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Autore: Molly182    11/02/2012    1 recensioni
Prendere un aereo non era mai stato così difficile come in quell’istante! C’era in gioco tutta la mia vita, i miei sogni e la speranza di stare bene, una volta atterrata.
P.s. La maggior parte dei capitoli sono accompagnati da delle canzoni che si trovano linkate nella storia :)
Genere: Commedia, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio, Tom DeLonge
Note: OOC, What if? | Avvertimenti: nessuno
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Chap 27
Stare a San Diego aveva preso una strana piega.  Nell’ultimo mese e mezzo Gary, il mio capo, aveva spedito, di mia insaputa, diverse domande per i college, passavo le giornate con la fidanzata che mi aveva mollato il ragazzo che mi piaceva e la mia coinquilina/amica che cercava di fare la gentile con lei pur rimanendo sarcastica.
Credo che sarebbe stato tutto piuttosto noioso se non avessi incontrato Thomas, ma di sicuro non mi sarei trovata in questo pasticcio.
“Si avvisano i passeggeri che il volo TD 18203 per Los Angeles è in partenza al Gates 6, vi preghiamo di dirigervi verso l’imbarco”, aveva annunciato lo speaker dell’aeroporto.
Prendere i voli serali mi era sempre piaciuto. C’erano meno persone e soprattutto, il panorama era di gran lunga migliore, era stupendo vedere la città illuminata sotto di se.
Un’ora dopo si estendeva sotto di me la pista del LAX e la città dove ho sempre voluto vivere che brillava sotto ai miei occhi.
“Ci siamo”, disse Nicole mentre si allacciava la cintura di sicurezza.
“Ci siamo!”, ripetei anch’io le sue parole e il suo gesto.
Stavamo per atterrare a Los Angeles, la città degli angeli, così la chiamavano.
Jennifer si trovava nel sedile di fianco a noi. C’erano capitati tre posti diversi e per fortuna eravamo riusciti a fare scambio con dei tizi con l’aria poco raccomandabile questo perché Thomas si era limitato a prenotare ‘tre biglietti San Diego – Los Angeles’ senza ricordare di aggiungere tre posti vicini.
L’aereo atterrò e aspettammo i nostri bagagli. Uscite dall’aeroporto sembravamo quel tipo di ragazze che si vedono sempre nei film dove sono tutte amiche e hanno appena finito l’high school, ma c’era una notevole differenza: primo, non eravamo appena uscite dal liceo e secondo, non eravamo neppure grandi amiche ad eccezione di me e Nicole, la cosa era diversa.
“Dove alloggiamo?”, chiesi a Jennifer. Poggiò le valigie a terra e iniziò a frugare nella borsa.
“Allora, Thomas voleva che alloggiavamo all’Hilton perché Travis gliel’aveva consigliato ma poi l’hanno chiamato e Tom mi ha passato Mark che ha detto che se ne occupava lui e siamo finite nell’Inglewood che è vicino all’aeroporto”, tirò pochi istanti dopo un foglietto rosa leggermente stropicciato. “Quindi siamo all’ Econo Lodge near LAX
“Inglewood, hai detto?”, chiesi mentre un taxi si avvicinò a noi.
In meno di mezz’ora l’autista parcheggiò il taxi davanti all’ingresso dell’hotel e ci scaricò le valigie appoggiandole sull’asfalto. Prese i soldi e velocemente risalì sulla sua auto diretta chissà dove.
“Dunque è questo”, disse Nicole mentre ce ne restavamo tutte e tre a fissarlo.
“Abbiamo costatato che Tom non sa prenotare i biglietti e Mark non sa scegliere gli alberghi, mi sembra giusto”, cercò di scherzare Jennifer.
“Forza, andiamo”, le incoraggiai.
Prendemmo le valigie e andammo a fare il check-in.
Il tempo di salire in camera che Nicole e Jennifer erano crollate nei rispettivi letti mentre io non riuscivo a prendere sonno, avvertivo la sua presenza pur stando a chilometri di distanza.
Avevo la testa troppa piena di pensieri che non mi facevano dormire e per questo motivo avevo bisogno di prendere aria. Aprii la finestra del balcone e mi sedetti su una sedia lì fuori. La calda aria di agosto colpiva la mia pelle.
Faceva schifo quando una persona ti manca così tanto che guardi vecchi messaggi e cerchi di ricordare tutte le vostre conversazioni. Per qualche secondo può portare un sorriso sul tuo viso, ma poi il dolore ritorna e non dovresti guardare indietro, ma non puoi farne a meno.
Avevo voglia di sentirlo ma non avevo il diritto di chiamarlo. Avrei potuto inviarli un messaggio, meno confidenziale, ma non ne avevo ugualmente il diritto. Avrei aspettato che lui prendesse una decisione e quando saremmo rientrati entrambi a San Diego, se ancora non lo avesse fatto, avrei deciso io per entrambi.
L’indomani saremmo dovute andare al concerto che si sarebbe tenuto in quella città. Jennifer aveva insistito così tanto. Le avevo detto che potevano andare loro e che avrei preferito stare in stanza a leggermi un libro ma mi aveva risposto con un “Non essere stupida, i libri non cambiano mentre nei concerti c’è sempre qualcosa di nuovo”, mi era piaciuta quella frase, in fondo mettevo sempre al primo posto un concerto, qualunque gruppo fosse ma in quel caso non ce la facevo. Non ce l’avrei fatta a sopportare Jen e Tom insieme, non ce l’avrei fatta a fingere di sorridere.
Alla fine ero ceduta alle sue suppliche anche perché sapevo benissimo che Nicole ci avrebbe tenuto ad andarci e avrebbe rifiutato se ci fossero state soltanto loro due. Non potevo impedirle di vedere in concerto la sua band preferita, le dovevo molto.
La mattina successiva visitammo un po’ la città e tornammo per le sette in albergo così da prepararci e dirigerci al concerto.
Avevamo la fortuna di seguirlo dai lati del palco. Thomas era a pochi metri da me, a volte si girava a guardare dalla nostra parte. Vedevo che Jennifer gli sorrideva ma la sua attenzione era incentrata su di me. Mi faceva uno strano effetto.
Finito il concerto gli aspettammo fuori dove, dopo aver fatto delle foto con qualche fan e firmato degli autografi, la band s’incentrò su di noi.
“Ehi New York”, mi salutò Mark venendomi ad abbracciare. Thomas mi lanciò un’occhiata. Sapeva che mi dava fastidio quando mi chiamavano così ma infondo, a Mark glielo avrei permesso.
“Ciao Mark”, ricambiai.
“Nicole”, disse sorridendo ed andando ad abbracciare anche lei. “Non so se ti ricordi di me...”, disse scherzando.
“Non credo, ci siamo visti da qualche parte?”, rise.
“Sai potremmo conoscerci più in fondo, se ti va”, disse ammiccando ma continuando a ridere.
“Visto che noi abbiamo finito potremmo andare da qualche parte”, propose Thomas e tutti approvammo.
“Tom, io volevo passare del tempo con te”, sentii sussurrare Jennifer tra le chiacchiere degli altri. Lui capì che l’avevo sentita e mi guardò come se aspettasse una mia risposta, come se davvero importasse qualcosa. Accennai, comunque, un si con la testa.
La coppietta felice se ne andò chissà dove lasciando me e Nicole insieme a Mark e Travis.
“Beh c’è qualche bar qui vicino?”, proposi.
Alla fine andammo in un bar non tanto distante da lì e ci passammo gran parte della serata tra una chiacchiera e una bevuta. Tornammo in albergo verso le tre del mattino e se Nicole non fosse stata con me, quella sera, non saprei dove sarei finita, probabilmente sarei svenuta addormentata sul divanetto del bar.
Avevo decisamente bevuto troppo e non sapevo neanche il perché di questa reazione. Avevo smesso di bere da quando avevo deciso di diventare una persona migliore andandomene via da New York e da tutte le persone che conoscevo ed ora ero ricascata in questo tranello.
Quando Nicole aprì la porta, uno spiraglio di luce illuminò il letto di Jennifer che, come immaginavo era vuoto. Di sicuro non avrebbe passato la notte in un’insulsa camera di albergo con delle amiche quando aveva il suo ragazzo a disposizione per una notte intera.
Dio, quanto mi odiavo in quel momento!
“Quel bastardo!”, mugolai.
Facevo dei ragionamenti stupidi come quelli di una ragazzina, ma in fondo lo ero. Avevo soltanto ventun anni e lui nove in più. La differenza di età era troppa ed essermi illusa fino a quel momento che avrebbe davvero lasciato Jennifer per stare con me era troppo. Troppo tempo sprecato.
Mi buttai sul letto senza neanche cambiarmi e delle lacrime solcarono il mio viso.
Non ero solita a piangere per qualche ragazzo, non ero solita a piangere per nulla ma quel ragazzo mi stava davvero facendo dannare. Aveva innescato qualche strano meccanismo nel mio cervello così da non riconoscermi più.
   
 
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