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Autore: GioGiaMon    22/02/2012    2 recensioni
E se Aramis avesse preso il posto di D’Artagnan come carnefice? E se Aramis non fosse una donna ma un uomo?
Questa fic prende spunto dalla puntata 31 dell’anime (che ultimamente è un po’ inflazionata), in cui viene condannata Milady (editto del Re d’Inghilterra, rea di aver assassinato Buckingham). Qui mescolo le carte, creando un Aramis nuovo, simile a quello del libro.
È una mini fan fiction, di pochi capitoli che sono inspirati ad un album molto bello.
Spero che a qualcuno interessi.
Genere: Malinconico, Romantico, Triste | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: Missing Moments, OOC, What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Amazing grace

Amazing grace



Sapeva bene qual era il suo dovere. Scolpito a fuoco, indelebile, era sempre stata la sua priorità eseguire gli ordini del Capitano. Ma per quanto si sforzasse, non riusciva a concentrarsi.

Si sentiva come un naufrago in balia di una terribile tempesta: le sue sicurezze erano state spazzate via come nuvole dal vento e ora annegava in un mare pieno di rimorsi, d’incertezza, di sensi di colpa. Eppure era così dolce; gli bastava ricordare il verde dei suoi occhi per sentirsi in salvo.

«Allora, avete trovato degli indizi?» chiese ansioso Athos al commilitone biondo, ma quest’ultimo scosse il capo smontando da cavallo.

«Le apparizioni e le sparizioni di Maschera di Ferro sono più veloci di quelle di un fantasma e non lascia mai tracce!», commentò frustrato Porthos.

«D’Artagnan sostiene che sia una donna mascherata ad aiutarlo» aggiunse Athos, guardando negli occhi Aramis.

«Piuttosto che brancolare nel buio cercando questa Maschera di Ferro, non ci conviene accertarsi dell’identità di questa donna mascherata?» propose Porthos.

«Dovrebbe averlo fatto D’Artagnan», un brivido percorse rapido lungo la schiena del biondo moschettiere, mentre udiva Athos pronunciare quelle parole.

«Salve a tutti!» gridò il guascone scendendo dal suo cavallo di tutta fretta.

«Purtroppo non ho scoperto nulla; mi sono recato alla dimora di Nana Bernard ma di lei nessuna traccia!»

«Bene», disse Athos, «è stata vista anche con Mansonne, giusto? Quindi non ci resta altro da fare che recarci da lui per avere delle risposte, ma dubito che ci direbbe qualcosa».

Quindi si prese una pausa.

«Se sono complici, terrà ben serrata la lingua; senza contare il fatto che metteremmo in allarme sia la donna che Mansonne, rendendoli ancora più guardinghi».

«Oh, ma guarda chi abbiamo qui! I nostri amici, nonché collaboratori, moschettieri!» la voce sguaiata del Conte di Rochefort era inconfondibile.

«Allora, cari, come vanno le indagini su Maschera di Ferro?» continuò con fare derisorio.

«Che volete, Rochefort?» lo incalzò D’Artagnan.

«Miei poveri moschettieri, provo pena per voi! Non riuscirete mai a mettere le mani su un brigante così astuto come Maschera di Ferro! Vi conviene desistere, sapete? Altrimenti vi coprirete di ridicolo! Ah, già! Dimenticavo! A voialtri piacciono così tanto le umiliazioni!»

«Che vorreste dire, di grazia? Non intendo accettare questa offesa!» urlò furibondo Porthos che, quindi, estrasse la spada.

«Decidiamo subito chi tra noi è il migliore! Diamo la parola alle spade!» ma la sua sfida fu accolta con una fragorosa risata. Il Capitano delle Guardie smontò da cavallo e, sfoggiando un sorrisetto di sfida, sguainò la spada.

«No, Porthos! Non vedi che ti sta provocando? Non fare l’intemperante e riponete nel fodero la vostra lama!» lo rimproverò Aramis, afferrandogli un braccio.

«Ma io voglio suonargliele di santa ragione!» protestò il gigante.

«Ma i duelli sono vietati per legge, Porthos!» lo riprese Aramis.

«Già! Non vorrete andare in carcere per una baruffa, giusto?» aggiunse D’Artagnan.

«Sono le Guardie del Cardinale a far rispettare la legge, senza contare che metteresti in una spiacevole situazione il nostro Capitano!» lo ammonì Athos.

«Ah, dunque è così? Lo sapevo io che eravate un branco di vigliacchi!» era Rochefort che rincarava la dose.

«Amici, trattenetemi! Sennò io l’ammazzo, giuro!»

«Una banda di conigli come voi non riuscirebbe mai ad arrestare Maschera di Ferro! Non vi conviene ficcare il naso in questioni che non potete risolvere!» aggiunse il Conte rimontando in sella, mentre le Guardie al suo fianco se la ridevano della grossa.

Quindi si allontanarono.

«Se le sue parole hanno offeso voi quanto me, dobbiamo impegnarci per assicurare Maschera di Ferro alla giustizia!»

«Certo, Athos! Lo prenderemo!» disse D’Artagnan con tutta la sua determinazione.

* * *

A casa Bonacieux regnava uno spettrale silenzio. La famosa attrice aveva perso tutti i suoi gioielli che si era fatta cucire sull’abito e aveva chiesto il risarcimento al povero vecchio sarto.

Constance fece appello a tutte le sue forze per non abbandonarsi a un pianto disperato: il suo anziano genitore stava raccattando le poche stoffe rimanenti per casa. Sul suo volto, solcato da anni crudeli, ora vi era anche l’ombra dell’incertezza di poter saldare il debito.

«Padre, anche se vendessimo tutto, perfino la casa, tutto il denaro ricavato non basterebbe per risarcire Mademoiselle Bernard» la voce della fanciulla era malferma.

«Non preoccuparti, Constance. Venderò anche la mia clientela, i miei strumenti, le mie stoffe e la mia attività. Restituirò fino all’ultimo centesimo a Nana Bernard!» a quelle parole Jean non poté fare a meno di replicare.

«Ma, Monsieur, che cosa sono i gioielli? E a che servono? Per me sono solo delle stupide pietre che servono solo per abbellire! Volete veramente rinunciare a tutto per ripagare dei sassi?» il povero sarto guardò il piccolo negli occhi ed ebbe un tuffo al cuore.

«Jean, nella vita, quando uno si prende un incarico, ne accetta gli oneri e gli onori. Ho accettato di custodire i suoi gioielli finché il suo abito non fosse stato pronto ma, nel frattempo, è stato rubato da Maschera di Ferro. Vedi, bambino mio, anche se materialmente è stato lui a compiere il furto, la responsabilità delle pietre era la mia. Perciò devo ripagare Mademoiselle Bernard» disse, mentre abbracciava Jean.

«Monsieur, vi prego! Permettetemi di restare al vostro fianco! Sono disposta a prestare i miei servigi anche senza salario!» anche Martha si era messa a protestare.

«Mi duole davvero, ma non posso farlo Martha. Voi meritate un salario adeguato ai vostri servigi, mentre io d’ora in poi dubito persino di avere di che sfamarmi» a quelle parole, la paffuta domestica scoppiò in un pianto inconsolabile.

Nonostante il camino acceso, in quella casa Constance sentiva freddo: il suo cuore battere affannosamente nel suo petto, mentre nei suoi occhi turchesi si specchiava tutta la crudeltà di un mondo imperfetto ed ingiusto.

Quest’atmosfera surreale fu interrotta dall’arrivo di D’Artagnan.

«Gente, ma ... ma che succede?» chiese, disorientato.

«D’Artagnan», più che un nome, sembrava che Constance stesse invocando chissà quale santo, «D’Artagnan, noi non potremo più vivere qui».

Quindi si fece forza e, abbracciando Martha, continuò con voce spezzata.

«Mio padre ha deciso di vendere tutto per poter ripagare il debito contratto con Mademoiselle Bernard, a causa del furto dei gioielli di Maschera di Ferro. Già, per colpa sua, non abbiamo più una casa a cui tornare …» cocenti lacrime che ostinatamente si era imposta di ricacciare indietro, stavano invece rigando il suo dolce viso.

«Lo so, è triste. Ma devo risarcire il debito. Non ho altra scelta se non quella di andarmene e di vendere tutto» alla fine, anche sul volto del sarto comparvero lacrime amare.

A quella vista, Constance si affrettò ad asciugare le sue e prese per mano suo padre e D’Artagnan; nella sua vita non era mai stata molto forte di carattere ma qui c’era bisogno che lei lo fosse. Quindi sfoggiò il suo sorriso migliore, tutto il suo solare ottimismo e parlò col cuore in mano.

«Padre, D’Artagnan! Non dovete preoccuparvi! Vedrete, troveremo una nuova casa! Sarà certamente più piccola e non bella come questa, ma saremo tutti insieme! Da domani riprenderò le mie mansioni a corte e chiederò alla Regina di farmi dare una stanza! Così sia Jean che D’Artagnan potranno avere ancora un tetto sopra alla testa!»

«Ma se tu vai via, noi che faremo senza di te?» protestò Jean, attaccandosi alle gonne di Constance.

«Jean, bisogna che qualcuno vada a lavorare, altrimenti come si fa? Quindi asciugati quelle lacrime e fammi un bel sorriso! Ormai sei quasi un ometto!» gli disse Constance, arruffandogli i fulvi capelli.

«E pensare che tutto questo è colpa di quella dannata Maschera di Ferro!» sbottò D’Artagnan, «ma giuro su Dio che la troverò e la catturerò!»

* * *

«Ma dov’è Constance? Sa benissimo che dobbiamo andarcene! Abbiamo pure il carretto pronto!» sbuffò Monsieur Bonacieux.

«D’Artagnan, per piacere, valla a cercare!»

«Certo, vado subito!» quindi rientrò in casa e salì le scale.

Esattamente come si aspettava: la fanciulla era dentro quella che fino ad allora era stata la sua camera.

I raggi di sole che filtravano dalla finestra in alto esaltavano l’oro dei suoi capelli.

Aveva timore di parlare per rovinare quella splendida visione.

«D’Artagnan, lo so che non dovrei, ma sono molto triste. È solo un luogo, una camera. Mattoni impilati su altri mattoni. Ma questa è sempre stata la mia camera, il mio luogo. Questi muri hanno sentito le mie prime grida, i sorrisi di mia madre, i rimproveri di mio padre. Hanno sentito esalare l’ultimo respiro di mia madre e hanno visto tutte le mie lacrime e tutta la muta disperazione di mio padre»

«Constance …» il guascone non trovava le parole per dirle che era con lei, che poteva sempre contare su di lui, che sarebbe stato sempre lì per lei.

«Mia madre, prima di morire, mi ha detto di essere felice nella vita. Di sorridere ed essere forte, perché le cose belle capitano a chi sa sorridere alla vita. Ed ella ha accolto la morte con un sorriso».

I suoi occhi limpidi vennero invasi da un mare di lacrime che avevano il sapore di qualcosa perso da tempo.

«Penso che la mia mamma sia stata la persona più coraggiosa di questo mondo; quanti salutano la propria ora col sorriso? Sai, D’Artagnan, io vorrei essere forte come lei, ma purtroppo non lo sono affatto. E continuo a piangere e a frignare come una bambina perché devo abbandonare la mia casa; come se, abbandonando lei, perdessi di nuovo mia madre. Ma ella vive in me, nel mio cuore, nel cuore di papà e non in questa casa. Eppure, non posso far a meno di associare questa a mia madre. È tanto patetico?» quindi si gettò tra le braccia del guascone.

«Constance, vi prometto che prenderò Maschera di Ferro e che ci riprenderemo questa casa!»

Dopo aver esaurito tutte le sue lacrime, la giovane scese ad aiutare suo padre. S’incamminarono tutti insieme verso la nuova casa.

Dopo circa mezz’ora a piedi arrivarono alla loro nuova dimora.

La nuova dimora era molto più piccola della precedente, inoltre era piuttosto fatiscente. Sembrava che anche le case attorno non fosse toccata sorte migliore, per non parlare della gente che ci abitava.

All’interno era anche peggio: le persiane delle finestre facevano fatica a chiudersi, le assi del pavimento erano rialzate, il camino cadeva a pezzi e le due stanzette erano talmente umide che sugli angoli in alto vi erano concentrate delle muffe.

«Andiamo, non fate quelle facce! Basterà un po’ d’olio di gomito e tutto andrà a posto! Faremo pulizia, elimineremo le cose superflue e tutto andrà bene! Ma ora devo andare! La Regina mi aspetta! A presto!» quindi uscì di casa diretta a Palazzo.

D’Artagnan la seguì immediatamente.

«Se non sono troppo invadente, vorrei fare la strada con voi Constance. Tanto devo dirigermi alla caserma»

«Ma certo D’Artagnan!»

Camminarono per un po’ in silenzio, l’uno a fianco all’altra tra le strade di una Parigi che non sembrava più la stessa.

Niente urla di venditori, niente schiamazzi di bambini, né passanti o carrozze. Tutto taceva ad eccezioni degli uccelli in cielo.

«Avete visto D’Artagnan? Nessuno osa girare per le strade di Parigi; hanno tutti paura» disse Constance, guardandosi intorno.

Persino le finestre delle case erano sprangate; il clima di terrore aveva paralizzato tutti i parigini.

«Già, Constance, avete ragione. Senza contare che gli affari vanno talmente male che i commercianti non aprono nemmeno le loro attività; inoltre le tasse sono sempre più salate. Se continua così ci sarà presto una rivolta … » rimuginò il guascone.

«Constance, vi posso fare una domanda?»

«Ma certo! Ditemi pure»

«Riguarda ancora la donna mascherata: non vi ricorda qualcuno di conosciuto?»

«Fatemi pensare un poco … »

«Magari non somigliava a Milady?» la incalzò il ragazzo.

«Milady, dite? Ora che me lo fate notare, potrebbe avere una certa somiglianza con la donna mascherata. Ma questo è impossibile, D’Artagnan! È stato Aramis stesso a mettere fine ai giorni di quella criminale, vero?»

«Già, avete ragione. Ma io sono convinto che quella donna sia Milady. Può darsi che Aramis abbia visto del pentimento nei suoi occhi che l’abbia infine graziata. Sapete com’è religioso e che, ogni tanto gioca a fare il prete. Non lo trovo poi così improbabile»

«Dubitate di un vostro commilitone nonché vostro amico?»

«Beh, Aramis è senz’altro mio amico e un moschettiere leale. Ma a volte tende a seguire la sua coscienza ciò che la Chiesa reputa giusto. In fondo, Nostro Signore Gesù Cristo ha perdonato Maria Maddalena, no?»

«Ma Milady non è di certo Maria Maddalena! È malvagia e perfida! E non cambierà mai! È malvagità allo stato puro! È una strega santo cielo!»

«Avete ragione, Constance! Ma ora il mio dovere è catturare Maschera di Ferro e ci riuscirò!»

* * *

«Compagni moschettieri, ho un piano per smascherare quella donna! Supponiamo che sia in combutta con Mansonne; prima o poi allora dovrà presentarsi a casa sua! E quando sarà lì, la coglieremo sul fatto  e ...» ma fu bruscamente interrotto dall’arrivo di Copy.

«Donna mascherata! Donna Mascherata!» gracchiò il volatile.

“Maledizione! Anne si sta mettendo nei guai!” pensò Aramis.

«Copy! Che vuoi dire? Che è già arrivata?»

«Donna mascherata! Donna Mascherata!» gracchiò di nuovo.

“Non dovrei farlo ma non posso stare con la mani in mano! Devo fare qualcosa!”

«D’Artagnan, aspettate! Vengo con voi!» disse Aramis.

Il biondo soldato non sapeva esattamente cosa avrebbe fatto; la sua testa gli imponeva di catturarla ed assicurarla alla giustizia. Stava infrangendo la legge ma poi ripensava ai suoi occhi, alle sue parole. Era come se in lei vivessero due donne, due forze completamente opposti. Le stesse forze che ora stavano lacerando e straziando la sua anima.

* * *

«Jean, allora che succede?» chiese D’Artagnan mentre si nascondeva tra i cespugli della residenza di Mansonne insieme ad Aramis ed al bambino.

«Un po’ di tempo fa è entrata una carrozza ed il suo cocchiere era una donna mascherata! Ma non è ancora uscita! Penso sia dentro con Mansonne!»

«D’Artagnan! Jean! Suggerisco di dividerci! Voi andate davanti all’ingresso principale, io vado sul retro! Copy può volare verso le finestre del salone in modo da vedere eventuali spostamenti e di comunicarceli?» il tono di Aramis era risoluto e fermo.

«Certo! Copy, vai sull’ albero e dicci quando Mansonne lascerà la sala!» il pappagallino ubbidì e, librandosi in volo, si mise sul ramo di fronte alla finestra della sala.

«Mia cara, con la vostra conoscenza del Cardinale, della città e delle guardie possiamo fare grandi affari!»

«Sapete benissimo che ho accettato di collaborare con voi per avere una protezione e non essere scoperta! I soldi non m’interessano affatto!»

«Ed infatti state facendo un ottimo lavoro mia cara! Ma ricordate che ho io il coltello dalla parte del manico! Non cercate di tradirmi o per voi le cose si metteranno male!»

Era proprio così. Aveva barattato la sua libertà per poter rivedere Aramis ed ora era in balia di quel viscido vigliacco. Tutto questo per vivere un sogno, una speranza così esile che aveva paura perfino a dirla ad alta voce.

Avrebbe tanto voluto che questo mondo fosse diverso, che le persone fossero diverse ma questo era quella che aveva; tutto ciò che aveva imparato da questi anni crudeli è che homo homini lupus perciò si era sempre comportata di conseguenza. Eda anche ora non era diverso. Non aveva esitato a chiedere aiuto a un uomo come Mansonne.

Ma i suoi pensieri furono interrotti dalla visto del pappagallo.

«Mansonne, abbiamo visite!»

* * *

«D’Artagnan! Mansonne sta passando con una donna mascherata accanto! Fai qualcosa!» bisbigliò Jean da dietro i cespugli.

«Mansonne, vi ordino di fermarvi!»

«Moschettiere, ma come osate?  Siete nella mia proprietà senza essere invitato inoltre mi state pure minacciando? Non vedete che spaventate la mia ospite?»

«Ehi, voi! Vi ordino di gettare la maschera!», ma la donna continuava ostinatamente a dagli le spalle.

Quindi estrasse la spada e recise i legacci della maschera.

Ma sotto di essa non vi era Milady.

«Impertinente! Ma come osate trattare così la mia ospite?! Pretendo immediatamente le vostre scuse!» il mercante era piuttosto seccato.

Rassegnato, il giovane chinò il capo e umilmente porse le sue scuse.

* * *

Dal retro uscì una figura dal mantello nero; Aramis non se la fece sfuggire e l’agguantò.

La trascinò dietro al muro poi la liberò.

«Aramis! Siete voi! Mi avete fatto temere il peggio per un momento!», la donna fissò attentamente gli occhi azzurro cielo dell’uomo e vi lesse turbamento e angoscia. Erano lo specchio dei suoi e questo le faceva male.

«VI prego, non fate così! Domani notte vi dirò tutti i piani di maschera di Ferro ve lo giuro! Ma non qui e adesso! Potrebbero vederci! Fidatevi di me, vi prego!»

«C’è stato un momento in cui mi sono pentito di avervi graziata. Non ho adempiuto al mio dovere, ho disubbidito ad un ordine diretto, tutto perché ho dato ascolto a ciò che mi diceva il mio cuore»

Le mani di Milady cercarono quelle dell’uomo; nonostante i guanti, Aramis sentiva che le mani della donna era gelide. Il volto aveva preso un pallore spettrale e i suoi occhi radiosi erano colmi di lacrime.

«Quella notte mi sono reso conto che ero solo un burattino che eseguiva movimenti imposti da altri ma nei quali non ci si riconosceva. Ho imparato che il mondo perfetto in cui credevo di vivere è pieno di rabbia ed ingiustizia e con quel gesto ho voluto un po’ pareggiare i conti»

«They cut me down and threw me out, because I didn't fit in with the crowd and the stuff I think is not allowed. They cut me off from all the ways but you could give my soul a chance to feel and love. You came as an angel comes in time to heal, you and your amazing grace.
I wish this amazing grace comes to embrace in a world filled with rage
»

A quelle parole non poté far a mano di congiungere le sue labbra con le sue. Il tepore di quel dolce bacio riscaldò le loro anime e confortò i loro cuori.

«They cut me up and left me scarred; but on the fringes of my sanity, a particle of light cracks through the dark. Your light made me free and delivers a new life for you and me» le rispose Aramis.

Erano bastati pochi istanti per ritrovare la forza e la speranza nel loro amore e in loro stessi; ma una strana sensazione accompagnava Aramis.

* * *

«Capitano, mi avete mandato a cercare?» D’Artagnan entrò a capo chino nell’ufficio di De Tréville; fece per chiudere la porta ma Aramis, intuendo il motivo della convocazione, volle entrare con lui.

Senza staccare gli occhi dal documento che stava leggendo, il Capitano dei moschettieri fece segno ai due di avvicinarsi.

«Ma avete una vaga idea di che figura mi avete fatto fare davanti a Sua Maestà? D’Artagnan come avete potuto? Vi ho detto con discrezione! Discrezione, santo cielo! Non tutto questo polverone! Ora sarò costretto a prendere un provvedimento»  disse furibondo.

«Capitano, c’ero anch’io. Quindi anch’io merito di essere punito!» replicò Aramis.

«Aramis, punisco D’Artagnan non perché mi diverta ma perché mi è stato imposto! Di voi nessuno si è accorto quindi mi sembra inutile giocarmi uno dei migliori uomini che ho a disposizione!»

Quindi rivolse la sua attenzione verso il ragazzo.

«D’Artagnan! In quanto a voi, consideratevi agli arresti domiciliari! È tutto! Potete andare!»

Entrambi i moschettieri uscirono dall’ufficio.

«Athos! Purtroppo non ci sono buone nuove. D’Artagnan è stato messo agli arresti domiciliari»

«Già, ma ero così sicuro che era lei … »

«Lei chi?» chiese Athos.

«Che la donna mascherata fosse Milady! Perfino Constance l’ha riconosciuta, anche se non è dal tutto certa. Perdonatemi Aramis, non è una mancanza di fiducia in voi. Mi sono semplicemente messo nei vostri panni: io non avrei avuto il coraggio di giustiziare una donna inerme anche se si fosse trattato di Milady!»

Aramis abbassò lo sguardo e si mise a sedere sui gradini che portavano all’ufficio del Capitano.

«È vero, non l’ho giustiziata. Ho disubbidito ad un ordine perché ho seguito ciò che ritenevo fosse giusto». Inaspettatamente sia la mano di D’Artagnan che quella di Athos si poggiarono sulle sue spalle.

«Amico mio, io l’avevo intuito tempo fa. Ma non te ne crucciare troppo; quando la riprenderemo la faremo giudicare da una giuria equa ed imparziale in modo da formalizzare come si deve la sua condanna. Capisco perfettamente che un decreto emanato frettolosamente non ha soddisfatto il tuo senso di giustizia»

Il suono delle parole di Athos era pieno di supponenza; era come se egli avesse condannato la donna in cuor suo molto tempo fa e nella sua mente riaffiorò la storia che una sera i fumi dell’alcol avevano portato a galla dalla bocca del tenebroso moschettiere.

“Strano che non si senta neppure un po’ in colpa verso quella poverina; in fondo è anche un po’ colpa sua se è divenuta ciò che è. Se solo avesse messo da parte il suo orgoglio tutto questo non sarebbe successo…”

«Athos ha ragione! Non preoccupatevi! Andrà tutto bene! Prenderemo Milady  e Maschera di ferro e faremo finalmente giustizia! Scusatemi ma ora devo andare a scontare i miei arresti domiciliari!» quindi il guascone si allontanò.

Aramis si alzò e guardò dritto negli di Athos.

«Athos, vorreste spiegarmi una cosa?»

«Ma certo amico mio! Ditemi»

«Anche voi avreste avuto pietà di quella povera anima smarrita?»

Athos tentennò. Come poteva dire al suo migliore amico che aveva cercato di uccidere la propria moglie senza nemmeno darle il beneficio del dubbio? Come poteva dirgli che la pietà che lui aveva provato, in sé non vi era traccia? L’aveva condannata senza appello ma col senno del poi era certo che il suo gesto era giusto. Ma la sua anima non l’accettava come scusa.

«No, non avrei avuto pietà perché non se la merita davvero. Non sono nobile d’animo come voi, Aramis, ma non penso che si meriti la vostra pietà. È una vigliacca e una traditrice, non sa far altro che mentire ed ingannare senza ritegno o pudore. E anche se riesce a dire parole melliflue, è solo fiele mascherata da miele! Mi dispiace solo di non essere riuscito quel giorno!» Athos aspettava una risposta da Aramis o perlomeno una reazione ma nulla. Era una statua.

«E dunque avete preferito non sentirle le sue parole? Ma forse quel che ella aveva da dirvi non era null’altro che la pura e semplice verità? Ma voi non avete avuto il coraggio di ascoltare e nemmeno di vedere. Avete detto che non si era difesa perché era giusto che meritasse la vostra ira, ma in quella resa ho visto solo amore. Vi amava davvero molto; talmente che si sarebbe lasciata uccidere! Io invece ringrazio Dio che quel ramo si sia rotto!» non era riuscito a trattenersi e gli aveva sputato in faccia tutto l’astio che provava.

«Come potete dire una cosa del genere? Gente del genere non merita il vostro perdono  e tantomeno il vostro amore! Mio Dio! Vi siete lasciato circuire come un ragazzino, ma il buon senso l’avete perso per strada? Non vi è nulla di buono in lei, nulla! E non intendo litigare con voi per una sgualdrina del genere! Datemi retta! Levatevela dalla mente! Ve lo dico per esperienza: vi farà salire in paradiso con la stessa velocità con cui vi sbatterà negli inferi! Quella puttana merita solo di soffrire e morire!»

«Supponiamo per un momento che sia come avete detto voi, che il vostro matrimonio era solo di convenienza per lei, come avete detto in passato. Ma ditemi, quanti matrimoni nascono allo stesso modo? E se, durante la vostra unione, avesse imparato ad amarvi? E non vi avesse taciuto quel particolare per paura di una vostra reazione? A mio modo di vedere, sarebbe stata ampiamente giustificata … » quel cambio di prospettiva disorientò per un momento il bruno moschettiere.

«Non dico affatto che ne vado fiero di ciò che ho fatto, infatti sono qui tra voi, tra i moschettieri. E non passa giorno che io non pensi all’accaduto e mi ponga delle domande. La mia anima mi tormenta ogni notte e cerca perdono. Ma razionalmente so che non devo chiedere scusa di niente! Il tempo mi ha dato ragione e, anche se in quel preciso istante ella era innocente, ora non è più! Quindi è insensato che io cerchi riscatto ma io l’anelo comunque, ogni giorno, ogni momento!»

«Prima cercavate di espiare le vostre colpe per aver ucciso una donna che forse poteva anche non essere una ladra o un’assassina e ora voi anelate ancora il perdono perché la vostra coscienza vi sta suggerendo che forse avete trasformato una vittima in carnefice! Non pensate a che brutto risveglio debba aver avuto?» Aramis vide vacillare Athos. Le sue parole dovevano averlo ferito nel profondo.

«Vi chiedo scusa, Athos. Forse non avrei dovuto rivolgermi a voi in questi termini; siete stato il mio maestro, siete il migliore amico che ho. Vi ho davvero mancato di rispetto» si sentiva male per quello che aveva fatto al suo amico ma non era riuscito a lasciare impunita la sua arroganza verso Anne.

Era stato più forte di lui, aveva dovuto difenderla.

«Sapete, Aramis, è la prima volta che parlo di Milady in termini di Anne, mia moglie. Forse non dovrei chiamarla così, visto che ho tentato di ucciderla. Lo so, avete le migliori intensioni di questo mondo e so che siete sinceramente dispiaciuto per i modi ma non per il contenuto. E, dopotutto, non credo che le vostre parole siano così sbagliate. Credo che aver visto le cose da un’altra prospettiva mi abbia fatto riflettere» il suo volto era scuro e cupo.

«Athos, per me rimanete sempre il mio migliore amico» si affrettò a puntualizzare Aramis mentre il suo compagno d’armi se ne stava andando.

«Lo so, Aramis. E credetemi quando vi dico che da oggi vale ancor di più per me» detto questo si allontanò per dirigersi verso casa.

* * *

L’arancio intenso del cielo era spezzato da nuvole rossastre e violacee; i raggi dell’astro sembrano danzare tra gli spiragli delle nubi mentre calava all’orizzonte lasciando che il blu prendesse il sopravvento.

Blu era anche il colore che Aramis avrebbe scelto per descrivere i suoi turbamenti e le sue malinconie; in colpo solo stava rischiando di perdere il posto da moschettiere, l’amore di Anne, l’amicizia di Athos e, nel peggiore dei casi, anche la vita.

Ma quando aprì la porta di casa, ebbe una bella sorpresa.

«Rosso!» esclamò.

«Immaginavo che vi piacesse il rosso, perciò vi ho fatto una sorpresa, René. Vi piace?» disse con voce dolce Anne.

Immediatamente notò che la donna non si era disegnata il neo sulla guancia e che il suo abbigliamento non era provocante e sfacciato come quello di Milady.

«Vi dico solamente una cosa: se dovessi descrivere il mio umore con un colore, direi rosso fuoco!» quindi chiuse la porte alle sue spalle.



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Scusate per il ritardo pazzesco, non ho alcuna giustificazione se non la mia scarsa organizzazione e incostanza. Forse riuscirò ad aggiornare anche l'atra fic, cercherò di fare del mio meglio.
Passiamo ai ringraziamenti e alle dediche.
 
Ovviamente,
Tetide, questa fan-fiction è dedicata a te. Grazie di averla inserite tra le seguite.
Ringrazio 
Werewolf1991 lady lina 77   che hanno messo la storia tra le preferite. Mi fa un immenso piacere.

Desidero ringraziare anche Kira_Lira che ha commentato la mia storia. Grazie.

Spero che questo capitolo non deluda troppo.

Per questo episodio mi sono inspirata a Amazing grace,  per giustificare il gesto di Aramis di risparmiare la vita ad Anne.

Desidero ringraziare tutto coloro che leggeranno solamente questo scrittino, mi fa un piacere immenso! 
Mi scuso per gli eventuali errori d'inglese e italiano. Se mi li segnalere saranno correti in tempo record 

A presto!

  
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