A/N:
si, di solito
neanche a me piacciono i Sequel delle One Shot. Appunto questa si può leggere
anche a parte XD Sebbene nella mia mente bacata, questo sia il Sequel u.u
Ovvero, tutto ciò che è scritto lì vale qui. Ammetto che ho solo una vaga idea
di dove questa fic andrà a finire, ma per come la vedo, comincio a pensare che
sarà lunghetta. Inoltre chiedo scusa per il ritardo, ma questo capitolo è
stato una pena da scrivere. A cominciare dalla canzone, giacché ero indecisa fra
due o.o Quindi…
Non vi aspettate troppo zucchero prima della fine, però u.u Avviso.
Canzone per questo capitolo: “Replica”, Sonata Artica. Bella bella bella *_*
Quasi otto anni vissuti nella certezza che un giorno avrebbe realizzato il suo so… no, no, la sua ambizione.
Non ci sono certezze.
Non ci sono.
Il mondo si era tinto di rosso, e lui era affogato in quel sangue.
Piano poteva sentire anche l’ultimo barlume di pensiero coerente che lo
abbandonava, la mente che lentamente si svuotava da ogni pensiero, troppo
stanca, troppo…
Non era sicuro d’aver gli
occhi aperti o meno, ma avrebbe potuto giurare di vedere gli occhi di Itachi
giudicarlo, dall’alto, come aveva sempre fatto, come avrebbe sempre fatto.
Perché è a questo che servono i fratelli maggiori…
… no?
II – Replica.
L’urlo che era seguito a quell’impercettibile gemito aveva attirato l’attenzione degli ANBU appostati all’esterno della stanza. Inutile dirlo.
I'm home
again, I won the war,
and now I am behind your door.
I tried so hard to obey the law,
and see the meaning of this all.
Eppure lui
continuava a digrignare i denti, a soffocare quel grido – dolore, dolore
puro, dolore che
non aveva il diritto di tormentarlo a quel modo, dolore e solo quello – quel grido che nonostante tutto riusciva a
sfuggirgli dalle labbra serrate, mentre tentava d’afferrarsi il braccio sinistro
– brucia, brucia! – con una mano che non rispondeva più ai suoi ordini.
Una mano che, nel tentar di muoverla, causava solo altro dolore.
Sentiva la gola secca, dolorante, la mente fin troppo consapevole del suo corpo,
così come non la sentiva da troppo tempo. Lui era il suo corpo e il suo
corpo non era solo un contenitore per ciò che lui era….
Il suo corpo faceva male in modi che ormai temeva d’aver dimenticato.
Dov’è Kabuto? Lui…
Basta, fatelo smettere. E’ insopportabile!
Il peso che lo premeva verso il basso scomparve fin troppo velocemente, e fu
assalito da un’ondata di nausea. Tossì, una, due volte. Ma il suo stomaco era
vuoto, completamente vuoto, e sentì solo il sapore amaro della bile.
Le voci accanto a lui erano troppe, gli occhi scorsero un lampo di rosa pallido,
prima di venir serrati.
Scoppia, scoppia, la testa scoppia… dove diavolo è Kabuto? Proprio ora che ho
bisogno…
Dio, fallo venire ora!
Ancora una volta tentò di sollevare il braccio destro, ottenendo solo una
fitta che gli fece sfuggire un gemito. Una mano si serrò sul polso malridotto, e
lui affondò i canini nel labbro inferiore. Sapore metallico.
Altro dolore.
”Sasuke-kun…?”
Quella voce… quella voce non appartiene lì, non appartiene dov’è lui, quella
voce appartiene a casa…
Dov’è Kabuto?
Perché Kabuto non viene? Sto male.
Non posso morire… non può lasciarmi morire… Orochimaru…
Lui non
appartiene dove appartiene quella voce. Perché quella voce è lì? Non è
possibile, è del tutto impossibile… è…
Ti prego, ti prego… fallo smettere…
Uno dei due era fuori posto. Lei, lei non poteva essere lì.
Lei doveva essere nei suoi sogni, perseguitarli, affacciarvisi, stuzzicarli,
essere l’eterna ammonizione di ciò che aveva perso, ricordargli ciò che aveva
fatto, strappargli ogni orgoglio quando si svegliava con le lacrime agli occhi.
Perché era qui?
Dove era qui?
Posso cercarlo io… dov’è che lo tiene? Dov’è che tiene il preparato? E’
facile. Posso…
Basta, brucia…
La stretta sul polso aumentò, sentì piccole gocce d’acqua scorrergli lungo il
viso, stoffa fredda, mente confusa.
Schiuse gli occhi, ma non riuscì a mettere a fuoco l’ombra di ragazza che si
stava chinando su di lui.
L’ondata di nausea non tardò a tornare, ma l’amaro della bile sfumò nel
metallico del sangue.
Le voci piano si spensero. E l’ombra d’angelo che tentava di tranquillizzarlo
scomparve.
Remember me?
Before the war.
I'm the man who lived next door.
Long ago...
Kabuto sapeva
sistemare le ossa.
Kabuto sapeva uccidere e salvare una persona con la medesima esperienza e con la
medesima facilità.
Kabuto sapeva preparare quelle erbe affinché non fossero più velenose. Lui
sapeva usarle per far andare via il dolore, mandarlo via, sapeva dividere corpo
e mente, sapeva farne due entità distinte, fare in modo che l’una non soffrisse
per via dell’altra…
Muovi il culo e vieni, bastardo. Ti prego.
Fa male…
Era stato utile, durante quegli allenamenti. Era stato utile, quando aveva
affrontato lui.
Patetico… patetico.
Qualcosa l’aveva svegliato, riscuotendolo dal più magnanimo oblio.
Si sentiva come se il cervello stesse premendo contro le tempie, stesse
cercando di esplodere, di fuggire dalla sua prigione d’osso. Fuggire dal dolore.
Tre anni… tre anni di dolori ovattati, soffocati. Questo dolore, invece, gridava
a squarciagola e non sembrava aver intenzione di smetterla.
Per inciso, aveva la gola secca. E l’amaro della bile e il metallico del sangue
sul palato.
Il dolore piano gli stava schiarendo la mente. Quand’era l’ultima volta in cui
era stato in grado di seguire il filo dei suoi pensieri?
La sensazione non gli piaceva. Non riusciva ad ignorarli, lo trascinavano da una
parte all’altra, e non poteva reagire.
Sentì la nausea risalire, ma questa volta riuscì a domarla. Non aveva più niente
da svuotare, ormai.
Galleggiava sotto il velo della coscienza, vagamente consapevole delle voci che
lo circondavano. Di nuovo. Fitta di dolore al braccio, pungente, e si lasciò
sfuggire un gemito.
Dolore, dolore, dolore…
Qualche attimo di pura, pura tortura per la sua mente stanca.
Era il dolore a schiarirgli la mente? Ma il dolore lo stava abbandonando.
Lentamente, fin troppo lentamente - deliziosa tortura, via… - il suo
corpo si stava addormentando, mentre la sua mente sveglia ne era grata, perché
piano il dolore sfumava in una più sottile apatia, benedizione, pure, sublime
benedizione.
Sei arrivato, Kabuto. Sei arrivato.
Senza il rumore del dolore ad offuscargli le percezioni, però, divenne
sempre più consapevole delle voci lì attorno. Le voci nella stanza.
La stanza odorava di… aria. Strano. Aria e disinfettante.
E poi… un odore che non riusciva a piazzare bene. Era profumo?
Kabuto non metteva il profumo. Mai.
Orochimaru forse si. Non ne era sicuro. Orochimaru era lì?
Doveva esser stato via tanto… che vergogna. Aveva miseramente fallito.
Prenditelo, questo corpo, se ci tieni proprio. Tanto a me non serve a nulla.
Però lascia che rimanga un po’ così.
silenzio. Il mio corpo sta zitto.
E’ così che dovrebbe essere.
As you can
see, when you look at me,
I'm pieces of what I used to be.
“Sei sicura
fossero neri, Sakura-san?”
”Te l’ho già detto, te l’ho già detto!”
”Avresti potuto benissimo aver visto ciò che desideravi vedere.”
…
Sakura?
Si, la sua voce era lì prima. Ma prima non stava bene. Prima aveva il
diritto di richiamare il suo ricordo.
”Può chiederlo anche a Naruto, eh. Sono sicura che l’ha visto anche lui. Vero
Naruto?”
Dio, no.
”Ah-ah. Dice la verità. Le dico che erano nerissimi e poi… Cosa sta
facendo?”
”Antidolorifico. Non ti preoccupare, non sto tentando di avvelenarlo nel sonno.”
”Ma…”
”La Godaime me lo impedirebbe comunque. Per quel che ne so, lo vuole vivo.”
…Il Villaggio della Foglia?
”Cosa?”
”Beh, la sorpresa era più o meno questa... Il Consiglio pensa che potrebbe
essere utile prima un interrogatorio. E io… penso sia sveglio, sapete?”
… perché?
Non vi fu risposta. Alcuna.
Ne’ alla domanda posta ad alta voce, né in quella che risuonava, come un’eco
nella sua mente. Perché era lì? Non doveva essere lì. Non in quelle condizioni.
Serrò le palpebre, con fin troppa concentrazione.
”Puoi smetterla di tener gli occhi chiusi. Ignorarci non ci farà scomparire..”
La voce di donna – sconosciuta, chi è? quanto esattamente è cambiato, qui?
– scemò in un sospiro, ma lui non mosse un muscolo. L’antidolorifico doveva
ancora prendere del tutto effetto, e stranamente si stava facendo prendere dal
panico.
Non di nuovo qui.
Loro non hanno niente. Loro non sanno niente.
”Mah. Gli ANBU sono qui fuori se ne avete bisogno, voi due. Anche se dubito
che in quelle condizioni potrà tentare qualche scherzo. Vado a riferire a
Tsunade-hime che si è svegliato.”
Ancora una volta la donna non ottenne alcuna risposta, ma non attese oltre.
Sentì la porta chiudersi, per poi lasciar spazio, ancora una volta, al silenzio.
It's easier if
you don't see me
standing on my own two feet
Sakura era
sicura che tutti loro avevano immaginato almeno una volta questo momento.
Lei, perlomeno, aveva passato gran parte degli anni trascorsi a pensare alle
parole da dire, ai gesti da fare… Era del tutto diverso. Del tutto diverso.
Il suo Sasuke-kun era sveglio, ma li stava ostinatamente ignorando.
Questo non se l’era aspettato.
”Ci stai odiando in questo momento, ne, Sasuke?”
Fu così che la voce di Naruto ruppe il silenzio, e sebbene avesse accennato una
risata, il tono era fin troppo serio perché Sakura potesse ignorarlo.
”L’ero-sennin me l’aveva detto, sai? Che ti saresti arrabbiato, perché hai
scelto tu di andarci. Ma se tu hai il cervello piccolo e non ragioni,
qualcuno dovrà pur ragionare per te! Cosa diavolo credevi di fare, mh?”
Sakura deglutì, ma non aggiunse altro. Scostò lo sguardo sul vaso, piccola
composizione di cosmee ed eupatori. Sasuke non aveva ancora aperto ancora gli
occhi. Sasuke non aveva ancora visto di essere a casa.
Naruto era arrabbiato.
”Lo sappiamo che sei sveglio, bastardo che non sei altro.”
Sakura si era immaginata più qualcosa come un abbraccio collettivo. Lacrime,
tante. Qualche sorriso, ma non da Sasuke. Lui… lui si sarebbe scusato, loro lo
avrebbero perdonato.
Ecco.
Una bella favola.
Tuttavia, Sasuke dischiuse le palpebre lentamente, quasi di malavoglia, posando
due pupille dilatate su di loro. Sakura si sorprese nell’averle notate.
Le iridi non erano più color pece, inchiostro scuro. Erano come sbiadite.
Cosa diavolo hai fatto, questi tre anni, tu?
Condivise la rabbia di Naruto, tutta. Non credeva che Sasuke avrebbe
risposto, invece lui schiuse le labbra secche, palpebre pesanti.
Fece per parlare, Sakura lo intuì.
Tuttavia, non appena costrinse un filo di voce roca fuori dalla gola, voltò di
scatto la testa per nascondere loro il volto. Prese a tossire, espressione
pallida deformata in un conato. Tralasciando ogni sentimento d’astio che aveva
potuto coglierla pochi attimi prima, Sakura si alzò diligentemente dalla sua
sedia, dirigendosi verso l’armadio a mensole.
Con la coda dell’occhio scorse una piccola traccia di sangue sulle lenzuola
candide, dove lui tentava di liberarsi di qualcosa che apparentemente nello
stomaco non c’era.
Scosse il capo, costringendosi a guardare fra i contenitori. Un po’ di nausea
non era difficile da sistemare, e di solito i rimedi eran già chiusi nei loro
barattoli, senza bisogno di star lì a prepararli sul momento.
”Sei arrabbiato, no? Potessi, ci attaccheresti e fuggiresti di nuovo, suppongo.
Mi hanno detto che ero un’idiota a pensare che saresti tornato di tua volontà.
Sei davvero così stupido da accettare che quello lì ti freghi il corpo, o avevi
paura di tornare a Konoha?”
Ancora una volta, Sakura non aggiunse nulla.
Sii un medico, Sakura. Pensa alla sua salute, prima. Poi a te stessa.
Prese il barattolo di pastiglie, richiuse le ante, e aprendo il barattolo,
si riavvicinò al letto. Si accorse che Sasuke la stava fissando, con
quell’espressione quasi apatica sul viso, piccola striatura bagnata
all’angolo della bocca. Lei deglutì ancora, prendendo una pastiglia e
lasciandola cadere nel bicchiere vuoto poggiato su comodino. Versando l’acqua
dalla brocca posata accanto.
I'm taller
when I sit here still,
you ask are all my dreams fulfilled...
Sasuke
poteva sentire la pasticca sciogliersi in uno sfrigolio nell’acqua limpida,
lieve schiuma biancastra che minacciava di oltrepassare l’orlo del bicchiere.
Batté ciglio, quando lo sguardo incrociò il vaso di vetro posto dietro il
bicchiere, fiori rosa.
Rosa.
Sakura… è così… femminile.
Non stava pensando chiaramente. Perché non stava pensando chiaramente? Man
mano che il dolore si affievoliva, la mente sembrava circondarsi d’ovatta,
ovatta soffice che attutiva ogni pensiero.
Però Naruto – chi altri sennò? – continuava a buttar giù parole, parole che
rimbalzavano contro questo strato di magnanima bambagia, rimbombavano nelle
tempie.
Non gli piaceva. Con gli accorgimenti di Kabuto non era mai successo.
”Oh ecco. Avevi paura. Comprensibile, sei sempre stato un codardo, tu. In fondo
in fondo, l’hai sempre saputo che ero io il migliore. Sei un codardo, davvero.”
“’arli troppo… e a voce troppo alta. Mal di testa, idiota - lasciami in pace.”
La sua voce. Come
suonava debole la sua voce, alle sue orecchie. Eppure, quella stessa voce fece
accelerare di poco i battiti del cuore di Sakura.
Era quella la sua voce, solo lievemente più roca, lievemente più stanca, più
bassa. Ma il tono, il timbro di voce... Con una morsa al cuore, ma ancora non
fidandosi di parlare, dal catino d’acqua poggiato sul comodino d’ospedale,
raccolse il panno bagnato, asciugando quel rivolo di sangue diluito a saliva.
”Oh, si, lasciami in pace, dice lui!” Sbottò Naruto, alzando la voce e
corrucciando le sopracciglia in espressione ostinata “Credi che Tsunade-baa-chan
ti lascerà in pace? Lo sai che il consiglio non vuole altro che la tua testa? Te
ne rendi vagamente conto?”
Sasuke crucciò appena le sopracciglia sulla fronte: la voce di Naruto
riecheggiava nella testa, rimbalzava sull’ovatta, si ripeteva all’infinito.
Piano piano, anche l’effetto dell’antidolorifico sembrava esser cacciato via da
quella voce accusatoria.
”Per me… L’Hokage può fare quel… tutto quel che vuole. Non m’importa.”
Soltanto silenzio seguì questa sua affermazione.
In questo silenzio la mente diventava via via più lucida, il dolore la
svegliava, lo sapeva: non si usava forse il dolore per schiarire la mente dal
panico? Ma piano, a cominciare dalla punta delle dita del braccio sinistro, il
braccio bruciava.
Quant’erano durate le loro medicazioni?
”… troppo poco…”
Brucia!
Naruto sembrò quasi ringhiare.
”Che significa? Non…”
”… ‘orse che quella donna non sa fare il suo lavo--” Non terminò comunque la
frase, digrignando i denti e sopprimendo un gemito. Sakura, fronte appena
corrucciata, si limitò a sollevare il bicchiere di medicinale, avvicinandoglielo
alle labbra. Muta esortazione a bere.
”Andrà meglio.” Poco più d’un sussurro, accondiscendente. Le prime parole
pronunciate da lei. Ma lui teneva le labbra ben serrate, quasi temesse di far
sfuggire qualche suono.
Sakura non aggiunse altro, posando ancora il bicchiere sulla superficie di legno
laccato. Un lieve sospiro le sfuggì dalle labbra, mentre si sedeva al bordo del
lettino. Mente critica, preoccupata, allenata dagli insegnamenti della sua
maestra, tentava di capire la causa di quel dolore stampato sul volto.
Shizune aveva iniettato una dose di antidolorifico tale da durare almeno per un
paio d’ore.
Non erano passati nemmeno venti minuti.
”No, no, no! Cosa significa che non ti importa?!”
”Cosa… cosa ti sembra che significhi…?”
Non erano passati neanche venti minuti. Deglutì, scosse il capo, caricando la
siringa con la fiala che Shizune aveva lasciato sul carrello. Sentì lo sguardo
si Sasuke trapassarle la schiena, e un vago rossore la assalì in viso.
Perché il dolore era ancora lì?
Sasuke sussultò appena quando l’ago trapassò la pelle dell’avambraccio destro, e
serrò gli occhi. Non le dedicò neppure una parola.
”Ti ucciderei!”
Perché, dopo tutto questo tempo, l’unica cosa che erano capaci di fare era
litigare?
”Non puoi, vero?”
Era un ghigno, quello sulle labbra pallide?
Perché tutto quello di cui Sasuke sembrava essere capace, era ignorarla?
”Ma neanche tu ne sei stato in grado, no?”
Lei era lì, e lui si era limitato a fissarla, a degnarla della sua attenzione
per qualche secondo.
”E’ stato solo un capriccio!”
Ancora una volta, Sakura si ritrovò a condividere la rabbia di Naruto.
”Tutto, tutto per te è stato un capriccio! Sei stato felice, mh? Hai ottenuto
quello che hai voluto?”
Rabbia che aumentò nel vedere i lineamenti di Sasuke indurirsi, sguardo
assottigliarsi. Perché…?
Era tutto sbagliato.
”L’hai ucciso?”
Vide gli occhi di lui mutare da nero sbiadito a rosso sangue. La sua bocca si
deformò in una smorfia adirata, quasi provasse la sua stessa rabbia, furia, ira
cieca.
Era tutto sbagliato.
Tutto!
”Basta.
Smettetela. Siete solo due bambini!”
Sakura si stupì di come ferma e severa era riuscita a suonare la sua stessa
voce. Probabilmente anche Naruto e Sasuke ne rimasero stupiti, dato che il primo
si limitò a rivolgerle uno sguardo vacuo, e gli occhi di fuoco del secondo si
estinsero.
Ora entrambi la guardavano.
”Naruto, per quanto tu possa essere impaziente, avrai tutto il tempo del mondo
per litigarci, per minacciarlo di morte, per pestarlo, quello che ti pare.
Quindi, per ora ti prego di lasciarlo in pace, è evidente che non sta bene.”
Gli occhi di Naruto si limitarono a sembrare più grandi e increduli del solito.
“…eh?”
”In quanto a te…”
Qui si interruppe. Gli occhi del suo Sasuke-kun avevano già cominciato ad
annebbiarsi, di nuovo. Colpa dell’antidolorifico. Era rivolto verso di lei, ma
non la stava guardando davvero.
Affondò il canino nel labbro, soffocando l’istinto di fargli male – molto male.
Mani strette in due pugni lungo i fianchi, lasciò che la voce scemasse in gola,
prima di scuotere il capo e incamminarsi verso la porta.
”… Naruto, andrò da Tsunade-sama. Devo parlarle, gli antidolorifici sembrano non
avere grande effetto, e non è del tutto normale. Per favore, va’ via anche tu.”
Meglio aspettare. Aspettare. Deve sbollire quella rabbia istintiva, deve
sbollire quell’impulso ai limiti del sadico.
Sasuke-kun non sta bene, è per quello che non mi ha vista…
Ma ha visto Naruto.
Ho voglia di pestarlo.
Probabilmente mi odia.
Non mi ha mai vista davvero.
Mi sono preoccupata per nulla.
Lui la ignora. Come sempre. Come sempre?
Delusa. Era delusa. Cosa si era aspettata? Cosa si era aspettata, passando quei
due giorni mangiando e dormendo a malapena, standogli accanto quando lui non
sapeva, non poteva sapere…?
Aspettare. Doveva aspettare.
Lasciò che la porta si chiudesse alle sue spalle, senza preoccuparsi
minimamente del rumore. Superò i due ANBU posizionati ai fianchi dell’entrata
della camera, senza degnarli di uno sguardo.
I loro occhi la seguirono, discreti, da dietro le grottesche imitazioni di
animali.
They made me a
heart of steel,
the kind the bullets cannot see.
”Mah. Spero tu sia contento.”
Sbuffando, fu l’ultima cosa che Naruto si degnò di dire, prima di seguire la
kunoichi fuori dalla porta. La chiuse con un po’ più di garbo, forse per la
presenza degli ANBU all’esterno.
La camera era vuota, e lui era rimasto solo. Solo rinchiuso in una camera
d’ospedale nel Villaggio che aveva tradito, controllato notte e giorno da ANBU,
senza riuscire a muovere un muscolo.
Era la fine, no? A meno che qualcuno del Suono non venisse a recuperarlo…
Difficile. Che cosa potevano saperne di dove si trovava in quel momento? L’unica
cosa che aveva detto a Kabuto, prima di andar via, era stata: “So dov’è. Devo
andare.”
Non aveva neppure detto dove. A malapena riusciva a scorgere i contorni
del mondo. Il suo mondo era sfocato. Spostò lo sguardo sul vaso di cosmee, sul
bicchiere di medicina, ormai diventato di un sospetto color giallo canarino.
Quella non era la Sakura che ricordava. Come la ricordava?
Logorroica, inutile, dalla lacrima facile…
Ingenua, un po’ infantile, fondamentalmente buona.
Si preoccupava per lui, nonostante tutto.
Ed eccola, reagire come se nulla fosse successo.
Come poteva? Avrebbe preferito essere stato accolto da lei come lo aveva accolto
Naruto.
Possibilmente gridando..
Invece, no. Lei si era limitata a stare in silenzio, a pensare alle medicazioni.
A dire di lasciarlo in pace, con una maturità che non ricordava le appartenesse.
Era cambiata. Come era cambiata?
Quanto era cambiata?
Ricordava ancora vagamente le parole di lei, quando era andato via. Non era più
la stessa, vero? Le persone cambiano. Un anno, due, tre. Quanti ne erano
passati? Si sforzò di compiere un rapido calcolo, fallendo miseramente.
Non aveva la concentrazione adatta per pensare.
Nothing’s what it seems to be
I’m a replica, I’m a replica.
Empty shell inside of me
I’m not myself, I’m a replica of me.
Eppure il litigio
con Naruto era stato molto più naturale di quanto avesse potuto immaginare,
lontano da casa. Cioè, lontano da Konoha.
Era stato così facile attaccar briga con lui, prenderlo in giro come fosse
niente – nonostante Naruto fosse sicuramente messo meglio di quanto non lo fosse
lui.
Però… non era riuscito a trattar lei come l’avrebbe trattata anni prima. Non
ora.
Non dopo averla sognata ogni singola notte, non dopo aver rimpianto giorno dopo
giorno d’averla lasciata indietro, pensando a quello che sarebbe potuto essere
se fosse rimasto. Ma era stato giusto così.
Aveva bisogno di qualcuno da lasciare indietro, di qualcuno che arrivasse ad
odiarlo, e a fargliela pagare. Perché sapeva che eticamente era stato tutto
sbagliato. Era stato tutto un errore.
Sakura e Naruto avrebbero dovuto ricordarglielo.
Incredibile, come alla fine, avesse cominciato a pensare come suo fratello.
Incredibilmente ridicolo.
Ho bisogno di qualcuno che mi ricordi che ho peccato. Che ho tradito.
La sua copia sputata.
Non posso giustificarmi, comunque. Non ho concluso nulla, alla fine.
Serrò gli occhi, cercando di cacciare via quel viso, quel pensiero dalla
testa. A cos’è che stava pensando, prima?
Il filo logico delle sue riflessioni sembrava aver preso vita propria,
trascinandolo avanti e indietro, senza alcun nesso visibile.
Quante volte, quand’era stato più bambino, aveva sperato che Itachi tornasse a
Konoha, come se nulla fosse accaduto. Sarebbe stato disposto persino a
perdonarlo, a quel tempo. Subito dopo l’accaduto.
Disposto a perdonarlo, davvero, a condizione che non lo lasciasse solo.
Anche Itachi aveva avuto paura di tornare a Konoha, dopo quello che aveva fatto?
No, impossibile. Lui non ha paura di niente.
E’ questa la vera differenza, pensò. A suo fratello non interessava
tornare al villaggio della Foglia. Non aveva più niente, lì, che lo
interessasse.
Assolutamente niente.
Patetico. Davvero.
Solo io avevo paura di tornare qui.
E lei… lei fa finta di niente. Come può far finta di niente, dopo avermi
tormentato così ogni notte?
Non è giusto. Non è affatto giusto.
The light is green, my slate is clean.
New life to fill the hole in me.
I had no name, last December
Christmas Eve I can’t remember.
Si
accorse che a svegliarlo, quando ormai l’atmosfera di fuori era diventata di
quel rossiccio che precede il crepuscolo, non fu il dolore.
Bensì fu una voce fin troppo cristallina, con una sottilissima venatura di
arroganza.
”Sarà bene mettere qualcosa in chiaro, Sasuke-kun”
Una voce che sorrideva.
Avrebbe dovuto riconoscerla? No, affatto. E non riusciva neppure a sollevare le
palpebre, pesanti com’erano. Sentì la porta chiudersi, discretamente, e i passi
avvicinarsi al lettino dell’ospedale.
”Su, su, sveglia.” Intransigente. Irritante.
Crucciò le sopracciglia sulla fronte, mugolò qualcosa, e voltò il viso
dall’altro lato.
Tutto quello che sentì di rimando, fu uno sbuffo seccato. Nient’altro. Tuttavia
la ragazza si stava muovendo nella camera, senza dir nulla. La sentì fare il
giro del letto asettico, fermarsi vicina al comodino di legno laccato.
rumore di vetro.
Seccato, e non poco, sbirciò da un occhio.
Una ragazza bionda, capelli lunghi – non li aveva corti, prima? - , occhi
assurdamente azzurri.
Yamanaka Ino.
Oh certo. Non c’è limite al peggio.
Nel vaso, dove prima c’erano solo quei fiori rosa, ora erano accomodati
anche alcuni steli di minuscoli fiori bianchi a grappolo. Ino batté ciglio,
squadrò la composizione dall’alto verso il basso, mani poggiate sui fianchi.
Poi, apparentemente soddisfatta, volse la sua attenzione a ricambiare lo sguardo
seccato di Sasuke.
Si sedette quindi sulla sedia, accavallando le gambe.
”Eri sveglio allora. Lo presumevo. Ho sentito da Naruto che ti sei divertito ad
ignorarli per un bel po’. Con me non funziona, bellino.”
Avesse avuto la prontezza di spirito, avrebbe inarcato un sopracciglio. Si
limitò tuttavia ad alzare gli occhi al soffitto, e sospirare. Al contrario di
Sakura, Ino non gli aveva mai dato motivo di piacergli, tantomeno di risultare
appena meno seccante. Mai.
”Inutile che ti faccia il discorsetto, l’Hokage sarà più che lieta di farlo.
Però, ho solo un consiglio.”
Consiglio?
”Da quando sei … tornato – volente o nolente, non è quello il punto - Sakura
ha a malapena dormito e mangiato. Se solo osi farla tornare quell’ombra
di sé che è stata per mesi dopo il tuo tradimento, Sasuke-kun… Beh, sono sicura
che ridotto così, non potrai opporre troppa resistenza se decidessi di fartela
pagare, no?”
Oh.
La gente cambia eh? Che cambiamento interessante. Non devo evitare la saliva,
almeno.
Sentì un lieve sorriso farsi strada sulle labbra, divertito. Troppo stanco,
a dire il vero, per provare altro.
”Come avrai intuito, hai perso tutto il mio rispetto – e va bene, va bene,
chiamiamo le cose con il loro nome: la mia infatuazione - con quella
decisione. Purtroppo Sakura non ha capito come salvaguardarsi da certi bastardi,
sebbene io abbia tentato di spiegarglielo. Non vuole capire, le piace vedere
quello che vuole vedere lei. Il resto non esiste, suppongo tu lo sappia.”
Altro suono irrisorio soffocato in gola.
I was in a constant pain,
I saw your shadow in the rain.
I painted all your pictures red,
I wish I had stayed home instead...
”Quindi ho
sperato che almeno tu, per quanto ottuso possa essere a volte, capirai.
Se hai almeno un po’ a cuore Sakura, capirai di non farle ancora del male. E se
non ce l’hai a cuore… non illuderla.”
”…Non l’ho mai illusa.”
”Oh, certo. Era l’unico essere femminile con cui ti degnavi di parlare! Se non è
illudere, quello.”
Erano in squadra insieme, era normale. Ma come poteva pretendere di capire il
funzionamento della mente femminile? Non poteva, semplicemente.
Quando erano all’accademia, lui la odiava. Semplicemente questo, né più né meno.
La trovava irritante, infantile con quella sua infatuazione - fotocopia di mille
infatuazioni già viste, già sentite.
Avvertì una lieve fitta al petto, lieve formicolio al braccio sinistro, e serrò
i denti.
Allora, se era solo un’infatuazione da nulla, perché…
… soltanto, perché aveva dovuto pronunciare quelle parole, quella sera?
“… mi hai
insegnato tu che essere soli fa male! Lo capisco così bene, ora. Io ho una
famiglia, e ho molti amici, ma… se tu non sei accanto a me, per me… sarà come
essere sola…”
Quelle parole avevano avuto lo stesso effetto di una pugnalata al cuore.
Quella sera lei glielo aveva strappato, e l’aveva tenuto con sé, a Konoha.
Da quella sera, il pensiero di lei si era affiancato a quello di Itachi,
egemonizzando ogni minima parte della sua mente, della sua ragione. Giorno dopo
giorno, al villaggio del Suono…
Nonostante tutto, lei… lei mi…
Cercò di trovare una parola diversa da amore, senza riuscirci. Il pensiero
morì lì, e lui serrò le labbra, sguardo ostinato puntato al soffitto bianco.
”Non sei affatto bravo con le persone, tu, vero?” la sentì ridere, e si limitò
ad arricciare il naso. Ne aveva abbastanza, la nausea stava cominciando
prepotentemente a farsi sentire.
”Va’ via.” Fu tutto quel che sibilò, chiudendo gli occhi, corrugando la fronte.
Con sua grande sorpresa, la ragazza non fece storie, bensì si alzò dalla sedia
vicina al comodino. Per un attimo rimase lì, ferma.
”Ecco, appunto.” Mosse qualche passo, tono divertito nella voce. Prima di
andarsene, lo guardò con la coda dell’occhio, prima di sorridere. “Non so cosa
intenda fare il Consiglio, ma spero non sbagli decisione. Tenterai ancora di
andar via?”
Sasuke non rispose. Lei tuttavia attese, qualche attimo, finché non parve
rassegnarsi alla mancata risposta.
Ino Yamanaka chiuse la porta alle sue spalle, mentre lui posava lo sguardo
pensieroso sulla composizione nel vaso. Attacco di nausea, più violento, e si
ritrovò a tentare di svuotare lo stomaco.
Non essendoci nulla dentro, sentì solo il sapore amaro della bile, e quello, più
inquietante ma altrettanto familiare, del sangue.
Nothing’s what it seems to be
I’m a replica, I’m a replica.
Empty shell inside of me
I’m not myself, I’m a replica of me
“I sintomi dell’astinenza vanno da depressione, irritabilità, astenia,
rallentamento dei riflessi, tremori, nausea, disturbi del sonno, appetito
vorace.”
”E’ sempre stato irritabile, non credo che conti come sintomo…”
”Naruto, se devi stare qui, sta’ zitto. Dicevi, Shizune?”
”Anche l’appetito – ha letteralmente divorato il pranzo, poco fa, e si è
lamentato della sua scarsa quantità – è perfettamente spiegabile. Non ha
mangiato nulla in due giorni.”
”E certo, lo volevate far agonizzare…”
”Naruto!”
”Mpf. Ed è anche sempre depresso, neanche avesse un bastone su per il…”
”Comunque, Sakura ha detto di aver notato dei tremori, al
risveglio. Ma pare si siano arrestati dopo l’iniezione dell’antidolorifico.”
”Quante fiale finora?”
”Sette.”
”Quante?!”
”Va bene, va bene, Sasuke è un maledetto tossicodipendente. Appurato questo,
e allora?”
”I conati però non sono affatto normali, forse si è danneggiato il…”
”E allora?!”
Entrambe le donne, Shizune e Tsunade, si voltarono verso Naruto, che le
osservava da parte, braccia incrociate al petto, piede che batteva impaziente
sul pavimento. Espressione annoiata, era fermo davanti alla porta dell’ufficio.
”Cosa vuoi esattamente, Naruto? Temo mi sia sfuggito.” Domandò la
Godaime, sorrisino chiaramente forzato sulle labbra carnose, mani strette l’una
sull’altra come unico sfogo di nervi, ormai logori dal troppo lavoro in così
poco tempo.
”Stai diventando senile, Baa-chan. Dovresti andare in pensione. Perché non ti
riposi, e dai a me il titolo di Hokage? Sono giovane e prestante, me ne
occuperei benone!” Cantilenò il biondino, ghigno a trentadue denti sulle labbra
stiracchiate, nonostante l’aria stanca. Tsunade roteò gli occhi alle parole,
comunque. Il troppo tempo passato con Jiraiya aveva fatto di Naruto uno strano
esemplare. “Ho chiesto, ed io me lo ricordo, se avete finalmente deciso,
con la morra cinese o con il tocco, se Sasuke deve vivere o morire. Sai, penso
che a Sakura-chan tra poco verrà una crisi epilettica.”
”Isterica, Naruto. Si dice crisi isterica, le crisi epilettiche sono
un’altra cosa.”
”Oh, è uguale. Non è quello il punto. Avete deciso si o no?”
“Naruto…” l’hokage
sbuffò, prima di poggiare il mento sul dorso della mano. “… ti ho detto che farò
del mio meglio, no? Non ho alcuna intenzione di arrivare a tanto, dato che
abbiamo appurato che non si tratta di Orochimaru. Tuttavia, non puoi aspettarti
che tutto il villaggio ignori l’accaduto. E’ un nukenin, lo sai, e ci si aspetta
venga trattato come tale.”
”Però…”
”Però, non voglio neanche che Orochimaru attacchi nuovamente Konoha, per
venirselo a riprendere. Bisogna ragionare, è una cosa seria. Ovviamente tu non
lo puoi capire, no?”
Naruto fece per protestare ardentemente, ma Tsunade lo interruppe ancora.
”E’ il suo braccio che mi preoccupa, ora come ora. Sembra bruciato dall’interno.
Se i canali del chakra sono rovinati, non c’è da preoccuparsi. Orochimaru non se
ne fa nulla di un corpo rovinato, e Sasuke dovrà pure capirlo.”
Are you gonna leave me now?
When it’s all over...
Are you gonna leave me now?
Is my world now over?
Raising from the place I’ve been
I try to keep my home base clean.
Now I’m here and won’t go back, believe.
Sasuke cotninuava
a guardare, con attenzione fin troppo morbosa forse, le cosmee nel vaso di
vetro. Le fissava, quasi sperasse di coglierle nel lento processo
dell’avvizzire. Difficile, dato che neppure riusciva ad avere una visione messa
bene a fuoco dell’intera stanza.
L’iniezione di poco prima l’aveva stordito, risprofondato in quel benedetto
stato di grazia, sospeso fra coscienza ed incoscienza. Quello stato di grazia in
cui il suo corpo non gli apparteneva, ed in cui la mente non pensava
assolutamente a nulla.
Solo un’eco vaga di immagini, confuse, richiamate dalle parole della donna che
gli stava bendando il braccio sinistro, quello che bruciava, che non riusciva
assolutamente a muovere.
”Come diavolo hai fatto a ridurti a questo modo?”
Patetico.
Vago ricordo di uno scontro, dalla rabbia cieca che lo assaliva alla vista di
quell’unica persona.
Non rispose: non riuscì a costringersi a farlo.
”Quando Shikamaru e Asuma sono tornati con te come souvenir, a Tsunade-hime è
preso un colpo, davvero. Cioè, tutti al villaggio pensavano sarebbe stato Naruto
a riportare almeno la tua testa al villaggio.”
Shikamaru? Di nuovo lui?
Strano pensare come poco avesse avuto influenza nella sua vita, e come tanto si
trovava sempre tra i piedi, in un modo o nell’altro.
Ancora una volta non rispose.
”E poi, dannazione… sono otto fiale in neanche un giorno!”
Fiale?
Non è colpa mia, eh. E’ la vostra roba che non funziona. Quella di Kabuto
dura molto più a lungo, non scaricate la responsabilità della vostra ignoranza
su di me.
Non disse nulla, e si limitò a schioccare la lingua.
”Il tuo corpo ormai sembra essersi abituato all’effetto degli anti-dolorifici,
sembra ignorarli del tutto. E’ quasi totalmente immune e non è affatto
normale.”
E’ l’iniezione che è debole, idiota. Dammene di più, e vedi come funziona.
”Comunque sia, pace. Questa è l’ultima dose che ci azzardiamo a darti,
comunque. Ma con chi parlo se nemmeno mi stai ad ascoltare?”
… ultima?
Il mio braccio sta bruciando, per carità. Nel caso tu non l’avessi
notato, Genio.
”E’ pericoloso assumerne troppo, ma ovviamente non ti è mai passato per la
mente. A lungo andare ti logora i nervi, quella roba.”
Certo, a lungo andare. Naturale. Lo so, si. Che importa? Tanto sono solo in
affitto qui dentro, io. Non sono veramente miei, i nervi che sto rovinando.
Sentì vagamente un
lievissimo pizzico all’avambraccio, quello destro dove ugualmente poco prima era
stato iniettato l’antidolorifico.
Un’altra iniezione?
”Farai meglio a riposare, comunque. Tsunade più tardi vedrà di parlarti
comunque. E non è felice, stanne certo.”
Aveva ormai già smesso di ascoltarla.
I fall asleep, I dream a dream
I’m floating in a silent stream.
No-one places blame on me:
but nothing’s what it seems to be.
Gli parve, in quel
dormiveglia semicosciente, di udire di tanto in tanto la voce di Sakura.
Era quasi sicuro che lei fosse lì, gli sembrò di scorgere la sua ombra femminile
di fianco al letto, ad un certo punto. Ma non riusciva a distinguere esattamente
cosa lei stesse dicendo.
Parlava così sommessamente che sembrava stesse parlando da sola. Forse era
davvero così.
Di tanto in tanto, coglieva involontariamente un “andrà tutto bene”
bisbigliato, dolcemente, quasi con timore che qualcun altro potesse udire quelle
parole.
E quel tono sommesso si disperdeva in rassicurazioni, miste a minacce vuote,
prive di quel tono autorevole che la ragazza aveva dimostrato più volte di
possedere.
Era confusa, le parole si scavalcavano l’una con l’altra, e quel fiume in piena
confondeva anche lui, con i suoi toni instabili.
Gli parve anche di sentire le sue dita – sottili, lisce nonostante gli anni di
allenamento – posarsi sulla sua mano, fantasma di una carezza sulla pelle.
Voleva aprire gli occhi, vedere se era davvero lì, davvero reale, e non frutto
della sua mente, come lo erano stati i sogni più crudeli di quegli anni: ma le
palpebre erano troppo pesanti, e non ci riuscì.
Nothing’s what it seems to be,
I’m a replica.
Empty shell inside of me,
I’m a replica of me.
Il cuore di Sakura
saltò un battito quando la mano di Sasuke strinse appena, involontariamente, la
sua. Lui sembrava dormire, il labbro inferiore, pallido, gli tremava appena.
La sua mano fredda e sudata contro la sua.
Le si strinse il cuore, ma sforzò un sorriso che lui, ovviamente, non poteva
vedere.
”Andrà tutto bene, Sasuke-kun.”
”Stai cercando di convincere lui, o te stessa?”
La ragazza sobbalzò appena, colta di sprovvista, spostando lo sguardo sulla
porta. Kakashi, sulla soglia, levò tranquillamente una mano in cenno di saluto.
“Yo!”
”Oh, qualcuno ha deciso di farsi vivo, a quanto pare.” Sbottò la kunoichi,
scostando lo sguardo e levando il mento verso l’alto, apparentemente indignata.
Il maestro sospirò, stringendosi nelle spalle. L’unico occhio mostrato al mondo
si soffermò sulle mani intrecciate, ma come sempre la sua espressione rimase
assolutamente indecifrabile.
Sakura tentò di mantenere quel cipiglio seccato, ma dopo un po’ rinunciò: con
Kakashi-sensei non aveva mai avuto veramente effetto.
Lui se ne accorse,
e sorrise – almeno, per quel che Sakura intuì – da sotto la maschera.
”Pensi che possa scambiare quattro chiacchiere da solo con questa testa vuota?”
”Sta dormendo, Kakashi-sensei.” Replicò la ragazza, fin troppo
accondiscendente, lasciando con riluttanza la mano di lui. Le dita indugiarono
un attimo sulla pelle, prima che la ritraesse del tutto. Si alzò, sistemando
distrattamente uno stelo nel vaso. Poi, notando l’assenza di una qualunque
risposta da parte di Kakashi, riportò su di lui l’attenzione.
Lui era ancora fermo sulla soglia, e la stava fissando. “Uhm, si, vedo.”
”Se vedi, non chiedere.”
”Non stai tanto bene, eh?”
La risata tranquilla di lui non le piacque affatto, ma si limitò a crucciare le
sopracciglia, e fare il giro del letto.
”Sto benone.”
”Sei sempre chiusa in ospedale.”
”Beh, sto studiando pur sempre per diventare medico, no?”
”Oh, si, certo.”
”Mah, io vado. Shizune aveva detto di cercarla, per dirle le condizioni.”
”E come sono?”
”Esattamente come prima, né meno né peggio.”
Ancora una volta, Kakashi non rispose, ma si limitò ad un sospiro. Con un
sopracciglio che faticava a non inarcarsi, Sakura si diresse verso la porta.
Riluttante, forse un po’ malinconico, lo sguardo indugiò sulla figura del suo
Sasuke-kun nel lettino asettico. Si costrinse a distogliere lo sguardo, e a
chiudere la porta alle spalle.
Agli ANBU posizionati vicino all’entrata, ormai non fece più caso.
Kakashi si limitò a osservarla andar via, braccia incrociate al petto. Poi, con
un sospiro quasi rassegnato, si andò a sedere sulla sedia lasciata libera dalla
sua allieva.
”Alla fine non hai proprio voluto ascoltarmi, mh?”
Lo sguardo si soffermò sul braccio bendato, domandandosi distrattamente se, in
qualche modo, la colpa fosse stata anche sua.
I’m home again, I won the war.
And now I am behind your door.
I tried so hard, to obey the law
and see the meaning of this all.
Remember me, before the war?
I’m the man who lived.
A/N: Un parto x_x. Continuavo a cambiare idee, ad impappinarmi nelle scene è_é
Comunque, eccolo qui. Trovo che Ino sia un personaggio abbastanza malleabile, nel suo ruolo di amica/rivale. Mi è sempre piaciuto come personaggio, forse anche più di Sakura. Mah vabbeh. u_u
Piccola riflessione: secondo me Sasuke è tremendamente infantile in alcuni suoi atteggiamenti di vittimismo. Vabbene che ha tutto il diritto di esserlo, per carità [a me piace così com'è XD], ma penso che infine Sakura sia la più mentalmente normale fra i tre. Si, nonostante il neuroncino pazzo, che raramente fa capolino fra le righe XD
Le canzoni si alternano per i personaggi. Sakura/Sasuke/Sakura/Sasuke e così via ^_^"
Che altro dovevo dire? Oltre che è stato un parto, questo capitolo, ovviamente. Beh, nient'altro. La Mediaset ha ucciso Naruto x_X