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Autore: _NyuKumi    21/02/2012    1 recensioni
Era la prima volta che viaggiavo da sola. A stento avevo preso il treno.
In quel momento invece mi trovavo in aeroporto, che osservavo lo schermo con i voli del giorno.
“Seoul.. “
Non sapevo cosa fare, come comportarmi. Sapevo solo che dovevo andarmene da quel posto. Dovevo scappare. E se non avessi approfittato di quel momento, sarei rimasta in quell'inferno per l'eternità.
Genere: Malinconico, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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  • Icheon, aeroporto di Seoul. 

 

E ora? Sono qui.. che faccio?

 

Ero appena arrivata in una città che mi era praticamente sconosciuta e di cui conoscevo a malapena la lingua. L'unica cosa che potevo fare era chiamare papà..

 

Non posso crederci.. sono a pochi passi da lui.

 

 

 

“P-papà..”

Mio padre era di fronte a me.

Dopo aver sentito solamente la sua voce per 7 anni, dopo aver cercato disperatamente di non dimenticare come fosse il suo aspetto, il suo sorriso, eccolo d'avanti a me.

Era invecchiato, sì, ma lo ricordavo esattamente come l'uomo che 7 anni prima andò via da me piangendo, tendendomi la mano, facendomi segno di seguirlo.

Anche in quel momento, dopo aver incrociato il mio sguardo, pianse.

Io feci altrettanto.

Con gli occhi pieni di lacrime intravidi la sua figura venire verso di me. Qualche secondo, poi il suo corpo caldo mi avvolse, sentendo il suo respiro sulla mia spalla.

L'abbraccio di un padre che aspettavo da un casino di tempo.

Mi lasciai andare tra i singhiozzi, sulla sua spalla, bagnandogli il maglione con le lacrime che non riuscivo a fermare.

Rimanemmo così un bel po'.

Solo quando lui si allontano di poco, mi resi conto che non eravamo soli. Seduto tra i tavoli del locale, proprio di fronte a me, c'era un ragazzo.. che mi fissava.

“C-chi è lui..?”

Sussurrai piano nell'orecchio di mio padre.

Quando si girò e lo guardò, quel tipo si alzò di scatto e uscì dalla stanza con il viso completamente rosso.

 

Che strano..

 

Mi incuriosiva parecchio sapere chi fosse, ma in quel momento avevo altro a cui pensare: mio padre era lì con me. Il suo corpo.. potevo toccarlo e stringerlo forte. Lo guardai negli occhi e vidi che stava sorridendo, quel sorriso stupendo che desideravo tanto poter rivedere. Gli occhi mi si riempirono nuovamente di lacrime, ma non dimenticai di sorridergli, per ricambiare quel dono stupendo che mi stava facendo.

Quando finalmente riuscì a rendermi conto della situazione e, soprattutto, a smettere di frignare, ci sedemmo insieme ad un tavolo e iniziai a raccontargli con calma tutto quello che era successo in quel periodo. Anche se lui lo sapeva bene.

“La mamma.. peggiorava giorno dopo giorno. I primi anni ero piccola e facevo di tutto per aiutarla, o almeno ci provavo. Allora non era così 'fuori di sé', riusciva ancora a mantenere un certo controllo. Era da un paio di anni però che, quando era a casa, delirava e piangeva per cose sconosciute e.. se la prendeva con me.”

“Se la prendeva con te? In che senso?”

Già, quel particolare l'avevo sempre evitato, quando parlavo con lui.

Non sapeva di quello che la mamma mi faceva ogni giorno, che si sfogava su di me.

In quel momento però, non potevo nascondergli più niente. Dovevo solamente tirare un forte respiro e lasciar andare tutto quello che avevo dentro. Strinsi forte un labbro fra i denti e ricominciai il discorso che avevo interrotto.

“Lei.. era molto nervosa. Sempre. Tornava a casa il pomeriggio o a tarda notte e, senza nessuna ragione, veniva verso di me e iniziava ad urlarmi contro. Se stavo dormendo mi svegliava. La maggior parte delle volte passava alle mani..”

Le lacrime scendevano, anche se stavo facendo degli sforzi assurdi per non farlo succedere.

“Kumiko..”

“M-mi tirava i capelli, mi schiaffeggiava.. C-certe volte se aveva un oggetto tra le mani.. lo lanciava contro di me..”

“Basta così.. ti prego.”

Tornò ad abbracciarmi e ad accarezzarmi piano i capelli.

Ecco cosa mi mancava, cosa cercavo da tanto tempo.

Tra le sue braccia mi addormentai, svegliandomi la mattina dopo in quella che sarebbe diventata la mia nuova camera.

 

Passò una settimana esatta dopo il mio arrivo in Corea.

Di mia madre neanche l'ombra, da quando ero scappata di casa non ricevetti un suo segno di vita. La cosa mi metteva ansia, ma allo stesso tempo ero sollevata. Non ero mai stata meglio come in quei giorni. Mai.

In quel periodo mio padre iniziò ad insegnarmi il coreano (anche se prima avevo imparato qualcosa da autodidatta) e io, per compensarlo, lavoravo al negozio di ramen giornate intere.

In fondo non conoscevo nessuno e non andavo a scuola, lavorare per lui era l'unica cosa che potessi fare. Poi mi piaceva, tanto. Lavorare in quel negozio mi fece scoprire quanto mi piacesse cucinare.

La clientela di papà erano la maggior parte ragazzi, o meglio, ragazzi del liceo che si trovava proprio di fronte il negozio.

In particolare, riconobbi subito quel ragazzo.

Il tipo che mi fissava.

Si fece vivo esattamente due giorni dopo: si sedeva ad un posto e ci rimaneva per ore. Era sempre solo e ogni volta mi sentivo costantemente osservata. Spesso e volentieri avrei voluto parlarci, ma la mia timidezza mi frenava.

“Papà.. chi è quel ragazzo?”

“Lui? Ah, è Yoseob, un ragazzo interessante.”

“Interessante? E perché mai? A me mette ansia.. cioè, guardalo.”

“Invece è un ragazzo intelligente ed educato. Perchè interessante? Beh, ho sempre pensato che dietro quell'aria da ragazzo silenzioso si nascondesse tutt'altro.. E poi, mi ricorda vagamente te.”

Questa fu la sua risposta.

Diventai ancora più curiosa.

 

Perché gli ricordo io? Magari siamo entrambi sfigati..

 

 

Una mattina uscì di casa presto, la dispensa in negozio era praticamente vuota e avevo bisogno di andare a fare compere prima che papà si svegliasse.

Quando finì di prendere il necessario tornai subito in negozio, posai le buste della spesa sul bancone e uscì fuori la porta per girare l'insegna ad “Aperto”.

Stavo per rientrare quando sentii chiamare il mio nome.

“K-kumiko?”

C'era un ragazzo di fronte a me. Un ragazzo che non avevo mai visto prima. Era.. bellissimo: capelli rossicci, spalle larghe, occhi felini che ti ipnotizzano con un solo sguardo e un sorriso.. stupendo.

Sì, perchè stava sorridendo.

Venne verso di me per abbracciarmi. Uno sconosciuto mi stava abbracciando.

“Kumi-chan! E' una vita che non ci vediamo!”

Parlava in giapponese.

 

Ma.. chi diamine è?!

 

 

 ~  ~  ~  ~  ~

 

 

Quella ragazza.. Kumiko si chiamava. La figlia di Kenzo-Ajusshi.

La figuraccia che feci il giorno in cui arrivò mi fece sentire un completo idiota. Ero praticamente fuori luogo eppure continuavo a guardarla. A fissarla come un maniaco.

Non potevo farci niente, era più forte di me.

Come il mio sguardo quel giorno si posava verso di lei, così fece i giorni successivi, quando ripresi a tornare al negozio. Il mio aiuto lì ormai non serviva più, lei aveva preso il mio posto. Però continuavo a recarmi lì per studiare... e per vederla.

Non conoscevo il motivo per cui piangeva in quel modo il giorno del suo arrivo, sta di fatto che quando entrava un cliente nel locale, riusciva ad accoglierlo con un sorriso stupendo. Un sorriso che riservava anche a me. Appariva come la persona più solare dell'universo.

Ogni giorno mi promettevo di rivolgerle la parola, e ogni giorno non lo facevo.

Quella mattina mi alzai presto, volevo passare al negozio prima di entrare a scuola.

Non sapevo come, ma era quello giusto per parlarle.

 

Dai Yoseob, sii uomo!

 

Ero agitatissimo. Più la meta era vicina, più scordavo tutto quello che avevo pensato di dirle il giorno prima.

 

Perchè faccio così?! Cavolo oh, devo solo parlarle.. che ci vuole..!

 

Svoltai l'angolo, trovandomi a pochi passi dal locale, ma mi fermai improvvisamente.

Ecco cosa mi trovai d'avanti agli occhi: Kumiko e un ragazzo.. abbracciati.

Quel ragazzo..

 

Lee.. Kikwang?!

  
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