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Autore: Kodamy    21/09/2006    7 recensioni
Sakura ormai si era rassegnata al vederlo tornare a casa da morto.
C’era voluto tanto per convincersene…
… non tornerà più, vero?
… ma ce l’aveva fatta. A malincuore, ma ce l’aveva fatta.
Mai più.
Allora perché…?
Perchè lui aveva deciso di infrangere quella convinzione, così tenacemente costruita?
Perchè l'aveva tentata con un ritorno a lieto fine, per poi...
… Non era giusto.
Non era affatto giusto.
[SakuSasu]
Conclusa.
Genere: Romantico, Malinconico, Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Naruto Uzumaki, Sakura Haruno, Sasuke Uchiha
Note: What if? (E se ...) | Avvertimenti: Spoiler!
Capitoli:
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A/N: si, di solito neanche a me piacciono i Sequel delle One Shot. Appunto questa si può leggere anche a parte XD Sebbene nella mia mente bacata, questo sia il Sequel u.u Ovvero, tutto ciò che è scritto lì vale qui. Ammetto che ho solo una vaga idea di dove questa fic andrà a finire, ma per come la vedo, comincio a pensare che sarà lunghetta. Inoltre chiedo scusa per il ritardo, ma questo capitolo è stato una pena da scrivere. A cominciare dalla canzone, giacché ero indecisa fra due o.o Quindi…
Non vi aspettate troppo zucchero prima della fine, però u.u Avviso.
Canzone per questo capitolo: “Replica”, Sonata Artica. Bella bella bella *_*
 


 

Quasi otto anni vissuti nella certezza che un giorno avrebbe realizzato il suo so… no, no, la sua ambizione.

Non ci sono certezze.
Non ci sono.
Il mondo si era tinto di rosso, e lui era affogato in quel sangue.
Piano poteva sentire anche l’ultimo barlume di pensiero coerente che lo abbandonava, la mente che lentamente si svuotava da ogni pensiero, troppo stanca, troppo…

Non era sicuro d’aver gli occhi aperti o meno, ma avrebbe potuto giurare di vedere gli occhi di Itachi giudicarlo, dall’alto, come aveva sempre fatto, come avrebbe sempre fatto.
Perché è a questo che servono i fratelli maggiori…
… no?

 

II – Replica.

 

 

L’urlo che era seguito a quell’impercettibile gemito aveva attirato l’attenzione degli ANBU appostati all’esterno della stanza. Inutile dirlo.

 

I'm home again, I won the war,
and now I am behind your door.
I tried so hard to obey the law,
and see the meaning of this all.


 

Eppure lui continuava a digrignare i denti, a soffocare quel grido – dolore, dolore puro, dolore che non aveva il diritto di tormentarlo a quel modo, dolore e solo quello – quel grido che nonostante tutto riusciva a sfuggirgli dalle labbra serrate, mentre tentava d’afferrarsi il braccio sinistro – brucia, brucia! – con una mano che non rispondeva più ai suoi ordini.
Una mano che, nel tentar di muoverla, causava solo altro dolore.
Sentiva la gola secca, dolorante, la mente fin troppo consapevole del suo corpo, così come non la sentiva da troppo tempo. Lui era il suo corpo e il suo corpo non era solo un contenitore per ciò che lui era….
Il suo corpo faceva male in modi che ormai temeva d’aver dimenticato.
Dov’è Kabuto? Lui…
Basta, fatelo smettere. E’ insopportabile!
Il peso che lo premeva verso il basso scomparve fin troppo velocemente, e fu assalito da un’ondata di nausea. Tossì, una, due volte. Ma il suo stomaco era vuoto, completamente vuoto, e sentì solo il sapore amaro della bile.
Le voci accanto a lui erano troppe, gli occhi scorsero un lampo di rosa pallido, prima di venir serrati.
Scoppia, scoppia, la testa scoppia… dove diavolo è Kabuto? Proprio ora che ho bisogno…
Dio, fallo venire ora!
Ancora una volta tentò di sollevare il braccio destro, ottenendo solo una fitta che gli fece sfuggire un gemito. Una mano si serrò sul polso malridotto, e lui affondò i canini nel labbro inferiore. Sapore metallico.
Altro dolore.
”Sasuke-kun…?”
Quella voce… quella voce non appartiene lì, non appartiene dov’è lui, quella voce appartiene a casa…
Dov’è Kabuto?
Perché Kabuto non viene? Sto male.
Non posso morire… non può lasciarmi morire… Orochimaru…

Lui non appartiene dove appartiene quella voce. Perché quella voce è lì? Non è possibile, è del tutto impossibile… è…
Ti prego, ti prego… fallo smettere…
Uno dei due era fuori posto. Lei, lei non poteva essere lì.
Lei doveva essere nei suoi sogni, perseguitarli, affacciarvisi, stuzzicarli, essere l’eterna ammonizione di ciò che aveva perso, ricordargli ciò che aveva fatto, strappargli ogni orgoglio quando si svegliava con le lacrime agli occhi.
Perché era qui?
Dove era qui?
Posso cercarlo io… dov’è che lo tiene? Dov’è che tiene il preparato? E’ facile. Posso…
Basta, brucia…

La stretta sul polso aumentò, sentì piccole gocce d’acqua scorrergli lungo il viso, stoffa fredda, mente confusa.
Schiuse gli occhi, ma non riuscì a mettere a fuoco l’ombra di ragazza che si stava chinando su di lui.
L’ondata di nausea non tardò a tornare, ma l’amaro della bile sfumò nel metallico del sangue.
Le voci piano si spensero. E l’ombra d’angelo che tentava di tranquillizzarlo scomparve.

 

Remember me? Before the war.
I'm the man who lived next door.
Long ago...

 

Kabuto sapeva sistemare le ossa.
Kabuto sapeva uccidere e salvare una persona con la medesima esperienza e con la medesima facilità.
Kabuto sapeva preparare quelle erbe affinché non fossero più velenose. Lui sapeva usarle per far andare via il dolore, mandarlo via, sapeva dividere corpo e mente, sapeva farne due entità distinte, fare in modo che l’una non soffrisse per via dell’altra…
Muovi il culo e vieni, bastardo. Ti prego.
Fa male…
Era stato utile, durante quegli allenamenti. Era stato utile, quando aveva affrontato lui.
Patetico… patetico.
Qualcosa l’aveva svegliato, riscuotendolo dal più magnanimo oblio.
Si sentiva come se il cervello stesse premendo contro le tempie, stesse cercando di esplodere, di fuggire dalla sua prigione d’osso. Fuggire dal dolore.
Tre anni… tre anni di dolori ovattati, soffocati. Questo dolore, invece, gridava a squarciagola e non sembrava aver intenzione di smetterla.
Per inciso, aveva la gola secca. E l’amaro della bile e il metallico del sangue sul palato.
Il dolore piano gli stava schiarendo la mente. Quand’era l’ultima volta in cui era stato in grado di seguire il filo dei suoi pensieri?
La sensazione non gli piaceva. Non riusciva ad ignorarli, lo trascinavano da una parte all’altra, e non poteva reagire.
Sentì la nausea risalire, ma questa volta riuscì a domarla. Non aveva più niente da svuotare, ormai.
Galleggiava sotto il velo della coscienza, vagamente consapevole delle voci che lo circondavano. Di nuovo. Fitta di dolore al braccio, pungente, e  si lasciò sfuggire un gemito.
Dolore, dolore, dolore…
Qualche attimo di pura, pura tortura per la sua mente stanca.
Era il dolore a schiarirgli la mente?  Ma il dolore lo stava abbandonando. Lentamente, fin troppo lentamente - deliziosa tortura, via… - il suo corpo si stava addormentando, mentre la sua mente sveglia ne era grata, perché piano il dolore sfumava in una più sottile apatia, benedizione, pure, sublime benedizione.
Sei arrivato, Kabuto. Sei arrivato.
Senza il rumore del dolore ad offuscargli le percezioni, però, divenne sempre più consapevole delle voci lì attorno. Le voci nella stanza.
La stanza odorava di… aria. Strano. Aria e disinfettante.
E poi… un odore che non riusciva a piazzare bene. Era profumo?
Kabuto non metteva il profumo. Mai.
Orochimaru forse si. Non ne era sicuro. Orochimaru era lì?
Doveva esser stato via tanto… che vergogna. Aveva miseramente fallito.
Prenditelo, questo corpo, se ci tieni proprio. Tanto a me non serve a nulla. Però lascia che rimanga un po’ così.
silenzio. Il mio corpo sta zitto.
E’ così che dovrebbe essere.

 

As you can see, when you look at me,
I'm pieces of what I used to be.

 

“Sei sicura fossero neri, Sakura-san?”
”Te l’ho già detto, te l’ho già detto!”
”Avresti potuto benissimo aver visto ciò che desideravi vedere.”

Sakura?
Si, la sua voce era lì prima. Ma prima non stava bene. Prima aveva il diritto di richiamare il suo ricordo.
”Può chiederlo anche a Naruto, eh. Sono sicura che l’ha visto anche lui. Vero Naruto?”
Dio, no.
”Ah-ah. Dice la verità. Le dico che erano nerissimi e poi… Cosa sta facendo?”
”Antidolorifico. Non ti preoccupare, non sto tentando di avvelenarlo nel sonno.”
”Ma…”
”La Godaime me lo impedirebbe comunque. Per quel che ne so, lo vuole vivo.”
Il Villaggio della Foglia?
Cosa?”
”Beh, la sorpresa era più o meno questa... Il Consiglio pensa che potrebbe essere utile prima un interrogatorio. E io… penso sia sveglio, sapete?”
… perché?
Non vi fu risposta. Alcuna.
Ne’ alla domanda posta ad alta voce, né in quella che risuonava, come un’eco nella sua mente. Perché era lì? Non doveva essere lì. Non in quelle condizioni. Serrò le palpebre, con fin troppa concentrazione.
”Puoi smetterla di tener gli occhi chiusi. Ignorarci non ci farà scomparire..”
La voce di donna – sconosciuta, chi è? quanto esattamente è cambiato, qui? – scemò in un sospiro, ma lui non mosse un muscolo. L’antidolorifico doveva ancora prendere del tutto effetto, e stranamente si stava facendo prendere dal panico.
Non di nuovo qui.
Loro non hanno niente. Loro non sanno niente.
”Mah. Gli ANBU sono qui fuori se ne avete bisogno, voi due. Anche se dubito che in quelle condizioni potrà tentare qualche scherzo. Vado a riferire a Tsunade-hime che si è svegliato.”
Ancora una volta la donna non ottenne alcuna risposta, ma non attese oltre. Sentì la porta chiudersi, per poi lasciar spazio, ancora una volta, al silenzio.

 

 

It's easier if you don't see me
standing on my own two feet


Sakura era sicura che tutti loro avevano immaginato almeno una volta questo momento.
Lei, perlomeno, aveva passato gran parte degli anni trascorsi a pensare alle parole da dire, ai gesti da fare… Era del tutto diverso. Del tutto diverso.
Il suo Sasuke-kun era sveglio, ma li stava ostinatamente ignorando.
Questo non se l’era aspettato.
”Ci stai odiando in questo momento, ne, Sasuke?”
Fu così che la voce di Naruto ruppe il silenzio, e sebbene avesse accennato una risata, il tono era fin troppo serio perché Sakura potesse ignorarlo.
”L’ero-sennin me l’aveva detto, sai? Che ti saresti arrabbiato, perché hai scelto tu di andarci. Ma se tu hai il cervello piccolo e non ragioni, qualcuno dovrà pur ragionare per te! Cosa diavolo credevi di fare, mh?”
Sakura deglutì, ma non aggiunse altro. Scostò lo sguardo sul vaso, piccola composizione di cosmee ed eupatori. Sasuke non aveva ancora aperto ancora gli occhi. Sasuke non aveva ancora visto di essere a casa.
Naruto era arrabbiato.
”Lo sappiamo che sei sveglio, bastardo che non sei altro.”
Sakura si era immaginata più qualcosa come un abbraccio collettivo. Lacrime, tante. Qualche sorriso, ma non da Sasuke. Lui… lui si sarebbe scusato, loro lo avrebbero perdonato.
Ecco.
Una bella favola.
Tuttavia, Sasuke dischiuse le palpebre lentamente, quasi di malavoglia, posando due pupille dilatate su di loro. Sakura  si sorprese nell’averle notate.
Le iridi non erano più color pece, inchiostro scuro. Erano come sbiadite.
Cosa diavolo hai fatto, questi tre anni, tu?
Condivise la rabbia di Naruto, tutta. Non credeva che Sasuke avrebbe risposto, invece lui schiuse le labbra secche, palpebre pesanti.
Fece per parlare, Sakura lo intuì.
Tuttavia, non appena costrinse un filo di voce roca fuori dalla gola, voltò di scatto la testa per nascondere loro il volto. Prese a tossire, espressione pallida deformata in un conato. Tralasciando ogni sentimento d’astio che aveva potuto coglierla pochi attimi prima, Sakura si alzò diligentemente dalla sua sedia, dirigendosi verso l’armadio a mensole.
Con la coda dell’occhio scorse una piccola traccia di sangue sulle lenzuola candide, dove lui tentava di liberarsi di qualcosa che apparentemente nello stomaco non c’era.
Scosse il capo, costringendosi a guardare fra i contenitori. Un po’ di nausea non era difficile da sistemare, e di solito i rimedi eran già chiusi nei loro barattoli, senza bisogno di star lì a prepararli sul momento.
”Sei arrabbiato, no? Potessi, ci attaccheresti e fuggiresti di nuovo, suppongo. Mi hanno detto che ero un’idiota a pensare che saresti tornato di tua volontà. Sei davvero così stupido da accettare che quello lì ti freghi il corpo, o avevi paura di tornare a Konoha?”
Ancora una volta, Sakura non aggiunse nulla.
Sii un medico, Sakura. Pensa alla sua salute, prima. Poi a te stessa.
Prese il barattolo di pastiglie, richiuse le ante, e aprendo il barattolo, si riavvicinò al letto. Si accorse che Sasuke la stava fissando, con quell’espressione quasi apatica sul viso, piccola striatura bagnata all’angolo della bocca. Lei deglutì ancora, prendendo una pastiglia e lasciandola cadere nel bicchiere vuoto poggiato su comodino. Versando l’acqua dalla brocca posata accanto.

 

I'm taller when I sit here still,
you ask are all my dreams fulfilled...

 

Sasuke poteva sentire la pasticca sciogliersi in uno sfrigolio nell’acqua limpida, lieve schiuma biancastra che minacciava di oltrepassare l’orlo del bicchiere. Batté ciglio, quando lo sguardo incrociò il vaso di vetro posto dietro il bicchiere, fiori rosa.
Rosa.
Sakura… è così… femminile.
Non stava pensando chiaramente. Perché non stava pensando chiaramente? Man mano che il dolore si affievoliva, la mente sembrava circondarsi d’ovatta, ovatta soffice che attutiva ogni pensiero.
Però Naruto – chi altri sennò? – continuava a buttar giù parole, parole che rimbalzavano contro questo strato di magnanima bambagia, rimbombavano nelle tempie.
Non gli piaceva. Con gli accorgimenti di Kabuto non era mai successo.
”Oh ecco. Avevi paura. Comprensibile, sei sempre stato un codardo, tu. In fondo in fondo, l’hai sempre saputo che ero io il migliore. Sei un codardo, davvero.”

“’arli troppo… e a voce troppo alta. Mal di testa, idiota - lasciami in pace.”

La sua voce. Come suonava debole la sua voce, alle sue orecchie. Eppure, quella stessa voce fece accelerare di poco i battiti del cuore di Sakura.
 Era quella la sua voce, solo lievemente più roca, lievemente più stanca, più bassa. Ma il tono, il timbro di voce... Con una morsa al cuore, ma ancora non fidandosi di parlare, dal catino d’acqua poggiato sul comodino d’ospedale, raccolse il panno bagnato, asciugando quel rivolo di sangue diluito a saliva.
”Oh, si, lasciami in pace, dice lui!” Sbottò Naruto, alzando la voce e corrucciando le sopracciglia in espressione ostinata “Credi che Tsunade-baa-chan ti lascerà in pace? Lo sai che il consiglio non vuole altro che la tua testa? Te ne rendi vagamente conto?”
Sasuke crucciò appena le sopracciglia sulla fronte: la voce di Naruto riecheggiava nella testa, rimbalzava sull’ovatta, si ripeteva all’infinito. Piano piano, anche l’effetto dell’antidolorifico sembrava esser cacciato via da quella voce accusatoria.
”Per me… L’Hokage può fare quel… tutto quel che vuole. Non m’importa.”
Soltanto silenzio seguì questa sua affermazione.
In questo silenzio la mente diventava via via più lucida, il dolore la svegliava, lo sapeva: non si usava forse il dolore per schiarire la mente dal panico? Ma piano, a cominciare dalla punta delle dita del braccio sinistro, il braccio bruciava.
Quant’erano durate le loro medicazioni?
”… troppo poco…”
Brucia!
 Naruto sembrò quasi ringhiare.
Che significa? Non…”
”… ‘orse che quella donna non sa fare il suo lavo--” Non terminò comunque la frase, digrignando i denti e sopprimendo un gemito. Sakura, fronte appena corrucciata, si limitò a sollevare il bicchiere di medicinale, avvicinandoglielo alle labbra. Muta esortazione a bere.
”Andrà meglio.” Poco più d’un sussurro, accondiscendente. Le prime parole pronunciate da lei. Ma lui teneva le labbra ben serrate, quasi temesse di far sfuggire qualche suono.
Sakura non aggiunse altro, posando ancora il bicchiere sulla superficie di legno laccato. Un lieve sospiro le sfuggì dalle labbra, mentre si sedeva al bordo del lettino. Mente critica, preoccupata, allenata dagli insegnamenti della sua maestra, tentava di capire la causa di quel dolore stampato sul volto.
Shizune aveva iniettato una dose di antidolorifico tale da durare almeno per un paio d’ore.
Non erano passati nemmeno venti minuti.
”No, no, no! Cosa significa che non ti importa?!”
”Cosa… cosa ti sembra che significhi…?”
Non erano passati neanche venti minuti. Deglutì, scosse il capo, caricando la siringa con la fiala che Shizune aveva lasciato sul carrello. Sentì lo sguardo si Sasuke trapassarle la schiena, e un vago rossore la assalì in viso.
Perché il dolore era ancora lì?
Sasuke sussultò appena quando l’ago trapassò la pelle dell’avambraccio destro, e serrò gli occhi. Non le dedicò neppure una parola.
”Ti ucciderei!”
Perché, dopo tutto questo tempo, l’unica cosa che erano capaci di fare era litigare?
”Non puoi, vero?”
Era un ghigno, quello sulle labbra pallide?
Perché tutto quello di cui Sasuke sembrava essere capace, era ignorarla?
”Ma neanche tu ne sei stato in grado, no?”
Lei era lì, e lui si era limitato a fissarla, a degnarla della sua attenzione per qualche secondo.
”E’ stato solo un capriccio!”
Ancora una volta, Sakura si ritrovò a condividere la rabbia di Naruto.
”Tutto, tutto per te è stato un capriccio! Sei stato felice, mh? Hai ottenuto quello che hai voluto?”
Rabbia che aumentò nel vedere i lineamenti di Sasuke indurirsi, sguardo assottigliarsi. Perché…?
Era tutto sbagliato.
”L’hai ucciso?”
Vide gli occhi di lui mutare da nero sbiadito a rosso sangue. La sua bocca si deformò in una smorfia adirata, quasi provasse la sua stessa rabbia, furia, ira cieca.
Era tutto sbagliato.
Tutto!
”Basta. Smettetela. Siete solo due bambini!”
Sakura si stupì di come ferma e severa era riuscita a suonare la sua stessa voce. Probabilmente anche Naruto e Sasuke ne rimasero stupiti, dato che il primo si limitò a rivolgerle uno sguardo vacuo, e gli occhi di fuoco del secondo si estinsero.
Ora entrambi la guardavano.
”Naruto, per quanto tu possa essere impaziente, avrai tutto il tempo del mondo per litigarci, per minacciarlo di morte, per pestarlo, quello che ti pare. Quindi, per ora ti prego di lasciarlo in pace, è evidente che non sta bene.”
Gli occhi di Naruto si limitarono a sembrare più grandi e increduli del solito. “…eh?”
”In quanto a te…”
Qui si interruppe. Gli occhi del suo Sasuke-kun avevano già cominciato ad annebbiarsi, di nuovo. Colpa dell’antidolorifico. Era rivolto verso di lei, ma non la stava guardando davvero.
Affondò il canino nel labbro, soffocando l’istinto di fargli male – molto male.
Mani strette in due pugni lungo i fianchi, lasciò che la voce scemasse in gola, prima di scuotere il capo e incamminarsi verso la porta.
”… Naruto, andrò da Tsunade-sama. Devo parlarle, gli antidolorifici sembrano non avere grande effetto, e non è del tutto normale. Per favore, va’ via anche tu.”
Meglio aspettare. Aspettare. Deve sbollire quella rabbia istintiva, deve sbollire quell’impulso ai limiti del sadico.
Sasuke-kun non sta bene, è per quello che non mi ha vista…
Ma ha visto Naruto.
Ho voglia di pestarlo.
Probabilmente mi odia.
Non mi ha mai vista davvero.
Mi sono preoccupata per nulla.

Lui la ignora. Come sempre. Come sempre?
Delusa. Era delusa. Cosa si era aspettata? Cosa si era aspettata, passando quei due giorni mangiando e dormendo a malapena, standogli accanto quando lui non sapeva, non poteva sapere…?
Aspettare. Doveva aspettare.
 Lasciò che la porta si chiudesse alle sue spalle, senza preoccuparsi minimamente del rumore. Superò i due ANBU posizionati ai fianchi dell’entrata della camera, senza degnarli di uno sguardo.
I loro occhi la seguirono, discreti, da dietro le grottesche imitazioni di animali.

 

They made me a heart of steel,
the kind the bullets cannot see.



”Mah. Spero tu sia contento.”
Sbuffando, fu l’ultima cosa che Naruto si degnò di dire, prima di seguire la kunoichi fuori dalla porta. La chiuse con un po’ più di garbo, forse per la presenza degli ANBU all’esterno.
La camera era vuota, e lui era rimasto solo. Solo rinchiuso in una camera d’ospedale nel Villaggio che aveva tradito, controllato notte e giorno da ANBU, senza riuscire a muovere un muscolo.
Era la fine, no? A meno che qualcuno del Suono non venisse a recuperarlo…
Difficile. Che cosa potevano saperne di dove si trovava in quel momento? L’unica cosa che aveva detto a Kabuto, prima di andar via, era stata: “So dov’è. Devo andare.
Non aveva neppure detto dove. A malapena riusciva a scorgere i contorni del mondo. Il suo mondo era sfocato. Spostò lo sguardo sul vaso di cosmee, sul bicchiere di medicina, ormai diventato di un sospetto color giallo canarino.
 Quella non era la Sakura che ricordava. Come la ricordava?
Logorroica, inutile, dalla lacrima facile…
Ingenua, un po’ infantile, fondamentalmente buona.
Si preoccupava per lui, nonostante tutto.
Ed eccola, reagire come se nulla fosse successo.
Come poteva? Avrebbe preferito essere stato accolto da lei come lo aveva accolto Naruto.
Possibilmente gridando..
Invece, no. Lei si era limitata a stare in silenzio, a pensare alle medicazioni. A dire di lasciarlo in pace, con una maturità che non ricordava le appartenesse.
Era cambiata. Come era cambiata?
Quanto era cambiata?
Ricordava ancora vagamente le parole di lei, quando era andato via. Non era più la stessa, vero? Le persone cambiano. Un anno, due, tre. Quanti ne erano passati? Si sforzò di compiere un rapido calcolo, fallendo miseramente.
Non aveva la concentrazione adatta per pensare.

 

Nothing’s what it seems to be
I’m a replica, I’m a replica.
Empty shell inside of me
I’m not myself, I’m a replica of me.

 

Eppure il litigio con Naruto era stato molto più naturale di quanto avesse potuto immaginare, lontano da casa. Cioè, lontano da Konoha.
Era stato così facile attaccar briga con lui, prenderlo in giro come fosse niente – nonostante Naruto fosse sicuramente messo meglio di quanto non lo fosse lui.
Però… non era riuscito a trattar lei come l’avrebbe trattata anni prima. Non ora.
Non dopo averla sognata ogni singola notte, non dopo aver rimpianto giorno dopo giorno d’averla lasciata indietro, pensando a quello che sarebbe potuto essere se fosse rimasto. Ma era stato giusto così.
Aveva bisogno di qualcuno da lasciare indietro, di qualcuno che arrivasse ad odiarlo, e a fargliela pagare. Perché sapeva che eticamente era stato tutto sbagliato. Era stato tutto un errore.
Sakura e Naruto avrebbero dovuto ricordarglielo.
Incredibile, come alla fine, avesse cominciato a pensare come suo fratello. Incredibilmente ridicolo.
Ho bisogno di qualcuno che mi ricordi che ho peccato. Che ho tradito.
La sua copia sputata.
Non posso giustificarmi, comunque. Non ho concluso nulla, alla fine.
Serrò gli occhi, cercando di cacciare via quel viso, quel pensiero dalla testa. A cos’è che stava pensando, prima?
Il filo logico delle sue riflessioni sembrava aver preso vita propria, trascinandolo avanti e indietro, senza alcun nesso visibile.
Quante volte, quand’era stato più bambino, aveva sperato che Itachi tornasse a Konoha, come se nulla fosse accaduto. Sarebbe stato disposto persino a perdonarlo, a quel tempo. Subito dopo l’accaduto.
Disposto a perdonarlo, davvero, a condizione che non lo lasciasse solo.
Anche Itachi aveva avuto paura di tornare a Konoha, dopo quello che aveva fatto?
No, impossibile. Lui non ha paura di niente.
E’ questa la vera differenza, pensò. A suo fratello non interessava tornare al villaggio della Foglia. Non aveva più niente, lì, che lo interessasse.
Assolutamente niente.
Patetico. Davvero.
Solo io avevo paura di tornare qui.
E lei… lei fa finta di niente. Come può far finta di niente, dopo avermi tormentato così ogni notte?
Non è giusto. Non è affatto giusto.

 

The light is green, my slate is clean.
New life to fill the hole in me.
I had no name, last December
Christmas Eve I can’t remember.

 


Si accorse che a svegliarlo, quando ormai l’atmosfera di fuori era diventata di quel rossiccio che precede il crepuscolo, non fu il dolore.
Bensì fu una voce fin troppo cristallina, con una sottilissima venatura di arroganza.
”Sarà bene mettere qualcosa in chiaro, Sasuke-kun”
Una voce che sorrideva.
Avrebbe dovuto riconoscerla? No, affatto. E non riusciva neppure a sollevare le palpebre, pesanti com’erano. Sentì la porta chiudersi, discretamente, e i passi avvicinarsi al lettino dell’ospedale.
”Su, su, sveglia.” Intransigente. Irritante.
Crucciò le sopracciglia sulla fronte, mugolò qualcosa, e voltò il viso dall’altro lato.
Tutto quello che sentì di rimando, fu uno sbuffo seccato. Nient’altro. Tuttavia la ragazza si stava muovendo nella camera, senza dir nulla. La sentì fare il giro del letto asettico, fermarsi vicina al comodino di legno laccato.
rumore di vetro.
Seccato, e non poco, sbirciò da un occhio.
Una ragazza bionda, capelli lunghi – non li aveva corti, prima? - , occhi assurdamente azzurri.
Yamanaka Ino.
Oh certo. Non c’è limite al peggio.
Nel vaso, dove prima c’erano solo quei fiori rosa, ora erano accomodati anche alcuni steli di minuscoli fiori bianchi a grappolo. Ino batté ciglio, squadrò la composizione dall’alto verso il basso, mani poggiate sui fianchi. Poi, apparentemente soddisfatta, volse la sua attenzione a ricambiare lo sguardo seccato di Sasuke.
Si sedette quindi sulla sedia, accavallando le gambe.
”Eri sveglio allora. Lo presumevo. Ho sentito da Naruto che ti sei divertito ad ignorarli per un bel po’. Con me non funziona, bellino.”
Avesse avuto la prontezza di spirito, avrebbe inarcato un sopracciglio. Si limitò tuttavia ad alzare gli occhi al soffitto, e sospirare. Al contrario di Sakura, Ino non gli aveva mai dato motivo di piacergli, tantomeno di risultare appena meno seccante. Mai.
”Inutile che ti faccia il discorsetto, l’Hokage sarà più che lieta di farlo. Però, ho solo un consiglio.”
Consiglio?
”Da quando sei … tornato – volente o nolente, non è quello il punto - Sakura ha a malapena dormito e mangiato. Se solo osi farla tornare quell’ombra di sé che è stata per mesi dopo il tuo tradimento, Sasuke-kun… Beh, sono sicura che ridotto così, non potrai opporre troppa resistenza se decidessi di fartela pagare, no?”
Oh.
La gente cambia eh? Che cambiamento interessante. Non devo evitare la saliva, almeno.
 
Sentì un lieve sorriso farsi strada sulle labbra, divertito. Troppo stanco, a dire il vero, per provare altro.
”Come avrai intuito, hai perso tutto il mio rispetto – e va bene, va bene, chiamiamo le cose con il loro nome: la mia infatuazione - con quella decisione. Purtroppo Sakura non ha capito come salvaguardarsi da certi bastardi, sebbene io abbia tentato di spiegarglielo. Non vuole capire, le piace vedere quello che vuole vedere lei. Il resto non esiste, suppongo tu lo sappia.”
Altro suono irrisorio soffocato in gola.

 

I was in a constant pain,
I saw your shadow in the rain.
I painted all your pictures red,
I wish I had stayed home instead...

 


”Quindi ho sperato che almeno tu, per quanto ottuso possa essere a volte, capirai. Se hai almeno un po’ a cuore Sakura, capirai di non farle ancora del male. E se non ce l’hai a cuore… non illuderla.”
”…Non l’ho mai illusa.”
”Oh, certo. Era l’unico essere femminile con cui ti degnavi di parlare! Se non è illudere, quello.”
Erano in squadra insieme, era normale. Ma come poteva pretendere di capire il funzionamento della mente femminile? Non poteva, semplicemente.
Quando erano all’accademia, lui la odiava. Semplicemente questo, né più né meno. La trovava irritante, infantile con quella sua infatuazione - fotocopia di mille infatuazioni già viste, già sentite.
Avvertì una lieve fitta al petto, lieve formicolio al braccio sinistro, e serrò i denti.
Allora, se era solo un’infatuazione da nulla, perché…
… soltanto, perché aveva dovuto pronunciare quelle parole, quella sera?

“… mi hai insegnato tu che essere soli  fa male! Lo capisco così bene, ora. Io ho una famiglia, e ho molti amici, ma… se tu non sei accanto a me, per me… sarà come essere sola…”
Quelle parole avevano avuto lo stesso effetto di una pugnalata al cuore. Quella sera lei glielo aveva strappato, e l’aveva tenuto con sé, a Konoha.
Da quella sera, il pensiero di lei si era affiancato a quello di Itachi, egemonizzando ogni minima parte della sua mente, della sua ragione. Giorno dopo giorno, al villaggio del Suono…
Nonostante tutto, lei… lei mi…
Cercò di trovare una parola diversa da amore, senza riuscirci. Il pensiero morì lì, e lui serrò le labbra, sguardo ostinato puntato al soffitto bianco.
”Non sei affatto bravo con le persone, tu, vero?” la sentì ridere, e si limitò ad arricciare il naso. Ne aveva abbastanza, la nausea stava cominciando prepotentemente a farsi sentire.
”Va’ via.” Fu tutto quel che sibilò, chiudendo gli occhi, corrugando la fronte.
Con sua grande sorpresa, la ragazza non fece storie, bensì si alzò dalla sedia vicina al comodino. Per un attimo rimase lì, ferma.
”Ecco, appunto.” Mosse qualche passo, tono divertito nella voce. Prima di andarsene, lo guardò con la coda dell’occhio, prima di sorridere. “Non so cosa intenda fare il Consiglio, ma spero non sbagli decisione. Tenterai ancora di andar via?”
Sasuke non rispose. Lei tuttavia attese, qualche attimo, finché non parve rassegnarsi alla mancata risposta.
Ino Yamanaka chiuse la porta alle sue spalle, mentre lui posava lo sguardo pensieroso sulla composizione nel vaso. Attacco di nausea, più violento, e si ritrovò a tentare di svuotare lo stomaco.
Non essendoci nulla dentro, sentì solo il sapore amaro della bile, e quello, più inquietante ma altrettanto familiare, del sangue.

 

Nothing’s what it seems to be
I’m a replica, I’m a replica.
Empty shell inside of me
I’m not myself, I’m a replica of me

 


“I sintomi dell’astinenza vanno da depressione, irritabilità, astenia, rallentamento dei riflessi, tremori, nausea, disturbi del sonno, appetito vorace.”
”E’ sempre stato irritabile, non credo che conti come sintomo…”
”Naruto, se devi stare qui, sta’ zitto. Dicevi, Shizune?”
”Anche l’appetito – ha letteralmente divorato il pranzo, poco fa, e si è lamentato della sua scarsa quantità – è perfettamente spiegabile. Non ha mangiato nulla in due giorni.”
”E certo, lo volevate far agonizzare…”
”Naruto!”
”Mpf. Ed è anche sempre depresso, neanche avesse un bastone su per il…”
Comunque, Sakura ha detto di aver notato dei tremori, al risveglio. Ma pare si siano arrestati dopo l’iniezione dell’antidolorifico.”
”Quante fiale finora?”
”Sette.”
Quante?!”
Va bene, va bene, Sasuke è un maledetto tossicodipendente. Appurato questo, e allora?”
”I conati però non sono affatto normali, forse si è danneggiato il…”
”E allora?!”
Entrambe le donne, Shizune e Tsunade, si voltarono verso Naruto, che le osservava da parte, braccia incrociate al petto, piede che batteva impaziente sul pavimento. Espressione annoiata, era fermo davanti alla porta dell’ufficio.
”Cosa vuoi esattamente, Naruto? Temo mi sia sfuggito.” Domandò la Godaime, sorrisino chiaramente forzato sulle labbra carnose, mani strette l’una sull’altra come unico sfogo di nervi, ormai logori dal troppo lavoro in così poco tempo.
”Stai diventando senile, Baa-chan. Dovresti andare in pensione. Perché non ti riposi, e dai a me il titolo di Hokage? Sono giovane e prestante, me ne occuperei benone!” Cantilenò il biondino, ghigno a trentadue denti sulle labbra stiracchiate, nonostante l’aria stanca. Tsunade roteò gli occhi alle parole, comunque. Il troppo tempo passato con Jiraiya aveva fatto di Naruto uno strano esemplare. “Ho chiesto, ed io me lo ricordo, se avete finalmente deciso, con la morra cinese o con il tocco, se Sasuke deve vivere o morire. Sai, penso che a Sakura-chan tra poco verrà una crisi epilettica.”
Isterica, Naruto. Si dice crisi isterica, le crisi epilettiche sono un’altra cosa.”
”Oh, è uguale. Non è quello il punto. Avete deciso si o no?”

“Naruto…” l’hokage sbuffò, prima di poggiare il mento sul dorso della mano. “… ti ho detto che farò del mio meglio, no? Non ho alcuna intenzione di arrivare a tanto, dato che abbiamo appurato che non si tratta di Orochimaru. Tuttavia, non puoi aspettarti che tutto il villaggio ignori l’accaduto. E’ un nukenin, lo sai, e ci si aspetta venga trattato come tale.”
”Però…”
”Però, non voglio neanche che Orochimaru attacchi nuovamente Konoha, per venirselo a riprendere. Bisogna ragionare, è una cosa seria. Ovviamente tu non lo puoi capire, no?”
Naruto fece per protestare ardentemente, ma Tsunade lo interruppe ancora.
”E’ il suo braccio che mi preoccupa, ora come ora. Sembra bruciato dall’interno. Se i canali del chakra sono rovinati, non c’è da preoccuparsi. Orochimaru non se ne fa nulla di un corpo rovinato, e Sasuke dovrà pure capirlo.”

 

Are you gonna leave me now?
When it’s all over...
Are you gonna leave me now?
Is my world now over?

 

Raising from the place I’ve been
I try to keep my home base clean.
Now I’m here and won’t go back, believe.

 

Sasuke cotninuava a guardare, con attenzione fin troppo morbosa forse, le cosmee nel vaso di vetro. Le fissava, quasi sperasse di coglierle nel lento processo dell’avvizzire. Difficile, dato che neppure riusciva ad avere una visione messa bene a fuoco dell’intera stanza.
L’iniezione di poco prima l’aveva stordito, risprofondato in quel benedetto stato di grazia, sospeso fra coscienza ed incoscienza. Quello stato di grazia in cui il suo corpo non gli apparteneva, ed in cui la mente non pensava assolutamente a nulla.
Solo un’eco vaga di immagini, confuse, richiamate dalle parole della donna che gli stava bendando il braccio sinistro, quello che bruciava, che non riusciva assolutamente a muovere.
”Come diavolo hai fatto a ridurti a questo modo?”
Patetico.
Vago ricordo di uno scontro, dalla rabbia cieca che lo assaliva alla vista di quell’unica persona.
Non rispose: non riuscì a costringersi a farlo.
”Quando Shikamaru e Asuma sono tornati con te come souvenir, a Tsunade-hime è preso un colpo, davvero. Cioè, tutti al villaggio pensavano sarebbe stato Naruto a riportare almeno la tua testa al villaggio.”
Shikamaru? Di nuovo lui?
Strano pensare come poco avesse avuto influenza nella sua vita, e come tanto si trovava sempre tra i piedi, in un modo o nell’altro.
Ancora una volta non rispose.
”E poi, dannazione… sono otto fiale in neanche un giorno!”
Fiale?
Non è colpa mia, eh. E’ la vostra roba che non funziona. Quella di Kabuto dura molto più a lungo, non scaricate la responsabilità della vostra ignoranza su di me.
Non disse nulla, e si limitò a schioccare la lingua.
”Il tuo corpo ormai sembra essersi abituato all’effetto degli anti-dolorifici, sembra ignorarli del tutto. E’ quasi totalmente immune e non è affatto normale.”
E’ l’iniezione che è debole, idiota. Dammene di più, e vedi come funziona.
”Comunque sia, pace. Questa è l’ultima dose che ci azzardiamo a darti, comunque. Ma con chi parlo se nemmeno mi stai ad ascoltare?”
… ultima?
Il mio braccio sta bruciando, per carità. Nel caso tu  non l’avessi notato, Genio.
”E’ pericoloso assumerne troppo, ma ovviamente non ti è mai passato per la mente. A lungo andare ti logora i nervi, quella roba.”
Certo, a lungo andare. Naturale. Lo so, si. Che importa? Tanto sono solo in affitto qui dentro, io. Non sono veramente miei, i nervi che sto rovinando.

Sentì vagamente un lievissimo pizzico all’avambraccio, quello destro dove ugualmente poco prima era stato iniettato l’antidolorifico.
Un’altra iniezione?
”Farai meglio a  riposare, comunque. Tsunade più tardi vedrà di parlarti comunque. E non è felice, stanne certo.”
Aveva ormai già smesso di ascoltarla.

 

I fall asleep, I dream a dream
I’m floating in a silent stream.
No-one places blame on me:
but nothing’s what it seems to be.

 

Gli parve, in quel dormiveglia semicosciente, di udire di tanto in tanto la voce di Sakura.
Era quasi sicuro che lei fosse lì, gli sembrò di scorgere la sua ombra femminile di fianco al letto, ad un certo punto. Ma non riusciva a distinguere esattamente cosa lei stesse dicendo.
Parlava così sommessamente che sembrava stesse parlando da sola. Forse era davvero così.
Di tanto in tanto, coglieva involontariamente un “andrà tutto bene” bisbigliato, dolcemente, quasi con timore che qualcun altro potesse udire quelle parole.
E quel tono sommesso si disperdeva in rassicurazioni, miste a minacce vuote, prive di quel tono autorevole che la ragazza aveva dimostrato più volte di possedere.
Era confusa, le parole si scavalcavano l’una con l’altra, e quel fiume in piena confondeva anche lui, con i suoi toni instabili.
Gli parve anche di sentire le sue dita – sottili, lisce nonostante gli anni di allenamento – posarsi sulla sua mano, fantasma di una carezza sulla pelle.
Voleva aprire gli occhi, vedere se era davvero lì, davvero reale, e non frutto della sua mente, come lo erano stati i sogni più crudeli di quegli anni: ma le palpebre erano troppo pesanti, e non ci riuscì.

 

Nothing’s what it seems to be,
I’m a replica.
Empty shell inside of me,
I’m a replica of me.

 

Il cuore di Sakura saltò un battito quando la mano di Sasuke strinse appena, involontariamente, la sua. Lui sembrava dormire, il labbro inferiore, pallido, gli tremava appena.
La sua mano fredda e sudata contro la sua.
Le si strinse il cuore, ma sforzò un sorriso che lui, ovviamente, non poteva vedere.
”Andrà tutto bene, Sasuke-kun.”
”Stai cercando di convincere lui, o te stessa?”
La ragazza sobbalzò appena, colta di sprovvista, spostando lo sguardo sulla porta. Kakashi, sulla soglia, levò tranquillamente una mano in cenno di saluto. “Yo!”
”Oh, qualcuno ha deciso di farsi vivo, a quanto pare.” Sbottò la kunoichi, scostando lo sguardo e levando il mento verso l’alto, apparentemente indignata.
Il maestro sospirò, stringendosi nelle spalle. L’unico occhio mostrato al mondo si soffermò sulle mani intrecciate, ma come sempre la sua espressione rimase assolutamente indecifrabile.
Sakura tentò di mantenere quel cipiglio seccato, ma dopo un po’ rinunciò: con Kakashi-sensei non aveva mai avuto veramente effetto.

Lui se ne accorse, e sorrise – almeno, per quel che Sakura intuì – da sotto la maschera.
”Pensi che possa scambiare quattro chiacchiere da solo con questa testa vuota?”
”Sta dormendo, Kakashi-sensei.” Replicò la ragazza, fin troppo accondiscendente, lasciando con riluttanza la mano di lui. Le dita indugiarono un attimo sulla pelle, prima che la ritraesse del tutto. Si alzò, sistemando distrattamente uno stelo nel vaso. Poi, notando l’assenza di una qualunque risposta da parte di Kakashi, riportò su di lui l’attenzione.
Lui era ancora fermo sulla soglia, e la stava fissando. “Uhm, si, vedo.”
”Se vedi, non chiedere.”
”Non stai tanto bene, eh?”
La risata tranquilla di lui non le piacque affatto, ma si limitò a crucciare le sopracciglia, e fare il giro del letto.
”Sto benone.”
”Sei sempre chiusa in ospedale.”
”Beh, sto studiando pur sempre per diventare medico, no?”
”Oh, si, certo.”
”Mah, io vado. Shizune aveva detto di cercarla, per dirle le condizioni.”
”E come sono?”
”Esattamente come prima, né meno né peggio.”
Ancora una volta, Kakashi non rispose, ma si limitò ad un sospiro. Con un sopracciglio che faticava a non inarcarsi, Sakura si diresse verso la porta. Riluttante, forse un po’ malinconico, lo sguardo indugiò sulla figura del suo Sasuke-kun nel lettino asettico. Si costrinse a distogliere lo sguardo, e a chiudere la porta alle spalle.
Agli ANBU posizionati vicino all’entrata, ormai non fece più caso.
Kakashi si limitò a osservarla andar via, braccia incrociate al petto. Poi, con un sospiro quasi rassegnato, si andò a sedere sulla sedia lasciata libera dalla sua allieva.
”Alla fine non hai proprio voluto ascoltarmi, mh?”
Lo sguardo si soffermò sul braccio bendato, domandandosi distrattamente se, in qualche modo, la colpa fosse stata anche sua.

 

I’m home again, I won the war.
And now I am behind your door.
I tried so hard, to obey the law
and see the meaning of this all.

 

Remember me, before the war?
I’m the man who lived.




A/N: Un parto x_x. Continuavo a cambiare idee, ad impappinarmi nelle scene è_é
Comunque, eccolo qui. Trovo che Ino sia un personaggio abbastanza malleabile, nel suo ruolo di amica/rivale. Mi è sempre piaciuto come personaggio, forse anche più di Sakura. Mah vabbeh. u_u
Piccola riflessione: secondo me Sasuke è tremendamente infantile in alcuni suoi atteggiamenti di vittimismo. Vabbene che ha tutto il diritto di esserlo, per carità [a me piace così com'è XD], ma penso che infine Sakura sia la più mentalmente normale fra i tre. Si, nonostante il neuroncino pazzo, che raramente fa capolino fra le righe XD
Le canzoni si alternano per i personaggi. Sakura/Sasuke/Sakura/Sasuke e così via ^_^"
Che altro dovevo dire? Oltre che è stato un parto, questo capitolo, ovviamente. Beh, nient'altro. La Mediaset ha ucciso Naruto x_X

 

  
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