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Autore: Dejanira    21/02/2012    3 recensioni
Draco e Hermione. Ridotti allo scheletro di loro stessi, nello scenario della Hogwarts più devastata di sempre. Cosa significa essere studenti nel dopoguerra? Fare i conti con le ombre dei cadaveri che costellano i propri incubi, e con i banchi lasciati vuoti dagli amici morti. Significa aver bisogno di fiabe, e di sentirsele sussurrare all’orecchio nascondendosi tra le spire di una notte di velluto. Scendere a patti con le fate, che siano vanitose creature alate o indaffarate e amorevoli fate madrine, solo un po’ più brille e drogate. Potrebbe voler dire essere un po’ meno se stessi, per potersi accettare.
Dopo il sangue, dopo i caduti, dopo la guerra, essere Draco o Hermione può ancora significare qualcosa?
Genere: Dark, Drammatico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Draco Malfoy, Il trio protagonista, Serpeverde, Susan Bones, Theodore Nott | Coppie: Draco/Hermione
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Da VII libro alternativo
Capitoli:
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The Post-War Students

Hogwarts Horror Story

- Part 1: Fall –

 

2.

What They Deserved

 

 

 

 

“Non hai quello che meriti. Hai quello che non puoi evitare.”

(Ralph Waldo Emerson)

 

 

 

Doveva essere una coalizione. La coalizione stracciapalle, per l’esattezza, di cui Blaise Zabini era leader indiscusso.

Draco non si era mai fatto andare molto a genio Blaise Zabini. Aveva imparato a sopportarlo, a suo modo, soprattutto dal quinto anno in poi, dopo che Theodore si era chiuso in un ostinato isolamento forzato. Non che Nott avesse mai sentito il bisogno di unirsi a qualche gruppo o di scorazzare felice insieme a Malfoy, Tiger e Goyle ad appendere i piccoli Grifondoro a testa in giù nei bagni delle femmine, però era diverso prima. Poi, come al solito, Potter e il suo spropositato culo avevano rovinato tutto, con quell’enorme party devasto all’Ufficio Misteri al quinto anno, con un danno complessivo alle strutture ammontante a parecchi milioni di galeoni. Ovviamente, a nessuno era venuto in mente di punire lui e i suoi miracolati amici per l’enorme, irreparabile e fottuto casino che avevano causato al Ministero della Magia, no. A San Potter patrono degli Sfregiati avrebbero dato pure l’Ordine di Merlino, se solo allora fosse stato maggiorenne.

Comunque, un po’ fastidioso Blaise lo era sempre stato. Aveva smanie da raffinato principino mezzo italiano e mezzo francese, ed era sempre stato un ragazzino viziato, arrogante ed esibizionista.

Davvero Draco non si capacitava di come si potesse sopportarlo.

Se a quindici anni Blaise si limitava a incantare le ragazze promettendo loro romantiche estati nella sua tenuta estiva a Venezia o decantando le gioie delle sue nottate parigine all’insegna del fascino oscuro e bohemien della decadenza, a diciassette Zabini poteva ben vantarsi di essere l’unico, esaltatissimo rampollo di una famiglia solida, ferma e incorruttibile, che mai si era lasciata trascinare dalle correnti fetide e perverse di quel bifolco terrorista inglese del Signore Oscuro.

Non in questi termini, naturalmente, Blaise era pur sempre un bisbetico couard.

Sorvolando angelicamente sul fatto che individuare per Zabini un solido, stabile o anche solo non adultero nucleo famigliare era una cosa talmente miracolosa che neanche Harry Potter in persona ci sarebbe riuscito (Blaise aveva all’attivo tre sorellastre e un fratellastro, oltre che un’interminabile scia di patrigni che si erano susseguiti praticamente all’alternarsi delle stagioni), Draco nutriva ugualmente seri dubbi sul fatto che i suoi non avessero beneficiato neanche un pochino del regime dei Mangiamorte.

Qualunque fosse la verità, restava il fatto che di fronte alla Corte del Wizengamot c’era finito Draco, non di certo Blaise. Di questo Zabini andava spudoratamente fiero.

Era praticamente l’unico Serpeverde del settimo a non essere additato come Mangiamorte. Una cosa che Draco non trovava per nulla equa, considerato che anche Daphne e Pansy erano state trascinate nell’infernale girone dei condannati di guerra, pur non avendo fatto nulla se non l’aver accettato con l’onore che si competeva loro l’immensa gloria di essere state scelte come allieve di Salazar. 

In parole più povere di un Weasley, ormai l’equazione imperante, che andava per la maggiore nel castello, era Serpeverde uguale Mangiamorte. Ogni tanto a qualcuno passava per la testa di ricordare quale fosse la provenienza del compianto Severus Piton, ma erano tanti quanti quelli che sottolineavano che il vecchio Codaliscia fosse stato un piccolo e paffuto Grifondoro. Praticamente una minoranza ghettizzata.

In più adesso ci si mettevano pure quei Tassorosso immondi, a cominciare da quello sporco Mezzosangue di Finch-Fletchley, per culminare nella Grifondoro paladina dei Mezzosangue per eccellenza, Lady Granger da Perfeziolandia.

Senza contare Re Weasley, fido destriero di Potter.

Chissà come se la passavano in quella loro altissima Corte dei Miracolati. Probabilmente avevano eretto una statua in platino a Potty, acceso incensi per la Granger e fatto dormire Weasley sugli allori. Un letto sicuramente più comodo di quello che il pezzente poteva vantare nella sua casa dall’evocativo nome “La Tana”. Una cosa, doveva ammettere, non mancava ai Weasley, ed era la coerenza.

Ma, tornando alla coalizzata leadership di Blaise, c’era stato un momento nel banchetto d’inizio anno in cui Draco aveva ritenuto provvidenziale allontanarsi da quella manica di gente insulsa, se non altro per la sua sanità mentale. Pansy aveva cercato di fermarlo, come al solito. Theodore non aveva detto nulla e Blaise l’aveva guardato, solo per un momento, con aria di sfida, mentre Daphne se ne stava sempre sulle sue inveendo contro qualche entità malvagia a caso.

In fondo, saltare quel palloso banchetto, presieduto da un’altrettanto pallosa Frigida McGranitt, non gli dispiaceva così tanto.

Camminò speditamente per i corridoi, cercando di evitare Gazza, la gatta pazza, Pix e rogne generiche, col preciso intento di gettarsi sotto le lenzuola e possibilmente prendere sonno prima che Goyle, Theodore o Blaise potessero importunarlo in alcun modo con le loro chiacchiere. Non doveva essere difficile, del resto ormai avevano un letto vuoto in più nella loro stanza, bastava interporre un materasso di distanza tra lui e le loro chiacchiere e tutti si sarebbero addormentati felici e contenti.

Si diresse verso le scale e le scese di fretta, prima che a quelle venisse la bella idea di cambiare, e nel giro di pochi minuti fu nei sotterranei del castello.

Borbottò la parola d’ordine (“Requiem”; chi l’aveva scelta aveva un pessimo senso dell’umorismo) e si infilò nella Sala Comune, completamente deserta.

Trovava quella desolazione rassicurante. Entrando, accarezzò i divani in pelle, e fece in modo da passare di fronte al camino dalle fiamme verdi di fronte al quale si era seduto tante volte, osservando la sciocca ragazzina di turno che scriveva per lui il tema di Incantesimi.

Salì i pochi gradini che portavano al Dormitorio maschile, togliendosi il mantello e gettandoselo su una spalla. In poche falcate veloci raggiunse la porta della stanza che occupava da ormai sette anni, entrò, si tolse la divisa, si gettò sotto le coperte e si addormentò.

Almeno, questo era quello che avrebbe voluto fare, e che avrebbe sicuramente fatto se non fosse stato per quella piccola sorpresa che trovò ad attenderlo.

Quello che successe infatti fu che Draco aprì di scatto la porta, chiudendosela con un pesante tonfo alle spalle, fece per buttare il mantello sul letto quando un urlo lo bloccò, facendolo sobbalzare.

«Chi cazzo sei tu?»

Sì, perché in piedi accanto al suo letto c’era un ragazzo dai ricciuti capelli neri che non appena Malfoy era entrato nella stanza aveva lanciato un grido tirandosi il lenzuolo addosso per coprirsi, come avrebbe potuto fare una ragazzina scovata dal fratello mentre usciva nuda dalla doccia.

Con l’unica differenza che quel ragazzo era vestito di tutto punto e che Malfoy, grazie a Salazar, era figlio unico.

«Dico, tua madre non ti ha insegnato a bussare?» ebbe pure il coraggio di lamentarsi quello, rimettendo il lenzuolo al suo posto sul letto (“il mio lenzuolo sul mio letto”, pensò inorridito Draco) e dandosi una sistemata ai capelli.

Draco era a dir poco indignato.

«Ma chi diavolo sei e cosa ci fai in camera mia? Sgomberare, muoviti!» tuonò, schiaffeggiando l’aria come se dovesse scacciare una mosca molesta.

«Si dà il caso, caro il mio coinquilino, che da circa più o meno quasi OGGI questa sia anche la mia stanza» sottolineò mellifluamente il ragazzo, accompagnando le sue blasfemie con un gesto stizzito e puntiglioso della mano.

Malfoy era così allibito che il mantello gli cadde per terra e dovette raccoglierlo e metterlo sul letto. «Prego?» disse, sbiancando.

Il ragazzo assunse un’aria impettita e si tirò con entrambe le mani gli estremi della felpa, un gesto che avrebbe anche potuto suonare d’effetto se solo avesse avuto addosso uno smoking e non una misera felpa rossa (rossa!) con scritto in lettere marroni in stampatello il nome di una squadra che Draco non aveva mai sentito nominare.

«Pare» cominciò quello, «che l’anno scorso qui un tizio ci abbia lasciato le penne, lasciando un posto vuoto in questa stanza che è stato assegnato, guarda caso, a me» spiegò, con un gran sorriso. Poi mise su un’espressione contrita, ci pensò un attimo e aggiunse. «Ah, scusa, quel tizio era amico tuo, suppongo, no? Condoglianze, fratello, ci sono passato anch’io, so cosa significa» disse, compassionevole, stringendo d’impeto la mano di Draco, che la ritrasse schifato. La sventolò mollemente come se l’avessero scottato, poi recuperò un minimo di contegno.

«Bastava dirlo subito» bofonchiò. «Però non ti ho mai visto in giro gli altri anni» osservò; e l’avrebbe notato, un ritardato del genere.

«Infatti» convenne quello, come se fossero giunti al punto cruciale della conversazione. Draco ebbe quasi paura. «Mi sono appena trasferito. Vengo da Boston.»

Draco tacque alcuni secondi. «Ah. Nel Lincolnshire.»

Quello sorrise, se possibile, ancora di più. «No. Nel Massachusetts.»

D’accordo. Draco prese un profondo respiro. «Sei… americano.»

L’altro annuì con vigore. «Con ascendenti ungheresi, portoghesi e svizzeri» rettificò.

Malfoy l’ultima frase neanche la sentì, troppo turbato perché il suo cervello potesse riprendere il normale processo elaborativo.

Lui, Draco Malfoy, Purosangue di famiglia della nobiltà inglese da qualcosa come la notte dei tempi, in camera con un…

«Americano?» ripeté ancora, sempre più incredulo e disgustato.

Era sul punto di prenderlo a pugni e stenderlo, già solo per il fatto che i suoi accostamenti cromatici gli davano fastidio (occhi verde palude spento come Potter, capelli neri e sparati da ogni parte come Potter, felpa rossa come il Grifondorissimo Potter… non è che per caso ricordava Potter?), quando la porta della stanza si aprì di nuovo e ne entrarono Theodore, Goyle e Blaise. Goyle andò a gettarsi in un angolo, invisibile come lo era diventato dopo la morte di Tiger, Zabini si stese svogliatamente sul suo letto e Nott, dopo essersi tolto il mantello, andò a sistemare i suoi libri in silenzio.

Draco era sempre più sbalordito. Tutto lì?

«Insomma, si può sapere chi cazzo è questo?» gridò, data la calma degli altri tre.

Blaise si mise le braccia dietro la testa e chiuse gli occhi. «Barry» disse.

«Barry» ripeté Malfoy.

«Esatto» confermò il ragazzo, che si sentì tirato in causa. «Tanto piacere. Mi chiamo Augustus Reginald Oberon Barrett, come mio nonno, l’altro nonno e il medico che mi ha fatto nascere, ma tu puoi chiamarmi Barry. O, in alternativa, Aggie, Reggie, Rex, Stu, Ober, Hero o Pasticciotto di carne, ma quello è solo per gli amici più intimi e mia madre» si presentò.

Draco si sedette sul bordo del letto, prossimo allo svenimento, passandosi una mano tra i capelli.

«Credo che userò Barry» spirò, sconfitto. Poi un altro dubbio (uno dei tanti) gli passò per la testa, alzò lo sguardo e disse: «Se ti sei appena trasferito a Hogwarts, come mai non eri allo Smistamento?»

Lo sapeva. Non poteva stare a Serpeverde, se non era stato Smistato dal Cappello, era una vile spia di Potter sotto copertura, era illegale!

Barry fece schioccare la lingua e lo guardò compassionevole, come una madre guarda un bambino che gli chiede se è vero che i neonati crescono sotto i cavoli.

«Io?» fece Barry, scuotendo la testa. «Insieme agli altri bambini del primo? Santo cielo, sono vietato ai minori» esplicò, come se fosse ovvio e anche piuttosto divertente.

Zabini ridacchiò, forse più per l’espressione sconvolta di Draco che per Barrett in sé. Malfoy ebbe voglia di uccidere anche lui.

«Comunque» sospirò ancora una volta Barry, come se si stesse preparando a un gran discorso, poi cominciò a rovistare in mezzo all’ammasso di coperte e lenzuola appallottolate alla rinfusa sul letto (“le mie coperte, le mie lenzuola, il mio letto…”), e ne estrasse un misero foglio di quaderno spiegazzato che sollevò con l’enfasi di un Cercatore che ha appena catturato il Boccino d’Oro.

«Allora» ripeté di nuovo Barry, per riavere l’attenzione dei presenti su di sé. “Salazar, che esibizionista”, si disse Malfoy. Barrett si schiarì la gola.

«Sì. Dunque. Dicevo. Visto che saremo compagni di stanza, che vivremo insieme per tutto il prossimo anno, tutti i giorni delle settimana, in tutte le ore del giorno e della notte…» Draco si schiaffeggiò una mano sulla faccia. «… visto che in pratica diventeremo come una famiglia, ho pensato che fosse utile stabilire alcune regole» disse.

Goyle, che se n’era stato in disparte tutto il tempo, guardò il nuovo venuto con sospetto. Theodore ascoltava, ma non smise di riordinare i suoi libri.

Barry sventolò il foglio di fronte a sé e ricominciò a parlare. «Dunque. Prima regola: la prima regola di Serpeverde è che non si parla mai di Serpeverde» annunciò.

Draco sembrava disorientato. «Siamo i seguaci di Tu-Sai-Chi» e lì Barry ebbe perfino il coraggio di chiedere “Chi?” ma Malfoy si astenne dal commentare, «i criminali, i cattivi, i Mangiamorte, i parassiti della scuola e della società. Come puoi aspettarti che non si parli di noi?» argomentò.

Barry guardò Draco con aria intelligente, molto intelligente, e annuì comprensivo. «Accidenti. Siete proprio famosi!»

Lì Malfoy ci rinunciò del tutto.

Barry riprese a parlare. «Seconda regola: siccome siamo come una famiglia, condividiamo tutto, compresi alcol, donne, erba, punizioni, compiti per casa e sigarette» elencò, accompagnando ogni punto del programma con un dito della mano, «tutto ciò che è mio sarà vostro» declamò, con fare da parrocchiano. Poi perse l’aria da santo e aggiunse, come se si fosse dimenticato di specificarlo: «E tutto ciò che è vostro sarà mio» concluse soddisfatto.

Draco e Goyle si scambiarono un’occhiata d’intesa, e il fatto che Goyle fosse rimasto l’unico in quella stanza con cui Draco potesse scambiare un’occhiata d’intesa la diceva lunga sulla gravità del problema.

«Ora» continuò ancora Barry, «per dare il giusto esempio, vi informo che nel mio baule ci sono gli alcolici, dentro quel portapenne ho messo delle sigarette, l’erba è nascosta dentro il tacco di quelle vecchie scarpe all’angolo e i preservativi sono nel cassetto dei calzini, invece nella scatola delle scarpe sotto il mio letto ci sono le riviste porno, per le emergenze.»

Draco strappò il foglio dalle mani di Barry. «Sotto il mio letto, vorrai dire.» Analizzò quel pezzo di carta straccia. «Cos’è questa macchia gialla sul bordo?»

Barry si sporse oltre le spalle di Malfoy, per vedere il punto che stava indicando. «Ah, sì. Devo averci vomitato sopra a un certo punto, il nostro amico Blaise mi ha fatto provare un po’ di quel vostro Firewhisky, e io di solito bevo alcolici babbani, questo è un pelino più forte…»

Con un brivido di disgusto, Draco passò lentamente il pezzo di carta a Barry reggendolo con due dita. «Alcolici… babbani» ansimò.

«Sì, babbani» confermò tranquillamente Barry.

«Intendi proprio babbani babbani.»

«Sì, babbani babbani» ripeté di nuovo lui, un po’ scettico ma sempre controllato. «I miei sono cappellai, io sono un Nato Babbano, non te l’avevo detto?»

In futuro, Augustus Barrett, per la madre Pasticciotto di carne e per gli amici Barry, poté giurare di non aver mai visto nessuno impallidire così tanto e così rapidamente.

Theodore Nott, finendo di sistemare l’ultimo libro sullo scaffale della libreria, sghignazzò. «No, mi sa che non gliel’avevi detto.»

Nelle stanze più vicine, qualcuno ebbe il buon gusto di domandarsi cosa fosse tutto quel baccano, ma sapendo chi alloggiava lì ritenne saggio non indagare.

Dal canto suo, Barry, sorridente e impassibile, osservò Malfoy urlargli contro gli epiteti più scortesi, alcuni di cui non conosceva neanche il significato, ma per quanto la trovasse una cosa poco gentile da fare proprio al loro primo incontro, comprese che non tutti riescono a prendere bene i nuovi arrivati e che a volte è difficile andare d’accordo fin dall’inizio, ma lui era una persona educata e decise che avrebbe fatto del suo meglio per fare sì che i rapporti tra lui e quel simpatico biondino evolvessero nel migliore dei modi. Sarebbero diventati ottimi amici, se lo sentiva.

Così, in quella frazione di secondo in cui Draco si zittì per recuperare il fiato tra un “Sanguesporco” e un “Segaiolo”, Barry stese le labbra in uno dei suoi sorrisi più convincenti del suo repertorio.

«Comunque non mi hai ancora detto come ti chiami» gli fece notare con grazia.

Draco ammutolì, le labbra bloccate in un “lurida checca americana e Mezzosangue” che gli morì in gola.

Squadrò quella mezzasega del suo nuovo compagno di stanza. Era smilzo e un poco più basso di lui, con quei capelli alla Potter, un viso pallido con due profonde occhiaie sotto gli occhi, le labbra piegate in un perenne e odioso sorriso e quella ridicola felpa rosso Grifondoro con su scritto il nome di una squadra che ora si spiegava perché Draco non conoscesse. Non si trattava di Quidditch.

«Draco Malfoy.» Se Draco avesse detto “Mi arrendo” sarebbe suonato più o meno allo stesso modo.

Barry fece una faccia strana, inizialmente mantenne il suo improbabile sorriso beffardo, con un’aria in realtà piuttosto idiota, poi emise un verso strano e infine scoppiò in una risata che non riuscì più a trattenere.

Blaise ridacchiò con lui, Goyle e Draco si guardarono di nuovo.

«Scusa, amico» rise Barry, con le mani a trattenersi lo stomaco. «E’ solo che…»

Blaise rise più forte, e Barry scoppiò dopo di lui. Tossì e si rimise serio. «Cioè, insomma… Draco? Fai sul serio?»

Blaise rise ancora.

Malfoy fulminò entrambi con un’occhiata omicida. Sarebbe stato un anno di merda.

«D’accordo, d’accordo» fece Barry. «D’accordo. Posso chiamarti Drake?»

«No» sibilò Malfoy.

«D’accordo, d’accordo» ripeté di nuovo Barry. «Va bene. Solo un’ultima cosa…»

«Che c’è ancora?» implorò Draco, sull’orlo della disperazione.

«Oh, tranquillo, una cosa da nulla» lo rassicurò lui. Si chinò per terra e cominciò a guardare sotto il letto, emettendo versetti da idiota con i quali avrebbe potuto richiamare un gatto. Tese le braccia e quando si rialzò stringeva tra le braccia un minuscolo bassotto.

«Quello… quello è un cane?» strepitò Draco.

«E’ Stacey» disse Barry, accarezzandole la testolina. Quella guaì. «Le ho dato il nome della mia prima scopata. La prima di cui ricordo il nome, per lo meno» aggiunse.

«E’ un cane! Non si possono portare cani a Hogwarts, solo topi, gatti, gufi e rospi!»

«E’ di piccola taglia, ho visto scodinzolare gatti più grossi di lei in giro» si difese Barry.

Draco, per l’ennesima volta in quella serata, cercò con lo sguardo l’appoggio di Goyle.

«E’ carina» grugnì lui, facendo spallucce.

Perfetto. Perfino Goyle l’aveva abbandonato.

«Adesso» disse Barry, mollando Stacey sul letto di Draco, dove si accovacciò, «per onorare la regola numero due, visto che sono nuovo, non ho ancora ben capito come funziona qui per la lavanderia e non mi sono rimasti calzini puliti… non è che me ne presteresti un paio, Drake?»

 

***

Nobody said it was easy
It's such a shame for us to part
Nobody said it was easy
No one ever said it would be this hard
Oh take me back to the start.

(The Scientist, Coldplay)

 

 

Appena rientrata in camera dopo il banchetto, Pansy si gettò mollemente sul letto a braccia larghe, osservando il soffitto. Daphne entrò subito dopo di lei e dopo aver lasciato passare Millicent si chiuse la porta alle spalle, andando a rovistare tra i cassetti della scrivania.

Pansy rimase immobile. Millicent si chiuse in bagno e ne uscì poco dopo in pigiama, augurando la buonanotte a entrambe e mettendosi a letto. Tracey Davis era tornata prima di loro e dormiva già.

Daphne trovò le sigarette che stava cercando. Ne accese una con la bacchetta, afferrò il posacenere e si sedette a gambe incrociate sul letto, sfilandosi con i piedi le scarpe.

«Piantala di fumare dentro» la riprese Pansy. «E’ vietato.»

«Chi se ne frega.»

«Mi dà fastidio.»

Daphne scrollò la cenere dentro il bicchiere adibito a quel nuovo ruolo.

«Ne vuoi una?» disse in tutta risposta, porgendole il pacco di sigarette.

Pansy e Daphne si guardarono negli occhi un istante, poi Pansy tornò al suo soffitto e Daphne alla sua occupazione.

Millicent si rigirò nel letto, per non sentirle.

«Ti è piaciuto il banchetto di inizio anno?» chiese Pansy, tanto per fare conversazione.

«Era uno schifo. Come ogni volta.»

«Non è vero, quest’anno è stato peggio.»

Daphne aspirò una lunga boccata di fumo. Sentì la nicotina invaderle i polmoni, poi buttò tutto fuori.

«Malfoy è uno stronzo» enunciò.

«Cosa?»

«Draco. Si comporta da stronzo con te.»

Silenzio dall’altra parte. Millicent si tirò le coperte fin sopra la testa.

«Non capisco perché ci stai» insistette Daphne.

«Non ci sto.»

«Come no.»

Pansy sospirò. Ebbe improvvisamente sonno.

«E secondo te cosa dovrei fare?»

«Mollarlo. E fumarci su. Possibilmente mollarlo mentre ci fumi su. Scarica i nervi.»

«Secondo me è una stronzata questa che le sigarette fanno scaricare i nervi. E’ solo che ti piace crederlo.»

«Non parlavo del fumo. Piantare i ragazzi stronzi scarica i nervi. Fumare non serve a niente, ho iniziato solo per piacere a quelli più grandi» scrollò ancora la cenere. «Stronzi pure loro.»

A Pansy sembrò la cosa più sensata che un fumatore le avesse mai detto.

«A me Draco piace.»

«Che stronzata. Ti fa solo male.»

«Anche fumare ti fa male ma non smetti.»

«Le sigarette non sono stronze.»

«Sì che lo sono. Prima ti fanno credere che sia una cosa piacevole, poi diventano un vizio e alla fine ti ammazzano.»

«Malfoy è la stessa cosa. Prima ti fa credere di essere perfetto, poi diventa un vizio e alla fine ti uccide.»

«Stiamo dicendo che l’amore è come le sigarette?»

«Non lo so. Secondo me è più una cosa tipo una puntura di zanzara.»

Pansy aggrottò le sopraciglia. «Perché una puntura di zanzara?»

«Perché è una cosa fastidiosa e prude ancora anche dopo che vieni punto.»

Pansy si fece scettica di fronte a quella curiosa massima.

Daphne diede un altro tiro. «Perché, tu sei innamorata di Malfoy?»

Pansy ci pensò sopra. «Non lo so. E’ probabile. Diciamo che non escludo alcuna possibilità.»

«Faresti bene.»

«Ad innamorarmi?»

«A non escludere alcuna possibilità.»

«Volete fare silenzio?» mugugnò Millicent, mettendosi il cuscino sulla testa.

Pansy la ignorò. «Qualche volta i morsi di zanzara sanguinano.»

«Solo se li gratti troppo.»

Momento di pausa dall’altra parte.

«Possiamo smetterla di parlare per metafore? Non ci capisco più niente» disse Pansy, portandosi una mano sugli occhi.

Daphne si strinse nelle spalle. «La maggior parte della gente che parla per metafore non le capisce. Piacciono solo perché sono d’effetto, ma non significano niente.»

Pansy annuì, ancora poco convinta. «Da dove le prendi tutte queste perle di vita?»

«Mi segno le cose interessanti che sento dire alla gente e le tiro fuori quando serve, così le persone pensano che io sia arguta o geniale o qualcosa del genere» borbottò l’amica.

«E’ la cosa più intelligente che abbia sentito dire da un po’ di tempo a questa parte.»

«L’ho sentito dire a Theodore questa mattina.»

«Ah. Strano che Theodore pensi una cosa simile.»

«Infatti parlava di me.»

Daphne finì la sigaretta e la spense dentro il bicchiere, che mise di lato sul suo comodino, già ingombro di riviste, boccette d’inchiostro e nastri per capelli.

«Ho sentito che c’è un nuovo ragazzo a Serpeverde» disse Pansy.

«Vero» confermò Daphne.

«Che tipo è?»

«Americano, Mezzosangue e mezzasega.»

«Carino?»

«Solo se ti piace il genere.»

«A te piace il genere?»

«L’unico genere di ragazzi che mi piace è quello dei ragazzi a cui per prima cosa piaccio io.»

«Vuol dire che non ti interessa un amore non corrisposto?»

«Non ne ho idea, di solito piaccio a tutti.»

«Ah, ecco.»

«E’ che la venerazione nei miei confronti mi sembra un requisito indispensabile per farmi piacere una persona. E’ la prima cosa che guardo.»

«La seconda qual è?»

«Non c’è. Di solito mi basta questo.»

Rimasero in silenzio.

«Avete finito?» chiese Millicent da sotto il cuscino.

Pansy sospirò. «Sì, suppongo di sì.»

«Buonanotte, Milly» fece anche Daphne, come se si fosse accorta solo allora che c’era anche lei lì.

«Buonanotte, Mills» disse Pansy, e spense la luce.

 

***

 

Erano esattamente le sei e quattro minuti quando Richard Wagner svegliò Draco Malfoy.

Quando capitano certe cose incredibilmente brutte prima di andare a dormire a volte succede che la mattina dopo si abbia un momento di inconsapevolezza in cui, ancora intorpiditi dal sonno, non si prenda immediatamente atto della nuova condizione. La stessa situazione si ripresenta anche per le cose incredibilmente belle, come una scopata inaspettata, ma le cose belle, almeno a Hogwarts, non capitavano mai con la stessa frequenza.

Bello o brutto che fosse, comunque, quando si svegliò a Draco non venne fatta neanche la carità di vivere quel sospeso momento di inconsapevolezza, perché quando alle sei e quattro minuti del mattino quello che dopo scoprì essere Richard Wagner lo svegliò, lui sapeva già a chi imputare quel brusco buongiorno e quel fracasso.

«Barry!»

Perfino Blaise, che aveva il sonno più pesante di un troll, si svegliò imprecando.

Nel letto accanto a quello di Draco, Barry sbadigliò, si tirò a sedere stiracchiandosi con un gran sorriso e accarezzò la fetida cagna che dormiva ai piedi del suo letto e che gli venne incontro.

Draco individuò la fonte di quel fracasso indicibile, ovvero uno scatolino nero di plastica incantato che emetteva una musica incalzante.

Malfoy prese la sua bacchetta, che teneva sempre accanto a lui, sul comodino (non si sa mai chi tu debba Schiantare di prima mattina) e la puntò contro la scatola incantata di Barry.

«Finite Incantatem!» urlò, ma la scatola, lungi dallo spezzare l’incantesimo, gli rispose perfino con un trionfante aumento di toni.

Barry, con la bocca ancora impastata dal sonno, guardò Malfoy perplesso.

«Che diavolo di incantesimo hai messo su questa roba?» tuonò Draco, visto che niente funzionava.

«Incantesimo?» ripeté Barry, che tese una mano verso la scatola e premendo un insolito bottoncino fece cessare qualunque rumore.

Blaise, ringraziando Merlino, affondò di nuovo tra le coperte.

Draco si trattenne dallo scoppiare a piangere.

«E’ Richard Wagner, La cavalcata delle valchirie» mugugnò Barry, spingendo Stacey giù dal suo letto. Quella cominciò a zampettare sul pavimento e a mordicchiare le pantofole di Draco. «Svegliarmi con questa mi dà sempre la giusta carica.»

Notando l’espressione a metà tra l’infuriato e lo sbalordito di Draco, e quella vagamente interrogativa di Nott, che pur standosene in silenzio e con la testa poggiata sul cuscino aveva gli occhi ben spalancati, Barry guardò entrambi e disse: «E’ una radiosveglia. Non sapete cos’è? Cavoli, neanche io sono così ignorante.»

Dopo aver mandato a quel paese Barry («Non puoi svegliarti nel primo pomeriggio come ogni cazzone parassita che si rispetti invece che a quest’orario indecente?»), la scatola magica e pure le sue pantofole sbavate e distrutte dal cane, Draco si infilò in bagno e non ne uscì prima di una buona mezzora, e anzi sembrò volerci impiegare ancora più tempo quando Barry bussò alla porta dicendo che era urgente.

Una volta fuori, salutando amorevolmente Barrett che si fiondò verso il gabinetto di volata, si vestì e uscì prima di tutti. Lasciò i sotterranei e si diresse subito verso l’ala centrale del castello.

A giudicare dall’orario che aveva scopiazzato il giorno prima dalla bacheca, la prima lezione dell’anno sarebbe stata Incantesimi. Ma siccome mancavano ancora quasi due ore e la Sala Grande era quasi vuota, andò in biblioteca. Forse riusciva a mettere insieme qualche riga improvvisata per il tema di Incantesimi che avrebbe dovuto fare durante l’estate, scopiazzando qua e là da qualche libro. Avrebbe preso l’occorrente e sarebbe tornato in Sala Comune, Pansy gli avrebbe dato una mano, di solito era mattiniera e faceva sempre i compiti delle vacanze.

Entrò nella biblioteca, praticamente deserta a parte un paio di secchioncelli occhialuti Corvonero, si diresse in fretta verso il reparto di Incantesimi, afferrò un paio volumi a caso che gli parvero interessanti e nel giro di cinque minuti fu di fronte alla scrivania di Madama Pince, che ogni anno si faceva più vecchia, più grassa e, contro ogni logica, dall’udito sempre più acuto.

«Prendo questi» fece sbrigativo Draco, afferrando subito la penna per firmare il registro della vecchia.

Madama Pince lo guardò da sopra le lenti tonde dei suoi occhiali spessi, e dopo appena una manciata di secondi assottigliò lo sguardo e corrugò la sua già rugosissima fronte.

«Tu sei quello che ha rubato due libri dalla biblioteca l’anno scorso» sputò la vecchia. «Se proprio ti interessano, puoi consultarli qui in biblioteca, ma non prenderli in prestito» gracchiò con la sua voce da cornacchia.

Draco la fissò incredulo. «Come, scusi?»

Madama Pince sbatté un pugno rachitico sul tavolo con aria assai poco minacciosa. «Qui» ringhiò, e con il suo indice ossuto indicò due caselle con dentro scritto il nome di due volumi, la firma di Draco, la data di ritiro del libro e uno spazio bianco nella casella della data di consegna.

Madama Pince scrutò Malfoy maligna. «La prima volta ho sorvolato, la seconda, come da regolamento» e qui indicò un foglio di pergamena alle sue spalle scritto in una grafia stretta e fitta, «ti ho detto che non avresti più potuto portare via libri da questa biblioteca.» Concluse il tutto sistemandosi con un dito gli occhiali in equilibrio su quel naso piccolo.

Malfoy aveva un’aria allibita. Era un affronto!

«Senta» cercò di ragionare Draco, «se non si trattasse di una disperata emergenza, le assicuro che non metterei mai più piede in questa pulciosa topaia, ma data la mia situazione le ricordo che…»

«Bando alle ciance» lo interruppe la bibliotecaria con un gesto stizzito. «Fila via!»

«Okay, d’accordo, il primo libro l’ho perso, non lo trovo più, va bene? Ma l’altro sono sicuro di averlo riportato, quindi non incolpi me della sua incompetenza!»

«Qui non c’è scritto» sogghignò Madama Pince, indicando ancora una volta il pesante registro. «L’alchimia degli elementi, volume IV… la casella accanto è vuota.»

Draco roteò gli occhi. «Non ho la più pallida idea del perché non ci sia scritto niente, io l’ho riportato, d’accordo? Se vuole glieli pago, quei due libri polverosi, anzi glieli ricompro, invierò un gufo al Ghirigoro per ordinarli stasera stessa, ma mi faccia prendere questi fottuti libri di Incantesimi ora!»

«Modera i toni, giovanotto! E no, non puoi ordinare quei libri, erano la vecchia edizione, non sono più in commercio da almeno dieci anni. Ora smamma, ho del lavoro da fare. Sì, signorina Granger?»

Dopo aver realizzato che Madama Pince no, non era totalmente pazza, almeno non al punto di nominare Lady Granger da Perfeziolandia senza un  motivo valido, Draco sobbalzò non appena si trovò a fianco la paladina dei Mezzosangue in persona, che stringeva al petto due volumi che di certo pesavano più di lei. Guardava Madama Pince, quell’arpia, che diversamente da come si era comportata con Malfoy adesso sorrideva cordiale all’indirizzo della Grifondoro, con un’espressione che la faceva quasi sembrare un po’ meno vecchia e un po’ meno arcigna. Quasi.

«Non ho potuto fare a meno di sentire» disse Hermione, parlando alla bibliotecaria. «E mi stavo giusto chiedendo cosa ci facesse un libro di Pozioni nella sezione di Rune Antiche» spiegò, porgendo alla vecchia arpia un tomo dall’aria piuttosto vecchia e consunta. Sulla copertina, Draco lesse: L’alchimia degli elementi, volume IV.

La bibliotecaria prese il libro con reticenza.

«Ecco, vede? Vede?» rinsavì subito Malfoy, osservando ora la bibliotecaria, ora la Granger, come se lui l’avesse sempre saputo.

«Vedo che hai lasciato un libro nella sezione sbagliata, rendendo difficoltosa la catalogazione e la consultazione da parte di altri utenti» dichiarò Madama Pince, formale. «Anche questo è contro regolamento. Spostati ora, la signorina Granger vuole prendere quell’altro libro, immagino» terminò, sorridendo apertamente a Hermione.

«Sì» confermò la ragazza, mettendo sulla scrivania il suo libro di Rune. Madama Pince lo prese e cominciò a segnarne titolo e autore sul suo registro, quando con un leggero tonfo Hermione prese i due libri di Incantesimi di Malfoy mettendoli insieme a quello di Rune. «Anche questi.»

La vecchia strega sembrò non gradire particolarmente lo stratagemma, anzi guardò Hermione come se lei l’avesse tradita, poi fissò Malfoy che aveva un’aria disorientata al pari della sua ma che, non appena si accorse che la bibliotecaria lo stava osservando, si affrettò a tramutare il suo stupore in una faccetta arrogante che sembrava gridare “Io vinco sempre.”

Madama Pince rese i tre libri a Hermione, che le augurò una buona giornata e poi uscì. Dopo un momento di confusione, Draco affrettò il passo per seguire la ragazza che lo precedeva di parecchi metri, e in pochi minuti fu in corridoio.

La Granger lo aspettava in piedi, nella sua consueta postura rigida con le gambe allineate e la schiena ben dritta, stringendo i libri. Infilò il suo nella borsa e porse a Malfoy gli altri due.

Draco li prese, non senza un certo sospetto, e non senza l’istinto di soffiarci sopra o di spolverarli con la manica del maglione per evitare che germi molesti lo infettassero.

Rimasero a guardarsi per un paio di secondi. Draco aggrottò la fronte.

«Spero che tu non ti aspetti davvero che io ti ringrazi» chiarì, mentre lei non smetteva un attimo di fissarlo con indignazione.

«No, ovvio che no, sarebbe troppo civile da parte tua» replicò lei offesa, ma forse neanche così tanto. Del resto se l’aspettava.

«Bene» disse Draco, non trovando nulla da ridire. «Vedi di contenere le tue carinerie, la prossima volta» sibilò.

Hermione mise su un’aria ancora più indispettita. «Sta’ tranquillo, è solo il mio senso sociale che ogni tanto mi fa dimenticare chi ho davanti.»

Chiuse le cinghie della sua borsa e si allacciò gli alamari del mantello, continuando a guardarlo con stizza. Poi si sistemò meglio la tracolla in spalla.

«Merlino, credevo che lo scorso anno ti avesse cambiato, almeno un po’» mormorò con una certa pena e disgusto, mentre senza attendere una sua replica lo oltrepassava e si allontanava unendosi al flusso di studenti che cominciava ad affollare il corridoio.

Draco rimase impalato per un po’. Era quasi certo che se non fosse corsa via avrebbe rifilato alla Granger una minaccia delle sue, perché lei non aveva alcun diritto di uscirsene con battute poco felici, ma ritenne che quella doveva evidentemente essere la giornata fortunata della Mezzosangue, perché non le urlò contro nulla del genere, limitandosi a rimpiangere la sua sorte che quella mattina, cominciata malissimo con la scatoletta infernale di Barry, non poteva che promettere disgrazie.

 

***

 

N/A

Secondo capitolo. Siamo ancora al primo giorno di scuola, siamo ancora a una sorta di introduzione, questa volta dal punto di vista dei Serpeverde; dal prossimo, si entra nel vivo della faccenda.

Barry è ovviamente un personaggio originale, non sarà uno dei principali ma avrà un suo ruolo. E’ troppo eccessivo? Troppo volgare? Troppo Babbano? Stona non poco col contesto generale?

Ho già detto di voler rimanere quanto più possibile fedele al canon, ma vorrei anche portare un po’ di quella normalità adolescenziale che, a causa della guerra, Hermione, Draco e gli altri non hanno mai avuto. Non mancherà la magia, comunque, cercherò di bilanciare le due cose.

A questo proposito: è vero, le radiosveglie, come tutta la tecnologia babbana, non dovrebbero funzionare a Hogwarts. Posso prenderla come una licenza poetica?

La prima regola della sua lista Barry la prende ovviamente da ‘Fight Club’ di Chuck Palahniuk.

 

Ringrazio ancora chi ha letto lo scorso capitolo. Gli aggiornamenti saranno ogni due settimane, presumibilmente di martedì. Per ora sono arrivata alla stesura del capitolo quattordici, ma se riuscirò a portarmi ancora un po’ avanti vedrò di velocizzare anche gli aggiornamenti.

Dejanira

  
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