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Autore: Padme92    12/02/2012    5 recensioni
"Tony incatenò i suoi occhi chiari a quelli scuri di lei.
-Se non tornerai, sarò io a venire a prenderti.-"
Fanfic Tiva centrica.
Una promessa, un viaggio in Israele e un cuore corroso dal tempo.
Genere: Introspettivo, Malinconico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Anthony DiNozzo, Ziva David
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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CAPITOLO DUE: Cuore nello stomaco.

Casa David, Tel Aviv
Ore 20:00

Avendo dormito durante il viaggio, quella notte faticò a chiudere occhio. Si trovava in una casa in cui non entrava da molto tempo: casa sua.
Eppure quel luogo aveva un'aria estranea, nonostante non fosse cambiato nulla da quando se n'era andata: la sua stanza era linda e ordinata, nulla era era stato spostato, quasi come se Eli David avesse continuato a sperare in un imminente ritorno della figlia durante la sua assenza. Ziva stessa era quasi stupita di possedere ancora le chiavi di quel posto! 
Una volta atterrata vi si era diretta in fretta, per poi indugiare sulla soglia e chiedersi se non avrebbe fatto meglio a prenotare una stanza da qualche parte. Tuttavia quella casa suscitava in lei ancora un'immensa attrattiva, e nella notte, quando la stanchezza non aveva ancora preso il soppravvento, si era ritrovata a girare per i corridoi e le stanze, dove da piccoli giocavano lei e i suoi fratelli. Quella casa ora era piena di spettri del passato: Ari, Tali, suo padre, sua madre.. Non era rimasto nessuno, eccetto lei, che ora era costretta a portare il peso delle loro scomparse tutta da sola.
Nella stanza di suo padre, pomposa e regale com'era sempre stata, aveva fissato a lungo fotografie di anni ormai perduti. La sua famiglia non esisteva più, perlomeno in quel mondo, e spesso Ziva si ritrovava a pensare che ora la sua vera famiglia era all'NCIS. Pensava questo già prima di ricevere la notizia del decesso di suo padre. Che poi, per mano di chi? I particolari li avrebbe saputi solo l'indomani, al Mossad, e intanto non le restava che crogiolarsi nel dubbio. Suo padre aveva molti nemici dopotutto.. Si sarebbe forse aspettato che lei lo vendicasse? Questo era fuori discussione. Ziva iniziava a pensare di stare molto meglio fuori dagli affari del Mossad. 
Alla fine, tra il dormiveglia, i pensieri e le immagini sconnesse di vecchi ricordi, arrivò il mattino. Ziva sapeva che al Mossad si attaccava alle 5 a lavorare, quindi verso le 6 uscì di casa e respirò l'aria mattutina con sollievo. Il cielo era di un azzurro intenso, la giornata era calorosa ma ventilata, e nel suo tragitto verso l'istituto, Ziva decise di deviare il percorso e di attraversare la spiaggia, per ammirare i colori del mare.
Quel paesaggio familiare la tranquillizzò molto, e fu proprio allora che i suoi pensieri indugiarono su un ricordo recente dal quale si era tenuta lontana per tutta la notte: rivangando il passato, aveva scacciato il presente, ma ora, ecco che la realtà tornava ad opprimerla. Ricordava le parole di Tony del giorno prima.. Le avevano lasciato una sensazione di disagio, come se qualcosa fosse rimasto in sospeso. Non aveva salutato Ducky né Abby, che sicuramente per questo se la sarebbe presa, ma non voleva allarmare nessuno con la sua partenza: salutarli sarebbe stato un po' come ammettere di non sapere quando sarebbe tornata.. E se sarebbe tornata. Ma a questo non riusciva a pensare: razionalmente non avrebbe potuto accettarlo, non voleva nemmeno pensare a questa possibilità. Per destarsi da questi pensieri, iniziò a correre.
Raggiunse il Mossad in breve tempo, e quando entrò nell'edificio tanto familiare, il suo cuore perse un battito.

Quartier generale del Mossad
Ore 6.55

Di spalle, chinato sul banco della reception, stava un uomo alto, incapucciato, vestito di bianco. Ziva non si mosse, osservandolo: quello parlava a una donna che stava dall'altra parte del bancone, con voce profonda e misurata.. Avrebbe riconosciuto ovunque quella voce. Quando si voltò, notò il suo sguardo posarsi su di lei, e la sua espressione raddolcirsi. Aveva una barbetta corta e un po' incolta, di quelle che fanno da splendida grattuggia, e due occhioni scuri e profondi, che ipnotizzavano.
Si avvicinò a Ziva con passo elegante e sinuoso, accennando un mezzo sorriso. -Shalom, Zòhar.-
La ragazza si sciolse in un sorriso e ricambiò il saluto: -Shalom, Altaïr.-
Si scambiarono un veloce bacio sulle guance. -E' bello rivederti, anche se già immagino il motivo della tua visita.
Ziva si sentiva scottare lì dove le labbra di lui si erano appena posate. 
-Fa piacere anche a me, vorrei solo che le circostanze fossero migliori.- Disse abbassando lo sguardo e fissando un punto imprecisato del pavimento. In quell'istante, una decina di uomini in giacca e cravatta arrivarono da un corridoio laterale e si dispersero davanti all'uscita. Ziva li guardò con attenzione, e notò alcuni tra i più importanti membri interni del Mossad. Per rispondere alla domanda inespressa di Ziva, Altaïr disse: -E' appena finita un'importante riunione. Devono decidere chi prenderà il posto di tuo padre. Una decisione su cui pare in molti non siano d'accordo.. C'è chi ha fatto il tuo nome, e credo che per te non sia una sorpresa.. e devo dire che non sarei contrario se fossi tu la prescelta.-
Ziva scosse insistentemente la testa. -Non sono venuta qui per prendere il posto di mio padre. E ad ogni modo, io non sono fatta per stare dietro a una scrivania.-
A quelle parole Altaïr curvò leggermente le labbra. -Certo, tu sei più un'operativa, lo so bene.- Convenne strizzandole l'occhio. -Ma se non sarai tu a diventare vicedirettore, è probabile che lo diventi Rafik.. E allora tu sarai alla sua mercè.-
L'espressione di Ziva si fece più dura. Era vero. Rafik Naim era il consigliere di suo padre.. Un uomo viscido che Ziva non aveva mai visto di buon occhio. E sicuramente di mentalità molto più chiusa di suo padre. Dubitava che avrebbe sostenuto un contatto con l'NCIS, soprattutto un contatto ormai inutile, visto che Ziva non faceva piu' rapporto da troppo tempo. Rafik sapeva quanto valeva, e non avrebbe rinunciato a riaverla tra le sue file.
Altaïr sembrò leggergli nel pensiero, perchè disse: -Sei tra i migliori agenti, qui dentro, Ziva. Non puoi biasimarli. Hai delle capacità eccezionali, che, personalmente, trovo sprecate all'NCIS.-
Ziva s'irritò, ma non poteva discutere queste parole. Altaïr era sempre stato molto schietto. Decise di porre fine a quella conversazione, congedandosi: -Devo vedere Aaron. Lui mi dirà tutto quello che devo sapere. Se mi vuoi scusare.. Shalom, amico mio.-
-Shalom, Ziva.- Rispose lui cortese, facendo un cenno col capo.
Mentre Altaïr si allontanava, lei lo seguì con la coda dell'occhio, per poi muovere i passi in direzione della segreteria.

Quartier generale dell'NCIS
Ore 18.00

Era ora di staccare: McGee stava già radunando le sue cose. Gibbs fu il primo a lasciare l'ufficio, e passando di fronte alla scrivania dove Tony era seduto da tutto il giorno, rivolse a quest'ultimo la parola, con una nota di raccomandazione nella voce: -Vai a casa DiNozzo. Il tuo lavoro è finito per oggi.-
Ma Tony non sembrava intenzionato a mollare la sua sedia, e era stato insolitamente spento quel giorno. Sentiva l'aria più pesante: qualcosa nella precipitosa partenza di Ziva non lo convinceva. Da quando se ne era andata non aveva fatto altro che lanciare occhiate alla sua postazione vuota, come se per magia d'un tratto potesse ricomparire dal nulla. Si sentiva in parte patetico, ma la tentazione era più forte di lui. McGee lo salutò senza particolare entusiasmo, e raggiunse Gibbs all'ascensore.
Ormai nel locale poche luci erano rimaste accese. L'NCIS in breve divenne deserta. Tony fu lasciato solo con i suoi pensieri.. E con l'immagine fantasma di Ziva che andava e veniva di fronte ai suoi occhi. Non c'era niente da fare: quando Ziva riusciva a preoccuparlo, riusciva a stento a togliersela dalla testa.
Nella penombra si alzò lentamente, e prese posto alla scrivania della collega. Aveva un presagio negativo, diffuso, e questo lo inquietava terribilmente. Da come si comportavano Gibbs e McGee, si sarebbe detto che Ziva fosse andata in vacanza. Lui avrebbe voluto saper ostentare la stessa tranquillità, ma nei suoi occhi permaneva sempre una sorta di velata agitazione quando percepiva qualcosa di storto in qualche faccenda. L'unica che aveva espresso apertamente la sua preoccupazione per lei era stata Abby.

-Mi state prendendo in giro?!- Fu la reazione poco trattenuta diella scienziata alla notizia della partenza della loro collega.
-E me lo dite adesso?! Quando non posso nemmeno più rincorrerla e obbligarla a salutarmi!- Suonava esasperata, più che furibonda.
-Ma tornerà, vero? Voglio dire, Ziva è Ziva. Non può restare via molto.- Sembrava solo vagamente convinta, e sempre più agitata.
-Perchè se resta via molto, io.. io non so più da chi andare a mangiare italiano. Io non so più a chi chiedere i nomignoli per McGee in ebraico. Io non so più a quale altra donna rivolgermi in questo team!!- Fece un salto verso McGee e lo afferrò per le spalle, scuotendolo.
-Credete che sia facile, vero? Essere una donna in mezzo a un branco di maschi discendenti diretti delle scimmie?! Io ho bisogno di Ziva! Del suo esempio di superiorità, del suo sguardo di ghiaccio che mi ha insegnato a frantumare in tanti piccoli pezzi l'egocentrismo degli uomini!-
Tony fissava Abby senza dire nulla. Quella lo squadrò arcigna e poi aggiunse: -Va bene. Non ditemi niente, non giustificatevi, non cercate scuse.
Tornerò al lavoro cercando di dimenticare questa storia.- Sembrava improvvisamente risoluta. -Si, Ziva non è qui, ma sarà qui a breve. Non è qui ma sarà qui, non è qui ma sarà qui.- In quel momento entrò Gibbs, con un'espressione indecifrabile sul viso. Abby gli si gettò addosso.
-Gibbs! Questi due tipi qua mi fanno preoccupare. Ziva tornerà, vero? Vero?- 
Lo sguardo limpido del leader della squadra si posò su Abby, e con un filo di voce le disse: -Farà quel che deve fare, Abbs.-
Abby lo guardò costernata, temendo che questo potesse equivalere a un no. Da quel momento nessuno fece più domande a riguardo.


Dopo quasi un'ora, Tony si stava addormentando, accasciato sulla scrivania di Ziva: non aveva né la voglia, né un motivo per allontanarsi da lì.
Nel petto aveva un vuoto, perchè il suo cuore non c'era più: era volato in Israele con la sua Ziva, e se questa non fosse tornata, non lo avrebbe riavuto più. 
La sua promessa, era l'unica cosa che li teneva uniti anche a quella distanza. Prima di perdersi nel sonno, DiNozzo sorrise tra sé.. e sussurrò all'aria: -Non puoi scappare da me, piccola ninja.-
E così, d'improvviso, seduto al posto di Ziva,Tony si rese conto di una cosa. Una cosa importante: lui, quella sedia, non si sarebbe mai abituato a vederla vuota.

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Piccola annotazione: Zòhar significa splendore in ebraico.
   
 
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