Fuga
Capitolo 21
“Da quel
giorno...Ale”
Era circa mezzanotte ed il temporale si era fermato. Da quando un’ora prima era scappata da quella cantina, non aveva fatto altro che stare seduta sul dondolo di fuori, al bordo piscina e non aveva voluto parlare con nessuno. Nemmeno con Gaia. Figurarsi con me. E mi sentivo in trappola, chiuso in un labirinto senza uscita.
La guardavo dalla finestra del salone, sentendo gli occhi di tutti su di me.
“Cosa dovrei fare ?” Sussurrai guardandoli.
"L'ho detto io, che eri un coglione!" commentò Stefano incrociando le braccia al petto e sorridendo appena.
“Grazie
sei d’aiuto.” Risposi
strofinandomi il volto stanco.
"No, ma ha ragione, se lei non ne vuole parlare...fa bene a... "
intervenne Riccardo ma fu subito interrotto da un piccolo tornado.
"Certo, sentite il genio che parla! Mandare al diavolo l'Amore di una
vita...eh
però se non ne vuole parlare..." Esplose Gaia con un nodo
alla gola e Stefano
diede uno scappellotto a
Riccardo, che era rimasto
senza parole, scuotendo la testa, mentre Davide
scoppiò a ridere.
“Certo
ridi tu, che idioti che siete.” Esordì Ilaria
andando in cucina e tornando
subito dopo con un barattolo di gelato tra le mani ed un cucchiaio in
bocca.
Prese
Gaia, che continuava a guardare verso Michy fuori la finestra e
l’abbracciò.
“Adesso
che c’entro io? E perché piangi ?”
Chiese Davide talmente preoccupato da
sembrare buffo.
“Sono
incinta e piango quanto mi pare!” Gli rispose Ilaria
sbuffando infastidita.
Mi
fermai a guardarli e pensai che in un modo o in un altro eravamo tutti
cambiati, cresciuti. C’erano state lacrime, liti, ma eravamo
di nuovo tutti
lì...insieme e non potevo permettere che quello cambiasse.
Mi voltai verso
Stefano e lo guardai.
“Avevi
ragione, devo mettere in chiaro troppe cose o passerò il
resto della vita a
pentirmene. Voi..” Indicai Riccardo e Gaia, “
Andatevene di sopra, parlate, strappatevi i
vestiti, litigate ma poi fatela finita e tornate insieme. Sono sei mesi
che vi
sento depressi e avviliti perché vi mancate a vicenda e vi
amate ancora!” Dissi
forte e deciso tanto che entrambi rimasero senza parole e si guardarono
in
silenzio.
“Tu,
fai un po’ di coccole alla tua ragazza. Ha tuo figlio in
grembo e non deve
assolutamente piangere!” Continuai verso Davide che
annuì borbottando un –Sì
Signore!-
Alla
fine mi voltai ancora verso Stefano e tornai serio.
“Devo
dirti una cosa. Non sono stato onesto con te e ti prego di perdonarmi
ma...vedi
quell’estate...quando siamo venuti qui per la prima
volta...”
Stefano
si avvicinò serio e mi strinse le spalle in una morsa, tanto
da farmi male.
“Che
cos’è che vuoi?” chiese arrabbiato.
Lo
guardai confuso per un attimo non capendo il senso della sua domanda,
specialmente davanti a quello che gli stavo dicendo.
“Cosa?”
Sospirò
pesantemente e poi tornò a guardarmi.
“So
tutto di te e Daniela. L’avevo intuito e poi ne ho avuto la
conferma da lei.
Quando siamo tornati dalla vacanza era sparita, non usciva mai con noi
e a mano
a mano si è allontanata sempre di più, per questo
l’ho cercata. Le ho parlato e
mi ha detto tutto quello che era accaduto, almeno tra te e lei e del
fatto che
Michela lo avesse scoperto e sai cosa? Mi sono incazzato a
morte...”
Annuii
abbassando lo sguardo.
“Lo
so, hai ragione ma ti giuro che io non sapevo nulla di te
e...”
Scosse
la testa e rise rumorosamente.
“No,
non mi sono incazzato per me, per lei e nemmeno per Michy anche se mi
è
dispiaciuto per come lo abbia scoperto. Io...mi sono incazzato a morte
con te!
Perché sei un coglione!”
“Beh
si..grazie?” Chiesi confuso ma iniziando a sorridere davanti
la sua
espressione.
“Voglio
dire è una vita intera che ti privi di quell’unica
cosa che davvero desideri,
che alla fine ci sei riuscito! Hai mandato tutto a puttane. Fine della
storia,
eccola lì. E’ tornata dopo due anni, e non
riuscite a stare in una stanza per
più di dieci minuti. Sei soddisfatto?”
Urlò arrabbiato.
Mi
allontanai sentendo la rabbia salire.
“Ma
che diavolo...credi mi faccia piacere? Credi sia felice di tutto
questo? No che
non lo sono! Fanculo tutto, tutto!” Urlai di rimando
spingendolo lontano da me.
Poi mi voltai come una furia verso Ilaria e la guardai inferocito.
“Posso?”
Chiesi prendendo il barattolo di gelato e lei annuì
spaventata.
Tornai
sui miei passi ma sentii una voce trattenermi.
“Ale
credi sia il caso? Non è meglio aspettare chi vi calmiate un
po’ ?” Chiese Gaia
intimorita. Mi girai a guardarli uno per uno e scoppiare a ridere.
“No,
cazzo, ho aspettato abbastanza!” Dissi sorridendo mentre
Stefano mi guardava
annuendo.
Uscii di fuori a passo svelto, superando
il tavolo ancora apparecchiato della cena e la sorpresi.
“Dobbiamo parlare” Dissi cercando di rimanere calmo.
Vidi i suoi occhi di cioccolata scrutarmi e scuotere forte la testa.
“Non mi và. Basta per questa sera, ti prego” Sussurrò e sentii la voce rotta dal pianto ed impazzii.
“E invece a me và perciò parliamo.” Continuai avvicinandomi e vidi il suo sguardo cambiare, arrabbiarsi. Bene!
“Che c’è dobbiamo fare sempre quello che vuoi tu? Sei sempre tu a decidere tra noi?” Mi rispose con foga e sorrisi appena, non per le sue parole ma perché ero riuscito a farla reagire in qualche modo.
“Ecco, vedi? Anche tu vuoi parlare con me ed è inutile continuare a nascondersi a questo punto. Guarda ho portato anche il gelato, come ai vecchi tempi, ti ricordi?” Dissi calmo cercando di avvicinarmi e mantenere l’emozione che sentivo nascere nel petto.
Scattò in piedi, infuriata e con gli occhi lucidi.
“Ma cosa credi che tu possa fare tutto quello che vuoi? Credi di venire qui con un barattolo di gelato e cancellare questi ultimi anni ? Con che pretesa, poi? Quale pretesa? Io ricordo tutto, dannazione, tutto! Forse sei tu ad aver dimenticato di avermi lasciato in lacrime, mentre ti chiedevo di amarmi!” Urlò piangendo e la rabbia mi assalì.
“Tu credi di essere l’unica ad aver sofferto, vero? Credi che io me ne sia sempre fregato di te, ma allora non è servito a niente che io... che io...” Ringhiai furioso e la vidi avvicinarsi scossa ed arrabbiata quanto me.
“Cosa? Cosa? Parlami, vuoi parlare? Allora parlami!” Mi urlò sul viso e sentii il calore del suo corpo avvicinarsi e farmi impazzire.
“Tu non sai cosa voglia dire, tu...” Sillabai furioso ogni parola ma lei mi si avventò contro.
“Io non lo so? Non so cosa voglia dire, cosa? Ho mandato tutto al diavolo per te...tutta la mia vita...io...”
“Ma non ci hai pensato due volte ad andartene!” Urlai impazzito.
Fu un attimo. Un intero secondo dove tutta la tua vita si trova ad un bivio. Quell’attimo che rivivrai nella tua mente per ogni giorno a venire perché è in quel momento che tutto cambia, e non puoi fare altro che seguire il tuo cuore, sempre ed ovunque, anche se sai già dove ti porterà.
La furia e la disperazione ci accecarono entrambi, impazziti e disperati.
“Perché ti amavo!” Urlò con tutta se stessa.
Ed esplosi... il tavolo, la tovaglia, piatti e bicchieri distrutti a terra, lasciarono solo l’eco della mia risposta.
“Ti amavo anch’io dannazione! Ti ho amata Ogni. Singolo. Attimo, di questa fottuta vita!” Urlai stremato, mentre un tuono risuonò.
Dicono che prima della morte, la tua vita ti passa davanti come un film...beh io non stavo per morire, ma rividi ugualmente tutti quegli anni nella mia mente e anche se tutto cambiava, una costante era presente... Michela.
******************
Seduto
sul marciapiede della scuola di Mirko,
aspettavamo insieme che mia madre ci venisse a prendere; era in ritardo
e non
sapevo il perché. Quando una macchina si accostò
a noi e Gaia con le sue
immancabili trecce si sporse dal finestrino, capii che mamma non
sarebbe
venuta.
Al
citofono nessuno rispose e mentre Mirko
continuava a farmi domande, misi la cartella a terra e scavalcai in
cancello
facendo poi entrare mio fratello.
“Aspetta
qui,” gli dissi e mi avvicinai alla porta
socchiusa.
L’ingresso
era sottosopra ed il silenzio che
percepivo mi agitò.
Decisi
di entrare controllando prima che Mirko
non mi avesse seguito per poi attraversare il salone. Uno strano
lamento colpì
la mia attenzione e senza capire più nulla, mi precipitai in
camera dei miei
genitori.
Mio
padre era seduto di spalle alla porta, con il
volto tra le mani e le lacrime a soffocargli il respiro.
“Papà,”
sussurrai avvicinandomi.
Lo
vidi sussultare appena e voltarsi verso di me
come scottato.
“Che
ci fai qui ?” chiese con voce tremante.
Il
volto ferito di mio padre, mi lasciò senza
parole ma mi avvicinai tremando appena, fino al suo fianco. Sentivo gli
occhi
iniziare a bruciare ed una paura cocente
s’impossessò di me.
“Dov’è
mamma?” chiesi tremando.
Tutto
accadde molto velocemente. Il mondo che
avevo conosciuto sino ad allora cambiò per sempre, in un
istante, il tempo di uno
schiaffo pesante che mi atterrò, bruciando il corpo e
l’anima.
“Non
pronunciare più quella parola in mia
presenza. Quella donna non esiste più. Voi ed i vostri
continui piagnistei
l’avete fatta scappare. Da oggi saremo solo noi tre e farai
bene ad abituarti a
tutto questo.”
Da quel giorno di fine Maggio, non fui
più un bambino. Smisi di essere
me stesso, lasciando entrare la paura dentro di me.
*******************
Avevo
passato quell’estate con mia nonna e Mirko,
lontano da mio padre e dalle sue continue crisi, ma a settembre
tornammo a
casa.
La
sveglia suonò e facendo attenzione a non
svegliare Mirko che insisteva per dormire con me, andai a preparare la
colazione.
Feci
il caffè per mio padre e mi riempii la tazza
di cereali iniziando a mangiare.
Lui
entrò in cucina, vestito nel suo completo
elegante, guardandomi appena.
“E’
il tuo primo giorno di scuola, vero?”
Annuii
con il boccone in bocca.
“Oggi
Mirko starà con zia, ha avuto un po’ di
febbre stanotte.” Commentai alzandomi e bevendo
l’ultimo goccio di latte.
Presi
la cartella e mi diressi verso la porta.
Srotolai le cuffiette del walkman ma sentii ugualmente le sue parole.
“Vedi
di non farti riconoscere dal primo giorno.”
“Certo,
buona giornata anche a te papà” borbottai
tra me isolandomi poi dal resto del mondo.
Di
fronte la scuola, tutti correvano frenetici ed
elettrizzati per il primo giorno delle medie, per me invece, era un
giorno come
un altro.
Qualcuno
cadde atterra davanti ai miei occhi. Era
una ragazza così minuta che sembrava avesse
l’età di Mirko e fu istintivo per
me, andarla ad aiutare.
“Ciao
io sono Alessandro.”
“Ciao,
io sono Michela.”
Da quel giorno lei entrò a far parte
della mia vita e a farla sua, ma
ancora non lo sapeva...
**********************
Guardai
l’orologio e chiusi i libri, Michy doveva
essere già tornata dal suo corso di nuoto.
“Dove
stai andando?” Chiese mio padre prendendomi
per un polso.
“Vado
da Michela” risposi facendo spallucce.
Lo
vidi guardarmi di sottecchi e deridermi
appena.
“Bene.
Hai capito già come funziona il mondo.”
Disse crudele e seppi anche se non ne avevo capito il significato, che
mi aveva
appena insultato.
Rimasi
incerto sulla porta per pochi secondi ed
alla fine cedetti.
“Cosa
vuoi dire?” chiesi senza guardarlo.
Notai
la sua schiena voltarsi, tornando verso il
salone.
“Vuol
dire che se una persona è mediocre ma si
circonda di gente che vale, può avere un minimo di speranza.
Tu ritieniti pure
fortunato che quella ragazzina ti permetta di starle accanto.
E’
sufficientemente carina e di discreta famiglia, di certo non puoi
pretendere di
più. Quando si stuferà, potrai sempre contare sul
tuo cognome, e non è cosa da
poco, sempre però, se non avrai finito di rovinarti con le
tue mani”.
La voce di mio padre era una goccia che martellava
quotidianamente la
mia mente ma la cosa che odiavo più di tutte era quando
parlava di lei.
Dell’unica cosa bella della mia vita, oltre mio fratello. E
lo odiai perché da
quel giorno iniziai a credere alle sue parole.
*****************
“Se vuoi
provare a baciare un ragazzo io ci sto, e ti assicuro che sono molto
meglio
della tua mano.” Dissi un pomeriggio.
“Ma
non credi che sarebbe strano...voglio dire...tra
noi?” chiese arrossendo e scossi la testa sicuro. Ero certo
di noi e volevo
solo farla felice.
“Non
vedo perché, sei la mia migliore amica e poi
sarò onesto e ti dirò come sei andata.”
“Io
non so come fare” sussurrò appena e qualcosa
d’impercettibile si mosse nel mio petto.
“Lasciati
andare, al resto ci penso io” riuscii a
dire e la voce fu molto più ferma di quanto credessi.
Quello
che era iniziato come un gioco si tramutò,
quel pomeriggio, in qualcosa di terribilmente pericoloso,
perché non lo sapevo.
Non sapevo a cosa stavo andando incontro, non sapevo che premendo le
mie labbra
sulle sue, il mio intero universo avrebbe cambiato significato. Non
sapevo
quanto in realtà quel sapore, il suo, avrebbe dato un senso
diverso alla mia
vita.
Non sapevo che da quel giorno, avrei vissuto ogni
attimo nel desiderio
incessante di poterlo assaggiare di nuovo ma con la paura assordante
che fosse
semplicemente, troppo...talmente buono da essere...peccaminoso.
*****************
“Ragazzi
filate negli spogliatogli e lavatevi
bene...” Disse Stefano facendo il verso al nostro allenatore
dopo la partita.
“Ma che crede che non ci laviamo?” .
Scoppiammo
a ridere tutti mentre io mi asciugavo
il sudore sedendomi sulla panchina.
“Beh
forse ha avuto qualche dubbio su di te” reagì
Davide spintonandolo ed iniziando così a fare gli scemi come
sempre.
“Ehi
ehi venite quà, le ragazze stanno ancora
giocando.”
Mirko,
un compagno di classe, salì in piedi sulla
panchina e si sporse dalla finestrella alta dello spogliatoio.
“Dio
ma non sanno che quei pantaloncini
elasticizzati non lasciano niente
all’immaginazione?” Commentò ridendo
mentre
altri si arrampicavano curiosi.
“Meglio
per noi che non se ne rendono conto.”
“Guarda
che quelle lo fanno apposta per farsi
guardare e noi le accontentiamo...”
Mi
alzai ridendo con gli altri.
“Sembrate
dei lupi arrapati davanti ad un film
porno. Stanno solo giocando a pallavolo!” Commentai
divertito, andando ad
aprire la borsa per lavarmi.
“Si
si certo. Guarda che culo! Certo che la
piccolina sa il fatto suo” Continuò Diego.
Non
gli diedi ascolto e continuai a sogghignare
divertito pensando che avrebbero dovuto mettere una videocamera
lì dentro e
farsi due risate.
“Che
poi a me quelle piccoline mi fanno
impazzire..” ed il commento iniziò ad attirare la
mia attenzione.
“Certo
perché a letto, te le puoi rigirare senza
difficoltà” Conclusero spalleggiandosi a vicenda e
mi avvicinai cercando di
capire di chi stessero parlando.
“Si,
piccola abbassati a prendere la palla... Dio,
Michela, hai un culo che parla!”
A
quel nome scattai, non capendo più nulla. Presi
Mirko per la maglietta e lo spinsi indietro facendolo cadere a terra.
“Che
cazzo hai detto?” Urlai furioso.
“Oh
ma che problema hai?” Rispose allontanandosi
impaurito.
Scattai
ancora e lo alzai da terra con tutta la
forza che avevo.
“Il
mio problema sei tu. Non ti permettere mai
più di parlare di Michela in quel modo e nemmeno di
guardarla! Hai capito?”
Sentii la mano di Stefano trattenermi ma non riuscii a calmarmi
ugualmente,
sembravo impazzito ma non potevo permetterlo!
Nessuno
poteva guardarla. Nessuno!
Lo
spinsi ancora lasciandolo cadere ancora a
terra mentre tutti mi guardavano impauriti. Non ero mai stato un tipo
violento
ma quel giorno la rabbia mi accecò.
“Stavamo
solo scherzando e poi...che diavolo...mica
è la tua ragazza!” Continuò Diego
aiutando Mirko ad alzarsi.
Indietreggiai
appena, davanti a quelle parole e
mi voltai di scatto tornando verso la borsa per prendere il cambio.
“Si
beh...voi tenetelo a mente. Nessuno si deve
avvicinare a lei senza che io lo sappia. Il resto non vi
riguarda!” Sputai
furioso, infilandomi dentro la doccia e lasciando il silenzio dietro di
me.
Da quel giorno conobbi il significato di qualcosa
che ancora non avevo
mai provato.
Gelosia. Cieca gelosia per Michy e non seppi in
quel momento, quanto
avrei dovuto imparare a conviverci.
******************
“Quella
ti sta guardando” disse Riccardo in piedi
nell’autobus. Tornavamo da scuola mentre le ragazze erano
rimaste per un corso
facoltativo di matematica che io avevo tranquillamente saltato. Mi
voltai
curioso e la vidi, era biondina alta e slanciata, bel fisico tanto
forse troppo
trucco ed era decisamente troppo sicura di sé visto che mi
sorrise sfacciata.
Le
diedi le spalle e tornai a parlare con
Riccardo.
“Si
l’ho vista diverse volte, prende
quest’autobus tutte le mattine” Commentai guardando
dal finestrino che fermata
fosse.
“Non
mi sembri interessato” Disse curioso.
“Non
lo sono infatti, è carina ma se la tira
decisamente troppo.” Risposi convinto.
Davide
si tolse le cuffiette e mi guardò come
venissi da Marte.
“Cioè,
fammi capire bene, quella figa ti punta
ogni giorno e te non te la sei ancora fatta perché se la
tira? Ma che ti frega!
Tira in porta e arrivederci!” Disse con la sua solita
sfacciataggine che mi
fece scoppiare a ridere.
“Ecco
diciamo che lo credo anch’io, detto in
altre parole ma il senso è quello!”
Commentò Riccardo ridendo con me.
Scossi
la testa e sentii qualcuno passarmi
affianco e toccarmi impercettibilmente la schiena mi voltai e me la
trovai davanti.
L’amica al suo fianco era decisamente più timida e
disse un flebile “permesso”
per passare, mentre lei mi guardò sfacciata, prima di
scendere.
“Capito
la ragazza? E te che ancora ci pensi? Ma
si può sapere chi stai aspettando? Lo vogliamo inaugurare o
no?” Continuò
Davide e se non fosse stato per il significato delle sue parole, avrei
riso
anch’io.
Chi
stavo aspettando?
Avevo
perso l’autobus quella mattina, la sveglia
non aveva suonato e per fortuna ero riuscito ad accompagnare Mirko a
scuola
mentre io sarei dovuto entrare alla seconda ora.
Seduto
alla fermata, stavo fumando una sigaretta
con la testa appoggiata alla parete e gli occhi chiusi. Non stavo
pensando a
nulla di particolare, solo all’appuntamento di Michy con quel
cetriolo della
3F. Fortunatamente sapevo già che non sarebbe accaduto
nulla, altrimenti gli
avrei spezzato le gambe, ma anche solo l’idea che lui
l’avrebbe baciata...beh
mi faceva impazzire!
“Guarda
che coincidenza!” sentii una voce al mio
fianco ed aprendo gli occhi vidi la biondina al mio fianco, sorridermi
maliziosa.
Forse
il destino, aveva altri progetti per me.
“Cos’hai?”
chiese la biondina spogliandosi
davanti a me.
Chiusi
le persiane per togliere un po’ di luce e
solo con i jeans addosso tornai a guardarla. Era bella, certo! Mezza
nuda, alta
e sinuosa che mi sorrideva sexy.
Era
bella, sì, ma non era lei. E questo bastava a
frenarmi.
Si
avvicinò, toccandomi il petto e scendendo a
baciarmi con le labbra bollenti e per quanto mi sentivo strano e
confuso, il
mio corpo reagì.
Sospirai
prendendole la testa tra le mani e
affondando la lingua in quella bocca di fragola. Gemette e mi sentii
forte,
eccitato e decisi di spengere la mente ed il cuore.
Lei non era per me.
Da quel giorno il sesso divenne il mio miglior
sfogo, anche se in ogni
volto, in ogni sorriso, in ogni sospiro... io immaginavo solo lei...
**********************
“Mi
spieghi cos’hai?” chiese Stefano arrabbiato,
urlandomi nelle orecchie per la musica assordante.
Feci
spallucce e tornai a buttare giù un altro
sorso di qualcosa di indefinito, sapevo solo che bruciava da matti.
“Si
presume essere una festa perciò perché quella
faccia?”
Scossi
la testa e sorrisi amaramente ricordando
le parole che Michy mi aveva detto
poco
prima; -
staserà farò
l’amore con Fabio- e
dannazione mi ero sentito morire!
Ero
rimasto così sconvolto che stavo per fare la
più grande cazzata della mia vita, stavo per dirle
tutto...tutto... già e poi?
Dopo sarebbe andato tutto a puttane, perché la
verità era semplice; non valevo
un cazzo ed il giorno in cui lei se ne sarebbe accorta, sarebbe finito
tutto. E
non potevo! Avevo solo lei...era tutto per me, tutto!
Strinsi
gli occhi, ricacciando il magone che
sentivo salirmi nel petto. Affogai nell’ultimo bicchiere,
l’immagine di lei con
un altro uomo, di lei che si donava completamente ad un altro che
semplicemente...non ero io. E lo maledii, lo maledii con tutto me
stesso perché
aveva l’unica mia ragione di vita...tra le mani ed io non
potevo farci nulla
perché non valevo niente!
“Sai
che c’è? Hai ragione! E’ una festa,
allora
divertiamoci!” dissi scolandomi la bottiglia e sparendo tra
folla.
Da quel giorno capii che l’alcol non
aiuta a cancellare i demoni e le
paure che si hanno nel cuore, ma solo ad ingigantirle.
*******************
“Cosa
vorresti fare tu?” Urlò mio padre chiudendo
Mirko in un angolo.
Scattai
verso di lui ma Mirko rispose prima di
me.
“Voglio
suonare papà. Suonare il piano come la
mamma, mi hanno detto che sono bravo, vuoi sentire ?” Chiese
Mirko innocente e
fiducioso.
Vidi
le spalle di mio padre irrigidirsi e temetti
potesse picchiarlo, anche se non aveva mai alzato un dito su di lui,
ero sempre
stato io il suo sfogo preferito, perciò mi avvicinai
prendendo Mirko per un
braccio e tirandolo vicino a me.
“E’
vero papà, è bravo. Ho già parlato con
la
segreteria del conservatorio per avere qualche informazione
e...” non riuscii a
finire che sentii la guancia bruciarmi.
“Da
quando in qua prendi decisioni che non ti
spettano? Ti metti sempre in mezzo, non vuoi proprio imparare eh? Devi
startene
al posto tuo! Siete i miei figli e decido io per voi, non
tu!” sputò crudele.
La
voglia di ribellarmi era tanta ma non lo feci
solo per Mirko, per non lasciarlo indifeso con mio padre. Io ormai ero
abituato
alle sue parole anche se non smettevano mai di fare male e di
umiliarmi.
Sentivo che mi stava annientando lentamente ma non potevo evitarlo.
Guardai
Mirko che con gli occhi lucidi rispondeva al mio e gli sorrisi; presi
un
respiro e tornai all’attacco.
“Non
sai quanti soldi si possono fare intraprendendo
una carriera come la sua. L’insegnante ha detto che ha
davvero molto talento, e
ciò non farebbe altro che portare in alto il tuo nome,
portare prestigio a
tutti noi...a te! E poi io farò legge, lo sai che sono
d’accordo..”dissi
scegliendo le parole più adatte per convincerlo.
“Certo
che lo sei, è l’unica carta che hai per
avere un futuro, chi altri assumerebbe uno scansafatiche come te ?
Tocca sempre
a me rimediare ai tuoi sbagli!” Sputò bevendo un
sorso di vino.
Mandai
giù il boccone amaro e cercai di annuire.
“Appunto.
Lasciamolo provare allora no?”
Insistetti mentre lui camminava per il salone.
“Ci
penserò.” Disse solo e Mirko mi strinse forte
a se. Era felice, solo questo importava!
Con gli anni capii che quel giorno decretai la
felicità di Mirko ma
condannai me stesso.
****************
Il
Circeo era stata la vacanza che avevo
aspettato impazientemente. Avevo bisogno di staccare dalla mia
quotidianità, da
mio padre che in assenza di Mirko poteva concentrarsi solo su di me,
come la
sera prima della partenza. Inoltre, assurdo pensarlo, ma ero anche
stanco delle
ragazze dell’università, avventure di uno notte,
l’unico aspetto di me per cui
mio padre si vantava, tra l’altro, non sapeva quanto invece
la mia era una
stupida lotta verso me stesso e verso ciò che volevo davvero
ma che non potevo
permettermi.
Anche
la presenza di Daniela, iniziava ad
infastidirmi e mi pentii di aver iniziato quella stupida storia di
sesso che
non avrebbe portato a niente, almeno per me, e lo sapevamo entrambi
anche se
lei sembrava non capirlo.
Al
terzo giorno di vacanza a notte fonda entrò
piano in camera mia, Michy dormiva già da un po’
mentre io ero ancora sveglio
perso con gli occhi sul soffitto.
“Che
diavolo fai?” sussurrai vedendola entrare.
“Non
ho sonno” commentò avvicinandosi.
Mi
voltai verso Michy per assicurarmi non si
fosse svegliata e poi mi alzai furioso prendendo Daniela per un braccio.
“Senti
fatti una camomilla o quello che ti pare,
ma non infilarti in camera mia così mai
più!” Dissi arrabbiato.
La
vidi guardarmi offesa ma non demorse.
“Dai
ci divertiamo un po’, visto che non dormi
nemmeno tu” Disse civettuola ma
m’innervosì solamente.
“Direi
proprio di no. Ho di meglio da fare”
risposi duro, voltandomi e chiudendo la porta alle spalle.
Mi
sdraiai accanto alla mia pulce e la vidi
sorridere appena nel sonno, mi voltai quindi, verso di lei e presi ad
accarezzarle i capelli morbidi, incantato dal suo respiro e dal battito
del suo
cuore.
Dicono
che capisci di amare una persona, quando
puoi passare la notte intera a guardarla dormire...beh i miei
sentimenti per
lei erano quanto di più profondo e vero conoscessi ma...
Solo quella notte capii di amarla davvero...
********************
“Dimmi
dov’è. Dimmi dove cazzo è andata o
giuro
su Dio che te ne pentirai!” Urlai impazzito verso Gaia.
“Ehi
calmati, lei non c’entra niente con le
scelte di Michela.” Disse Riccardo abbracciando Gaia che
aveva iniziato a
piangere.
Ma
io non riuscivo a capire più nulla.
“Scelte?
Scelte? Ma di che cazzo state parlando?
E’ sparita, non mi risponde al telefono. Tu prima mi dici che
è da sua zia ed
io mi faccio un giorno ed una notte di viaggio per andare lì
e trovare il
nulla. Poi come se non bastasse sua madre e suo padre non mi
rispondono, il suo
cellulare è spento e tu continui a dirmi che non sai nulla?
Ed ora mi parlate
di scelte?” Urali stremato. Ero pazzo.
Accecato
dalla rabbia e dalla paura di averla
persa.
Vidi
Gaia prendere un respiro profondo e
staccarsi da Riccardo.
“Va
bene senti, è durata fin troppo ed il tempo
necessario ormai è passato quindi posso dirtelo, tra
l’altro ho anche un
biglietto per te.” Disse cercando dentro la borsa e la paura
iniziò a
comprimermi il petto.
“Di
che parli? Spiegati perché ho perso la
pazienza” Dissi tremando.
Gaia
alzò gli occhi nei miei con le lacrime che
iniziarono a scorrerle sul viso.
“E’
partita. Se n’è andata.”
Tutti
tacemmo ed il mio cuore si fermò.
“Co..come
partita e dove?” Chiese Riccardo dando
voce ai miei pensieri, mentre io e Gaia continuavamo a guardarci.
“Se
n’è andata a Londra. E’ partita una
settimana
fa e beh... non è stato facile per lei...comunque questo
biglietto è per te”
Disse consegnandomi un piccolo foglio di carta piegato a
metà.
Non
seppi dove trovai la voglia né la forza di
leggerlo ma lo feci:
-Perdonami per non
aver mantenuto la promessa. Perdonami perché sapevo
che non avrei mai potuto farlo. Non
sono forte. Non lo sono mai stata,
anche se ci ho provato davvero....per Noi.... perché un Noi
esiste ed è sempre
esistito e voglio credere che, in un modo o nell’altro,
continuerà ad esserci.-
Strinsi
il foglietto nel palmo della mano fino a
farmi male, mentre un sapore salato mi bagnò le labbra. Cosa
puoi fare se per
anni ti sei aggrappato a quell’unica certezza che ti ha fatto
andare
avanti...quell’unico Noi, che racchiude il significato
più profondo di te? Puoi
correre, scappare ed infuriarti o puoi piangere.
Ed
io piansi, perché tutto era finito. Perché lei
se ne era andata, perché la mia paura più grande
si era avverata.
Piansi,
da solo, come un ragazzino.
******************
“Sai cosa è significato per me, vederti ogni istante della mia vita e non poterti...avere...MAI?... Vivere ogni tua parola, ogni tuo sorriso, ogni sguardo e desiderare...costantemente...che fosse solo per me? Impazzire ogni volta che qualcun altro poteva averti come avrei voluto averti io ed odiare me stesso, odiarmi con tutto il cuore perché io non potevo?” Sussurrai con un nodo in gola mentre Michy mi fissata sconvolta e senza parole.
“Ci pensi mai a quella notte?” Chiesi serio guardandola i quegli occhi che brillavano davanti a me.
Mi morsi un labbro e sentii la piaggia bagnarmi il viso ma non distolsi lo sguardo.
“Io...” Tremò non riuscendo a parlare.
Mi avvicinai, lento, verso di lei. I capelli bagnati incollati a quel viso meraviglioso che avevo contemplato ogni giorno alla luce del sole ed ogni notte sotto i raggi della luna. Era bellissima la mia Michy!
“Io vorrei non farlo. Davvero.” Sussurrai tremando sentendo il suo calore bruciarmi la pelle.
“Ma non posso... Vorrei non averci pensato ogni notte in questi due anni. Vorrei poterti dire che sono andato avanti, che sono felice ed orgoglioso di te, delle nuove esperienze che stai vivendo. Ma non posso.
Io...io non riesco a guardare più una donna come ho guardato te. Non sento più niente. Tutto quello che è accaduto dopo, è stato solo dolore ed io...io ti ho odiato, ti ho odiato con tutto me stesso perché eri l’unica. Eri l’unica cosa bella nella mia vita e lo sapevo...sapevo che non sarei sopravvissuto senza di te. Sono io lo sai? Tra me e te sono io quello debole. Sono io che non potevo vivere senza di te, senza il tuo sorriso, il tuo profumo. Sapevo che se ti avessi avuto, sarebbe stato troppo e ti avrei persa, perché avrei rovinato tutto. Non ti meritavo. Io... non ti merito, lo so, ma...Dio... lo voglio così tanto!” le sussurrai piangendo e poggiando la mia fronte sulla sua.
Mentre un lampo improvviso c'illuminò e brillò su quel volto perfetto e sulla lacrima che scivolava lenta.
Non pensai più a nulla la strinsi solo, forte a me. Sconvolti entrambi, da quell’amore così grande che ci aveva lasciati inermi di fronte l’inevitabile.
******************
Ebbene sì, è l’ultimo capitolo e mi viene da piangere. Il prossimo sarà l’Epilogo e non vi nascondo che mi mancheranno da morire questi due testoni, per questo probabilmente, troverete qualche missing moment, giusto per tenerli d’occhio :D
Non so cosa dirvi, se non Grazie, per avermi accompagnato in questi primi mesi con la mia prima storia. E’ stato emozionante scrivere di loro e lo è stato vedere ancora do più come vi siate affezionata a Michy ed Ale... ne sono commossa.
Cavolo ho un nodo alla gola, ma si può??? Basta non dico più altro, ho una certa età e non reggo forti emozioni perciò rimando ulteriori saluti all’epilogo!
Spero che questo capitolo, più lungo e particolare, tutto su Alessandro vi sia piaciuto!
Tutti dicono che l’Amore è semplice, naturale, ma in realtà è un impegno costante che facciamo ogni giorno.
Il vero Amore per me non è semplicemente, amarsi nella gioia ma è soprattutto condividere il dolore. Capisci di non poter fare più a meno di una persona e che questa ti ama davvero, quando affronta con te le giornate di sole e quelle di pioggia. Ti vede con la febbre, i capelli arruffati e senza trucco ma continua a dirti che sei Bellissima. Ti fa sorridere e piangere con uguale intensità e velocità ma soprattutto... se alla sera, abbracciati nello stesso letto, senti di aver trovato il tuo posto nel mondo, allora beh...non fatevela scappare!
Un abbraccio
Lela