardo chino e il viso contrito.

 

 

“Cosa…cosa è successo…figliolo?”.

 

Chiese Re Kaioh seguendolo, salvo andare a sbattere contro la sua  schiena, quando questi si bloccò di colpo, gemendo e ritirandosi, tenendosi dolorosamente il naso, mentre Bubbles aveva lasciato cadere la banana e lo additava con divertiti “uh,uh,uh,uh!”.

 

“Bubbles…razza d’impertinente, smettila! Goku…figliolo, vorresti spiegarmi…”.

 

Chiese con una nota impaziente e un poco stizzita (e soprattutto dolorante) nella voce, mentre continuava a sfiorarsi il naso, meravigliato che non si fosse rotto all’urto con la sua possente schiena.

 

 

“La sua aura…è diminuita improvvisamente…”.

 

 

“La sua aura…? Riesci a percepirla anche da quassù…?”.

 

 

“…si è azzerata di colpo…”.

 

 

Continuò a parlare Son Goku, quasi non avendo sentito le parole di re Kaioh, mentre sembrava stesse ragionando tra sé, più che fornirgli spiegazioni, stringendo con forza i pugni.

 

 

“…azzerata? N-non capisco…cosa, cosa stai dicendo?”.

 

 

“…è come se fosse…svenuta…dev’esserle senz’altro successo qualcosa! Ma cosa?!”.

 

Disse amaramente, lasciandosi cadere in ginocchio, stringendo con forza i fili d’erba del neo pianeta di Re Kaioh, con un gemito strozzato.

 

 

“Chichi…”. Disse con voce flebile.

 

 

Anche la piccola scimmietta sussultò, guardandolo incredulo, smettendola di saltellare e guardò confuso Re Kaioh e prendendo a fare dei frenetici e incomprensibili cenni con le mani e con le braccia, riprendendo con un assiduo “uh,uh,uh,uh,uh?”.

 

“Insomma…stai zitto, Babbles! Ti sembra questo il momento?! Figliolo…”.

 

 

Si alzò subito dopo e si voltò verso re Kaioh, correndo verso di lui e appoggiando le mani sulle sue spalle, guardandolo ansiosamente e spaventandolo.

 

 

“ Re Kaioh…la prego! Mi metta in collegamento con Gohan…con Juman…devo sapere cosa sta succedendo! Devo saperlo!”.

 

 Disse scuotendolo, e facendolo oscillare quasi come una bambola di pezza.

 

“Ma…ma…Figliolo!”. Disse a stento, cercando di non cadere mentre la presa del ragazzo non diminuiva.

 

“La prego re Kaioh…la supplico…le è successo qualcosa, lo so…lo sento!”.

 

Disse Goku affranto, mollando la presa (lasciandolo cadere rovinosamente sul deretano, con un doloroso urto), inginocchiandosi di nuovo, con una mano sul proprio petto,  gli occhi serrati, invocando il nome di sua moglie e del loro bambino.

 

 

Re Kaioh si rimise in piedi, scrollandosi i vestiti con l’espressione imbronciata, pronto a fare una ramanzina a quell’impertinente ragazzino, ma le parole gli morirono in gola, incontrando i suoi occhi improvvisamente resi lucidi.

 

“La prego, Re Kaioh...mi metta in contatto con mio figlio…o con Juman…”.

 

“Ah…posso fare di meglio!”.

 

Disse con aria un poco pomposa, sorridendo quando lo vide sgranare gli occhi incredulo, mentre si rialzava in piedi, l’espressione resa impaziente ed ansiosa.

 

“Sul…sul serio?”.

 

“Seguimi, figliolo…”.

 

Disse prendendo a trotterellare, seguito da Goku e da Bubbles che aveva recuperato il suo casco di banane.

 

Si fermarono di fronte ad un laghetto e Goku guardò confusamente re Kaioh, questi sporse le antenne sopra la superficie azzurra e Goku lo udì pronunciare una formula arcana in una lingua sconosciuta di cui non distinse nulla, se non il nome di sua moglie. S’inginocchiò di fronte al laghetto, aspettando e guardandolo intensamente.

 

Appena Re Kaioh smise di parlare, Goku alzò gli occhi verso di lui:

 

”Cosa…cosa ha…?”.

 

“Osserva, figliolo…”. Disse indicando le acque con un sorriso pomposo, fiero della sua eccellente prestazione.

 

Goku guardò senza capire il laghetto, vide le acque incresparsi, producendo miriade di bolle colorate, e avvertendo lo sciabordare che diventava sempre più intenso, sempre più forte, fino a quando la superficie tornò ad essere perfettamente liscia ed immobile.

Sbatté le palpebre incredulo, quando, dopo che le acque si erano improvvisamente tinte di arancio e giallo, scorse delle immagini.

 

 

“CHICHI?!”.

 

 

 

La giovane era stesa sul letto (ma quella non era la loro camera!),  i capelli le ricadevano scompostamente sul viso, era immersa in un sonno profondo, distinse il colore così gelidamente pallido, le occhiaie e il colorito rossastro intorno alle palpebre.

Solo Kami sapeva quanto doveva aver pianto, le labbra che sembravano sbiadite erano lievemente dischiuse e anche da lì avvertì il suo debolissimo respiro, le sue mani stringevano disperatamente i bordi del lenzuolo, e la sua testa si muoveva tormentata, mentre sembrava prigioniera di un vero e proprio incubo.

 

“Oh Chichi…cosa ti è successo?”.

 

Bisbigliò appena, continuando a guardarla, sentendo la rabbia e la disperazione prender possesso del suo corpo, il suo cuore battere forsennatamente e brividi correre lungo la schiena.

 

La sua Chichi…in cosa si era trasformata? Sembrava una debole ed inanimata bambola di porcellana…così deliziosa nella sua fragile vulnerabilità, così graziosa in quell’infernale tormento.

Che fine aveva fatto tutta la sua vitalità? Il suo orgoglio di piccola guerriera, il suo animo di madre, di moglie, la sua essenza di forza, di coraggio, di determinazione, di testardaggine, di fede.

 

Abbassò lo sguardo, sfregandosi con forza il viso, cercando di calmarsi, salvo sentirsi letteralmente struggere quando le sue labbra si mossero e avvertì il suo lieve ma intenso sussurro.

 

 

“Go-ku- san…Goku-san!”.

 

 

...but all the miles that seperate...

Dissapear, when I'm dreaming of your face...

 

(Ma tutte le miglia che ci separano,

scompaiono,  quando sto sognando il tuo viso…)

 

 

 

Aprì gli occhi, gemendo appena, e tornando a guardarla, quasi tentato di sfiorare con un dito la superficie dell’acqua, quando la sua attenzione tornò alla stanza d’ospedale (l’ospedale? Allora…era qualcosa di grave?!) e alle parole della dottoressa.

 

 

 

“Vado a dirlo ai suoi parenti…erano così scossi. Avete provato a rintracciare il marito?”.

 

“Sembra che sia morto la scorsa settimana...il giorno del Cell Game”. (a causa del Cell game, direi io! Nd.A)

 

”Oh…questo spiega tutto…”.

 

Bisbigliò gettando uno sguardo clemente e impietosito alla donna che si muoveva debolmente nel letto.

 

 

Goku si alzò in piedi, incapace di guardare ancora, voltandosi e mordendosi quasi con rabbia le labbra, stringendo con ancora più vigore i pugni, quasi fino a quando le unghie non si conficcarono nella carne, ma neanche se ne rese conto.

Rimase fermo per qualche istante che sembrò interminabile, socchiudendo gli occhi, salvo farsi sommergere da ondate d’immagini di sua moglie, della loro vita insieme, del loro bambino, dei loro ultimi attimi in quel gran letto, di quella magica notte…

Avvertì il suo cuore tremare e una profonda e lacerante amarezza accendersi in lui, intaccare ogni arto, ogni nervo, ogni tessuto.

 

 

G-GOKU?!”. Lo richiamò Re Kaioh incredulo e sorpreso un attimo dopo.

 

“…”.

 

”…hai sentito?! Hai sentito cosa ha detto la dottoressa?”.

 

“C-cosa?”.

 

Bisbigliò debolmente, tornado a voltarsi, i suoi occhi caddero sulla superficie e vide l’espressione stupefatta ed incredula di Juman e di suo figlio, si riaccostò al laghetto, inginocchiandosi.

 

 

"I-Il feto?!".

 

"Sì…”.

 

“…sua figlia aspetta un bambino…”.

 

 

 

Goku rimase senza fiato, sbarrando gli occhi e lasciandosi di nuovo cadere sull’erba, continuando a guardare con la bocca dischiusa la reazione dei presenti e l’espressione della dottoressa, mentre quelle parole presero a ronzare in continuazione nella sua mente.

 

‘ Un…un bambino? Chichi…aspetta un bambino?!

Il…il mio bambino…il nostro bambino…oh Kami…’.

 

 

Re Kaioh socchiuse le labbra, salvo sorridere, ridendo di semplice e pura gioia, guardando con affetto il giovane ragazzo che ancora incredulo, sembrava perso in profondi pensieri. Bubbles non riuscendo a comprendere si sporse per guardare a sua volta, salvo cadere nella superficie e le immagini dal pianeta Terra si dissolsero.

 

“Bubbles! Razza di scimmia maldestra!”. Lo rimproverò Re Kaioh, salvo voltarsi a guardare Goku, con gli occhi ancora lievemente spalancati.

 

“Insomma…figliolo…n-non dici nulla? Ma non sei felice?! Stai per diventare di nuovo padre…dobbiamo festeggiare, assolutamente!”. Disse Re Kaioh, quasi commosso, ridendo di pura gioia, dimenticando tutta la stizza e il risentimento per quell'impertinente ragazzino.

 

Goku tornò a guardarlo, l’espressione un poco vacua, ancora trasognata, persa nei propri pensieri, salvo tornare a sorridere, quando Re Kaioh lo scosse dolcemente.

 

“Sono felice per te, figliolo…e anche per il piccolo Gohan e…tua moglie, naturalmente!”.

 

“Chichi…”.

 

“Questa è una grazia, Goku…ne sono certo. Quel bambino sarà la sua benedizione…sua, di tuo figlio e anche tua…”.

 

Disse dolcemente stringendogli la spalla, mentre Goku si limitò ad annuire, con un sorriso, il primo vero e gioioso sorriso che gli avesse incurvato le labbra da quando aveva dovuto dire Addio alla vita stessa, a Chichi, a Gohan, alla Terra.

 

 

‘ Amore mio…così tanta gioia mi hai dato in vita…e continui a darmene anche ora…anche ora che sono qui…mio dolce angelo…veglierò su di te, sul nostro amato figlio…e sulla creatura che riposa dentro di te, adesso…

 

Sii forte amore mio…un giorno ci rivedremo…quel giorno ti stringerò tra le mie braccia e non ci separeremo mai più…per tutta l’eternità, mia piccola dolce Chichi…

 

 

I’m here without you baby

but you're still on my lonely mind

 

(Sono qui senza di te, amore

Ma tu sei ancora nei miei pensieri solitari).

 

 

 

 

Ora so che continuerai a vivere per te, per me, per noi, per il nostro Gohan…adesso so che un'altra parte di me vivrà con te e non ti abbandonerà mai…fino a quando Kami vorrà riunirci anche in questo mondo...’.

 

 

~

 

 

La giovane donna era intenta a contemplare il cielo stellato, appoggiata al davanzale della finestra, una lieve ma dolce brezza sembrò baciarla sul viso e asciugarle quelle piccole, fragili gocce salate.

Si asciugò gli occhi con un lieve sospiro, mentre le sue labbra s’incurvarono in uno dei primi dolci, veri sorrisi da quel nefasto giorno. Una sua mano scese lungo l’addome, soffermandosi al pancino di appena un mese, carezzandolo con amore e con tenerezza.

 

‘Piccolo mio…non vedo l’ora di vederti, di stringerti, di conoscerti…insieme, tutti insieme… noi tre ce la faremo…te lo prometto, piccolo mio…’.

 

Si voltò e sorrise con la stessa dolcezza, lo sguardo commosso quando vide il primogenito che dormiva nel suo letto, in quel lato che fino a poco più di un mese prima era occupato da suo marito.

Si accostò al bambino, sedendosi sul bordo del letto, gli rimboccò le coperte, gli accarezzò la gota, scostandogli i capelli dal viso e baciandolo teneramente.

 

“Tesoro mio…”.

 

Non avrebbe mai, mai dimenticato l’amore, la tenerezza e la devozione che il suo adorato Gohan le aveva riservato fin da quel maledetto giorno, senza mai lamentarsi, senza mai stancarsi, si accingeva a fare di tutto pur di vederla serena, pur di strapparle un sorriso, ed era così entusiasta all’idea di crescere con lei il suo fratellino o la sua sorellina.

 

I suoi figli… lei sarebbe riuscita a continuare a vivere una vita che le sembrava già morta, grazie a loro, per solo ed esclusivo merito loro.

Avrebbe dedicato il resto della sua vita a loro, li avrebbe cresciuti ed accompagnati per un certo periodo della loro vita, sarebbe stata sempre lì, pronta a tutto, anche a sacrificare se stessa, purché crescessero felici e spensierati, come l’era stato Goku, anzi, come sapeva che Goku continuava ad essere anche ora.

 

Tornò alla finestra, osservando le stelle e sospirando, cercando quella più luminosa, la stessa che brillava da quando suo marito se n’era andato, la stessa che sembrava voler vegliare amorevolmente su di loro, sulla loro casa.

 

 

...I think about you baby

and I dream about you all the time...

 

 

(Io penso a te, amore

Sogno di te continuamente).

 

‘ Grazie per il tuo ultimo dono, amore mio…non ti dimenticherò mai…sarai sempre una parte di me…la più luminosa, la più intensa…

 

Lo crescerò e lo amerò affinché sappia e conosca quale eroe sia stato suo padre…ti amerà e sarà fiero di te…così come io ti amo e sono fiera di te…

 

 

Amore mio, so che continui a vegliare su noi, non smettere mai, ti prego…voglio continuare a sentire la tua silenziosa presenza, mio dolce Goku…mio bellissimo angelo…so che in realtà non mi hai mai abbandonata…ti amo, amore mio…non dimenticarlo mai…’.

 

 

I'm here without you baby

but you're still with me in my dreams.

 

( Sono qui senza di te, amore

Ma tu sei ancora con me, nei miei sogni).

 

 

“Ti amo, mia piccola Chichi…e non smetterò mai…

Grazie per tutto quanto, amore mio…

 

Non smetterò mai di vegliare su te e sui nostri figli…

Sogno solo di voi…di te...tu sei sempre con me…e un giorno non saranno più solo sogni…’.

 

 

~

 

 

Il pianto di un bambino invase la sala d’attesa, Juman, Gohan, Bulma, Crilin, Genio e Yanko si alzarono immediatamente, mentre Juman commosso stringeva con forza il nipotino che ricambiò l’abbraccio con la stessa gioia.

 

 

“E’ un maschietto, signora…”.

 

“M-mio figlio…”.

 

“Ora un bel bagnetto e poi…AHHHHH!”.

 

”Cosa?! Cosa…cos’ha il mio bambino?!”.

 

Chiese Chichi, ansante, alzando un poco il busto, salvo riappoggiarsi al letto, ancora sfinita e madida di sudore…no! Non il suo bambino, non l’ultimo dono di Goku!

 

“S-signora…s-suo figlio ha…ha…”.

 

“Che cosa?! N-non sta bene?!”.

 

“Sta bene ma ha…la…”. L’infermiera snocciolò le parole, tremante, non sapendo come giustificare qualcosa di così…anormale.

 

“…la coda…”. Disse, aspettandosi che la paziente reagisse con urla isteriche o esclamazioni di sorpresa, stralunò gli occhi incredula, quando la vide sorridere commossa, sospirando di sollievo.

 

“E’ una caratteristica di famiglia…l’ha ereditata dal padre…”. Disse posando la testa sul cuscino e sorridendo stancamente, ma con tanto amore ed orgoglio.

 

“…”. (Dal padre?! Che si trattasse di uno…scimmione?! Pensò l’infermiera orripilata e sconcertata allo stesso tempo).

 

 

 

 

“Tenga, ecco il suo bambino…”.

 

Riaprì gli occhi e non poté non sciogliersi di lacrime di gioia quando per la prima volta vide il suo bambino, quell’amata, tanto aspettata ed invocata creatura, e non poté non sentire un dolce brivido al cuore quando si rese conto che era una copia del padre.

Ironia della sorte…Goku se n’era andato, e ora quella creatura era venuta al mondo…quasi a sostituirlo.

 

Ironia della sorte?

 

No, una benedizione…un angelo se n’era andato cedendo il suo posto ad uno nuovo….

 

Il bambino ricambiò curioso il suo sguardo, e con un dolce e lieve verso si lasciò stringere al seno della madre e dopo pochi secondi, madre e figlio caddero in un dolcissimo sonno, ignari che al di sopra del cielo azzurro una stella luminosa vegliava su di loro.

 

 

 

 

 

“E’ bellissimo…”.

“Quanto è piccolo…”.

“E’ identico a papà…”.

“Hai ragione è identico a tuo padre…”.

“Sono certa che lui e Trunks diventeranno due splendidi ragazzi”.

“E chissà quanto diventerà forte!”

“Oh…il mio piccolo Juman junior!”.

 

 

 

Gohan si staccò dalla culla circondata da una vera e propria folla di persone: suo nonno e tutti i loro più cari amici, e si avvicinò al letto dove la madre era ancora profondamente assopita, e un’infermiera stava facendo degli ultimi controlli.

 

“Come sta mia madre?”. Chiese.

 

”Benissimo…è stata bravissima e il parto è andato perfettamente…”.

 

“Gohan?”. Mormorò Chichi, socchiudendo gli occhi, avendo evidentemente sentito – sebbene immersa in un dolce quanto fragile torpore – la sua voce.

 

”Sì, mamma, sono qui…”. Disse prendendole e stringendole la mano.

 

“Tesoro mio…”. Lo chiamò Chichi, sorridendogli ancora stanca e spossata.

 

“Stai bene?”.

 

Le chiese il suo primogenito e lei annuì, guardandolo e stringendo più forte la sua mano, prima di tornare a guardare la culla circondata da una decina di persone. Sorrise.

 

 

“Noi tre…noi tre insieme…affronteremo ogni cosa…”. Bisbigliò, tornando a guardare suo figlio, con occhi colmi d’amore ma anche d’orgoglio, di forza, di determinazione.

 

“Sì, mamma…te l’ho promesso, ricordi? Non ti abbandonerò mai…né te, né il bambino…”.

 

“…Goten…”. Mormorò appena Chichi.

 

“Cosa?”.

 

“Goten…significa ‘ dono di Dio’* …”. Mormorò appena, prima di addormentarsi di nuovo, sotto lo sguardo amorevole di suo figlio.

 

 

(* NdA ovviamente la traduzione del nome…l’ho inventata di sana pianta! Ad ogni modo non ho sbagliato più di tanto, in alcuni siti, sembra che Goten significhi ‘ultima parte del cielo’, è pur sempre una sorta di benedizione, no? ;D Che amore! Lo strapazzerei di baci…d’altronde come il padre…ehm, andate pure avanti e scusate l’interruzione! ^^;;;).

 

 

~

 

 

“No, amore…non piangere…la mamma è qui…”.

 

Mormorò Chichi, prendendo in braccio il neonato e stringendolo al seno, il bambino la guardò con i suoi occhioni traboccanti di lacrime.

 

“Mamma?”. Bisbigliò Gohan, passandosi una mano sugli occhi, stancamente e issandosi con il torso.

 

“Ti ho svegliato tesoro, perdonami…Goten piangeva e se è il figlio di tuo padre…sono sicura che sta reclamando ancora del cibo…”. Sussurrò sorridendogli continuando a stringerlo tra le sue forti braccia.

 

“Continua a dormire…lo porto in camera con me…”.

 

“No, restate…”.

 

Disse il ragazzino sorridendo, facendola sedere sul suo futon e sedendosi a sua volta accanto a lei, prendendo la manina del bambino che succhiava avidamente latte dal suo biberon, dimenando le braccia bambine.

Il neonato strinse il dito del fratellone, continuando a guardare la madre con adorazione, dimenando anche i piedini a festa, facendoli sorridere entrambi.

 

Una lieve brezza fece mormorare il neonato, quasi a dargli un suo dolce saluto, allora Gohan si alzò per chiudere la finestra, ma sua madre lo fermò.

 

“Aspetta tesoro…”.

 

Prese la coperta dalla culla e vi avvolse il bambino che sembrava esser sazio al momento, tenendolo ancora stretto a sé, si accostò con lui alla finestra.

 

“Guarda, Goten:quella stella…la più luminosa, la più bella…”.

 

Il bambino prese ad indicare quello stesso punto con le braccia, mentre Gohan sorrideva intenerito, guardando a sua volta quella stella.

 

“…lì c’è il tuo papà…e ti sta guardando, sai?”.

 

“Sì…”. Sorrise Gohan. “…non ha mai smesso di farlo…”.

 

 

 

“Gohan?”.

 

“Sì mamma?”.

 

Chichi sorrise continuando a guardare quella stella.

 

“Ho deciso. Tra qualche anno, noi due gli insegneremo le Arti marziali…”.

 

C-cosa?!”.

 

Disse Gohan totalmente sorpreso, ricordando quanto spesso in passato il suo addestramento era stato motivo d’inquietudine e tensione tra i suoi genitori.

 

“Ho sbagliato con te, tesoro mio. Ho cercato di soffocare la tua anima saiyan, temendo che saresti diventato una specie di mostro e mi avresti abbandonato.”.

 

Confessò Chichi con gli occhi bassi, rivolti al neonato – appena addormentato – che ora  giaceva di nuovo nella sua culla.

 

“…”.

 

 

“Ti chiedo perdono, tesoro…sappi che non ripeterò mai più lo stesso errore…”. Bisbigliò alzando lo sguardo e sorridendogli.

 

“Oh mamma…”.

 

“…io sono orgogliosa di tuo padre, di ciò che ha fatto per tutti noi…e non ho mai smesso di amarlo, anche quando ho scoperto le sue vere origini…e sarebbe un insulto alla sua memoria cercare di estirpare le sue e le vostre radici…

 

So per certo che sarò sempre orgogliosa di lui e anche dei miei due piccoli mezzi-saiyan…”.

 

Disse carezzandogli la gota, prima di tornare a guardare con un sorriso il neonato, carezzandogli la testolina e i capelli sparati in aria, identici a quelli di Goku.

 

~

 

 

Gohan si stropicciò gli occhi, passandosi una mano sulla fronte e voltandosi verso l’altro futon vicino al proprio, aspettandosi di trovarvi il piccolo fratellino magari addormentato con delle pose assurde che ricordavano (a Chichi in primis) in modo a dir poco comico quelle del padre, identico…in tutto e per tutto.

 

 Non solo fisicamente, ma anche il modo di parlare, di gesticolare, di mettersi una mano dietro la testa quando era imbarazzato, la sua dolce quanto – a volte – estenuante innocenza e candore, per non parlare del suo appetito.

 

 Tutto questo aveva fatto sì che Goten fosse per tutti coloro che lo conoscevano o vivevano con lui un ‘Goku in miniatura ’, era pertanto vezzeggiato e coccolato oltre ogni misura. Gohan stesso che ormai era diventato un vero e proprio uomo, non poteva trattenersi dall’essere sempre pronto a fare di tutto (da leggere libri su libri d’avventure e di fiabe a seguirlo negli studi e negli allenamenti) pur di vederlo crescere nel modo più sereno possibile.

 

Stralunò gli occhi confuso, quando invece vide il futon sfatto ma del fratellino nessuna traccia, si guardò attorno per tutta la stanza chiedendosi dove potesse essersi cacciato alle… 02.54 del mattino!

Controllò in bagno, chiamando a bassa voce il suo nome per evitare di svegliare la madre, decidendo, infine, di controllare nella sua camera. Probabilmente Goten aveva avuto un incubo e aveva preferito dormire nel lettone con lei.

Aprì un poco la porta, vedendola dormire profondamente, tenendo ancora stretta a sé quella stessa casacca arancione, quasi a dimostrare quanto – nonostante tutto quel tempo – la presenza di suo padre e allo stesso tempo il senso di…vuoto della sua assenza si facessero sentire.

Si accostò al letto e deglutì quando si rese conto che del bambino non c’era alcuna traccia…ma dove poteva essere finito?

 

Doveva essersi allontanato da solo…lui avrebbe certamente percepito la presenza di un’aura estranea se si fosse aggirata a casa propria! Scese al piano di sotto, imprecando, dicendosi tra sé che  se – come sperava! –  si fosse trattato di uno scherzo di quel monello, gliel’avrebbe fatta pagare a suon di sculacciate!

 

Magari aveva avuto un languorino, d’altronde se buon sangue non mente, si trattava pur sempre di un Son, e per di più in parte saiyan!

Si diresse immediatamente in cucina, chiamando ancora il suo nome ma invano, quando un brivido di freddo lo travolse, si rese conto che…la porta era ancora aperta? Senza pensare, trasformandosi in ssj, illuminando l’oscurità attorno, socchiuse l’uscio di casa (cercando di non fare rumori per non svegliare la madre ed allarmarla), ed uscì nel giardino.

 

 

 

“Goten!”.

 

 

 

Il bambino era seduto su un tronco d’albero che Gohan aveva sradicato quello stesso pomeriggio, su richiesta di sua madre per la legna.

 

“Piccolo monellaccio! Aspetta che ti prenda!”.

 

Disse camminando con fare simile a quello della madre quando sgridava suo padre per una di quelle sue ultime trovate che gli faceva meritare l’appellativo di “incosciente”o “screanzato”.

Tornò al suo aspetto abituale e aprì ben bene la mano con l’intenzione di dargli (con la dovuta moderatezza) uno scappellotto ma i suoi propositi vennero del tutto infranti, quando il bambino si voltò finalmente a guardarlo.

 

Gohan perse del tutto la volontà di colpirlo, quando vide quegli occhioni solitamente pieni di spensieratezza e di gioia,ora malinconici e quell’espressione smarrita e confusa.

 

“G-Goten?”.

 

Il bambino non disse nulla, si alzò, abbracciando le gambe del suo fratellone, finché questi non si abbassò in ginocchio. Il bambino si rifugiò contro il suo petto, aggrappandosi con le mani alla sua maglia, mentre il sedicenne, con un sospiro, prese ad accarezzargli la testolina, chiedendosi ancora il perché di quel comportamento insolito.

 

“G-Goten…cosa…perché sei qui?”.

 

Il bambino si ritrasse, guardandolo indeciso, prima di sospirare affranto, gli indicò con un gesto della mano il cielo, quell’eterea, splendente e luminosa stella al centro del firmamento.

Gohan sospirò tornando a guardarlo, carezzandogli rassicurante i suoi capelli spettinati e “selvaggi”, come li definiva sua madre quando cercava – inutilmente – di pettinarli.

 

“Ora ho capito…”. Bisbigliò Gohan, stringendolo con calore.

 

”Tu e la mamma…mi avete sempre detto che quando mi sentivo solo, dovevo guardare quella stella...perché lassù, c’è…papà…”.

 

“Sì”.

 

Mormorò Gohan aumentando la pressione del suo abbraccio, prima di alzarsi cingendolo ancora, mostrandogli ancora l’astro.

 

“Lui è lassù, Goten…veglia sempre su di noi…sulla mamma, su…”.

 

“Anche su di me?”. Pigolò speranzoso e dubbioso.

 

“Ma certo! Soprattutto su di te…anche adesso, Goten…”.

 

“Lo pensi sul serio?”.

 

Chiese il bambino guardandolo attentamente negli occhi, i suoi occhioni di cucciolo sembrarono rianimarsi di speranza, di fede, gioia, proprio come quelli di sua madre, dopo che era nato quell’angioletto che aveva di nuovo riempito le loro vite..

 

“Non lo penso. Ne sono certo…”.

 

Il bambino annuì e il suo visino fu di nuovo rischiarato da uno splendido sorriso che – superfluo dirlo – era lo stesso di suo padre, ma ancora lievemente contrito, quasi simile a quello che gli era stato rivolto, prima che questi si sacrificasse.

 

Avvertì un improvviso pizzicore alla nuca e al collo, quello sguardo…gli sembrava di poterlo vedere ancora, distintamente, come fosse stato ieri.

 

“Gohan?”.

 

Lo richiamò il bambino, guardandolo confuso.

Il ragazzo si riscosse, sorridendogli rassicurante, dandogli un buffetto sul naso.

 

“Per questa sera ti è andata bene…ma se mi fai un altro…”.

 

GOHAN!? GOTEN?! DOVE SIETE FINITI?!”.

 

Gli strilli disperati ed arrabbiati di Chichi li fecero sobbalzare, mentre entrambi guardavano ansiosamente la figura della donna che si sporgeva lievemente dalla finestra, guardandoli – dopo averli scovati - con un misto di preoccupazione e di rabbia.

 

“Ehm…mi sa che ho parlato troppo presto…”.

 

Sospirò Gohan, mentre entrambi sorridevano forzatamente, all’espressione truce della madre, facendo goffamente rientro in casa.

 

~

 

 

“Forza Goten…esprimi un desiderio…”.

 

Sorrise Chichi, depositando la torta di compleanno  con sette candeline, davanti al bambino,  sotto gli occhi divertiti e felici della madre, del fratello e del nonno, oltre a quelli degli altri invitati.

 

Il bambino chiuse gli occhi, concentrandosi…cosa poteva chiedere a Dio? Il suo sogno era una vera e propria cascata di dolci, di gelati e di cioccolata…magari qualche nuovo giocattolo…ma no, c’era qualcosa di molto più importante che avrebbe tanto voluto, ma che nessuno poteva esaudire…ma forse…Dio…

 

‘ Dio…vorrei tanto che il mio Papà tornasse…tornasse da tutti noi…per sempre’.

 

La festa di compleanno fu bellissima e calorosa, tutti i più cari amici di suo padre vi avevano partecipato, Crilin, sua moglie, la sua figlioletta; Bulma, il suo migliore amico Trunks e persino suo padre, il signor Vegeta (ma questi si era limitato per tutto il tempo a trangugiare cibo preparato da Chichi e starsene per lo più in disparte, guardando di sottecchi il piccolo di casa Son); Genio, Yanko e persino il signor Junior che aveva accettato dopo l’invito del suo pupillo Gohan.

 

 

Fu una giornata memorabile per il piccolo Goten, senza contare il succulento bottino dei regali ( solo suo nonno gli aveva scaricato nel giardino una ventina di pacchi dai più grandi ai più piccoli) e stava ancora giocando con l’ultimo giocattolo scartato, quando sua madre e suo fratello lo chiamarono.

Si avvicinò a sua madre che sorridendogli commossa gli si fece incontro e gli consegnò un altro pacco, ancora incartato che non aspettava altro che essere aperto dalle sue dita impazienti.

 

“Questo è da parte mia e di tuo fratello”. Gli disse.

 

Il bambino sorrise, sedendosi sull’erba e prendendo a scartare il pacco, salvo prendere in mano tutto contento ed emozionato una tuta da combattimento.

 Ma non era una semplice tuta da combattimento, come quelle che solitamente indossava e che erano appartenute (la più parte) a suo fratello in passato ed erano rattoppate, quella tuta…non poteva sbagliarsi, l’aveva vista in tantissime foto nell’album di famiglia.

 

Era identica a quelle che soleva ed amava indossare suo padre, ad eccezion fatta della maglietta che aveva le maniche lunghe, a parte questo…era identica, persino le stesse scarpine!

Sorrise, stringendola con forza a sé, sorridendo, invocando silenziosamente – di fronte alla sua famiglia e ai suoi amici commossi – ancora una volta suo padre, quel padre che non aveva mai conosciuto ma che amava profondamente, e che sentiva – nonostante tutto – accanto a sé, e amava credere che fosse veramente così.

 

Sorrise e si gettò con foga tra le braccia di sua madre, prima di abbracciare le gambe di suo fratello, felicissimo, bisbigliando con gli occhioni lucidi di lacrime:

 

”Grazie mamma, grazie Gohan…è il più bel regalo che io abbia mai ricevuto…”.

 

“Se solo tuo padre potesse vederti…”. Mormorò Chichi, asciugandosi una lacrima birichina.

 

“Ma Mamma! Non ricordi? Lui è sempre lassù e ci sta guardando…anche adesso…”. Disse indicandole la stella che – immancabilmente – continuava a brillare alta nel cielo.

 

“Sì, hai ragione…che sciocca…”. Sorrise, continuando a guardare la stessa stella.

 

~

 

 

“EH?! Parteciperai al prossimo Torneo Tenkaichi?! Come mai?”. Gli chiese Bulma sorpresa, salvo poi aggiungere:

 

“…però non ti divertirai molto…perché sono sicura che sarai tu a vincere…”.

 

“Non sarà così facile…a quel Torneo, se ci sei tu…PARTECIPERO’ ANCH’IO!”. Era intervenuto inaspettatamente Vegeta.

 

 

ALLORA PARTECIPERO’ ANCH’IO!”.

 

“P…PAPA’…LA VOCE DI MIO PADRE!”.

 

“Kakaroth…?!”.

 

 

 

“Papà! Sei tu, non è vero?”.

 

“Sì, sono io!E’ da molto che non ci sentiamo, eh?!”.

 

 

“Veramente…veramente verrai a partecipare al Torneo Tenkaichi?!”.

 

”Certo! Chiederò il permesso alla vecchia Sibilla, tornerò da voi il giorno del torneo!”.

 

 

 

 

“Mamma…Goten!”.

 

Gohan entusiasta più che mai entrò di corsa in casa, chiamando a gran voce la madre e il fratellino, quest’ultimi scesero le scale, avvertendo il suo richiamo, mano nella mano.

 

“Gohan? Tesoro, perché stai strill- ”.

 

Ma non finì di parlare perché suo figlio la strinse a sé con forza, ridendo di pura e semplice gioia, quasi stritolandole le costole, mentre la donna pronunciava delle deboli parole di protesta.

 

“Ma…ma Gohan…cosa ti è preso?!”.

 

Il ragazzo si scostò sorridendole, posandole le mani sulle spalle.

 

“Tornerà, Mamma…tornerà…!”.

 

”Gohan…cosa…?”.

 

La donna continuò a guardarlo con gli occhi stralunati, non riuscendo a capire, mentre guardava gli occhi felici, estasiati del suo primogenito che continuava a ridere con così tanta gioia che sembrava tornato il ragazzino spensierato che era stato fino a pochi anni fa.

 

“Papà…”.

 

“G-Goku?!”.

 

Disse Chichi spalancando gli occhi che subito si riempirono di lacrime di pura e semplice gioia, il suo cuore prese a battere, a battere come quando era ragazzina e le bastava uno sguardo o un sorriso del fidanzato per sentirsi avvolgere da un intenso e benefico calore.

Un sorriso dolcissimo apparve sulle sue labbra, appoggiando una mano sul cuore.

 

“Hai sentito Goten?!”. Continuò Gohan prendendo in braccio il bambino che prese a ridere spensierato, continuando a ripetere.

 

”Davvero? Davvero? Papà tornerà?!”.

 

“Sì Goten, davvero!”.

 

 

‘ Goku…amore mio…’.

 

 

‘ Ancora pochi giorni e potrò riabbracciarti Gohan, potrò conoscerti Goten…e potrò riaverti tra le mie braccia…Chichi…amore, solo pochi giorni…’.

 

 

Quella notte, quando Chichi si spazzolò i lunghi capelli di fronte alla finestra le parve che quella stella brillasse ancora più del solito; sorrise mandandole un bacio e dandogli una dolcissima buonanotte.

 

‘ Amore mio…anche se sarà solo un giorno…lo aspetterò con tutta me stessa…a presto, amore mio!’.

 

 

~

 

 

“Hai combattuto in modo impeccabile, figliolo…sono fiero di te…

 

…di’ alla Mamma che il tuo Papà le chiede scusa…sono stato troppo egoista con lei…

 

…l’ho fatta soffrire…”.

 

“Papà…”.

 

“Papà…”.

 

 

 

 

“Papà…”.

 

Il sedicenne si svegliò di soprassalto, drizzandosi con il busto e passando una mano sulla fronte madida di sudore.

Un sogno, lo stesso da quando suo padre gli aveva fatto sapere che avrebbe partecipato lui stesso alla prossima edizione del Torneo Mondiale d’Arti Marziali.

Da quel giorno – notte dopo notte – non faceva che rivivere quei drammatici e profondi istanti prima della sua dipartita.

 

Nonostante fossero passati ben sette anni, nonostante ripetesse il sogno senza tregua da diverse notti, ogni volta quel ricordo non mancava di scuoterlo intensamente nell’anima, procurargli brividi di freddo lungo la spina dorsale e una fastidiosa quanto intensa sensazione di gelo…di gelo interiore.

Malgrado tutto quello che era successo in quei lunghi sette anni; malgrado l’amore e la dedizione che non aveva mai smesso di riversare su sua madre e il suo fratellino, non poteva farci nulla…non era ancora riuscito a perdonarsi.

 

Non era ancora riuscito ad essere indulgente con sé stesso, lui che con la sua superbia, con quell’arroganza della sua anima saiyan aveva indotto suo padre a sacrificarsi per salvare lui, sua madre, il feto che già cresceva in lei e tutta l’umanità; aveva così condannato sua madre ad un’ulteriore e precoce vedovanza e lui e il suo fratellino –  questi soprattutto – all’essere orfani.

 

E di questo, forse, non si sarebbe mai perdonato.

 

Il suo sguardo cadde sulla sveglia appoggiata sul comodino, rendendosi conto che erano già le 9 passate sussultò e un sorriso gli increspò le labbra, mentre si alzava di fretta e furia.

 

Oggi, finalmente, avrebbe rivisto suo padre.

 

Oggi, finalmente, lo avrebbe riabbracciato, gli avrebbe parlato, e avrebbe cercato e sperato nel suo perdono.

 

Solo in quel momento si accorse che il futon di Goten era già vuoto, indi, si diresse al piano inferiore e lo trovò già seduto a tavola, intento a fare colazione, vestito di tutto punto con la tuta da combattimento regalatagli da lui e da sua madre che – saputo dell’imminente ritorno del padre – il piccolo aveva deciso di indossare per la prima volta proprio in questo giorno speciale per tutta la famiglia Son.

 

 

“Buongiorno fratellone!”. Disse il bambino tra un boccone e l’altro, con la sua solita e solare spensieratezza della sua infanzia.

 

“Goten…? Sei già sveglio…”. Bisbigliò il sedicenne guardandolo incredulo, constatando le fatiche sue e di sua madre per convincerlo ad alzarsi al mattino.

 

Il bambino sorrise candidamente e in modo straordinario, considerando la quantità di cibo che stava trangugiando, Gohan scosse la testa divertito sedendosi accanto al bambino e guardando con l’acquolina in bocca una bellissima, profumata, gigantesca ed invitante torta alle mele, la preferita di suo padre, da sempre.

 

“Uhm…ha l’aria invitante…”. Disse andando in brodo di giuggiole pensando a quanto dovesse essere deliziosa.

 

Stava per prenderne una fetta, se non fosse che il fratellino lo colpì con il mestolo di legno sulle dita:

 

“Ahi! Ma che ti prende?! Sei impazzito?!”. Gemette il ragazzo, guardandolo furioso e massaggiandosi goffamente le dita colpite.

 

“La mamma ha detto che QUELLA non si può toccare…la mangeremo stasera a cena, per festeggiare papà…”. Disse il bambino con gravità e tono rimproverevole, che lo rendevano in qualche modo ancora più buffo.

 

“Umpft!”.

 

Borbottò il fratello, rinunciando alla torta e apprestandosi a mangiare qualcos’altro, prima di guardarsi intorno con sguardo interrogativo.

 

“A proposito…dov’è mamma?”.

 

“Ci ha preparato la colazione ed è andata di sopra a cambiarsi…ha detto che non aveva molta fame…”.

 

Gohan annuì comprensivo, versandosi alcune delle squisite prelibatezze preparate dalle mani esperte della madre.

 

“Immagino che l’idea di rivedere papà dopo così tanto tempo, la innervosisca un po’…peccato che possa restare solo un giorno…se non altro stasera mangeremo tutti insieme, prima che torni nell’aldilà…”.

 

Il bambino annuì, prima di smettere momentaneamente di mangiare, accostando gli indici delle sue manine, con fare pensieroso.

 

“Gohan?”.

 

”Che c’è?”. Chiese il ragazzo con la bocca piena di cibo. In quei particolari momenti, come Chichi sorrideva tra sé avvedendosene, persino Gohan: sempre impeccabile, premuroso, serio, preciso, composto e posato ragazzo, lasciava trasparire il suo essere – in fin dei conti – un ingordo, un selvaggio ingordo.

 

 

“T-Tu credi, cioè…pensi veramente che…”.

 

“Che cosa?”. Chiese il ragazzo confuso, notando l’aria un poco nervosa e titubante del piccolo.

 

“…pensi che io piacerò a Papà?”.

 

~

 

 

 

”Uhm…io direi proprio di sì!”.

 

Disse con la sua solita voce solare, profonda ed allegra che aveva il dono di strappare un sorriso – fosse anche esasperato o lacrimoso – a chi gli stava accanto, aveva il dono di riuscire a riempire una stanza che sembrava vuota, sembrava fredda, solo camminandovi e guardandosi goffamente attorno, aveva il dono di scaldare gli animi e di essere un faro, un conforto, una guida, un compagno di viaggio, anche nei momenti più drammatici e terribili.

 

In tutto il suo splendore, la sua spensieratezza, la sua ingenuità, la sua dolcezza, dopo sette anni…Son Goku varcò di nuovo l’uscio della propria abitazione. (dopo sette anni è quiiiiiii! Carramba che Sorpresa! @_@ Scusate, non ho resistito! :P NdA.)

 

La vecchia Baba (alias Sibilla) l’aveva accompagnato per un lungo tratto, decisa a scortarlo fino alla città dove si sarebbe svolto il prestigioso Torneo ma il ragazzo aveva dichiarato di voler innanzitutto far ritorno dalla propria amata quanto rimpianta famiglia.

 

E ora che si guardava attorno, vedere che nulla lì dentro (eccetto il suo secondogenito) era cambiato, gli trasmise una piacevole fitta all’altezza del cuore: gioia, calore, ma anche tanta, tanta nostalgia e rimpianto, pensò osservando con commozione una foto della neo-famiglia.

Raffigurava  la sua incantevole Chichi e i loro due splendidi figli, dietro alle loro spalle la maestosa quanto rassicurante figura di Juman.

 

Spostò lo sguardo di nuovo alla tavola e a quelle due creature, emblema dell’assoluta perfezione a suo parere, poiché nati da un intenso, profondo ma anche travagliato (nel senso di pieno di sofferenze e travagli; Nd A), amore. Un amore che neppure la morte aveva potuto estinguere o  a poco a poco affievolire ma aveva saputo mantenersi acceso, con quella dolce aspettativa, quella amara impazienza di aspettare il momento in cui poter di nuovo sprigionare tutta la propria forza ed intensità.

 

 

Sorrise, e con quel semplice gesto volle trasmettere tutto il turbinio di sentimenti, d’emozioni, di sensazioni sottopelle che per l’innumerevole quantità, ma soprattutto per la loro intensità e le varie sfumature, non avrebbe mai potuto descrivere a parole, perché le parole erano troppo… riduttive,limitative  seppur nella loro massima pregnanza.

I sentimenti non possono essere ‘arenati’ nei rigidi schemi mentali degli uomini…i sentimenti sono…liberi, si devono vivere e basta…e questo Son Goku l’aveva imparato.

 

 

“Ciao…figlioli.”.

 

Avvertì appena il rumore di una sedia spostata con forza e con velocità, un frammento di secondo dopo (forse anche meno) si ritrovò ad abbracciare con forza e con affetto il suo primogenito, notando con una dolce commozione quanto il suo adorato Gohan fosse cresciuto, come fosse – così rapidamente – divenuto uomo.

 

Lui ancora ricordava con affetto quel bambino che all’età di quattro anni si annoiava e sbadigliava quando gli dava lezioni d’Arti Marziali…ma che già conosceva metà enciclopedia! Quel bambino che aveva subito  – con la costrizione –  l’iniziazione  alle Arti Marziali;  quel bambino che aveva avuto delle esperienze che neppure lui – pur essendo un puro saiyan e in qualche modo…predestinato – avrebbe mai potuto immaginare, all'epoca.

Quel bambino che era stato l’unico vero e proprio eroe che aveva eliminato in modo definitivo quel terribile mostro, noto come Cell.

 

“Papà…”.

 

Bisbigliò il ragazzo, incapace di proferir altro motto. Quante cose avevano da dirsi, da ricordare insieme…ma sembrava divenuto impossibile trovare le parole e il modo giusto per farlo.

 

“Come sei cresciuto, figliolo! Quasi non ti riconosco…”.

 

Disse affettuosamente, scostandolo da sé e posando le mani sulle sue spalle per contemplarlo.

 

“Sei diventato un uomo, ormai…”.

 

Disse infine, sotto lo sguardo emozionato e commosso del figlio. Continuarono a guardarsi e sorridersi in silenzio, per qualche istante. Non servivano parole, o altri gesti. Il legame che aveva unito padre e figlio fino alla nascita di questi, non si era dissolto, nemmeno la morte aveva potuto sgretolarlo o corroderlo.

 

Gohan  avvertì una leggera pressione, si voltò confuso, salvo individuare la sagoma del fratellino che lo cingeva (come faceva quando era spaventato, felice o turbato) per le gambe.

 

Sorrise, scostandosi leggermente, con lo sguardo chino verso il bambino. Goku seguì il suo sguardo e quando incontrò quel visetto così ingenuo, puro; quando si rispecchiò in quel bambino che era una sua copia esatta, un sorriso fece di nuovo capolino sulle sue labbra, i suoi occhi lanciarono un guizzo di pura e semplice gioia mista a commozione, un lieve solletico al cuore.

 

Era lui, lui di cui non avrebbe mai immaginato l’esistenza; lui che aveva visto nascere dall’alto dei cieli;  lui che aveva vegliato nelle notti in cui il bambino sgattaiolava fuori per guardare le stelle; lui di cui aveva seguito l’iniziazione alle Arti Marziali da parte della sua Chichi e poi di Gohan; lui verso cui sentiva un grande debito da saldare per la sua totale e completa assenza fisica nella sua giovanissima vita; lui che si nascondeva timidamente dietro le gambe di Gohan…gli parve di sentire in cuor suo i sentimenti del bambino: gioia ed entusiasmo, ma allo stesso tempo paura e nervosismo, come quando ci si trova di fronte ad una persona mai incontrata con la quale bisognerà condividere del tempo.

 

Si sedette a carponi, un sorriso dolce e gentile, confidenziale e degno di fiducia sul volto, uno sguardo caldo e amorevole, prima di scandire con voce volutamente dolce e flebile:

 

”Ciao…figliolo…”.

 

Gohan sorrise, scostandosi leggermente, carezzando rassicurante il bambino sulla testa, permettendogli di trovarsi faccia a faccia con il padre, come da sempre aveva sognato.

Goten guardò per un attimo negli occhi l’uomo che aveva imparato a conoscere – grazie a foto, filmini e racconti – come suo padre, sostenne per qualche intenso secondo il suo sguardo ed il suo sorriso, avvertendo il proprio cuore battere forsennatamente e le gambe tremolare per l’emozione, la sua testa era così piena di pensieri e allo stesso tempo vuota, leggera.

Mille immagini della sua infanzia senza un padre gli affiorarono nella mente, le parole di sua madre, di suo fratello, quella stella così splendida nel cielo notturno; tutte quelle immagini gli passarono di fronte agli occhi come un flash, prima di essere sostituita da una assolutamente reale e concreta. Non c’erano dubbi.

 

Quello era il suo papà.

 

Con slancio e foga si gettò tra le sue braccia, gridando con forza, con calore ma anche con disperazione, con commozione quel “ Papà!” che per la prima volta non fu un suono dolce ed amaro che riempiva il silenzio, ma un vero e proprio richiamo.

 

Il sorriso di Goku aumentò, stringendo con calore il bambino, cullandolo delicatamente, tanta la paura di fargli male visto come sembrava piccolo e fragile, nonostante avvertisse un forte potere scaturire da lui. Prese ad accarezzargli la testolina, i capelli, rialzandosi in piedi, continuando a stringerlo, e lasciandolo ridere e piangere al contempo contro il suo possente torace, prendendo a bisbigliargli parole d’affetto e conforto, mentre Gohan sorrideva guardandoli in disparte, lasciando che vivessero da soli quel momento così emozionante per entrambi e così…personale.

 

“Visto di persona sei ancora meglio…”.

 

 Disse Goku, sfiorandogli la testolina, con sguardo amorevole ed intenso.

 

“T-tu…mi guardavi da lassù…papà?”.

 

Aggiunse subito dopo, era così bello poterlo dire, poterlo chiamare, poterlo toccare, sentirsi stringere da lui. Gli fece quella domanda, ma in fondo già sapeva la risposta, solo voleva provare la dolcezza e l’emozione di sentirlo dire da lui, dal suo papà.

 

“Certo…non ho mai smesso di vegliare su ognuno di voi…”.

 

Bisbigliò dolcemente, passandogli una mano tra i capelli, mentre il bambino annuiva, continuando a guardarlo con ammirazione e adorazione.

Goku lo strinse di nuovo con forza, prima di posarlo delicatamente a terra, scambiando un altro sorriso con il primogenito.

 

I suoi occhi si posarono sulla tavola apparecchiata e i suoi occhi andarono in vero e proprio visibilio, riconoscendo la torta alle mele, la sua preferita, la prima in assoluto che Chichi aveva cucinato per lui, quando avevano cominciato a vivere insieme, quando lui e lei stavano cominciando a costruire quella splendida, così unita e calorosa famiglia.

 

I suoi occhi vagarono nella stanza, aspettando che da un momento all’altro il suo angelo dai lunghi capelli corvini e dagli occhi intensi e vivi, pieni di luce nei quali avrebbe voluto naufragare, facesse – finalmente – la sua apparizione.

 

 

~

 

Chichi sorrise, lasciando entrare la luce del sole dalla finestra aperta, mentre una lieve quanto dolce brezza faceva il suo ingresso carezzandole il viso che quel mattino sembrava risplendere di luce propria, i suoi occhi sembravano essersi riaccesi dopo un lungo lutto durato sette anni. Domani forse sarebbe stato di nuovo così, ma non oggi. Non oggi che il suo Goku sarebbe tornato da lei, non oggi, oggi non c’era spazio per inquietudini, tristezze, noie e rimpianti…oggi sarebbe stato solo un giorno di gioia, di amore, di pace…quella giornata sarebbe stata una delle più importanti della sua vita.

Importante come il giorno in cui Goku le aveva promesso di sposarla.

Importante come quello del fidanzamento.

Importante come quello del matrimonio.

Importante come le nascite di Gohan e di Goten.

 

Non doveva esserci spazio per nulla che non rispecchiava lo splendore della sua gioia, di quell’amore che palpitava in lei e che le sembrava identico a quello di quella ragazzina che non abbandonava mai il suo fidanzato…identico ma allo stesso tempo più intenso, più suggestivo, più ricco, più profondo.

 

Spazzolò delicatamente i capelli, seduta sul bordo del letto, guardando con un sorriso civettuolo il caos in cui era piombata la sua camera da letto; vestiti sparsi ovunque, scatole di trucco, cosmetici, accessori vari; da quanto tempo non si sentiva così…le sembrava di provare quella stessa ansia, quella stessa impazienza, quella gioia, ma allo stesso tempo quella lieve inquietudine, vissuti prima del suo matrimonio, quando una buona parte dello staff della servitù le ronzava attorno preparandola al meglio.

 

Allo stesso tempo sentiva quanto in quei sette anni fosse maturata, fosse diventata ancora più donna di quanto fosse mai stata, in quei sette anni aveva affrontato tante avversità, tante vicende, tante emozioni crescendo e stando accanto ai suoi figli e se non erano “leggendarie” come le avventure del suo Goku e dei suoi amici…di certo non avevano minor importanza ai suoi occhi.

Ma era felice di lasciare che quella ragazzina tornasse ad emergere nel cuore e nell’anima della donna che era diventata, della donna che aveva allevato da sola i suoi figli non facendo mai mancare loro amore, protezione, cura, devozione e spensieratezza, quella donna che era per loro un importante ed irrinunciabile punto di riferimento, quella donna di cui suo padre si diceva così fiero.

 

Dopo estenuanti ricerche aveva optato per abbandonare – una volta tanto – uno dei suoi rigorosi abiti in stile cinese, optando per una fine ed elegante camicetta bianca, con una serie di deliziosi laccetti incrociati sul davanti e una gonna di jeans che le arrivava un poco sopra le ginocchia, ai piedi degli eleganti ma sobri sabot e tanto per far emergere ancora quella ragazzina piena di sentimenti, di sensazioni palpitanti avrebbe lasciato scorrere la sua chioma corvina lungo le spalle.

 

Quasi senza rendersene conto si ritrovò a canticchiare un motivetto con le labbra, da quanto non si sentiva così bene? Continuando a spazzolare la sua fluente cascata d’ebano, i suoi occhi si posarono per un attimo sulla comodina e con un dolce sospiro, prese in mano la casacca arancione che dalla sera di sette anni prima – oh, non avrebbe mai dimenticato quella sera! – non aveva più abbandonato la sua camera da letto. Sorrise portandosela un’altra volta al viso, cercando ancora – nonostante il passare di tutti quegli anni – un accennato, appena percettibile alone del profumo del suo saiyan.

 

 

In quel mentre avvertì il materasso cigolare, perché qualcuno doveva essersi appena appoggiato con le ginocchia, roteò gli occhi tra l’esasperato e il divertito, scostandosi i capelli dal viso, prima di riappoggiare – dopo averla ripiegata – con cura la casacca sulla comodina, accanto alla foto di lei e di Goku il giorno delle nozze. Accavallò  le gambe, riprendendo a spazzolare i capelli, che avvertì sfiorare con un piccolo e delicato tocco, così gentile e delicato.

Sospirò, riappoggiando la spazzola al letto e incrociando le braccia, senza nemmeno voltarsi, certa di chi si trattasse ma soprattutto che cosa volesse.

 

“No, Goten! Te l’ho già detto…non dovete in NESSUN MODO o CIRCOSTANZA avvicinarvi alla torta di mele! Quella torta…”.

 

Ma si interruppe improvvisamente quando avvertì un familiare, quanto goffo.

 

“Ops! Ehm…scusami, tesoro…sono sempre il solito, lo so! Eh eh...”.

 

Chichi lasciò cadere la spazzola a terra, i suoi occhi strabuzzarono increduli, le sue labbra si dischiusero e il suo cuore prese a palpitare a ritmi inimmaginabili.

Con una lentezza che le sembrò infinitesimale, si voltò e le parve di intravedere frammento per frammento,  tutte quelle immagini che da quel momento le apparvero davanti.

 

 

 

 

Goku.

Il suo Goku.

 

Sorrideva come al suo solito, con fare goffo e remissivo, colpevole, mentre si grattava con nervosismo la nuca, guardandola con espressione dispiaciuta e innocente.

 

Ma un secondo dopo, i suoi lineamenti assunsero tutt’altra forma. Smise di sorridere, i suoi occhi si focalizzarono in quelli di lei, scrutandola con intensità, con attenzione, come volesse leggerle l’anima, come se la vedesse per la prima volta, studiandone le delicate e fini fattezze di quel visino d’avorio così elegantemente scolpito. Si perse nei suoi occhi, lo specchio della sua anima, così intrisi d’emozioni, di sentimenti da perdervisi dentro per non riemergere mai più…ma si sarebbe perso con pura e semplice gioia all’interno delle sue iridi e lì dentro avrebbe cercato l’essenza di lei, l’avrebbe fatta propria e così avrebbe saputo trovare nel mare delle emozioni più eteree, più pure, ma anche quelle meramente passionali e sensuali della sua donna…se stesso.

 

Perché Son Goku lo sapeva. Sapeva che morendo…non si era dissolto del tutto, metà di se stesso era custodita nel cuore della giovane, nell’intima essenza della sua anima e anche nel Regno dei Cieli, oltre la vita, senza di lei…non era completo.

 

Ora. In quel momento. Insieme, occhi negli occhi, senza fare o dire nulla, semplicemente lasciando emergere emozioni, brividi, sensazioni, pensieri e incertezze…in quel momento seppe che era quella la perfezione assoluta.

 

Chichi si perse a sua volta nella sua espressione così dolce, eppure così…suggestiva che la stava soggiogando più di qualsiasi altra cosa, in quello sguardo così…scrutatore, intenso, profondo, ma allo stesso tempo caldo…rovente, sembrava entrare in lei e nello stesso tempo indurla a scavare nel profondo di lui per far riemergere la sua stessa essenza. Perché sapeva come e quanto le loro essenze fossero mischiate e solo dalla loro unione sarebbero tornate ad essere un tutt’uno.

C’erano così tante cose che avrebbe voluto dirgli. Tante cose da chiarire. Erano tanti i gesti che gli aveva riservato, i sorrisi, i baci…ma in quel momento, semplicemente si sentiva risucchiare dalla luce dei suoi occhi di velluto e nel sorriso emozionato e allo stesso tempo affascinante e sensuale che incurvò le labbra di lui. Era splendido, spaventosamente bello, proprio come sette anni fa. Non era cambiato.

 

“G-Goku”.

 

Fu solo in grado di bisbigliare, mentre sentiva una lacrima birichina contenuta nelle sue ciglia, facendole risplendere, come quella nuova mistica ed eterea luce accesasi nel suo sguardo.

 

Il saiyan annuì impercettibilmente. Un battito di ciglia, il frullio d’ali di una farfalla, e si ritrovò stretta tra le sue braccia, avvertì il battito lievemente aumentato del suo cuore sotto il suo orecchio, avvertì la carezza calma ma intensa delle sue grandi mani tra i suoi capelli e poi sulla schiena, avvertì il suo profumo…il profumo del suo saiyan, avvertì il calore del suo corpo e il modo in cui si era istintivamente lasciata andare, il modo perfetto in cui il suo corpo sapeva trovare rifugio, protezione in quello di lui. Le sembrò che il tempo si fosse fermato. Non c’era più nulla, più nessuno, solo loro due, sembravano essersi elevati ad una dimensione ultraterrena loro, solo e soltanto loro.

Strinse forte le braccia intorno al suo collo, bisbigliando il suo nome contro la sua spalla, avvertendo lacrime di gioia fuoriuscire dalle sue palpebre, mentre lui la teneva ancora saldamente a sé.

Lo sentì affondare  il viso contro i suoi capelli, carpendone il profumo e la morbidezza setosa,  avvertì il suo respiro profondo contro il suo collo e la pelle accapponarsi, rabbrividire mentre istintivamente si fece più vicina, quasi volendo diventare una parte stessa del suo corpo.

 

“Oh Goku…”.

 

“Chichi…tesoro…”.

 

Mormorò appena contro il suo orecchio, facendola sciogliere in un sorriso lacrimoso, mentre appoggiava le sue morbidi e virili labbra contro la sua mascella, in dolci, teneri,lenti e suggestivi baci lungo la linea curva della sua gota, soffermandosi allo zigomo. Sorrise intenerito, vedendo una lacrima rotolare sulla guancia e la baciò, assaggiandone il sapore salato ma in qualche modo…invitante. Le scostò i capelli dal viso, riponendoli con attenzione dietro le orecchie, continuando a starle intimamente vicino, i loro nasi che si sfioravano, studiando con attenzione ogni gesto, come a volerlo imprimere per sempre dentro di sé, e forse – pensò  Chichi – era proprio così.

Le scostò qualche ciuffo, in modo da liberarne la fronte, baciandola delicatamente, scivolando poi – lento e suggestivo – sul nasino, percorrendone la piccola discesa e la punta del naso.

Le cinse il viso, facendolo leggermente inclinare all’indietro per studiarla meglio.

Chichi scosse leggermente la testa, quando avvertì un istintivo ma delizioso rossore imporporarle le gote, mentre sospirava leggermente, sorridendogli con il cuore ancora in tumulto, scendendo con le mani a sfiorare le sue spalle perfette – come a darsi un’altra prova che in QUEL momento, lui fosse veramente LI’, con lei – salvo scivolare al petto muscoloso.

Sorrise, dolcemente emozionata, posando le mani su quelle di lui che ancora le tenevano il viso accarezzandole le gote, e ridendo leggermente, con gli occhi che risplendevano di tutto quel turbinio di magiche emozioni che covava nel cuore.

 

“Non sei cambiato. Sei sempre lo stesso…il mio Goku…”.

 

Disse le prime parole con voce flebile ma ferma, mentre le ultime divennero un bisbiglio, come un loro intimo e riservato segreto.

Lo vide sorridere, i suoi occhi riempirsi di quello stesso arcobaleno d’emozioni racchiuse nel suo cuore.

 

 

“Nemmeno tu. Sei così bella…come l’ultima volta che ti ho vista…forse anche di più…”.

 

Bisbigliò posandole ancora dei leggeri baci sulla guancia, scivolando fino al mento, fino a posarne uno sul collo, sorridendo quando la sentì fremere letteralmente facendosi più vicina, e avvertì di nuovo la consistenza del suo seno contro il suo petto. Le mani del ragazzo scivolarono dal viso, lungo il collo, le spalle, i fianchi con lentezza, quasi a voler riscoprire pian piano ogni centimetro del suo splendido corpo, salvo stringerle poi con dolce fermezza ed intensità la vita, dolcemente possessivo. Erano entrambi ancora seduti sul letto, appoggiati alle ginocchia.

 

“Goku…io…”.

 

“No, amore…non adesso…”.

 

Bisbigliò appena il ragazzo, schioccandole un bacio sulla mascella, salendo leggermente all’orecchio, togliendole un sospiro d’emozione.

Sorrise scivolando con le labbra sul suo viso, giungendo al suo mento, soffermandosi un attimo a guardarla, occhi negli occhi, sfregando il naso contro il suo.

 

 

“Dopo, amore…dopo…abbiamo tutto il tempo…”.

 

 

Bisbigliò dolcemente, con voce ferma ma così intensa da lasciarla senza fiato, facendola struggere contro di sé, avvertì i fremiti del suo corpo.

Decisamente, un invito troppo allettante per poterlo rifiutare.

 

La vide annuire, ricambiando il suo sguardo, riconobbe in quello sguardo intenso ed etereo quella stessa scintilla che doveva accendere il suo animo in quel momento.

Sorrise con un che di sensuale e sbarazzino prima di appoggiare le labbra a quelle della giovane, le cinse di nuovo il viso, facendoglielo inclinare all’indietro, in modo da conferire al bacio la giusta intensità.

 

Un lieve, leggero, tenero, soffice sfiorarsi di labbra. Quasi come studiarsi di nuovo, dopo tanto tempo, quasi come una prova.

 

Un altro, un lieve frullio d’ali di farfalla, quella stessa scintilla cominciare ad ardere, senza più controllo, senza remore.

 

Fece scivolare le mani ai suoi fianchi, attirandola con forza e con energia a sé, godendo di quel lieve ma intenso brivido di aspettativa che intaccò ogni suo nervo, scuotendolo fin nel profondo, mentre avvertì la donna bisbigliare di nuovo il suo nome…ma il suo nome gli parve così intenso, così dannatamente…allettante e meraviglioso.

 

Socchiuse gli occhi, accostando il volto al suo, catturandole le labbra, lambendole intimamente, perdendosi nel fragrante sapore della sua bocca, lasciando intingere le proprie labbra del respiro di lei, avvertendo quanto si facesse più agitato il suo stesso respiro, continuare implacabile, cercando, scovando ogni anfratto più segreto di lei, premendola con più energia, salendo con una mano alla sua nuca, chiedendo di più, osando di più. Fu il saiyan  a fremere letteralmente quando le mani di lei risalirono la schiena, e si strinsero contro il suo collo, incrociando le braccia, facendosi più vicina, intrecciando una delle sue dita tra i suoi capelli, ricambiando con ardore il bacio, fino a quando lui non avvertì la scintilla accendersi nel profondo di sé, non accontentandosi mai, conscio che quel fuoco che nemmeno la morte poteva estinguere, si era fatto ancora più intenso, era stato rigidamente tenuto a bada per tanto, troppo tempo…ed ora di lasciarlo bruciare…ardere con foga, slancio e disperazione, al pensiero di dover godere di ogni istante perché non sapevano quello che sarebbe stato di loro l’indomani.

 

”Chichi”.

 

 Mormorò appena scostandosi, senza fiato, contro le sue labbra.

 

“Schhh”.

 

Bisbigliò lei sorridendo e facendolo tacere a sua volta.

 

“…Goku, amore mio…finalmente…”.

 

Bisbigliò cingendolo ancora con forza, riaccostandosi a lui, cercando di nuovo le sue labbra con la stessa sua foga, disperazione, passione ma al contempo la dolcezza e la tenerezza, immutati con il passare del tempo.

 

O forse sì.

 

Accesi e resi più vivi, più palpitanti, più…roventi.

 

 

 

…Fine prima parte…

   
 
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